
"La mia esperienza personale vissuta al fianco di tanti ragazzi ridotti male per aver bevuto troppo è stata in alcuni casi così traumatizzante che mi ha fatto capire l'importanza di trasmetterla ai giovani per farli partecipi dei rischi che si corrono quando si esagera con l'alcol. Così ho cominciato ad andare in giro per le scuole medie superiori di Milano e della provincia a raccontare quello che mi era capitato. Ora ho deciso di metterlo anche nero su bianco per raggiungere un numero maggiore di studenti. Così è nato questo libro, nel quale descrivo i casi clinici di due giovani alcolisti". Con l'alcol non si scherza. In questo libro il professor Fassati, un chirurgo esperto nei trapianti di fegato, da anni impegnato nelle scuole nella lotta contro l'alcol, racconta due storie esemplari, schiette e ricche di spunti di riflessione. L'autore mette la sua grande esperienza al servizio dei giovani, dando preziose indicazioni su come riconoscere, combattere ed evitare questa dipendenza.
Negli ultimi decenni le nostre società sono diventate più repressive, le leggi più severe, i giudici più rigidi, e questo senza che ci sia alcun legame diretto con la criminalità. Didier Fassin si sforza di cogliere, con un'analisi genealogica ed etnografica, la posta in gioco di questo momento punitivo. Per farlo, è necessario aggiornare quello che sappiamo sulla stessa "strana pratica, e la singolare pretesa, di rinchiudere per correggere, avanzata dai codici moderni" di cui parlava Foucault. Quella nuova tecnologia chiamata punizione. Che cosa c'è da punire? Perché abbiamo bisogno di imporre punizioni? E contro chi? Queste tre domande disegnano il campo di un dialogo critico tra la filosofia morale e le teorie del diritto. Con un'indagine sulle diverse configurazioni della punizione nella storia e nelle nazioni, Fassin mostra che non sempre il crimine è stato disciplinato da sofferenze inflitte per legge e che non necessariamente la punizione appartiene a logiche razionali, usate per legittimarla. Per di più, l'inasprimento delle pene e la disuguaglianza nella loro distribuzione rendono la società meno sicura e meno giusta. Quello di Fassin è un saggio attualissimo in tempi di trionfo del populismo, perché offre gli strumenti per una revisione delle premesse che alimentano la passione punitiva e invita a ripensare la sua collocazione nel mondo contemporaneo.
«Il Pci ha saputo leggere e interpretare per decenni domande di libertà, uguaglianza, riscatto sociale, facendole vivere in battaglie democratiche in cui si sono riconosciuti milioni di italiani. Alla fine del secolo il suo tempo si è consumato, ed è stato atto di lucida saggezza andare oltre per costruire un futuro nuovo. È un cammino che deve continuare». Il Partito comunista italiano nasce il 21 gennaio 1921 con il Congresso di Livorno e cessa la sua attività il 3 febbraio 1991. Settanta anni nei quali il Pci è stato protagonista di ogni passaggio della vita politica e sociale dell'Italia. Nato sull'onda della Rivoluzione d'ottobre per realizzare una società sovietica anche in Italia, nell'arco di pochi anni è investito dalla bufera del fascismo. Costretto alla clandestinità, è il principale animatore prima del contrasto alla dittatura, poi della Resistenza. Matura così, nella lotta per la democrazia e la libertà, un'evoluzione culturale e politica che lo porta a essere partecipe essenziale della costruzione della Repubblica e della scrittura della Costituzione. Divenuto il più importante partito comunista dell'Occidente, forte del pensiero di Antonio Gramsci, intraprende un cammino politico che - prima con la «via italiana al socialismo» elaborata da Togliatti, poi con il «compromesso storico» proposto da Enrico Berlinguer - assume la democrazia come il regime politico entro cui far valere i valori e le lotte di emancipazione e giustizia, sottoponendo a dura critica il socialismo sovietico e ricollocandosi come uno dei principali partiti della sinistra democratica europea. Baluardo nella difesa della democrazia contro lo stragismo nero e il terrorismo rosso, acquisisce crescente consenso nella società fino a raccogliere oltre il 30 per cento dei voti degli italiani e a essere partecipe di una larga intesa democratica per il governo del paese. Un cammino che, di fronte alla caduta del Muro di Berlino e alla dissoluzione del campo sovietico, cui Piero Fassino - protagonista, fin dagli anni della Fgci torinese nel '68, della vicenda del Pci prima, del Pds e del Pd poi - ripercorre la lunga «traversata del deserto» dalla rivoluzione alla democrazia: un passaggio complesso, decisivo per la politica italiana che, se produsse lacerazioni non ricomposte a sinistra, consentì però l'avvio di una nuova stagione di impegno per dare all'Italia un partito progressista nell'alveo del riformismo socialista europeo.
Sono trascorsi dieci anni dalla fondazione del Partito Democratico, il 14 ottobre 2007. Un decennio in cui il mondo, l'Europa, l'Italia sono cambiati radicalmente. Dieci anni fa Obama lanciava la sua candidatura alla guida degli Stati Uniti in un clima di speranza, oggi il mondo osserva con inquietudine le politiche di Trump. Fresca di allargamento l'Europa guardava con fiducia al suo futuro, oggi si interroga incerta su come uscire dall'impasse. Dieci anni fa iniziava la più lunga crisi economica conosciuta dal dopoguerra. Dieci anni segnati dal terrorismo di al-Qaida e dell'Isis e dagli attentati che hanno colpito l'Occidente nel cuore delle sue capitali. Dieci anni nei quali l'Italia ha visto succedersi governi guidati da Prodi, Berlusconi, Letta, Renzi e Gentiloni. Allora "populismo" era vocabolo per esperti, oggi è fenomeno che raccoglie vasto consenso, mettendo in tensione cittadini e istituzioni. Per un secolo, il Novecento, la sinistra ha affermato i suoi valori grazie a quattro parole - sviluppo, lavoro, protezione sociale, democrazia - che oggi appaiono lesionate. Di fronte a tutto questo, cosa deve fare una sinistra che non si rassegni a una condizione di minorità? Come si affermano i diritti in una società flessibile? Come si costruisce una società multiculturale che non chieda rinunce all'identità e renda ciascuno sicuro e libero da paure? E come gestire le nuove dicotomie: occidente/oriente, sovranità/globalizzazione, lavoro/ tecnologie, integrazione/identità? Una riflessione necessaria, condotta da chi il Pd ha contribuito a fondarlo, ne ha vissuto in prima persona ogni passaggio ed è tuttora impegnato sul fronte del rinnovamento della sinistra italiana ed europea.
Sono trascorsi dieci anni dalla fondazione del Partito Democratico, il 14 ottobre 2007.
Un decennio in cui il mondo, l’Europa, l’Italia sono cambiati radicalmente. Dieci anni fa Obama lanciava la sua candidatura alla guida degli Stati Uniti in un clima di speranza, oggi il mondo osserva con inquietudine le politiche di Trump. Fresca di allargamento l’Europa guardava con fiducia al suo futuro, oggi si interroga incerta su come uscire dall’impasse. Dieci anni fa iniziava la più lunga crisi economica conosciuta dal dopoguerra. Dieci anni segnati dal terrorismo di al-Qaida e dell’Isis e dagli attentati che hanno colpito l’Occidente nel cuore delle sue capitali. Dieci anni nei quali l’Italia ha visto succedersi governi guidati da Prodi, Berlusconi, Letta, Renzi e Gentiloni. Allora “populismo” era vocabolo per esperti, oggi è fenomeno che raccoglie vasto consenso, mettendo in tensione cittadini e istituzioni.
Per un secolo, il Novecento, la sinistra ha affermato i suoi valori grazie a quattro parole – sviluppo, lavoro, protezione sociale, democrazia – che oggi appaiono lesionate. Di fronte a tutto questo, cosa deve fare una sinistra che non si rassegni a una condizione di minorità? Come si affermano i diritti in una società flessibile? Come si costruisce una società multiculturale che non chieda rinunce all’identità e renda ciascuno sicuro e libero da paure? E come gestire le nuove dicotomie: occidente / oriente, sovranità / globalizzazione, lavoro / tecnologie, integrazione / identità?
Una riflessione necessaria, condotta da chi il Pd ha contribuito a fondarlo, ne ha vissuto in prima persona ogni passaggio ed è tuttora impegnato sul fronte del rinnovamento della sinistra italiana ed europea.
Piero Fassino, nato ad Avigliana (Torino) nel 1949, inizia la sua attività politica negli anni settanta e ottanta a Torino. Nel 1987 viene chiamato nella segreteria nazionale del Pci ed è uno dei giovani dirigenti che, con Achille Occhetto, gestisce la trasformazione del Pci in Pds. Nel 1994 viene eletto alla Camera dei Deputati, dove siederà fino al 2011. Dal 1996 al 2001 ricopre incarichi di Governo: Sottosegretario agli Esteri e agli Affari europei, Ministro del Commercio Estero, Ministro della Giustizia. Dal 2001 al 2007 è Leader dei Democratici di Sinistra e guida i Ds a fondare il Partito Democratico. Dal 2007 al 2011 è Inviato speciale dell’Unione Europea per la Birmania. Dal 2011 al 2016 è Sindaco di Torino e dal 2013 Presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani (Anci). Attualmente è Presidente del Gruppo Socialista al Congresso dei Poteri Locali del Consiglio d’Europa e membro della Presidenza del Partito Socialista Europeo e della Global Progressive Alliance. Presiede il Centro Studi Politica Internazionale (Cespi). Autore di un’ampia produzione saggistica e giornalistica.
L'Italia repubblicana sta attraversando uno dei momenti più diffìcili della sua storia. In questa situazione solo l'unità del paese e un forte senso di solidarietà sociale possono offrire speranza di un futuro accettabile per tutti. A infondere questa convinzione è la Costituzione, il patto su cui è fondata la nostra repubblica. Tuttavia in questi decenni la Costituzione non ha avuto vita facile. Nata in una stagione di generosi entusiasmi e alimentata dalla volontà di rompere con il passato, all'inizio apparve a molti una testa di ponte lanciata verso l'utopia: dunque per molti aspetti cruciali la sua attuazione fu assai lenta. Negli ultimi trent'anni è stata invece costantemente sotto attacco, per vari motivi: l'ansia di governabilità, le spinte federaliste o addirittura secessioniste, infine le ansie del "cittadino globale" e la debolezza degli stati di fronte a entità sovranazionali, quali la globalizzazione, la pressione della finanza e dei mercati, e la stessa Unione europea. Con competenza, lucidità e passione civile, Elvio Fassone ci trasmette il senso profondo della carta che fa di noi dei cittadini, e che per questo è definita "amica". Ne evidenzia la genesi e gli obiettivi, soppesa la validità dei suoi principi, racconta i tentativi di riforma - più o meno condivisibili - portati avanti in questi anni. Soprattutto, ci fa capire dove e come può essere aggiornata, per guidare l'Italia e gli italiani in un'epoca di grande cambiamento.
Una corrispondenza durata 26 anni tra un ergastolano e il suo giudice. Nemmeno tra due amanti, ammette l'autore, è pensabile uno scambio di lettere così lungo. Questo non è un romanzo di invenzione, ma una storia vera. Nel 1985 a Torino si celebra un maxi processo alla mafia catanese; il processo dura quasi due anni, tra i condannati all'ergastolo Salvatore, uno dei capi a dispetto dei suoi 28 anni, con il quale il presidente della Corte d'Assise ha stabilito un rapporto di reciproco rispetto e quasi - la parola non sembri inappropriata - di fiducia. Il giorno dopo la sentenza il giudice gli scrive d'impulso e gli manda un libro. Ripensa a quei due anni, risente la voce di Salvatore che gli ricorda, "se io nascevo dove è nato suo figlio adesso era lui nella gabbia". Non è pentimento per la condanna inflitta, né solidarietà, ma un gesto di umanità per non abbandonare un uomo che dovrà passare in carcere il resto della sua vita. La legge è stata applicata, ma questo non impedisce al giudice di interrogarsi sul senso della pena. E non astrattamente, ma nel colloquio continuo con un condannato. Ventisei anni trascorsi da Salvatore tra la voglia di emanciparsi attraverso lo studio, i corsi, il lavoro in carcere e momenti di sconforto, soprattutto quando le nuove norme rendono il carcere durissimo con il regime del 41 bis. La corrispondenza continua, con cadenza regolare caro presidente, caro Salvatore. Il giudice nel frattempo è stato eletto al CSM, è diventato senatore, è andato in pensione...
Ex magistrato di Cassazione, ex presidente della Corte di Assise di Torino ed ex componente del Consiglio Superiore della Magistratura, Elvio Fassone è stato dieci anni in Senato.
A partire da piccoli aneddoti emblematici, da "disadattato alla politica", come ama definirsi, in questo libro ricostruisce dall'interno tessere eloquenti di una politica spesso dimentica di equità, senso delle istituzioni, etica, spirito di servizio e competenza.
Vengono così alla luce le vere regole del gioco, dall’impreparazione, la faziosità e la mentalità predatoria ai conflitti con la magistratura e ai tentativi di fare del Parlamento un organo di ratifica dell’esecutivo.
È possibile far andare le cose diversamente? E se è possibile, perché non accade?
Elvio Fassone
L’Autrice prende in considerazione la “realtà lavoro” nel momento storico in cui viviamo. Infatti, il lavoro sta diventando merce sempre più ambita e rara, non solo come strumento per acquisire i mezzi di sostentamento quotidiano, ma anche e soprattutto come occasione per la formazione della propria identità, l’espressione di sé, il dono di se stessi e della propria opera nella società.
Il libro delinea le circostanze storiche, economiche, culturali, individuali, psicologiche e spirituali dell’universo professionale, oggi più che mai vissuto in modo conflittuale.
L’Autrice offre una parte introduttiva come disamina teorica del tema, attraversando anche esperienze personali; segue poi una parte pratica, applicativa utile per chi desidera cambiare la propria attitudine interiore al lavoro e renderlo un momento creativo, costruttivo, socialmente e individualmente utile.
Interessante anche la parte che riguarda problemi sul lavoro: ansia, depressione, ecc.
Conclude l’opera una rassegna di testimonianze di professionisti, imprenditori, manager che sono riusciti a fare leva sulle loro difficoltà personali e professionali per la loro evoluzione privata e socio-lavorativa.
Perché, volendo, cambiare è possibile.
Destinatari
Educatori. Imprenditori, manager e quanti hanno a che fare col mondo del lavoro.
A quelli che sono interessati alla conoscenza di sé per migliorare la propria vita.
Autori
Anna Fata è psicologa olistica, vive e lavora in provincia di Ancona, con il Metodo da lei strutturato ArmoniaBenessere® (www. armoniabenessere.it), che consente di ristabilire l’equilibrio psicofisico agendo contemporaneamente su mente, corpo, spirito.
Ha pubblicato diversi libri. Tra gli ultimi: Armonia, benessere, felicità (2005), Chi sono? Conoscersi, maturare, evolvere (2007), Un modello per il ben- essere in azienda (2008), L’etica del cuore(2009), La vita professionale e la pratica meditativa (2009), Lo zen e l’arte di cucinare (2010). Amore zen (2011). Collabora con varie riviste e siti internet.
Nello studio di Lazzaretti, pur non trattandosi di un romanzo, gli eventi, il contesto storico e "gli incontri" hanno un ruolo fondamentale per comprendere "il protagonista". Ancora un libro sul Santo David! È il primo commento che potrebbe fare chiunque si trovasse a leggere, anche di sfuggita, il titolo di questo testo! Ma il titolo è: David Lazzaretti: i personaggi della vicenda, e questo è già, di per sé, sufficiente a indicare che, a differenza di altri testi, sono "questi ultimi" ad occupare il centro della scena. Infatti, il testo non è altro che una ricerca, uno studio dei personaggi che, in qualche modo, si affacciano sulla complessa storia del profeta amiatino. Una raccolta cronologica di appunti, di biografie, di dati storici e di documenti che hanno l'unico scopo di facilitare lo studio di Lazzaretti.
Questo libro nasce dalla volontà dell'autore, che è un genitore adottivo, di raccontare, attraverso le parole sue e di persone competenti, come si snoda la vita di una coppia che si avvicina all'adozione, di cosa significa adottare bambini piccoli o più grandi, di come sia difficile far convivere i tentativi di fecondazione assistita con i percorsi adottivi, di cosa succede quando si incontra il proprio bambino, le paure per la sua salute, i rapporti con i parenti e la società in cui si inseriscono: amici, scuola, vicini di casa. Per quanti affrontano la strada dell'adozione nella convinzione che di fronte alle difficoltà che potranno nascere esistono gli strumenti giusti per affrontarle. Magari anche con il sorriso sulle labbra.
Da Parigi a Bruxelles, i terroristi, inneggiando ad Allah, hanno seminato morte e paura negli ultimi mesi, ma qual è la reazione dei tanti musulmani che vivono oggi in Europa? A risponderci in questo libro è la voce, fermissima e dolce, di Chaimaa Fatihi, una ragazza di 23 anni, nata in Marocco e cresciuta in provincia di Mantova, studentessa di Legge. Cittadina italiana di seconda generazione, musulmana, fiera di essere parte integrante della nostra società nonostante abbia spesso dovuto fare i conti con i pregiudizi contro la religione islamica. La stessa ragazza che, all'indomani della strage al Bataclan, ha scritto una lettera aperta ai terroristi che è stata ripresa in prima pagina da "la Repubblica" e poi da diverse altre testate. Ebbene, verso i terroristi, i musulmani come Chaimaa provano orrore e si sentono in prima linea per combatterli, unendosi in un formidabile esercito di coraggio e non violenza. Chi uccide non è un vero fedele dell'Islam - una religione basata sui valori della pace e della gentilezza -, ma un efferato criminale. Leggendo la storia di Chaimaa, scopriamo come abbia raggiunto l'obiettivo dell'integrazione senza rinnegare la propria cultura d'origine e, allo stesso tempo, capiamo quanto in comune ci sia fra lei e una sua coetanea di famiglia da sempre italiana.