
I trattati internazionali non riescono più a frenare i crimini di guerra perché i conflitti attuali sono scontri spietati tra belligeranti diseguali che fanno regredire alla barbarie più feroce. Dilagano forme di privatizzazione della guerra (i "famosi" contractors) che si sottraggono a qualsiasi tipo di legge. I diritti umani, poi, sono usati spesso come pretesti per attaccare l'avversario. È talmente antiretorica questa conversazione di Antonio Cassese da mettere a nudo la debolezza del diritto proprio in chi si è speso e si spende tuttora, rischiando in proprio, per affermarlo. Ma in questo paesaggio umano dolente, dove si scandagliano i fondali della nostra convivenza civile, emerge con forza il ruolo decisivo dell'opinione pubblica internazionale: quella che Cassese intende qui risvegliare raccontandoci, con la memoria degli occhi ma anche con la generosità del cuore, gli incontri e gli scontri della sua vita di judge internazionale.
Il volume rivisita alcuni concetti fondamentali della psicoanalisi alla luce della decisiva funzione della soggettualità di analista e analizzando, considerata il vero fondamento della buona relazione". "
Oggi le idee della psicoanalisi devono e possono essere rese accessibili a tutti quelli che vivono questa esperienza, terapeuti o pazienti. Il libro presenta le idee di quegli autori che, a partire da Freud, hanno contribuito a formare la fisionomia della psicoanalisi di oggi, attenta a cogliere l'esperienza delle persone reali. Appartiene a questa nuova psicoanalisi anche un nuovo modo di affrontare questioni teoriche e tecniche da sempre dibattute: l'origine della psicopatologia nel trauma reale o nelle fantasie, la femmilità e la mascolinità, le perversioni sessuali, la psicoanalisi come disciplina empirica, il privilegiare l'interpretazione o la relazione reale fra analista e paziente, il controtransfert, ecc.
In questa sintesi del suo pensiero, John Dewey, il più importante filosofo dell'educazione del Novecento, contrappone la sua posizione a quella dei conservatori, che criticavano le "scuole nuove" ispirate dal suo credo e auspicavano il ritorno alla tradizione e al principio di autorità come fondamento pedagogico. Secondo Dewey, l'esperienza è il banco di prova di ogni teoria pedagogica e, allo stesso tempo, è ciò che permette di educare ogni uomo alla responsabilità, alla partecipazione, alla soluzione di "problemi di tutti" in una società fondata sull'integrazione e non sull'esclusione. Già nella forma polemica, oltre che nel contenuto, "Esperienza e educazione", che brilla per chiarezza, sintesi e profondità, è di grande attualità e riesce ancora oggi, nella confusione del dibattito sulla scuola, a mettere a nudo le differenze fondamentali tra chi vuole un'educazione autoritaria e chi immagina e vuole mettere in pratica una comunità educante.
Il libro si apre con una citazione che evidenzia il paradosso con cui la psicologia è costretta a confrontarsi: a dispetto del senso comune che la immagina come studio dell'esperienza umana e dei significati, la psicologia ha, per molto tempo, intenzionalmente escluso questi temi dal suo campo di lavoro. Quali sono le ragioni profonde di questo rifiuto? E quali le opposte ragioni dell'attuale svolta verso la ricerca del significato? Questi interrogativi sono affrontati attraverso un'introduzione ragionata ai nuovi orientamenti della psicologia che rifiutano il paradigma naturalistico e le sue metodologie per proporre l'alternativa di una scientificità più incerta, ma più aderente all'esperienza umana.
Il libro affronta problemi fondamentali come quello dei diritti sociali e la divisione del mercato del lavoro per settori, in relazione ai paesi di origine, al genere maschile e femminile. Dà uno spazio particolare ai temi, in genere poco studiati, dei rifugiati e delle donne immigrate, oltre che delle narrative degli immigrati e dei loro modi di comunicare. Ancora, dà conto delle principali religioni oggi presenti in Italia e delle problematiche connesse con queste nuove realtà e affronta argomenti scomodi come quello della devianza. Il testo è arricchito da un'ampia nota cronologica riferita ai flussi degli immigrati, alla questione dei diritti umani, alla normativa italiana ed europea.
David Le Breton affronta qui l'indicibile della sofferenza. Mostra come il dolore sia una sensazione certamente reale, ma anche un'emozione, una percezione, una maniera di decifrare se stessi, e non il semplice ricalco di un'alterazione somatica o una vicenda che interessa soltanto il sistema nervoso. Sappiamo che esiste la tortura, forma di violenza assoluta mirata a produrre un dolore impossibile da contenere, conosciamo la malattia, con i suoi attacchi intollerabili. Ma l'individuo che soffre, ricorda l'autore, vive un'esperienza che lo spoglia dell'essenziale, in cui la frontiera tra interno ed esterno si dissolve fino ad annullare la soglia che consente di sentirsi persona. Attingendo a una vasta gamma di testi letterari, filosofici, storici e antropologici, Le Breton ci aiuta a penetrare in ciò che, dentro di noi, vi è di più complesso e ambivalente e, insieme, a riflettere sui meandri più misteriosi e segreti della nostra storia di vita.
mettendo insieme i nuovi sviluppi teorici, la ricerca e la pratica clinica, il libro apre nuove prospettive ed illustra come i nuovi concetti possano essere applicati validamente al lavoro sia con i bambini che con gli adulti.
In questo libro sono raccolti i saggi di Bion scritti tra il 1943 e il 1952 sulle esperienze di trattamento analitico nei gruppi. Questi saggi sono fondamentali per comprendere i processi sottostanti alle relazioni che si instaurano tra i componenti di un gruppo, terapeutico e non.