
Dopo la crisi del 2008, e più di recente con la Brexit e con l'elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, spira nel mondo un vento favorevole a movimenti sbrigativamente catalogati come «populisti». Tra questi, il Front national è senza dubbio il più robusto e vicino al potere in un paese chiave del mondo. Non a caso. Di tutte le destre storiche, quella francese può infatti vantare una continuità senza eguali. Tanto che - sostiene Marco Gervasoni - «non è Marine Le Pen ad aver imitato i populisti europei, semmai è il contrario». Per capire la cultura politica di cui il lepenismo è l'erede occorre risalire al 1789, l'anno cruciale da cui tutto prende avvio. Dalla Rivoluzione francese, la «matrice della politica contemporanea» che definisce il senso degli schieramenti, si dipana il filo rosso che porta da Napoleone III alla «destra rivoluzionaria» del 1914, con l'ondata di antisemitismo e nazionalismo, dal fascismo francese al collaborazionismo, dalle epurazioni alla guerra d'Algeria, dalla Nouvelle Droite alla nascita del lepenismo, fino alla sua crisi apparente e alla rinascita. Una storia indispensabile per cogliere gli elementi che hanno reso il volto della destra francese il più noto sulla scena internazionale e rispondere a molti interrogativi. Uno su tutti: può un simile modello nazional-populista manifestarsi in una versione italiana?
Pubblicato per la prima volta in Italia nel 2012, "L'uomo senza volto" è forse il più importante, citato, imitato libro su Vladimir Putin, perché Masha Gessen ha compreso da subito la complessità e l'oscurità degli eventi che sono seguiti al crollo dell'URSS, e il ruolo centrale della figura che improvvisamente e sorprendentemente era subentrata a Boris Eltsin. L'imporsi di Putin sulla scena politica, la sua scalata da agente di basso profilo del KGB a presidente della Russia, da ragazzo di provincia a personaggio pubblico dall'immensa popolarità, è una storia che sfida ogni verosimiglianza. Gessen, all'epoca giornalista a Mosca, l'ha vissuta in prima persona, raccogliendo informazioni, sfidando divieti e reticenze, rintracciando fonti autorevoli prima di chiunque altro. A partire da questo lavoro ha scritto un resoconto impegnato e implacabile, che contiene e anticipa gli sviluppi di una concezione del potere e della storia che hanno portato agli eventi del 2022 e al conflitto bellico nel cuore dell'Europa. Come ha scritto Roberto Saviano in una recente intervista, leggendo questo libro si affronta una realtà che forse ci era sfuggita: «Compresi la potenza della sua scrittura, il coraggio di raccontarci con chi esattamente facevamo affari, a chi avevamo appaltato settori strategici della nostra economia». Nelle parole e nell'indagine di Masha Gessen l'ascesa di Putin è un elemento centrale e ancora in divenire della storia europea e mondiale.
L'uomo senza volto racconta l'ascesa al potere di Vladimir Putin, da agente di basso profilo del KGB a presidente della Russia, e di come, in poco tempo, quest'uomo sia riuscito a distruggere anni di progresso del paese, trasformandolo in una vera e propria minaccia per il suo stesso popolo. Scelto come successore dalla "famiglia" che circondava un ormai scomodo e sempre più impopolare Boris Yeltsin, Vladimir Putin sembrava la scelta migliore per l'oligarchia che lo voleva plasmare a suo piacimento. Così all'improvviso il ragazzo che era stato nell'ombra sognando di governare il mondo diventa un personaggio pubblico, e la sua popolarità cresce a dismisura. La Russia e l'Occidente erano determinati a vedere in lui il leader progressista dei loro sogni, anche mentre prendeva il controllo dei mezzi di comunicazione, mandava gli oppositori politici in esilio se non nella tomba, e distruggeva il fragile sistema elettorale del paese, concentrando il potere nelle mani di pochi fedeli. Come inviata a Mosca, Masha Gessen ha vissuto tutti gli eventi in prima persona e per questa biografia, in corso di traduzione in diciotto paesi, ha raccolto informazioni e raggiunto fonti più di chiunque altro prima di lei, per narrare come un uomo del tutto sconosciuto sia riuscito a farsi strada fino a raggiungere un potere assoluto - e assolutamente corrotto - su uno dei paesi protagonisti della scena politico-economica di oggi
E sé il «problema» fosse lo stipendio? Non perché (troppo) basso, ma il concetto stesso di salario: ovvero il tempo trasformato in merce. Un altro lavoro è possibile. Noi non abbiamo bisogno di lavatrici, di automobili o di scuole: ma di lavarci i vestiti, di spostarci e di istruzione. Il lavoro ha per scopo produrre quel che ci serve per vivere: cibo, vestiti, casa, cultura. Ripartiamo da qui: un po' di tempo per fare ciò di cui abbiamo bisogno. Il resto, diamolo pure al mercato. Ma non ne saremo servi. Francesco Gesualdi, già alunno di don Milani e noto attivista, ci provoca ad un cambiamento. Di testa e di orologio.
Ad appena ventotto anni, Giulio Andreotti si trovò a gestire una serie di problemi delicati, con evidenti ricadute sia sul piano interno che internazionale. Nel 1947 era stato infatti nominato sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e, fra le varie competenze affidategli da Alcide De Gasperi, vi era la responsabilità politica dell'Ufficio per le zone di confine, un organo istituzionale sorto per coordinare l'attività del governo nelle complesse situazioni di frontiera. L'Ufficio era alimentato da ingenti fondi riservati, che Andreotti decideva di volta in volta come utilizzare. Le carte inedite dell'Archivio Andreotti, e di altri archivi consultati per questa indagine, rivelano un giovane all'inizio della carriera, già dotato delle qualità che contribuiranno a renderlo uno fra i politici più rappresentativi della storia italiana del dopoguerra. Nell'affrontare, le principali sfide poste dal suo compito - la propaganda in difesa dell'italianità, la tutela delle minoranze linguistiche, l'attuazione dell'autonomia speciale), i rapporti spesso difficili con la classe dirigente locale - Andreotti si dimostra già uomo di Stato e di governo più che di partito, di grande pragmatismo e con rapporti privilegiati con il mondo ecclesiastico.
Protagonista di un'avventura umana e missionaria straordinaria, padre Gheddo ha denunciato con forza i drammi della fame, delle ingiustizie globali, delle guerre che devastano il mondo. E ci ha raccontato, con genuino stupore, i miracoli realizzati dallo Spirito Santo alle più diverse latitudini, in quelle giovani Chiese da cui il cattolicesimo occidentale ha molto da imparare. Ha scelto il Pime, nel lontano 1945, affascinato dall'ideale di annunciare il Vangelo "fino agli estremi confini della terra". Avrebbe voluto partire per l'India, ma i suoi superiori decisero diversamente. Così, per tutta la sua vita, la missione di padre Piero Gheddo si è tradotta in un giornalismo appassionato e militante. Migliaia gli articoli scritti per testate cattoliche e laiche; un centinaio i libri pubblicati (il primo è uscito nel 1956). Oltre 80 i Paesi che il missionario ha toccato nel corso dei suoi innumerevoli viaggi, spesso diventando testimone in prima linea delle più terribili pagine del Novecento: la Rivoluzione culturale in Cina, la guerra in Vietnam, l'apartheid in Sudafrica, le dittature militari in Sudamerica, il genocidio in Ruanda. Scoprendo che il Vangelo fa sempre notizia.
Il modo in cui parliamo e scriviamo ci qualifica costantemente agli occhi degli altri: per molti versi noi siamo la lingua che usiamo e, in base a questa, verremo costantemente sottoposti al giudizio altrui. In mille occasioni, un errore di sintassi o di ortografia, la scelta di un tempo verbale sbagliato o perfino l’inutile irrigidimento su una regola, che magari ci ricordiamo in maniera imprecisa dai tempi della scuola, potranno contribuire non solo a farci fare brutta figura, ma portare in alcuni casi anche a ripercussioni gravi sia a livello personale sia a quello professionale. In questo libro viene presentata, documentata con numerosi esempi tratti dall’uso e spiegata una rassegna degli errori che, ancora oggi, provocano uno stigma sociale, ossia sono percepiti come indicatori di scarsa cultura; a questi è stata aggiunta una breve rassegna di presunti errori che invece meritano di essere sottoposti a un esame più approfondito: scopriremo che forse sono meno sbagliati di quanto immaginassimo.
Questo testo non è una guida; è piuttosto il diario di bordo di vent'anni di frequentazione dei "socialini" da parte di una sociolinguista interessata a capire cosa succeda alla nostra lingua e alla nostra società nella commistione tra vita online e offline. È il web che condiziona la lingua o è l'italiano che attraverso la rete sta mostrando mai come ora il suo stato? Questo libro tenta di raccontare qualcosa di nuovo dei social network a chi li frequenta, nella speranza di renderli meno "ostici" a chi, invece, non è abituato a frequentarli. Soprattutto, vuole essere un contributo all'ecologia linguistica dei mezzi di comunicazione elettronici, la cui vivibilità è responsabilità di tutti gli utenti.
Questo libro parla di noi, persone connesse tramite i social network con le parole, forse lo strumento più immediato e potente che abbiamo a disposizione in quanto esseri umani. Eppure, spesso le usiamo in maniera frettolosa e superficiale, senza valutarne le conseguenze. Poiché le possibilità di fraintendimenti, ostilità e interpretazioni distorte dei fatti sono massime laddove non possiamo guardarci in faccia, in rete e in particolare sui social network le parole che scegliamo hanno un peso maggiore, su di noi e su chi ci sta attorno. Infatti oggi la comunicazione sul web appare avvelenata dal bullismo, dalle notizie false e dai continui conflitti. Ci sentiamo intrappolati dall'odio, dalla paura e dalla diffidenza. La verità è che siamo diventati iperconnessi, viviamo contemporaneamente offline e online ed è una condizione complessa, che occorre imparare a gestire. Non esistono formule magiche ma, nel suo piccolo, ciascuno di noi può fare la differenza, curando con più attenzione il modo in cui vive - e quindi parla - in rete: di sé, di ciò che accade, degli altri e con gli altri. La nostra vita interconnessa non dipende, in ultima istanza, dagli strumenti e dagli algoritmi, e nemmeno dai proprietari delle piattaforme: sta a noi scegliere chi siamo e cosa vogliamo in rete. Una sociolinguista e un filosofo della comunicazione, esperti naviganti della rete, ci indicano una delle strade da percorrere per vivere in modo finalmente libero le ricchezze che il web e i social ci offrono: imparando a padroneggiarli senza lasciarcene schiacciare, a decifrarne i messaggi senza farci manipolare, a capire e farci capire attraverso una scelta accorta e consapevole delle parole.
Marco Minghetti (1818-1886) fu uno dei principali teorici, in Italia e in Europa, del pensiero politico liberale e, allo stesso tempo, eminente statista della Destra storica: più volte Ministro e Presidente del Consiglio, legò il suo nome a tappe salienti della politica nazionale quali la Convenzione di settembre, l'avvio dell'inchiesta industriale e dell'inchiesta agraria, la revisione dei trattati commerciali, il raggiungimento del pareggio di bilancio. Raffaella Gherardi ne ripercorre qui non solo gli scritti, ma anche i discorsi parlamentari ed extraparlamentari, attingendo a documenti spesso non facilmente reperibili: emerge il ritratto a tutto tondo di una personalità attenta a sfuggire gli opposti rischi di una scienza della politica disancorata dalla prassi e di un'azione politica meramente empirica e contingente. Si manifestano inoltre temi ancora oggi rilevanti: il rapporto fra economia, morale e diritto; le relazioni tra Stato e Chiesa; le ingerenze dei partiti politici nella giustizia e nell'amministrazione. Anche di fronte alla politica del presente l'opera di Minghetti non ha perso centralità, elevandolo a classico della politica italiana ed europea, in grado di parlare a tempi che vanno ben oltre quelli che egli ha vissuto.
L'amore è il sentimento di base della natura umana, senza il quale non esisterebbero i legami che danno forma alle famiglie, ai gruppi, alle società. Scrive l'autore: "Nell'amore cerco la bontà verso la quale tendo per liberarmi dalla cattiveria in cui mi ha gettato la sofferenza della vita, e poiché la avverto nella persona amata la riconosco anche in me. Se invece nella persona che amo vedo la volontà di possedermi, di dominarmi, di ridurmi in schiavitù, il mio amore entra in crisi e muore. Nell'amore vero io amo quella persona e non un'altra perché la sua innocenza è estranea ala vicenda sociale, alla sua brutalità, mi “ricorda“ la purezza delle origini, mi suggerisce la perfezione che l'anima umana può raggiungere. Mi spinge a morire al mio “vecchio io“ per rinascere a una nuova possibilità".
Percorrendo a volo radente le società e le culture entro le quali l'amore si è manifestato come solidarietà sociale, “amicizia del cuore“ e soprattutto come amore passionale degli innamorati e degli amanti, il libro delinea una nuova lettura dei più fondamentali aspetti del legame umano, dalle sue sconfitte e le sue patologie fino alle sue espressioni più felici e durature.
Nicola Ghezzani, psicoterapeuta e scrittore, vive e lavora a Roma. Ha formulato i principi della Psicoterapia dialettica, che studia la psiche a partire dai mondi storici e sociali che la determinano. E' autore di numerosi libri fra i quali Volersi male (2002), Autoterapia (2005), Quando l'amore è una schiavitù (2006), La logica dell'ansia ´2008`, L'amore passionale (2010). Cura il sito "Affettività e amore".
L'innamoramento è l'unica esperienza umana in cui abbandoniamo il nostro egoismo, il nostro narcisismo e ci dedichiamo a un'altra persona, che vediamo stupenda, migliore di noi stessi e a cui doneremmo tutto ciò che possiamo. Armati dell'energia d'amore, possiamo cambiare la nostra vita e far sì che il nostro vecchio io muoia per farne nascere uno nuovo. Amiamo perché l'amore ci insegna a capire che la natura umana è fondamentalmente buona e ci consente una commossa coscienza dei suoi e dei nostri limiti. Ma l'amore è molto di più: trasfigura non solo la persona amata ma tutti. Quando amiamo e siamo riamati, ci immettiamo nel grande respiro dell'universo. Diventiamo parte del suo moto e della sua armonia. Siamo come una nota musicale di una grande sinfonia. Se una società perde la capacità di credere nell'amore e nella sua fantasia trasfigurante, perde anche la capacità di sognare la felicità e l'ideale. In questo libro Nicola Ghezzani analizza in modo sottile il fenomeno dell'amore e rende finalmente giustizia al più importante sentimento dell'esistenza umana.