
Si può diventare comunisti dopo il 1989? Esserlo già stati è un altro conto: ma diventarlo (o ri-diventarlo)? Per Vattimo è possibile e doveroso visto che nessuna terza o quarta via, accettando di fatto il sempre più rigido elitarismo del capitale, è in grado di invertire l'odierna deriva d'ineguaglianza, in Italia e nel mondo. Se infatti il suo itinerario intellettuale - che l'autore descrive come una "lunga marcia attraverso le opposizioni" - si è sempre svolto in prossimità delle sinistre, è però solo con la fuoriuscita dai Democratici di Sinistra nel 2004 che Vattimo ha finito pienamente per ritrovare le ragioni della critica marxista alla democrazia borghese, schierandosi contro la dirigenza dalemiana e contro ogni sbiadimento riformista. Una versione certo personale dell'ideale comunista, ma al contempo ancorata alla sua tradizione storica e alla sua fondamentale esigenza di equità. Un comunismo anarchico, libertario e antitotalitario, debole ma non "debolista", che si serva degli strumenti del "sovversivismo democratico", che sia in grado di rinunciare a un "economicismo" ormai moralmente ed ecologicamente insostenibile; un comunismo che valga non solo come ideale regolativo, ma anche come efficace linea-guida nella realizzazione storica di una società giusta e realmente democratica: è questa la scommessa che Vattimo affida a questo manifesto lucido e sfrontato, persino brutale nella sua franchezza.
In uno stile chiaro e con molti esempi clinici, Bader dimostra come le fantasie sessuali disconfermino le nostre paure più profonde, contrastino i nostri sentimenti di colpa e ci permettano di sentirci al sicuro e di lasciarci andare all’eccitazione e al piacere sessuale. Alla base anche delle fantasie erotiche più strane non vi sarebbe altro che la ricerca di un senso di sicurezza.
Partendo dall’analisi di pazienti, con o senza “perversioni”, e passando per la molteplicità di fantasie che popolano la rete, l’autore illustra gli intrecci tra psicologia individuale, cultura e società che influenzano le nostre pratiche erotiche: un libro per chi voglia comprendere meglio la propria sessualità e quella degli altri.
Pio La Torre è stato l'unico parlamentare della Repubblica ucciso dalla mafia mentre era ancora in carica. A trentacinque anni dalla sua morte, avvenuta il 30 aprile 1982, i suoi due figli, Franco e Filippo, raccontano l'eccezionale normalità di un eroe che non ha mai voluto diventare un eroe, l'umanità di un uomo e di un padre ancora scomodo, che interroga ciascuno di noi, chiedendoci fino a dove siamo disposti a metterci in gioco per vivere davvero le nostre battaglie. «Il motivo per cui nostro padre poté fare quello che fece sta proprio in questa identificazione totale e piena con le sue battaglie. Oggi come allora queste parole possono sembrare retoriche eppure non lo sono. Pochi hanno avuto e hanno la credibilità per pronunciarle, pochi possono davvero dire "Io sono la mia battaglia"».
Unico parlamentare della Repubblica ucciso dalla mafia mentre era ancora in carica, Pio La Torre è ancora oggi ricordato come un esempio da seguire. In queste pagine i suoi due figli, Franco e Filippo, raccontano l'eccezionale normalità di un eroe che non ha mai voluto diventare un eroe, l'umanità di un uomo e di un padre ancora scomodo, che interroga ciascuno di noi, chiedendoci fino a dove siamo disposti a metterci in gioco per vivere davvero le nostre battaglie. «Il motivo per cui nostro padre poté fare quello che fece sta proprio in questa identificazione totale e piena con le sue battaglie. Oggi come allora queste parole possono sembrare retoriche eppure non lo sono. Pochi hanno avuto e hanno la credibilità per pronunciarle, pochi possono davvero dire "Io sono la mia battaglia". Con la Prefazione di Giuseppe Tornatore.
Parlare di demonologia e di fenomeni mistici può sembrare oggi un imperdonabile anacronismo. Ma è anche una sfida. Dopo anni di esperienza, Raffaele Talmelli riconosce che la verità è sempre una e, molte volte, sono le nostre visioni parcellari - cioè diaboliche - che ci fanno sembrare contrapposte sfaccettature diverse dell'unica realtà. Trattandosi di argomenti condivisi da psichiatria, psicologia e teologia, questo libro riporta un tentativo di sintesi, che tenga conto delle varie istanze e possa essere di aiuto nel discernimento del significato di tali situazioni, quando si presentino alla nostra osservazione.
Questo testo nasce dal desiderio di accompagnare i genitori nell’avventura che ha inizio con la nascita di un figlio fino ai suoi primi due anni di vita. Dalla “fusione amorosa” del tempo dell’allattamento, c’è spazio a poco a poco per piccoli oggetti, come il ciuccio, il peluche o la copertina, simboli dell’amore che li lega, ma anche rappresentanti del mondo che li circonda.
Nello spazio creativo del gioco, il bambino scopre se stesso e getta le basi per una prima autonomia. E poi ancora lo svezzamento, la mamma che riprende il lavoro, l’ingresso al nido: tante esperienze si concentrano nei primi due anni del piccolo, che si affaccia al mondo sotto lo sguardo amorevole della sua famiglia.
"Non avrai altri dei di fronte a me" (Esodo 20,3). Oggi quell'Unico Dio si è disciolto come una montagna di ghiaccio. Con questa immagine sconcertante si apre l'inconsueto saggio di Ferruccio Parazzoli, dove il sublime e l'abisso si incrociano. Con l'eclisse del Dio Unico è crollato il pilastro a cui, in obbedienza e in rivolta, stava abbarbicata la cultura occidentale. Muore la rivolta metafisica, muore la tragedia cristiana, la grande creazione artistica nata dopo il Golgotha. L'autore rifugge da quello che definisce il pensiero ordinato del linguaggio debole, frutto dell'odierno nichilismo di massa, della "pappa del niente" di cui si nutre l'uomo contemporaneo, morto alle grandezze di ogni mitologia. La scrittura di Parazzoli è un incalzare di affermazioni demistificanti, di immagini ribaltanti, è la messa in scena di un dramma dove il Vecchio Dio di Abramo è caduto dietro le quinte, ma dove sul palco non è mai comparso quel Dio Padre che Gesù chiamò dalla croce. A capitoli di lucido sconcerto sull'attuale disorientamento dell'uomo occidentale ("Gli sciamani non volano più", la piatta orizzontalità dell'arte contemporanea; "Apologia del rischio", la perduta eroicità di Prometeo), si alternano capitoli visionari ("La tenda gialla", confine tra vita e morte; "Il discorso di Gesù morto", dove la vittima rivendica il proprio vittorioso fallimento). Fino alla chiusa commovente y final de "La cerimonia dell'addio". Un appassionato j'accuse. Prefazione di Vito Mancuso
Amata e odiata, rifiutata e ricercata, alla luce o in ombra nella cultura postmoderna, la funzione paterna conserva un valore decisivo nella crescita dei figli, nell'assunzione delle responsabilità e nella formazione del cittadino. L'autore denuncia il fatto che i "nuovi padri" hanno spesso abdicato al "principio paterno" e non assolvono più la "funzione paterna", praticando piuttosto quella che lui definisce "finzione paterna", dinamica interattiva fatta di amicalità più che di autorevolezza, costruita più sull'uguaglianza che sulla differenziazione, governata più da una stereotipata estemporaneità che dalla memoria storica. L'eclisse del "principio paterno" si espande alle istituzioni sociali rendendole povere di "principi"; diviene anche "eclisse del tempo", dando luogo a una regressiva temporalità adolescenziale, dove la differenziazione tra grande e piccolo, maestro e alunno, esperienza e incompetenza perdono i loro confini societari e culturali... Il volume si interroga sulle difficoltà generate dalla trasformazione - o meglio dallo snaturamento - del ruolo paterno, esaminando sia le origini di queste trasformazioni che le sue possibili implicazioni future.
Questo saggio parte da un luogo comune. Quello per cui i romanzi di Umberto Eco sarebbero costruiti su complesse alchimie intellettuali, su di un uso freddo della narrativa, inevitabile per un semiologo abituato ad analizzare i libri altrui secondo parametri e schemi teorici codificati. Roberto Cotroneo dimostra che tutto questo è falso e svela che il rapporto tra autore e romanzo è molto più stretto di quanto si pensi. Solo che è sapientemente celato, nascosto da un sistema di rimandi che fa di Eco un narratore fortemente diffidente, come se avesse una sorta di pudore narrativo.
È il 1980 quando Il nome della rosa esce in libreria e si impone all’attenzione di tutto il mondo. Si tratta di un romanzo avvincente, ricco di questioni sottili, per intendere le quali occorre uno strumento agevole ed efficace. Sotto la lente del critico non cadono solo gli aspetti letterari, ma anche i contenuti filosofici e politici che riconducono il lettore al clima arroventato degli anni Settanta. Chi si nasconde sotto la maschera di fra Dolcino? E il riso di cui tanto si discute è un valido antidoto contro qualunque fanatismo, o è una strategia che consente di ripristinare la narrativa popolare di ieri? Rispondere a simili domande significa entrare nella fucina di un grande intellettuale come Eco e chiedergli conto di cosa sia stato il postmoderno: una delle etichette più discusse lungo il tardo Novecento, ma che solo nella vicenda di Adso e Guglielmo sembra trovare un’applicazione esemplare.
Nel cammino partito da Kyoto e diretto a Copenaghen, passando per il nuovo corso di Ohama, ci sono tanta documentazione, tanti interventi, tante posizioni, tanti conflitti. Ma poche visioni sistematiche e divulgative, che permettano di farsi un'idea completa su quale sia stata, sia e sarà la politica europea per l'energia e la lotta ai cambiamenti climatici. Eppure proprio le politiche in questo settore sono diventate ormai il crocevia di una serie di interventi che toccano buona parte delle principali politiche comunitarie: ambiente, commercio internazionale, mercato interno, concorrenza, industria, consumatori, ricerca, agricoltura. Il libro presenta le tappe, anche recentissime, che hanno portato all'elaborazione di azioni mirate a raggiungere obiettivi legati a problemi urgenti, che potevano trovare soluzioni solo a livello europeo. Un quadro in cui viene innanzitutto superata la tradizionale contrapposizione tra industria e ambiente: anzi, lo sviluppo delle nuove tecnologie, indispensabili per realizzare gli obiettivi della nuova politica, è considerato uno degli strumenti principali per rilanciare la competitività e creare nuove opportunità di crescita e occupazione. Tra gli argomenti afforntati: l'incrociarsi di interessi nazionali e sovranazionali; il peso dell'Europa rispetto al resto del mondo; i nuovi equilibri internazionali alla luce della "rivoluzione verde" di Obama: l'effettivo impatto socio-economico delle tecnologie verdi, il realismo degli obiettivi.