
Se la pelle è l'involucro del corpo, allo stesso modo l'Io tende ad avvolgere l'apparato psichico. Da questo punto di vista, le strutture e le funzioni della pelle possono offrire agli psicoanalisti e agli psicologi analogie feconde e guidarli nelle loro riflessioni e nelle loro pratiche. L'io-pelle si presenta come un concetto operativo che definisce il modo in cui l'Io si appoggia sulla pelle e implica un'omologia tra le funzioni dell'Io e quelle del nostro involucro corporale: limitare, contenere, organizzare. L'idea che l'Io, come la pelle, si strutturi in un'interfaccia consente anche di arricchire le nozioni di frontiere, limiti, contenitori, in una prospettiva psicoanalitica. Inoltre, la pregnanza concettuale dell'Io-pelle permette di comprendere meglio una realtà clinica complessa: al di là della relazione tra le malattie dermatologiche e i disturbi psichici, Anzieu dimostra come il sovrainvestimento o la carenza di una funzione dell'Io-pelle servano a spiegare in particolare il masochismo perverso, il nucleo isterico della nevrosi o la distinzione tra personalità narcisistiche e borderline.
Quest'opera è divenuta un classico: pubblicata nel maggio 1968, ha raggiunto l'ottava edizione. Si ritiene che proporre al lettore italiano quest'opera abbia un senso in quanto l'attenzione alle esigenze di fondazione teorica (specialmente filosofico-sociale, vedi Sartre), la messa a punto di una vastissima e variegata gamma di esperienze di gruppo e l'equilibrato apporto psicoanalitico, permettono di mettere in atto criteri di selezione del materiale che non si limitano tuttavia nè ad aride elencazioni dei medesimi, nè a minuziose discussione della loro attendibilità...
Solo gli umani sanno di essere fratelli e sorelle: è un dono e un compito che li rende tali. “Ma il fratellino perché?” – si chiede il primogenito. Quello che egli avverte come un “tradimento” della madre è in verità la prima grande prova relazionale della vita. Un tormento affettivo inevitabile, il cui superamento permette di approdare alla maturità come accettazione serena della co-centralità e della condivisione dei corpi genitoriali e della casa: tutti unici, nessuno l’unico. Nella postmodernità, l’enfasi che viene data a una società non più gerarchica accentua la delicatezza del passaggio. Un fratello è per Narciso il dolore e la medicina di cui necessita. Tra gelosia del primogenito e invidia del secondogenito, si aprono i sentieri della crescita: scoprire l’alterità non come minaccia o esproprio, ma come opportunità di condivisone nelle vicende dell’esistenza. Questo libro ha una sua peculiarità: affronta il tema della fratria analizzando le teorie e le ricerche più recenti dentro il paradigma della Gestalt Therapy. Un testo brillante, originale e vivace che, descrivendo in modo puntuale le dinamiche fraterne in tutti i loro risvolti – anche quelli più aspri –, traccia i percorsi che conducono dalla rivalità alla condivisione, nella consapevolezza che solo chi accoglie il fratello e la sorella fuori di sé scopre e si arricchisce del fratello e della sorella che porta dentro di sé.
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Il cibo, i modi di cucinarlo e consumarlo possono narrare un paese meglio di tante cronache storiche. E proprio oggi che in Italia la cucina è la regina della programmazione televisiva, è importante ritrovarne la memoria. Perché la (buona) tavola è un fatto sociale e culturale, è appartenenza e ricordo, la rappresentazione più intima della nostra identità, tanto che non è azzardato affermare che molti mutamenti del nostro paese possono essere letti attraverso il cibo e la sua preparazione. "Fornelli d'Italia" è un viaggio nel tempo e nei tempi della nostra terra, alla scoperta di come e quanto sia cambiata l'Italia da quel fatidico 1861 in cui siamo diventati nazione. Un viaggio raccontato da un punto di vista originalissimo, quello delle molte straordinarie cuoche che si sono avvicendate nelle cucine delle nostre case. Infatti, mentre la gastronomia, colta e raffinata, è da sempre descritta da quegli stessi uomini che la interpretano (i grandi chef che oggi spopolano come vere star), il quotidiano "far da mangiare", costruito silenziosamente e meticolosamente dalle donne, non ha mai avuto celebri cantori. Con occhi femminili, quelli delle padrone dei fornelli, Stefania Aphel Barzini riscrive la storia d'Italia attraverso il cibo. Una storia che, come in un gioco di scatole cinesi, ne racchiude molte altre, ricche di personaggi sorprendenti, di aneddoti, di ricette narrate anche grazie all'aiuto della pubblicità, dei film, dei giornali e delle riviste dell'epoca.
Brillante teorico della modernità diffusa e della democrazia profonda, la democrazia situata e praticata nella vita quotidiana, Arjun Appadurai è considerato uno dei massimi studiosi di globalizzazione, mass media e processi migratori. Il suo libro più conosciuto, "Modernità in polvere", analizzava alcuni fatti culturali con l'obiettivo di portare alla luce la relazione tra modernizzazione come evento e modernizzazione come teoria. "Il futuro come fatto culturale" si inserisce in quel processo di ridefinizione delle categorie di lettura del mondo attuale con un'esplicita apertura al modo di far luce, nella prospettiva dell'antropologia, sulla dimensione dell'avvenire. Ma un avvenire inteso non come possibile scenario prossimo venturo, bensì come elemento dell'immaginario sociale mediante il quale le collettività elaborano strategie di adattamento e di sopravvivenza in una realtà dominata dalle forze "impersonali" della finanza, delle strategie mediatiche, del bricolage ideologico e religioso. Al cuore di questo lavoro, l'India, in particolare i movimenti per il diritto alla casa e ai servizi urbani nati negli slum di Mumbai. Appadurai analizza le lotte dei poveri della città per ottenere riconoscimento, equità e autonomia politica in condizioni di estrema ineguaglianza, prospettando in questo modo una "politica della speranza" e gettando le fondamenta di una solida e imprescindibile antropologia del futuro.
Per il celebre studioso Arjun Appadurai il collasso del sistema finanziario nel biennio 2007-2008 ha costituito innanzitutto un cedimento linguistico. Non si nega che l'avidità e un trattamento irresponsabile del rischio siano stati fattori decisivi, ma la condizione di possibilità di quei vizi strutturali va ricercata nel ruolo nuovo che il linguaggio ha assunto nei mercati. I prodotti derivati, che sono la principale tra le innovazioni tecniche di cui vive la finanza contemporanea, sono una catena di promesse riferite a un futuro incerto: inquadrare i derivati da questo punto di vista consente di far emergere l'importanza del linguaggio e del concetto di rischio negli attuali mercati finanziari. Appadurai affronta il tema cercando di far dialogare con originalità economia, sociologia e antropologia e desume un'importante conclusione che si imponeva da tempo: l'idea che esista un nesso inscindibile tra la forza numerica del denaro e la forza linguistica di quello che diciamo di volerne fare.
Un bambino ebreo di soli otto anni, cresciuto nel calore di una famiglia benestante della Bucovina, antica provincia dell'Impero asburgico, viene strappato all'improvviso dal suo mondo, dalla sua lingua, dagli affetti più cari e conosce le atrocità di un campo di concentramento nazista, la fuga, anni di solitudine tra i boschi, per approdare infine in Israele, dove diventa scrittore: "uno scrittore profugo di una narrativa profuga, che ha fatto dello sradicamento e del disorientamento un argomento tutto suo". Con le tre lezioni contenute in questo libro, presentate in forma definitiva alla Columbia University di New York, Aharon Appelfeld conduce il lettore al cuore della sua esperienza e della sua narrativa. Con lucidità estrema, e una prosa limpida e luminosa, affronta questioni cruciali, come il rapporto difficile eppure fecondo tra scrittura, memoria e immaginazione; tra arte e orrore; tra Shoah e fede religiosa. Grande è la fiducia nella letteratura e altissimo il compito che le viene assegnato: attingere la verità dai particolari, "riscattare la sofferenza dai grandi numeri, dal terrificante anonimato... ridare alla persona sfigurata dalla tortura il volto umano che le era stato strappato via". In chiusura, una significativa conversazione a tutto tondo con l'amico e scrittore Philip Roth offre l'occasione di ripercorrere momenti e pagine di una vicenda artistica ed esistenziale di rara intensità.
«Abbiamo tutti in mente la tipica immagine di uno stato autocratico. C'è un cattivo al vertice, che controlla l'esercito e la polizia. L'esercito e la polizia minacciano il popolo con la violenza. Ci sono collaboratori malvagi, e magari qualche coraggioso dissidente.» Tuttavia, per Anne Applebaum, saggista e vincitrice del premio Pulitzer, questa convinzione diffusa altro non è che un anacronismo. Nel XXI secolo, infatti, una simile rappresentazione delle autocrazie ha scarsa attinenza con la realtà e per di più ne ignora del tutto l'evoluzione. Al giorno d'oggi, le autocrazie non sono governate da un solo «cattivo», ma da reti sempre più sofisticate, che connettono tra loro strutture finanziarie, servizi di sicurezza - militari, paramilitari e di polizia - di uno o più paesi, ed esperti di tecnologia che forniscono sorveglianza, propaganda e disinformazione. I membri di queste reti condividono risorse e obiettivi, operando come un agglomerato di aziende tenute insieme non dall'ideologia, ma da una spietata e assoluta determinazione a preservare il proprio potere e la propria personale ricchezza e da un nemico comune: il mondo democratico e i suoi valori. Diversamente dalle alleanze militari o politiche di altri tempi e altri luoghi, infatti, non ci sono «blocchi» cui aderire, né Muri di Berlino a segnare netti spartiacque geografici. È una rete che, superando le faglie ideologiche, geografiche e culturali, da Mosca a Pechino, da Teheran a Pyongyang, si sta stringendo sempre di più attorno alle democrazie moderne, disconoscendone i valori, insinuandosi nelle loro crepe e in quei paradossi irrisolti che l'Occidente, troppo convinto di essere nel giusto, non si è mai deciso ad affrontare. Ma l'autocrazia è un sistema politico, non un tratto genetico, e in quanto tale può cambiare: in questo saggio, Anne Applebaum delinea un resoconto allarmante e al contempo lancia un potente appello su come dovremmo organizzarci per salvare la democrazia.
La mafia non è più quella delle coppole e delle lupare. Si occupa di economia, banche e finanze, e condiziona la politica. Spara sempre meno e fa sempre più affari. Dal Sud, seguendo la linea della palma di cui parlava Sciascia nel Giorno delia civetta, ha risalito la penisola e si è radicata al Nord. In Sicilia, Calabria e Campania è in corso un conflitto, silenzioso e inarrestabile. Maiitaiia racconta tutto questo. Storie e uomini, spesso dimenticati, di una guerra quotidiana. Il libro, a più voci, narra di carnefici e vittime. Dall'ultimo capo di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro, alla prima vittima dei casalesi Salvatore Nuvoletta. Dal paese più povero d'Italia ai boss globali, con la prefazione di Franco Di Mare e le conclusioni del Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso. Il dvd è un viaggio, un film dal vero che mostra le "facce", le trame criminali, la lotta quotidiana di chi è stato usurato e di chi ha deciso di collaborare con la Legge. Un percorso scandito dalle parole di don Luigi Ciotti e Dacia Maraini.
Questo testo si propone come un agile manuale per coloro che desiderano sapere che cos'è la psicologia e di che cosa si occupa. Nasce dall'intento di proporre una valida guida per gli studenti di corsi introduttivi di scienze della formazione e discipline umanistiche che prevedano nel loro percorso formativo un insegnamento di psicologia. Il volume si rivolge anche a tutti coloro che intendono avvicinarsi a una disciplina di cui si parla molto e di cui non sempre si discute con cognizione di causa. Il testo è sintetico, ma non per questo banale: oltre a fornire le basi della disciplina, pone il lettore in una chiave "critica", stimolando una riflessione sulla complessità della nostra mente, sulle sue strutture e sul suo funzionamento. In un linguaggio accessibile e privo di asperità specialistiche, si cerca di scoprire cosa c'è nella "mente" delle persone e come queste conoscenze possano risultare utili. Lo scopo è quello di dare prime risposte alla curiosità dei lettori, ma anche di stimolare il desiderio di approfondire, con ulteriori letture, tutti i campi della psicologia.
Nel corso degli ultimi anni l'uomo sembra essere diventato schiavo dell'immagine. Forse inconsapevolmente, sicuramente controvoglia, ma è innegabile che l'esposizione mediatica abbia finito per coinvolgere l'individuo, mettendo sullo stesso piano eventi molto diversi tra loro. Ed ecco che, in questa sorta di diario degli avvenimenti d'esordio del Terzo Millennio, si trovano la guerra in Iraq e quella tutta televisiva tra Albano e Loredana Lecciso, i ventimila annegati nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere un mondo che si presenta pieno di promesse e l'arresto di Fabrizio Corona che, a quanto sembra, sullo sfruttamento dell'immagine stava cercando di costruirsi una fortuna. Pino Aprile racconta l'avvento di questa bolla mediatica, molto spesso costruita sul vuoto, ma lascia la speranza che, una volta smaltita l'ubriacatura, sia possibile tornare a dare una lettura più selettiva e partecipata di quanto accade attorno.