
Tonino Guerra e Platone, il maestro Manzi e Baden-Powel1, don Lorenzo Milani e Gianni Rodari. E poi le tante esperienze di scuola creativa che incontrava nei suoi viaggi. Gianfranco Zavalloni ha insegnato ispirandosi a questi maestri di vita e di pensiero. Ma al contempo ha dimostrato in concreto che è possibile fare scuola in un modo altro, basato sull'attenzione ai tempi degli alunni, condito con la manualità di chi lavora la terra, attingendo alla sapienza del gioco e facendo vivere agli studenti la propria città come fonte di continue scoperte. E cosi nella scuola di Zavalloni si cura la bella scrittura, si costruiscono colorati aquiloni, si lavora nell'orto, si dialoga con gli anziani, addirittura gli insegnanti viaggiano per aggiornarsi. E un proverbio ispira ogni lezione: «Chi ascolta dimentica, chi vede ricorda, chi fa impara». Gianfranco Zavalloni ci accompagna in un nuovo, affascinante percorso: scoprire che l'avventura dell'imparare è ancora più bella quando insegnanti e alunni la vivono insieme, con lentezza e semplicità.
Da scuole, associazioni e movimenti perviene - sempre più spesso - la richiesta di materiali e di suggerimenti metodologici per impostare in maniera critica e organica l'educazione antimafia e, più ampiamente, ad una cittadinanza attiva. Questo volume (che costituisce l'edizione rivista e aggiornata di un fortunato "Quaderno" edito nel 1994 dal Centro siciliano di documentazione "G. Impastato" di Palermo) si propone come risposta a tale richiesta. Saggi e interventi di Umberto Santino, Amelia Crisantino, Giovanni La Fiura e Augusto Cavadi sono raccolti e presentati in cinque sezioni: materiali di studio, contributi pedagogici, esperienze realizzate, testi legislativi in vigore, strumenti bibliografici per l'approfondimento.
Il volume vuole essere una riflessione critica sul costrutto di competenza interculturale e, soprattutto, su alcuni nodi critici ad esso legati, che richiedono di essere affrontati facendo ricorso a strumenti, strategie didattiche e proposte operative con relativi adeguamento contestuale, concertazione e confronto di idee tra molteplici attori, in primis i docenti.
Presentazione del volume
Scopo precipuo del sistema educativo e formativo è, specialmente oggigiorno, in una realtà sempre più complessa ed eterogenea, promuovere lo sviluppo di competenze interculturali, il cui possesso è da ritenersi irrinunciabile per l'esercizio consapevole di una cittadinanza mondiale e per una piena inclusione.
Affinché tali obiettivi siano raggiunti, è necessario porre particolare attenzione al miglioramento del clima scolastico in termini di qualità delle relazioni ma altresì rispetto a elementi di carattere più propriamente organizzativo e gestionale della classe. Il presente volume vuole essere una riflessione critica sul costrutto di competenza interculturale e, soprattutto, su alcuni nodi critici ad esso legati, che richiedono di essere affrontati facendo ricorso a strumenti, strategie didattiche e proposte operative con relativi adeguamento contestuale, concertazione e confronto di idee tra molteplici attori, in primis i docenti.
Il testo è rivolto agli studiosi di problematiche pedagogico-didattiche, ma anche a studenti, insegnanti ed educatori, con l'intento di offrire stimoli per incrementare la qualità della scuola.
Marta Milani, dottore di ricerca, è assegnista di ricerca al Centro Studi Interculturali dell'Università degli Studi di Verona diretto dal professor Agostino Portera, nonché coordinatrice didattica del Master di primo livello in "Intercultural Competence and Management" e formatrice per il Gruppo Studio-Ricerca-Formazione Cooperative Learning. Al tema del presente volume ha dedicato diversi articoli apparsi in opere italiane e straniere e una precedente monografia: Competenze interculturali a scuola (QuiEdit 2015).
I continui mutamenti del nostro mondo spesso ci sfuggono. Sono troppo grandi, o forse siamo noi troppo lenti per capirli davvero. Nel frattempo i bambini crescono in un ambiente di cambiamento tecnologico, sociale ed ecologico senza precedenti. Come possono questi giovani cittadini, consumatori e futuri decisori, essere aiutati a navigare nella nuova realtà complessa? A partire da questo fondamentale interrogativo Daniel Goleman e Peter Senge affrontano i limiti dell'attuale sistema educativo - strutturato più di 200 anni fa! sostenendo la necessità di sviluppare già dai primi anni tre set di abilità cruciali: consapevolezza di sé, empatia e cura degli altri, comprensione dei sistemi più ampi che ci circondano. Un intervento importante con modelli di programmi educativi, strumenti ed esempi pratici per l'introduzione di questi concetti nelle scuole. Per insegnanti e genitori alla ricerca del vero potenziale degli studenti.
Nella stesura di questo lavoro c’è un solo punto di partenza: lo sguardo, sempre diverso ma vivo, di tanti bambini, giovani e adulti eredi di una o più culture in movimento nel Belpaese. Un transito di culture, questo, che produce inizialmente un senso di “stranierità”, il primo step di un processo in cui l’entrare in contatto con una persona di cultura straniera, sconosciuta, diversa, obbliga al “confronto/scontro” tra menti diverse.
I disagi che ciò comporta coinvolgono tutti (autoctoni, vecchi e nuovi arrivati), senza alcuna distinzione di sorta (studenti, dirigente, insegnanti, personale ausiliario, amministrativo, esperti esterni, incluso lo stesso mediatore interculturale).
Quanto accade nella Scuola, dunque, non è altro che lo specchio fedele di ciò che avviene fuori, nella vita di tutti i giorni.
Le nostre radici culturali, che devono pur restare quale tratto distintivo dell’identità di ciascun individuo, dovrebbero essere considerate una delle tante sfumature di una tavolozza di colori da cui tutta la collettività possa attingere e trarne giovamento, con l’obiettivo di cogliere il meglio di ogni cultura per una società interconnessa in cui ognuno possa occupare un posto, rivestire una funzione, quella più consona alle proprie caratteristiche, attitudini ed esperienze, per la realizzazione del bene comune. Meglio, quindi, educare alle sfumature, alla pluralità, insegnare che nelle diversità c’è più gusto.
Il metodo proposto in queste pagine, adottato e sperimentato dall’autrice, è da intendersi come un preparare il terreno a diventare fertile in una realtà sempre più plurale, a misura di differenze e in un mondo così “networkizzato” come quello di oggi, dove i confini spazio-temporali stanno scomparendo.
Perché nella mediazione interculturale ciò che conta non è il risultato, come dall’alto di una cattedra ci hanno insegnato, ma quello che accade proprio dal basso, in maniera orizzontale; appunto, tra i banchi di scuola.
Haussmann è stato una figura eccezionale di studioso della materia agronomica, uno dei maggiori esperti mondiali nel settore delle produzioni foraggere, un acuto studioso del rapporto fra società e suolo. Queste sue attività, che hanno trovato il perno unificante intorno al problema della fertilità del terreno, sono state magistralmente integrate dalla profonda opera di Haussmann come storico dell'agricoltura. Oltre che di centinaia di pubblicazioni scientifiche, è autore di grandi opere di sintesi sul rapporto tra uomo e terra, tra società e suolo.
Agata vive con la nuora, vedova del suo unico figlio, e la nipote, madre di un bimbo di tre anni. Le piacciono i gioielli e gli abiti eleganti, ama guardarsi allo specchio e spazzolare a lungo i capelli, che ha di un bianco abbagliante. Emma vive sola, ha lavorato in una fabbrica di iuta e in seguito come cuoca in un convitto. Se ha freddo si butta sulle ginocchia una coperta che ha fatto con le sue mani. Cucina da sé i propri pasti e ogni giorno, dopo cena, si concede un bicchiere di liquore fatto in casa. Agata ha 104 anni, Emma 117. È alla ricerca del segreto di una simile longevità - indissolubilmente coniugata ad acume intellettuale, curiosità, vivacità mentale - che parte Daniela Mari, in un viaggio che, come quello alla volta della mitica Shangri-La, si rivelerà di volta in volta avventuroso o malinconico, ma sempre sorprendente: Daniela Mari ha dedicato la vita a studiare i delicati, complessi, misteriosi meccanismi che sottostanno al nostro invecchiamento e, memore della lezione dei tanti centenari che ha conosciuto e con cui ha lavorato, in Italia e nel mondo, ha raccolto in queste pagine - uniche nella capacità di fondere rigore scientifico, lucidità filosofica e sensibilità letteraria - il distillato purissimo dei suoi studi. Testimonianza di una vita consacrata alla ricerca scientifica delle sfuggenti alchimie che governano le nostre biologie non meno della nostra storia, "A spasso con i centenari" è anche, in controluce, una precisa mappa che ci aiuta a navigare con sicurezza nell'inesplorato, accidentato territorio aperto davanti a noi, perché - come Ingmar Bergman ebbe una volta a dire - «la vecchiaia è come scalare una montagna. Più arriviamo in alto, più ci manca il respiro: ma quanto impressionanti si fanno le vedute aperte davanti ai nostri occhi».
Amsterdam, un sabato mattina del novembre 1942. Mamma Lena dà un bacio in fronte a Salo che sta entrando a scuola e gli dice: «A stasera e fai il bravo». A sei anni quelle parole sono i titoli di coda della vita serena di Salo Muller, che in questo libro racconta il suo inferno, dai contorni non ancora definiti a quell'età, e forse per questo ancora più doloroso. Mamma Lena e papà Louis sono vittime di uno dei tanti rastrellamenti voluti dalle SS in Olanda: finiscono deportati ad Auschwitz e Salo resta orfano. La resistenza olandese lo nasconde, lo aiuta a trovare alloggi di fortuna e famiglie che si fanno carico di lui. Alla fine della guerra lo attende una nuova partenza in un mondo libero: lo accolgono gli zii e dopo problemi di salute e di adattamento, trova la sua strada diventando fisioterapista dell'Ajax di Johan Cruijff, negli anni d'oro dal 1960 al 1972. Ma la pienezza della sua vita diventa la testimonianza: "Com'è possibile che sia accaduto? È una domanda che mi assilla ancora oggi. ... Ora però è giunto il momento di condividere questa storia, la storia della mia vita. Servirà a qualcosa? ...Non so rispondere, ma devo condividerla una volta per tutte".
In tempo di EXPO2015, non poteva non riaffacciarsi al pubblico con una nuova edizione questo libro che propone un viaggio nella memoria, quando l'odore della cucina ci accompagnava per il resto della giornata, ma anche viaggio antropologico all'interno del senso vero della parola "cibo", scoprendo che cielo e terra spesso vanno d'accordo. Pagine intense e leggere che disegnano una pratica della convivialità e della speranza, sapendo che cucinare bene significa dire in anticipo "ti voglio bene". Una profonda e umana orazione cristiana introdotta dalla prefazione di Erri De Luca, raccontata con Enzo Bianchi, Giancarlo Bruni, Paolo Rumiz, Pedrag Matvejevic, Rubem Alves e Carlo Petrini; orazione che parte dal pane e dal vino e ha nel piatto e nel bicchiere l'immancabile sogno di un Dio che sorride.
In questo libro gli autori si addentrano nel rapporto tra anima, psiche e scelte alimentari e, partendo dalle osservazioni di santa Ildegarda di Bingen sulla personalità umana, esaminano l’Enneagramma, fatto conoscere in occidente da George Ivanovic Gurdjieff, filosofo, scrittore e mistico di origini greco-armene, introdotto alla scienza dei nove punti negli anni Venti dello scorso secolo durante una visita a un monastero Sufi in Afghanistan. Il testo analizza i nove tipi dell’Enneagramma della personalità secondo la prospettiva di Oscar Ichazo e di Claudio Naranjo, riporta in appendice il test che ogni lettore può eseguire per comprendere quale sia il suo Enneatipo, e propone per ogni personalità dell’Enneagramma un menù, composto da antipasto, piatto unico, primi, secondi, verdure e dessert, con indicazioni su storia e composizione nutrizionale dei vari cibi. Un manuale di grande aiuto per tutti coloro che vogliano coniugare il benessere e la gioia del corpo e dello spirito.