
Questo libro ci conduce in quello spazio misterioso che mette in moto la transizione dalla guerra alla pace e la disposizione al dialogo, che ancora rappresenta il cuore degli affari umani.
Parola-slogan abusata e logorata, spesso banalizzata o consolatoria, ogni giorno invocata e ogni giorno violata. Perché per definire la pace si parla perlopiù di assenza o di cessazione della guerra? Autentica sfida mentale e comportamentale, la pace – che non significa pacifismo – è un contenitore multiplo, e la sua mutevole architettura non cessa di impegnare teorici e professionisti dell’arena internazionale. Oggi, nel terzo millennio, disorientati e circondati da molte guerre tradizionali e non, può essere ancora utile ancorarsi all’idea che la pace prima si pensa, poi si fa. Questo libro accompagna il lettore dietro le quinte del suo processo e la riscopre – anche attraverso il contributo delle donne – tra passato e presente, tra occasioni mancate, visioni e lezioni dalla realtà.
Arianna Arisi Rota insegna Storia delle rivoluzioni del Mediterraneo nell’Ottocento e History of Diplomacy nell’Università di Pavia. Tra le sue pubblicazioni con il Mulino ricordiamo «Risorgimento. Un viaggio politico e sentimentale» (2019) e «Profughi» (2023).
"La democrazia si è formata quando si è passati, dalla convinzione che tutti sono uguali per certi aspetti, all'idea che tutti sono uguali per tutti gli aspetti (siccome tutti sono parimenti liberi, tutti si credono assolutamente uguali); per contro, l'oligarchia ha tratto origine dal fatto che, dall'essere alcuni diversi per un certo aspetto, credono di esserlo per ogni aspetto (poiché certi sono disuguali nella ricchezza, sono convinti di esserlo in ogni senso). Ecco allora che gli uni, ritenendosi uguali, si arrogano il diritto di partecipare in ugual misura a tutti i beni; e invece gli altri, convinti della loro diversità, pretendono per sé sempre di più, essendo appunto quel "di più" il segno di questa diversità." E quel che scrive Aristotele all'inizio del Libro V. La "Politica" di Aristotele nasce come "guida completa per capi politici e per cittadini attivi", ma ben presto il lettore si accorge che ad Aristotele non interessa una semplice analisi scientifica delle forme di governo, bensì la domanda, già posta nell'Etica Nicomachea: "Qual è il sommo bene per l'uomo?". E appunto di competenza dello studio della politica affrontare tale problema etico. La Fondazione Valla dedica alla nuova grande serie della "Democrazia in Grecia" sei volumi, dei quali questo è il secondo. Essa costituirà a più vasta antologia del pensiero greco sulle forme di governo dalle origini all’età ellenistica. Curata dai maggiori esperti internazionali del campo, la collezione costituirà un contributo fondamentale alla storia della civiltà politica dell’occidente.
Unica sopravvissuta di una serie di costituzioni greche attribuite ad Aristotele, la Costituzione degli Ateniesi è di grande interesse e di importanza straordinaria perché presenta nella prima parte una documentatissima storia della Costituzione ateniese dalle sue origini fino alla fine del V secolo e nella seconda ne espone il funzionamento ai tempi dell’autore, basandosi sulle leggi in vigore e sull’osservazione diretta. L’opera si inserisce in una serie di cinque volumi dedicati al tema della Democrazia in Grecia (i primi due volumi, dedicati alla Politica di Aristotele, sono già usciti).
La Politica è un saggio di economia, di storia delle costituzioni, di dottrina dello stato, di filosofia del diritto. Ma è soprattutto la trattazione di quella che, fra le scienze che si occupano della condotta morale dell’uomo, ha una funzione strutturale, poiché fornisce gli strumenti per ordinare uno stato in cui sia possibile vivere bene (e, ultimamente, umanizzarsi). Tessendo la sua ricca trama, Aristotele tiene uniti sintesi teorica e analisi (a tratti sorprendentemente “attuale”) della realtà del suo tempo, prescrizione ideale e sano realismo. Al centro di tutto, una concezione strutturalmente relazionale dell’uomo (“animale politico”), che oggi più che mai abbiamo necessità di riguadagnare.
Ecco la minaccia più grave che incombe sul pianeta: l'attuale sistema finanziario ultraglobalizzato, che deprime la crescita economica, aumenta la disuguaglianza, impoverisce la gente, e diffonde insicurezza e paura del futuro. Sono quasi cinquant'anni che il capitalismo dei mercati finanziari ha preso il potere in Occidente. La sua ideologia è il neoliberismo, un pensiero unico che prevale nel mondo accademico, nella società civile e nella politica, a destra come a sinistra. L'Unione europea ne è diretta espressione e la superburocrazia che la governa in condizioni di pesante deficit democratico agisce con la complicità dei media, per lo píù allineati a questo strapotere. Ma i padroni del mondo attuale non sono inamovibili. Come spiega Arlacchi, sono in campo contromovimenti che li combattono. L'economia sociale di mercato della Cina e dell'Asia orientale già contrasta la deriva neoliberista. E stanno inoltre emergendo formazioni di riformatori, conservatori, fascisti, socialisti e populisti prodotte da un grande scontento verso il mercato che mobilita tutti, da Corbyn a Trump a Le Pen. È questo il dato nuovo. All'orizzonte ci sono il declino dell'Occidente dominato dal capitale finanziario, il tramonto incruento della tutela americana e un ordine mondiale multipolare più pacifico e progressivo.
La storia della "Società generale delle Messaggerie italiane di giornali, riviste e libri" inizia a Bologna nel 1914 per coraggiosa iniziativa di Giulio Calabi in un paese dove le comunicazioni sono ancora difficili, la lettura patrimonio di un'elite, il commercio librario circoscritto al centro delle poche grandi città. Passate nel 1938 sotto il controllo di Umberto Mauri, le Messaggerie si trasferiscono nel 1946 a Milano, e dal capoluogo lombardo accompagnano l'impetuoso processo di ricostruzione e di modernizzazione del paese sino alle sfide del XXI secolo. Basandosi su un capillare lavoro di ricerca e su centinaia di testimonianze scritte e orali, Vittore Armanni disegna per la prima volta il percorso di una avventura imprenditoriale e umana che ha segnato profondamente la vita culturale italiana. E l'epopea di due famiglie: quella dei Calabi, colpiti dalla tragedia delle leggi razziali e costretti all'esilio alla vigilia della seconda guerra mondiale, e quella dei Mauri, giunti oggi alla terza generazione. E la storia di una visione imprenditoriale aperta, che considera la distribuzione non solo un servizio logistico ma una forma di collaborazione e sostegno agli attori della filiera, dall'editore ai librai, e che a questi ultimi offre opportunità come la Scuola Umberto e Elisabetta Mauri, dal 1983 punto di riferimento per la diffusione di un'autentica cultura internazionale del libro. Con uno scritto di Achille Mauri.
Le discipline politologiche utilizzano termini con radici remote, al punto che difficilmente si prescinde da un’idea di politica al di fuori di questi lemmi. La straordinaria e ricorrente mutevolezza del quadro delle politiche estere e internazionale stride con questo lessico bloccato. Perciò il tema Società Internazionale, per descrivere questo campo sempre più importante, indica una opzione dei curatori e degli autori che parte dalla ricostruzione scrupolosa e realistica di quanto esiste per tracciare un futuro possibile. È la prima opera del genere concepita in Italia, e vuole colmare un vuoto nel panorama delle Relazioni Internazionali per essere d’aiuto al lettore quando le opposte sirene del globalismo iperliberista e del neonazionalismo protezionista appaiono rendere sempre più rischiosa la navigazione a vista nel mare della politica mondiale. Vittorio E. Parsi (1961), ricercatore a Scienze Politiche UCSC Milano, docente di Relazioni Internazionali a Macerata, coordina l’insegnamento di politica internazionale presso l’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (ASERI) di Milano. Già noto ai lettori di Jaca Book per l’EDO Democrazia e Mercato e per aver collaborato a Politica (I Dizionari e Eta). Fabio Armao (1957) è ricercatore di Relazioni Internazionali a Torino. Si occupa delle forme di violenza politica e delle alternative pacifiste. Autore di numerosi saggi e articoli su guerre e crimine organizzato.
Dopo il 1989, con il superamento del mondo diviso in blocchi, ci si aspettava il trionfo della democrazia. E invece assistiamo al trionfo di un capitalismo in pieno delirio di onnipotenza, cui fa da contraltare la ritirata dello stato democratico: graduale distruzione del welfare, abbandono delle lotte per i diritti, crescita esponenziale delle diseguaglianze. A un secolo dalle guerre mondiali, l'attacco scatenato da Putin il 24 febbraio 2022 sembra aver riportato il mondo sull'orlo di un nuovo conflitto globale. E altre tragedie si stanno consumando intorno al nodo irrisolto tra Israele e Palestina. Poco o nulla del contesto odierno, tuttavia, ha a che vedere con il mondo del passato; e non si possono interpretare gli eventi odierni appellandosi a vecchie categorie. L'invasione dell'Ucraina, ad esempio, va considerata come una conseguenza della globalizzazione fuori controllo e si inserisce nel filone delle 'nuove guerre', che vedono protagonisti - insieme alle forze armate tradizionali - mercenari, terroristi, mafiosi e nelle quali la logica privatistica del mercato si fa gioco delle ideologie. Il tempo è quasi scaduto: le democrazie devono riprendere terreno sul 'capitalismo di sangue', consapevoli del fatto che una guerra globale renderebbe inutile il capitalismo stesso.
Tutte le strade portano a Roma, anche quelle del crimine. Dalle scene dei delitti alle aule dei tribunali, un viaggio tra i fatti di sangue che hanno segnato la storia della capitale: il rapimento e l'omicidio di Matteotti, la strage delle Fosse Ardeatine, il caso Bebawi, l'orrore del massacro del Circeo, il controverso assassinio di Pier Paolo Pasolini, l'epopea della Banda della Magliana, i fattacci del Vaticano e, ai giorni nostri, gli stupri del Quartaccio e della Caffarella insieme all'assalto alle caserme dei carabinieri e della polizia il giorno della morte di Gabriele Sandri. Il libro, aggiornato al 2009, ripercorre gli episodi di cronaca giudiziaria più clamorosi tra quelli che negli ultimi centocinquanta anni hanno avuto Roma come protagonista, alla ricerca delle forme nuove che il crimine ha assunto e assume nella capitale. Uno scenario in cui delitti apparentemente inspiegabili si intrecciano a sodalizi criminali partoriti dal ventre malvagio della capitale. Armati e Selvetella raccontano queste vicende intrecciando successione cronologica a suggestioni tematiche, e mantenendo tuttavia un punto di vista costante: l'attenzione a Roma e al suo popolo, interprete o spettatore, vittima o complice di una storia in cui il mistero è l'attore principale.
L’autore riflette su come l’educazione alla bellezza permetta ai giovani, ma non solo, di riscoprire le proprie nobili origini e, con esse, il punto di raccordo fra etica ed estetica. Nei momenti storici in cui ogni riferimento cade, studiare e approfondire l’immenso patrimonio culturale e artistico dell’antichità “classica” permette la riscoperta dell’umano. In circa quattro decenni di attività educativa nell’ambito dell’insegnamento della musica ai giovani, l’autore ha potuto verificare “sul campo” che nel nostro passato c’è un tesoro di conoscenze e sensibilità in grado, in ogni momento, di indicare una strada da seguire per curare la nostra umanità – anche quella liquida e post ideologica – che vive una crisi profonda, la cui causa non è solo economica.
Che cosa si nasconde dietro i cosiddetti 'attacchi di panico', oggetto da un lato dell'attenzione sempre più crescente dei mass media ed esempio fra i più citati dall'altro dei presunti nuovi sintomi psicopatologici? Per gli autori di questo libro, curato dall'Associazione Lacaniana di Napoli, la vecchia e cara nevrosi fobica. Si spiega così la decisione di dedicare un anno di studio, di cui il libro è la testimonianza scritta, al seminario IV di Jacques Lacan dedicato al tema della relazione oggettuale in cui campeggia un commento attento e originale della famosa analisi freudiana di un caso di fobia in un bambino di cinque anni, meglio conosciuto come il caso del piccolo Hans. Attraverso la ricostruzione critica del seminario lacaniano vengono in tal modo messe in evidenza tutte le sfaccettature della nevrosi fobica, il suo rapporto di identità-differenza con la perversione, la sua parentela con l'angoscia - il 'panico' -, gli strumenti chiamati in causa per comprenderla come l'antropologia strutturale di Lévi-Strauss. Tutto questo è affrontato nel libro, ma anche il ruolo che il seminario IV sulla relazione oggettuale ha nell'itinerario complessivo di Jacques Lacan.
Le chiamavano Streghe della notte. Nel 1941, un gruppo di ragazze sovietiche riesce a conquistare un ruolo di primo piano nella battaglia contro il Terzo Reich. Rifiutando ogni presenza maschile, su fragili ma duttili biplani, mostrano l'audacia, il coraggio di una guerra che può avere anche il volto delle donne. La loro battaglia comincia ben prima di alzarsi in volo e continua dopo la vittoria. Prende avvio nei corridoi del Cremlino, prosegue nei duri mesi di addestramento, esplode nei cieli del Caucaso, si conclude con l'ostinata riproposizione di una memoria che la Storia al maschile vorrebbe cancellare. Il loro vero obiettivo è l'emancipazione, la parità a tutti i costi con gli uomini. Il loro nemico, prima ancora dei tedeschi, il pregiudizio, la diffidenza dei loro compagni, l'oblio in cui vorrebbero confinarle. Contro questo oblio scrive Ritanna Armeni, che sfida tutti i «net» della nomenclatura fino a trovare l'ultima strega ancora in vita e ricostruisce insieme a lei la loro incredibile storia. È Irina Rakobolskaja, 96 anni, la vice comandante del 588° reggimento, a raccontarci il discorso, ardito e folle, con cui l'eroina nazionale Marina Raskova convince Stalin in persona a costituire i reggimenti di sole aviatrici. È lei a descriverci il freddo e la paura, il coraggio e perfino l'amore dietro i 23.000 voli e le 1100 notti di combattimento. E a narrare la guerra come solo una donna potrebbe fare: «Ci sono i sentimenti, la sofferenza e il lutto, ma c'è anche la patria, il socialismo, la disciplina e la vittoria. C'è il patriottismo ma anche l'ironia; la rabbia insieme alla saggezza. C'è l'amicizia. E c'è - fortissima - la spinta alla conquista della parità con l'uomo, desiderata talmente tanto -e questa non è retorica - da scegliere di morire pur di ottenerla».