
Muovendo dall'accezione più ampia del termine - orientalismo come insieme delle discipline accademiche che studiano usi, costumi, letteratura e storia dei popoli orientali - Said affronta l'idea della diversità ontologica tra Oriente e Occidente ispiratrice di tante pagine di autori diversi e lontani, da Eschilo a Victor Hugo, da Dante a Marx, chiudendo l'indagine sul complesso di istituzioni create dall'Occidente per esercitare il proprio dominio sul mondo Orientale.
Ultimo frutto di uno sforzo instancabile per far conoscere la questione palestinese nel mondo, questi saggi affrontano temi come la seconda intifada e il cosiddetto processo di pace (che Said definisce una sorta di "pace fast-food" sorretta da un "malevolo sentimentalismo"). L'autore condanna la guerra in Iraq e la "road map", progetto che non mira tanto alla pace quanto piuttosto alla pacificazione dei palestinesi. Spiega con chiarezza perché la reazione americana all'11 settembre ha ulteriormente destabilizzato il Medio Oriente, ma trova anche motivi di speranza: come la Palestinian National Initiative, organizzazione attivista di movimenti di base che condividono l'idea nascente di una democrazia, inaudita per le autorità palestinesi.
Dopo aver assistito al crollo delle torri gemelle nel 2001 e un anno prima della morte, Edward Said rivendica la possibilità di "criticare l'umanesimo in nome dell'umanesimo". In contrapposizione a un cosmopolitismo elitario e a una deriva nazionalistica chiusa su se stessa, Said rilancia un nuovo umanesimo che recupera la precisione filologica, l'interpretazione critica delle fonti, la sensibilità storica della tradizione umanistica europea, aprendosi al dialogo con culture distanti. Ripercorrere la storia della cultura con lo sguardo filologico significa per l'autore ricostruire gli intrecci e le condivisioni che caratterizzano i rapporti tra tradizioni diverse, sia pure nella conflittualità, come i rapporti tra mondo arabo, ebraico e cristiano. La filologia, come scienza critica della lettura, risulta quindi fondamentale per una conoscenza umanistica, in quanto antidoto contro lo stravolgimento dei testi sacri e profani quotidianamente operato dal linguaggio del potere e dei media. Inizialmente concepiti per il pubblico accademico, destinatario privilegiato di tutta la sua vita e principale referente del suo insegnamento umanistico, questi scritti presentano un viaggio affascinante fra i testi e le parole. Insieme ad alcune delle voci più autorevoli del dibattito critico-filologico del Novecento - Auerbach, Spitzer, Poirier - Said definisce i tratti di un nuovo umanesimo militante adeguato a una visione autenticamente universalistica.
Per strane circostanze, una ragazza piemontese e una coetanea palermitana iniziano una corrispondenza telematica. Tra un'e-mail e l'altra imparano a conoscersi e a confrontarsi sui problemi della loro età. Ma si affacciano anche su un dramma gigantesco: cos'è la mafia? Perché è un pericolo grave per l'Italia? Cosa possono fare i cittadini per contrastarla? Ecco che entra in gioco il fratello maggiore, impegnato nella lotta alla criminalità organizzata. Età di lettura: da 10 anni.
«Il riso fa buon sangue» dice un antico adagio di saggezza popolare. Ma esiste una relazione verificabile fra piacere e guarigione? Secondo le ricerche dell’autore, tutta la vasta gamma dei piaceri umani possiede una funzione terapeutica nel trattamento delle forme patologiche, tra cui egli verifica in particolare depressione, malattie cardiache, asma, allergie, tumore al polmone. Stimolando il potenziale immunitario della persona, i piaceri aiuterebbero quindi a conservare la salute e ad accelerare i processi di guarigione.
Tuttavia il piacere è autentico e umano solo se include una dimensione spirituale, capace di andare oltre il livello fisico e soddisfare anche i gusti dell’intelligenza e della libera volontà, producendo un effetto di equilibrio e di armonia fondamentale per il benessere profondo della persona. Esso infatti influisce sul modo di vivere, sull’attività cerebrale, sul sistema ormonale e immunitario, sulla guarigione a livello fisico, psichico e spirituale.
Con frequenti rimandi alle esperienze terapeutiche dell’autore, il volume descrive nel dettaglio le sue intuizioni e le sue analisi.
Sommario
Prefazione. Introduzione. Sezione I. Prima parte: Il piacere e la guarigione. Seconda parte: Esperienze di guarigione attraverso il piacere. Sezione II. Prima parte: Il piacere. Seconda parte: La guarigione. Conclusione. Note. Glossario. Bibliografia. Allegati.
Note sull'autore
Padre Yvon Saint-Arnaud, oblato di Maria Immacolata, psicologo di fama internazionale, è uno dei fondatori dei Centri canadesi di psicosintesi, la prassi psicologica per l’armonizzazione e lo sviluppo della personalità umana.
L'aviazione fu per Antoine de Saint-Exupéry più di una passione, molto più di un lavoro: vera e propria estensione dell'immaginario, il cielo è il luogo che più di ogni altro rappresenta il paesaggio della sua scrittura. In cielo uomini coraggiosi sfidano il pericolo per recapitare la posta in sperduti avamposti della civiltà, attraverso quello stesso spazio azzurro i pionieri esplorano terre lontane, e dall'Africa alla Patagonia luoghi sconosciuti diventano riferimenti, compagni di viaggio per l'occhio esperto del pilota. Questo volume raccoglie i testi di Saint-Exupéry dedicati al volo, un universo da esplorare con la leggerezza e la fantasia dell'autore del Piccolo Principe. Postfazione di Françoise Gerbod.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, le istituzioni francesi sollecitano Antoine de Saint-Exupéry a collaborare alla macchina della propaganda, ma lo scrittore oppone un fermo rifiuto. Non per questo, tuttavia, rinuncia a levare la voce davanti alla minaccia dell'avanzata nazista sull'Europa, affinché le potenze alleate uniscano le forze per arginare l'espansione del Reich. Tra il 1939 e il 1944, dapprima dal fronte francese, in seguito dagli Stati Uniti e dall'Africa del Sud, Saint-Exupéry affida alla scrittura le sue speranze di una risoluzione del conflitto. La sensibilità letteraria, l'impegno civile e l'esperienza in prima linea come pilota militare compongono in queste pagine un'inedita testimonianza di opposizione coraggiosa alla barbarie dei regimi totalitari.
Avversario del dispotismo assolutista, eppure alla costante ricerca di una difficile imparzialità, il duca di Saint-Simon ha raccontato dall'interno la vita alla corte di Luigi XIV. La sua penna acuminata trascina il lettore in un vortice di cerimonie, feste, battaglie, intrighi, amori e funerali, che si susseguono tra un'Europa in rapida mutazione e la gabbia dorata di Versailles. Forse nessuno, prima di Saint-Simon, aveva mai analizzato con tanta lucidità la personalità di un re, o descritto con precisione così spietata le ambizioni, le ascese e le cadute dei generali e delle cortigiane che lo circondano. Scrittore amato da Stendhal, che ne studiò la visione politica, e da Proust, che ne esaltò lo stile, Saint-Simon è dotato di una capacità di penetrazione psicologica raffinata, in grado di interpretare la Storia attraverso gli impercettibili segni della mondanità e di eseguire il ritratto di personaggi straordinari come i protagonisti di un romanzo d'appendice.
La morte di Moro rappresenta la tappa più tragica della storia repubblicana. Da prigioniero Moro propone lo scambio di prigionieri, ricollegandosi a una visione della politica che a ben vedere contraddistingue tutto il suo percorso. Fin dal dopoguerra Moro matura il concetto di allargamento della base democratica del Paese. Un progetto di ampio respiro, con l'obiettivo di rendere matura la democrazia italiana. Un progetto interrotto, che l'autore ricostruisce unitariamente, per ricordare Moro non solo come la più illustre vittima del terrorismo. Apre il volume una riflessione di Walter Veltroni sull'attualità di Moro. In appendice un ampio contributo di Marco Follini fa riemergere la profondità del pensiero dello statista pugliese.
"Quota zero" è uno studio sulla lunga durata di un disastro e sull'ordine sociale derivato da un evento apocalittico come il terremoto di Messina del 1908. La città dello Stretto viene qui vista come uno dei primi spazi di applicazione di quella shock economy che, secondo orientamenti prevalenti, sarebbe tipica della contemporaneità e del neoliberismo. Secondo l'autore, però, molte delle forze attive nel contemporaneo capitalismo dei disastri sarebbero state all'opera nella città siciliana già all'inizio del secolo scorso. Al punto che Messina ha finito con l'anticipare di decenni tutte le contraddizioni del capitalismo contemporaneo. Pietro Saitta ripercorre la storia di Messina, dei suoi abitanti marginali e del Mezzogiorno, alla luce di categorie analitiche mutuate dagli studi postcoloniali e subalterni, oltre che dalle teorie sul sistema-mondo. Testimoni privilegiati e diretti sono differenti generazioni di reietti dei cantieri edili, di abitanti delle baracche e simili figure ugualmente impegnate a sopravvivere e "resistere", sfruttando gli interstizi lasciati liberi da un sistema pervasivo e spietato che si rinnova da decenni. Quel che discende da questo sforzo è una visione intorno a un evento centrale della storia nazionale, delle utili osservazioni comparative sulla gestione dei disastri nel nostro paese e l'avanzamento di una proposta metodologica nei termini di un approccio alla ricerca sociale teso a coniugare storiografia, sociologia... Prefazione di Biagio Oriti.
Di fronte a un evento straordinario come quello che stiamo vivendo in questi giorni - in un clamore informativo affollato di cifre, di paure, di previsioni - è necessaria una riflessione che ci aiuti a riconoscere le dimensioni di questa crisi, a comprenderne gli antecedenti e a immaginare i cambiamenti. Una riflessione urgente e necessaria perché l'epidemia ha messo in evidenza tanto la capacità di tenuta del nostro sistema sanitario quanto le sue gravi debolezze strutturali. Si è spesso dichiarato, con qualche retorica, che il sistema sanitario andava costruito intorno alle persone come un diritto di cittadinanza: forse è il momento di prendere queste enunciazioni al loro valore letterale. Oggi esistono gli strumenti per rendere questo diritto effettivo e sarebbe grave se, normalizzata (se non sconfitta) l'epidemia, si cercasse di tornare alle vecchie logiche.