
Un'indagine sul concetto di alleanza terapeutica, sia nei suoi aspetti teorici che in quelli pratico-operativi. Fondato sui recenti sviluppi della psicoterapia relazionale, il volume formula chiari principi di intervento esemplificandoli con casi clinici e trascrizioni di sedute, con particolare attenzione ai processi interni del terapeuta e al ruolo che questi svolgono nel ricomporre i momenti di crisi dell'alleanza. Tra gli altri temi, l'impiego della metacomunicazione da parte del terapeuta; i modelli di interazione riuscita tra terapeuta e paziente; l'applicazione del trattamento a breve termine; le linee guida della formazione e della supervisione.
«Ci sono libri che cambiano il modo di fare psicoterapia. Sono rari. Uno lo avete tra le mani. In queste pagine è riuscito l’esperimento alchemico: restare in contatto con l’unicità dello scambio umano e allo stesso tempo indicare un modo di intervenire rigoroso e manualizzato sulla relazione terapeutica». Dalla Prefazione di Giancarlo Dimaggio
Attraverso l’esemplificazione di casi clinici e trascrizioni di sedute, gli autori indagano il concetto di alleanza terapeutica, sia nei suoi aspetti teorici che in quelli pratico-operativi. Fondato sugli sviluppi della psicoterapia relazionale, il libro formula chiari principi di intervento riservando un’attenzione particolare ai processi interni del terapeuta e al ruolo che questi svolgono nel ricomporre i momenti di crisi dell’alleanza.
Esasperato dalla noiosa vita di Riga, dalle continue dispute al vetriolo con gli ortodossi e dalle irritanti faide letterarie, nel 1769 il giovane pastore Johann Gottfried Herder decide di tagliare i ponti con tutto e prende il largo alla volta della Francia. Durante quel viaggio, gli vengono idee che non fanno spiccare il volo soltanto a lui, ma mettono le ali a un’intera generazione. Quella leggendaria traversata, infatti, segna l’inizio di un movimento letterario che avrebbe marchiato a fuoco un’epoca e lasciato un’impronta indelebile nella storia della cultura: il Romanticismo. Un periodo memorabile che, com’è ovvio, a un certo punto – con Eichendorff ed E.T.A. Hoffmann – si conclude, ma lo spirito romantico sopravvive.
Nato come un’«ossessione tedesca», si diffonde per mezza Europa contaminando la filosofia, la musica, la politica e persino la quotidianità della gente comune. E qui comincia la seconda storia, quella dei romanticismi, dei risvolti politici teorizzati da Heinrich Heine e Karl Marx, di quelli dionisiaci – in Wagner e Nietzsche – e del loro possibile ruolo nella tragedia nazionalsocialista e nel movimento del ’68. Avvincente e affascinante come poche altre, quella dello spirito romantico è una storia che non si è ancora conclusa e che continua a ispirare la vita di ognuno di noi.
"La miglior definizione del romanticismo è sempre ancora quella di Novalis: «Nel dare a ciò che è comune un senso elevato, al consueto un aspetto misterioso, al noto la dignità dell’ignoto, al finito un’apparenza infinita, io li rendo romantici».
Da questa formulazione ci si accorge che il romanticismo ha un sotterraneo rapporto con la religione. Fa parte anch’esso di quei movimenti di ricerca che da due secoli non cessano di voler contrapporre qualcosa al mondo disincantato della secolarizzazione. Il romanticismo, in aggiunta alle tante altre cose, è anche una continuazione della religione con mezzi estetici. E proprio questo che gli ha conferito la forza di innalzare l’immaginario fino a vette senza precedenti: il romanticismo che trionfa sul principio di realtà. Il che può essere un bene per la poesia, ma è sicuramente un male quando il romanticismo tende a smarrirsi nella politica."
Conosciuto soprattutto per il concetto del "superuomo" e della "morte di Dio", Friedrich Nietzsche fu un vero e proprio vulcano nel campo del pensiero filosofico. Il suo pensiero portò alla luce un orizzonte immenso, esaltante e vertiginoso, che si apriva di fronte alle verità possibili, a una coscienza di sé e del mondo strappata finalmente alla morsa del determinismo e restituita alla sua abissale libertà, la libertà dell'artista. Ripercorrendo i sentieri di questo densissimo e affascinante cammino spirituale - dalle opere adolescenziali al periodo dionisiaco, dai libri della maturità all'esplosione della follia a Torino - Rüdiger Safranski ricostruisce le mille sfaccettature del pensiero nietzschiano.
Il linguaggio delle parole e quello delle immagini si intrecciano nei dialoghi che Tiziana Bonomo ha avuto, insieme a Domenico Quirico, con alcuni dei fotografi del panorama italiano. Personalità diverse, ma accomunate dall'attenzione verso alcune tematiche, la testimonianza in prima linea, la sensibilità, il dubbio, la ricerca. Il primo numero della collana "Intrecciare parole e immagini" ha come protagonista il celebre fotoreporter Ivo Saglietti con il quale è iniziato il racconto sulle "Rivoluzioni". Guardare le foto di Saglietti e leggere le parole di Quirico è fare un salto nell'umanità che combatte senza esitazione e affronta la fatica e il dolore di un destino avverso.
Sede del maggior numero di siti dell'Unesco, l'Italia è considerata dai tempi del Grand Tour "il Paese più bello del mondo". Le civiltà che si sono succedute, dai Latini fino ai giorni nostri, le declinazioni regionali di arte, lingua e cucina, hanno reso l'Italia un paese unico per stratificazione di civiltà, testimonianze storico-artistiche, varietà di paesaggi. Un ecosistema che era giunto più o meno intatto alla Seconda guerra mondiale si ritrovò, in un breve volgere di anni, seriamente minacciato. Più che i disastri della guerra, fu la rapidissima ricostruzione senza regole a rovinare il volto del nostro Paese. Qualcuno cominciò a reagire: grazie all'associazione Italia Nostra, nata a Roma nel 1955, si conobbero Giulia Maria Crespi e Renato Bazzoni i quali, con la collaborazione di Antonio Cederna, organizzarono la mostra itinerante Italia da salvare (1967) che per la prima volta sensibilizzò l'opinione pubblica su questi temi. Erano e restarono una minoranza ma, dopo un primo tentativo abortito, la Crespi e Bazzoni fondarono nel 1975, insieme ad Alberto Predieri e Franco Russoli, il FAI, Fondo per l'Ambiente Italiano. La grande novità del FAI, una fondazione privata, rispetto a quanto c'era stato prima, era acquisire e gestire proprietà e beni per poi aprirli al pubblico. Dopo l'acquisto del Monastero di Torba (1977), un complesso monumentale longobardo, i primi anni della storia del FAI furono piuttosto stentati. Arrivarono proprietà di enorme valore culturale e artistico come San Fruttuoso, il Castello della Manta, la Villa del Balbianello, il Castello di Masino, ma gli iscritti crescevano con grande lentezza, come enormi, anche perché affrontanti per la prima volta, erano i problemi di gestione, organizzazione e sensibilizzazione a questi temi. Fondamentali per aumentare la popolarità furono dapprima le Giornate FAI di Primavera, in cui per un fine settimana restavano aperti luoghi speciali solitamente chiusi, e, più tardi, il censimento I Luoghi del Cuore. Oggi a distanza di anni il FAI conta oltre 190 000 iscritti, più di sessanta beni salvati e una crescita che prosegue costante con obiettivi sempre più ambiziosi, oltre a offrire una nuova forma di amore per il nostro Paese. In questo libro, frutto di esplorazione di archivi e raccolta di testimonianze, Alberto Saibene racconta la storia della grande impresa culturale privata in Italia: una storia di passione e responsabilità, di resistenza quotidiana e bellezza. Con e-book scaricabile fino al 30 giugno 2020.
Critico letterario, musicista, militante palestinese, Said sfugge a ogni tentativo di classificazione: un intellettuale la cui influenza è ben lontana dall'essere confinata al mondo accademico. "Nel segno dell'esilio" rispecchia questa sua versatilità. È una raccolta di quarantasei saggi, scelti da Said stesso e scritti tra il 1970 e il 2000, su una sorprendente varietà di argomenti: la diaspora palestinese, i ricordi di gioventù al Cairo e Alessandria (con un saggio straordinario dedicato a una famosa danzatrice del ventre), il confronto tra culture, ma anche il machismo di Hemingway e l'epica di Tarzan. E ancora: George Orwell, Giambattista Vico, Nagib Mahfuz, Joseph Conrad, Antonio Gramsci, E. M. Cioran, T. E. Lawrence, W. S. Naipaul, Eric Hobsbawm in ritratti che confermano Said come uno dei più importanti ed eleganti critici letterari del nostro tempo. Su tutti, il saggio che dà anche il titolo al libro: una riflessione profonda e intensa sull'esilio, il luogo impossibile attorno a cui ruotano la biografia e l'intero percorso intellettuale di Said, esilio che è anche il filo rosso che attraversa tutta questa raccolta di scritti, nella cui ricchezza e magnificenza l'elemento biografico e quello generale, il personale e il politico sembrano ricomporsi.
Un pellegrinaggio alle radici: il ritorno in Palestina-Israele, una terra che non ha ancora trovato la pace ed è già irriconoscibile, è l'occasione per mettere a fuoco torti e ragioni di due popoli storicamente e fisicamente uniti. Il volume si compone di due brevi memorie di viaggio che si possono leggere come due intensi pamphlet: l'uno, contro Israele; l'altro, contro Arafat. Più intimo e personale, il primo; più esplicitamente politico, il secondo.
Edward W. Said resta tra gli intellettuali più stimati del nostro tempo, per l'importanza dei suoi studi critici ma anche per la coraggiosa militanza in difesa dei diritti umani. Nasce a Gerusalemme nel 1935, erede di una ricca famiglia palestinese cristiana, e conduce i suoi primi studi nel prestigioso Victoria College del Cairo. Il futuro re di Giordania Hussein e Omar Sharif sono tra i suoi compagni. Ma il giovane Edward rifiuta il modello educativo dei cosiddetti Wog (Westernised Oriental Gentlemen) e incoraggiato dal padre, imprenditore ambizioso ed esigente, si trasferisce in un college del Massachusetts. Nel 1948, dichiarato lo stato di Israele, la sua famiglia è espropriata di tutti i beni. Edward decide di combattere per i diritti del popolo palestinese, per uno stato binazionale, laico e democratico. Diventa un rifugiato politico. Vita intensa la sua, brillante ma anche scomoda, segnata dalla sofferta condizione dell'esilio ma anche da una ricchissima esperienza, in bilico tra i luoghi più prestigiosi della cultura occidentale e un Medioriente agitato da ingiustizie e conflitti. Un'autobiografia che contiene l'avventura degli incontri e delle idee ma anche la drammaticità della lotta e dell'esclusione. Al suo apparire, quest'opera ha suscitato un feroce dibattito sui giornali americani, israeliani e inglesi, come a dimostrare che l'infaticabile impegno di Said continua ancora a generare fecondi insegnamenti e inquietudini. Un testamento spirituale.
È nel dissenso che l'avventura, l'interesse, la sfida della vita intellettuale vanno cercati. E se è vero che gli mancano regole stabilite alle quali ispirarsi per sapere cosa dire o fare, è altrettanto certo che l'intellettuale che non voglia tradire la sua missione non ha né cariche da difendere, né territori da consolidare o custodire: è un esiliato e un emarginato, un dilettante che possiede la capacità di sfruttare appieno le rare opportunità di discorso concesse, sa conquistare l'attenzione del pubblico, è pronto alla battuta e al dibattito più dei suoi avversari. È soprattutto, autore/attore di un linguaggio che dice la verità al potere.