
Come custodire ciò che è comune, in un tempo che sempre più si caratterizza per l'individualismo? Come mantenere aperto tale spazio, quando sembra piuttosto imporsi la dimensione della proprietà, negli ambiti più disparati? Come renderlo vitale, perché contribuisca al benessere del paese e a quello della famiglia umana? Come tutelare la varietà di beni fondamentali - acqua, aria e terra, ma anche conoscenza e legalità? - che danno sostanza e corpo al bene comune? A queste domande rispondono Laura Pennacchi e Alberto Bondolfi, in un dialogo ricco e stimolante, che intreccia filosofia e teologia, economia e diritto. La prospettiva che emerge traccia un contributo efficace per un'etica civile in un tempo di crisi, invitando a esplorare percorsi inediti entro e oltre la modernità. Si tratta di prendere sul serio la democrazia, come orizzonte che esige da tutti/e e da ognuno/a una partecipazione attiva e responsabile.
Nel Ventesimo secolo, e specialmente negli ultimi decenni, la vita delle persone è cambiata come mai in precedenza; valori, comportamenti, stili di vita, oggetti che ci accompagnavano da secoli sono andati in soffitta. Una rivoluzione. Abbiamo gli antibiotici che ci guariscono, l'acqua corrente e il riscaldamento, il frigidaire e il minipimer. Abbiamo il treno, la bicicletta, scooter, l'automobile per viaggiare e far vacanza; il cinema, la radio e la televisione. Abbiamo imparato a leggere e scrivere; a lavarci e a portare le mutande; a uscire con la morosa senza metterla incinta; a infilare soldino nel juke box e a "downlodare" le hit preferite per le playlist del nostro iPhone; a far la spesa al supermercato; a stare connessi al telefono e al computer, a girare il mondo imbucando cartoline e postando selfie. Marta Boneschi propone un catalogo ragionato delle cose che ci hanno fatti ciò che siamo: in immagini e in parole, un album divertente e acuto della vita e del costume contemporanei, un museo vivente di cui siamo protagonisti noi stessi, il cammino breve e pure precipitoso che ci separa dalla vita dei nostri nonni, dei nostri genitori, dagli anni stessi della nostra infanzia.
Silenzio, repressione, censura hanno a lungo circondato la sfera sessuale. Il pudore ne ha difeso i confini ma è stato investito dalle trasformazioni della società contemporanea. Alla spinta modernizzatrice, che porta a comportamenti più liberi, risponde una controffensiva moralistica che prende a bersaglio ogni strumento della "corruzione dei costumi": l'educazione sessuale, le cattive letture, il cinema (e il pericoloso buio dei cinematografi), la nuova moda femminile, lo sport che rivela i corpi. La storia del Novecento è tutta in questa lotta fra una progressiva liberazione dei costumi e una resistenza intransigente e bigotta al cambiamento. Sul finire del secolo poi i nuovi mezzi di comunicazione faranno trionfare non un nuovo senso del pudore, ma la più sfacciata indecenza. Ma questa è un'altra storia.
Nel giugno 1816 Metilde Viscontini Dembowski attraversa, insieme al figlio Ercole di soli quattro anni, il passo del San Gottardo sotto una tempesta di neve. Deve raggiungere al più presto Milano dove l’aspetta una dura battaglia per ottenere la separazione dal marito e riconquistare l’indipendenza. È solo la prima di una serie di ardue prove che dovrà affrontare in nome della libertà, e che culmineranno con la sua partecipazione alla cospirazione antiaustriaca del 1821. Figura poco nota dello straordinario Ottocento italiano, Metilde è degna di essere considerata una protagonista del nostro primo Risorgimento: amica di Ugo Foscolo e di Silvio Pellico, sarà fonte di ispirazione per Henri Beyle - non ancora diventato il famoso scrittore Stendhal - che per lei coltiva una furiosa passione; impegnata in prima persona nella lotta per l’indipendenza dall’Austria, sarà coinvolta nella drammatica vicenda dei processi ai patrioti, ma riuscirà a salvarsi con caparbia determinazione.
Marta Boneschi ricostruisce per la prima volta la storia di Metilde, riannodando i fili che attraversano la sua vita - quello foscoliano, quello stendhaliano e quello patriottico -, per restituirci il senso di un’esistenza spesa nella ricerca di un futuro migliore per sé e per gli altri, con l’obiettivo di perseguire la libertà a tutti i costi.
Forte della sua esperienza come team leader vincente, e con un occhio sempre puntato sulla dimensione femminile, Daniela Bonetti smonta le "cattive abitudini" e le mentalità negative che portano al fallimento della squadra, per spiegare poi come si deve essere e cosa si deve fare per creare e mantenere la leadership.
Questo saggio ripercorre una vicenda intellettuale che va dalla crisi della de­mocrazia liberale sfociata nella dittatura fa­scista fino alle riflessioni di Nor­ber­to Bobbio sulle nuove risposte che il liberalismo è chiamato a dare alla so­cietà contemporanea, così profondamente mu­­­tata rispetto al recente passato.
Il libro prende in esame una tradizione di pensiero che si divarica in due fi­­loni: quello di una democrazia matura e ri­for­matrice tesa a razio­naliz zare la so­cietà capitalistica senza spe­gnerne l’in­tima creatività, e quello di una pro­spet­­tiva più marcatamente liberalsocialista che sente il problema del­l’eguaglianza come in­dissolubile da quello della li­ber­tà.
La postfazione di Dino Cofrancesco è quasi una controstoria rispetto a quella dell’autore e apre lo spazio per una proficua discussione sulla ricostruzione sto­rica di Bonetti.
Paolo Bonetti
È stato professore di Filosofia morale nell’Università di Cas­sino e di Bioetica in quella di Urbino. Come studioso di filosofia politica e morale, ha pubblicato libri su Croce, Gramsci, Pareto e sul gruppo liberal-radicale del «Mondo». Ha anche curato una Intervista sulla democrazia laica a Giovanni Spa­do­lini. Per i nostri tipi ha collaborato al libro collettaneo Sulla pena. Al di là del carcere (2013).
UN LIBRO CHE OFFRE PROPOSTE E SUGGERIMENTI SU INIZIATIVE PROGRAMMATICHE E FORME DI ATTIVITA TERAPEUTICHE COLLATERALI PER MEGLIO COMPRENDERE ED AIUTARE I PAZIENTI. Questo libro ha le sue radici nel lavoro di supervisione svolto dall'autore presso alcuni presidi di salute mentale su situazioni cliniche spesso complesse e coinvolgenti che rappresentano per tutti gli operatori uno stimolo continuo alla comprenione e alla ricerca di nuove soluzioni. L'es perienza e la conoscenza psicoanalitiche sono state messe al servizio dello studio di quegli aspetti della sofferenza mentale non ancora esprimibile a parole dal paziente, che gli operatori hanno il compito di individuare e indagare. Obbiettivo primario, in questi casi, e`che l'operatore acquisisca la capacita di creare un contesto affettivo ed elaborativo che consenta al paziente di ritrovare un suo equilibrio e riprendere lo sviluppo personale
Com’è possibile che domande cruciali come “Dove sono finiti i miei calzini” o “Perché il frigo è vuoto” siano rivolte sempre alle donne? Non era stata raggiunta la parità? Eppure le donne continuano a fare quello che facevano cinquant’anni fa. Magari con il cellulare in mano, telefonando dal balcone per non far capire all’interlocutore che sono ancora a casa, dove il bambino piange perché si rifiuta di bere il latte. Ma rimane il fatto che è la donna a dover fare quadrare, da sola, lavoro, casa e famiglia. Capita anche nelle famiglie più evolute, quelle dove gli uomini, accompagnando i figli a scuola, credono di aver assolto a tutti i loro doveri, lasciando poi le altre incombenze alle mogli. Con il risultato che, per essere brave sul lavoro, si finisce per essere sempre in ritardo sul resto: le bollette da pagare, le riunioni di condominio, le relazioni con gli amici o con i familiari. In questo viaggio tra norme inadeguate e pregiudizi – degli uomini ma non solo –, esperienze personali e storie di altre donne, Giulia Bongiorno ricorda a tutte l’urgenza di agire per passare dalla libertà virtuale a quella reale: battendosi quotidianamente per la distribuzione dei doveri familiari nonché per l’approvazione di leggi sacrosante per una parità concreta (dalla previsione dei meccanismi di quote di genere in ogni ambito alla trasmissibilità del cognome materno sino all’introduzione del compenso per il lavoro domestico), con l’ambizione di ottenere anche più degli uomini. Perché soltanto con la disparità a nostro favore è possibile uscire dalla discriminazione. Sono storie di donne che si trovano ancora a combattere contro ingiustizie e abitudini che le relegano in vecchi ruoli e a dover “correre da sole”, scegliendo tra i diversi aspetti di una vita piena, maternità o carriera, indipendenza o affetti familiari.
L'approccio etnografico applicato al campo dei media studies rappresenta uno degli strumenti di analisi più originali e fecondi della sociologia contemporanea. Uno strumento innovativo oggi sempre più indispensabile per conoscere pratiche e strategie dell'universo mediatico. Federico Boni insegna Sociologia della comunicazione all'Università degli Studi di Milano.