
Già i pittori offrivano al vasto pubblico immagini decisive della storia: ma, prima di dipingere una battaglia, si informavano su chi l'aveva vinta. L'invenzione fotografica fu invece salutata come l'avvento dell'informazione obiettiva. I cronisti possono mentire, gli scatti sul campo dovrebbero riprodurre la realtà. Eppure, la ricostruzione storica dimostra che le foto piú famose sono spesso il risultato di artifizi. La nuova tecnica, nata per aiutare il vero, scivola al servizio della propaganda, alleandosi al falso. La parabola della fotografia riassume quindi in icone una degenerazione dei mass-media. Il libro di Zoja discute otto fotografie celebri. Le quattro che rappresentano "guerrieri" provengono da messe in scena. Possiamo invece credere alle altre quattro: riproducono dei bambini, che ignorano finalità nascoste. Questa rassegna anticipa il problema della post-verità, analizza la psicologia retrostante e offre strumenti per capirla.
Se il migliore scenario possibile, per molti, è un rapido ritorno alla normalità dopo la lunga parentesi del Covid-19, è lecito chiedersi come sarà questa normalità. Il "domani" è da virgolettare, perché non si tratta solo di individuare l'orizzonte che segnerà la fine dell'emergenza: avremo una fase di benessere, pace serenità, più simile a una situazione post-bellica, e perché non post-patologica, di post-povertà? Oppure tutti questi post- potranno collassare in un dis-, un contesto dis-umano arido di valori condivisi e comunione sociale?
Molti hanno pensato e continuano a pensare che possiamo percepire direttamente soltanto le nostre esperienze soggettive e mai oggetti e stati di cose del mondo. Per John Searle questo è un errore tra i più grandi, da cui scaturisce gran parte delle confusioni che hanno contraddistinto la storia della filosofia della percezione. Se l'unica realtà per noi accessibile è quella delle nostre esperienze private, illusioni e allucinazioni hanno il medesimo status delle percezioni del mondo reale. Questo rende impossibile capire come il puro carattere esperienziale delle percezioni determini ciò che riteniamo di stare percependo, cioè come la fenomenologia fissi il contenuto percettivo. Per Searle possiamo dare un taglio netto agli errori del passato accettando il Realismo diretto, la posizione secondo cui è possibile percepire direttamente oggetti e stati di cose del mondo.
Secondo l'autore, tutti noi possediamo capacità paranormali, ma pochi sanno che è possibile imparare a usare consapevolmente questo potenziale. In questo libro Pascal Voggenhuber spiega come affinare le percezioni extrasensoriali. Con l'aiuto di esempi ed esercizi pratici tratti dai suoi corsi, Pascal insegna a utilizzare tali facoltà nella vita quotidiana, a interpretarle e potenziarle, per fare le scelte giuste nel mondo del lavoro e nel campo affettivo e affrontare con fiducia le sfide della vita.
Lavorare con i bambini richiede competenza professionale, ma anche grande capacità di stare in relazione con loro, di comprenderne il linguaggio, di conoscere il loro mondo o di avere, comunque, la curiosità di conoscerlo, non perdendo però di vista il mondo dei grandi, non lasciando in secondo piano le preoccupazioni adulte e rispettando il tessuto della famiglia, che ha bisogno di far emergere tracce delle trame passate, di liberare le emozioni troppo a lungo bloccate. L'intento di questo lavoro è offrire una panoramica completa ed esauriente a chi si vuole occupare di infanzia e di terapia familiare. Il manuale, oltre ad offrire importanti riferimenti teorici relativamente all'infanzia e alla terapia familiare, descrive concrete esperienze con i bambini e con i loro genitori, attraverso l'uso del gioco, del disegno e di altre attività che favoriscono la condivisione e che portano alla luce contenuti ed emozioni indispensabili per la costruzione del processo terapeutico. Un testo fondamentale per tutti i corsi di terapia familiare con i bambini.
«Fin dall'inizio della sua storia la nostra Repubblica ha incontrato una serie di problemi che l'hanno fatta crescere un po' piú debole e malata di quello che avrebbe dovuto essere. Una serie di veleni che l'hanno intossicata minacciandone lo sviluppo. Il contesto internazionale, gli scheletri negli armadi, la criminalità organizzata, la corruzione, la malapolitica, la malafinanza, le manovre di chi avrebbe voluto che quella creatura bellissima, entusiasmante e piena di vita fosse una cosa diversa e ha scelto scorciatoie nascoste per cercare di trasformarla. Veleni storici, veleni morali ma anche criminali e fisici, come quelli che concretamente infestano il sottosuolo e il mare del nostro Paese. Queste sono le storie di alcuni di quei veleni».
Carlo Lucarelli
Che fine hanno fatto le armi
chimiche e batteriologiche
sperimentate nei laboratori del
Duce? Tutta la verità sul nostro
pericoloso e potente arsenale
segreto. Una macchina di morte
che continua silenziosa a
inquinare la vita degli italiani.
”Io non so con quali armi sarà combattuta la Terza guerra mondiale, ma so che la Quarta guerra mondiale sarà combattuta con pietre e bastoni.”
Albert Einstein
Nel 1941 l’Italia disponeva di uno dei più grandi arsenali di armi chimiche del mondo. Antrace, iprite, virus, batteri: la fabbrica dei veleni creati per costruire l’impero della dittatura fascista ha divorato vittime in Libia e in Etiopia, ha colpito i combattenti spagnoli che lottavano per la libertà, lasciando dietro di sé una scia di malattie e dolore. Ma la creazione di questi stessi veleni ha preteso un prezzo altissimo anche all’Italia: durante le fasi di sperimentazione, e poi con il concludersi della guerra, intere zone del nostro Paese sono state contaminate dagli esperimenti, ordigni sono stati abbandonati davanti alle coste delle Marche e della Puglia, testate letali sono state scaricate attorno a Ischia. Tutto ciò, a partire dal dopoguerra, è scivolato nel più assoluto silenzio.
Gianluca Di Feo ricostruisce la sorte delle fabbriche di queste sostanze e dei laboratori usati per studiare i distillati tossici e mai bonificati: nel Golfo di Napoli, sulla costa di Pesaro, sulle rive del Lago Maggiore, nei boschi della Tuscia. Industrie e depositi nascosti per decenni da ministri, generali, industriali, un segreto vissuto nel silenzio per generazioni. Attraverso documenti inediti e secretati, denunce inascoltate delle popolazioni, testimonianze e sopralluoghi, Di Feo compie un viaggio nell’abisso più nero della nostra storia. Un abisso ancora aperto.
Alla fine degli anni Novanta, in due paesi della Bassa Modenese separati da una manciata di chilometri di campi, cascine e banchi di nebbia, sedici bambini vengono tolti alle loro famiglie e trasferiti in località protette. I genitori sono sospettati di appartenere a una setta di pedofili satanisti che compie rituali notturni nei cimiteri sotto la guida di un prete molto conosciuto nella zona. Sono gli stessi bambini che narrano a psicologi e assistenti sociali veri e propri racconti dell'orrore. La rete dei mostri che descrivono pare sterminata, e coinvolge padri, madri, fratelli, zii, conoscenti. Solo che non ci sono testimoni adulti. Nessuno ha mai visto né sentito nulla. Possibile che in quell'angolo di Emilia viga un'omertà tanto profonda da risultare inscalfibile? Quando la realtà dei fatti emergerà sotto una luce nuova, spaventosa almeno quanto la precedente, per molti sarà ormai troppo tardi. Ma qualcuno, forse, avrà una nuova occasione. Nota: niente di quello che è scritto in questo libro è stato in alcun modo romanzato dall'autore.
Nel novembre 2011, dopo un anno tormentato per l'Italia e per il mondo, Silvio Berlusconi cedeva la leadership politica a Mario Monti, nuovo capo del governo. Una svolta, nel bene e nel male. È stato allora che negli atteggiamenti pubblici e privati degli italiani si è imposta una nuova sobrietà, in opposizione alla consolidata barbarie. In "Un velo di sobrietà", Pier Aldo Rovatti rielabora gli editoriali scritti per "Il Piccolo di Trieste" più di sessanta "scene" suddivise in quattro sezioni tematiche: "La cattiva politica e quella buona", "Capitale umano", "Dentro la vita quotidiana", "Quale cultura". Con l'arma affilata della critica filosofica, Rovatti commenta gli eventi che dal maggio 2011 all'ottobre 2012 hanno segnato la realtà italiana e non solo. Dalla vittoria elettorale di Giuliano Pisapia a Milano alla spending review, al rigore dei ministri-professori; dal caso Lusi al neopopulismo di Beppe Grillo. E ancora, il naufragio della Costa Concordia; il corteo degli indignati a Roma nel 2011, sfociato in guerriglia urbana; i terremoti geologici e quelli finanziari; il limbo dell'università riformata; la medicalizzazione come modello diffuso; le nuove sfide della genitorialità; l'immagine femminile a lungo mercificata e svilita. Affrontando temi come questi, Rovatti promuove un uso non disciplinare della filosofia, che si concretizza in una pratica di lettura e scrittura per frammenti, a creare pause di riflessione nel flusso concitato della cronaca.
Attorno alla questione del velo infuria un dibattito molto acceso sia nei paesi musulmani sia in quelli occidentali. Chi lo indossa vede in esso l'espressione della propria identità religiosa e culturale e, in alcuni casi, politica; chi lo critica lo considera un ritorno al passato, la prova evidente del diffondersi di un islam oscurantista e misogino. In Occidente, dove è sempre più frequente incontrare donne velate, quest'indumento rappresenta spesso l'emblema della sottomissione femminile e del rifiuto ad integrarsi. Ma che cosa è questo pezzo di stoffa che suscita tanto clamore? Qual è il suo significato? Per quali ragioni è in crescita il numero delle donne che si velano? Perché si va diffondendo la moda islamica? Il volume risponde a queste domande, affrontando la questione da un punto di vista storico, religioso e sociopolitico in una prospettiva temporale che va dall'alba dell'islam fino ai giorni nostri.
La nostra civiltà sembra averci portato ai limiti di una soglia finora inconcepibile con implicazioni nella sfera politica, del lavoro e dell’educazione. Ad esempio, ci ricordiamo forse del bipolarismo tra capitalismo e comunismo? Tutto è stato travolto dalle innovazioni del capitalismo globale. E di come era il livello dei nostri computer solo qualche decina di anni fa? La comunicazione, la finanza, i consumi, gli armamenti, la costruzione giovanile del comportamento…
tutto è andato cambiando in tempi rapidissimi (Stefano Fantoni)
Nel passato, nella cultura agricola, tutto avevo il suo ritmo. La semina, la crescita, il raccolto, il mungere le vacche, la preparazione dei campi… Oggi nel mondo industriale tutto dev'essere fatto più velocemente a causa della competizione e della pressione per produrre una redditività sempre maggiore. L’uomo quasi non conta più, importa solo la forza e la velocità del lavoro. Nell'industria 4.0 si cerca di sostituire l’uomo con i robot, e se il lavoro umano viene ancora richiesto, l’uomo viene ridotto alla dimensione di un robot (Notker Wolf)
Prefazione di Francesco Pederiva

