
Parlare dei costituzionalisti è come parlare di costituzione. Se essere costituzionalisti significa sfornare 'pareri', la costituzione anch'essa diventa un parere, anzi una somma di pareri. E diventa un parere persino che ci sia questa Costituzione e non un'altra. Un tempo, almeno su questo i costituzionalisti erano uniti: quella Costituzione alla quale hanno promesso di dedicare studi ed energie deve essere difesa e promossa. Oggi, un'epoca sembra tramontata e molti lavorano allo scopo opposto: cambiarla, renderla irriconoscibile. Naturalmente, si dice, lo scopo è sempre quello di migliorarla. Sono ancora costituzionalisti? La domanda è lecita. Talora sembrano ideologhi, altre volte politici, se non anche politicanti che usano la Costituzione come un mezzo e non come il fine, il fine ultimo che è la convivenza senza sopraffazione e senza violenza. «Che cosa stiamo diventando?» si chiede un costituzionalista che viene da tempi ormai lontani. È un destino finire tra gli 'opinionisti' da cui si pescano quelli più congeniali a questa o quella area politica, a questa o quella tesi? C'è un'Associazione dei costituzionalisti che riunisce circa 500 persone con il compito di «promuovere e difendere le peculiarità della cultura costituzionalistica». Che cosa sono queste peculiarità? Se c'erano, dove sono finite? Forse un tempo si sarebbe potuto rispondere. Oggi è difficile. «Sia chiaro - si dice in questo libro -, questa non è una critica, ma una constatazione e, insieme, una delusione, un dispiacere e, forse, un rimorso».
In tempi feroci, oggi come ieri, le coscienze devono decidere se stare dalla parte dei carnefici o delle vittime. Se fingere di non vedere la vittima, come fanno il sacerdote e il levita della parabola evangelica, oppure soccorrerla e accoglierla, come fa il samaritano. Le vittime di questa stagione feroce sono i profughi e i migranti, umiliati e offesi, torturati e assassinati nei lager libici, lasciati annegare nel Mediterraneo, respinti e uccisi da muri e da leggi disumane, feriti dai razzismi, sfruttati. Ma ci sono, ovunque, anche i samaritani che soccorrono e accolgono, si oppongono alla disumanità, si battono per la giustizia e l'uguaglianza, credono nella fraternità. Praticano la buona accoglienza che valorizza i talenti di chi è accolto. Tengono viva la speranza. Ovunque ci sono coscienze che si oppongono alla ferocia, talvolta a prezzo della vita. Il libro raccoglie testi inediti o pubblicati in una prima versione su «l'Adige», «Trentino», «Il Margine», ildolomiti.it. Sguardi senza confini sul nostro presente e squarci di feroci passati che non vanno dimenticati.
Provocato dalle infiltrazioni anglofone dei black friday e cyber monday nelle più importanti ricorrenze della nostra secolare tradizione religiose quest’anno, più che mai, ho sentito il bisogno di mettere mano a una sana “provocazione scritta”, per aiutare (e aiutarmi) a riflettere sul senso della vita, alla luce di un – almeno apparentemente – grave affievolimento della dimensione spirituale nella società contemporanea.
Adriano Colafrancesco, classe 1950, laureato in psicologia, con parabola professionale dalla gestione delle risorse umane alla consulenza aziendale nel marketing e nella comunicazione, oggi felicemente in pensione.
Nella storia d'Italia, i profeti hanno ispirato le lotte per l'emancipazione sociale e politica; esortato uomini e donne a non affidarsi al destino o al fato e ad assumersi la responsabilità della scelta morale; li hanno incoraggiati a liberarsi dalla servitù; hanno sofferto per le ingiustizie del loro tempo e dato un senso alla sofferenza con l'annuncio del riscatto. Agli albori dell'età moderna, la poesia di Dante e di Petrarca, le prediche di Savonarola, la prosa di Machiavelli hanno chiamato gli italiani a lottare per la libertà. L'ultima Repubblica Fiorentina (1527-1530) è stata una 'repubblica profetica'. Nei secoli della decadenza e della servitù politica, i profeti di emancipazione non riuscirono a muovere le coscienze degli italiani. Prevalsero i profeti che predicavano la rassegnazione e i filosofi che accusavano i profeti di essere impostori. La rinascita della profezia redentrice - nella poesia di Alfieri, Foscolo, Manzoni, nell'insegnamento civile di Mazzini, nella musica di Verdi - contribuì al Risorgimento nazionale. Le pagine profetiche di Benedetto Croce sostennero la resistenza al totalitarismo fascista. L'ultima voce profetica è stata quella di Pierpaolo Pasolini. Con il tramonto della profezia sono tramontate anche le visioni e le speranze di emancipazione sociale.
Ilvo Diamanti ha pubblicato qualche anno fa un "Sillabario dei tempi tristi": si augurava allora che il vento cambiasse, ed è certamente cambiato. Ma invece di sospingerci verso porti sicuri, ci ha lasciato in mezzo al mare. Senza certezze e senza destinazioni precise. In questi "tempi strani", la politica è governata dai tecnici e dai mercati, mentre i valori si quotano in Borsa. È dunque lecito sentirsi un po' sperduti. Così dobbiamo ingegnarci a leggere la realtà che ci sta intorno e i mutamenti che la attraversano cercando parole nuove. Talora mute. Attraverso definizioni indefinite e riferimenti privi di significato preciso. Semmai, caricati di molti, diversi significati. È ciò che si propone questo nuovo "Sillabario", che si snoda attraverso trentasei voci. Da "Autobus" a "Val di Susa", da "Bamboccioni" a "Hedge fund", da "Multitask" a "Tardivo digitale". Bussole e mappe che servono a orientare i perplessi e gli spaesati. Categorie di cui lo stesso Diamanti ammette di fare parte: "A me, almeno, capita di sentirmi così. A mia volta, un po' strano. E sperduto. È per questo, anche per questo, che cerco sempre di dare un nome, un cognome, e a volte anche un soprannome, agli eventi che si succedono. In politica e nella società. Per dare un senso alle cose. Per situarle. Per situarmi. Anche se non è detto che tutti gli eventi abbiano un senso oppure una posizione. Ma attribuirlo aiuta". Perché viviamo "tempi strani" ma aperti. Nei quali non bisogna rassegnarsi. Ma capire e (re)agire.
Siamo nel 1919. La prima guerra mondiale è finita da poco. "Il dottor Benjamin fugge dalla casa di suo padre, il luogotenente Wittgenstein commette un suicidio finanziario, il libero docente Heidegger perde la fede e monsieur Cassirer lavora sul tram alla propria illuminazione." Comincia un decennio di eccezionale creatività, che cambierà per sempre il corso delle idee in Europa e senza il quale alcuni pensieri non sarebbero mai stati pensati. Wolfram Eilenberger mette in scena l'esplosione del pensiero, sullo sfondo di una Germania divisa tra l'esuberanza e la voglia di vivere del dopoguerra e l'abisso della crisi economica, tra la lussuria delle notti berlinesi e i complotti reazionari della Repubblica di Weimar, mentre il nazionalsocialismo si trasforma velocemente in una minaccia. I quattro protagonisti di questi anni decisivi sono giganti di ogni tempo. E le loro vite straordinarie si intrecciano nella necessità di rispondere alla domanda che ha orientato nei secoli la storia del pensiero: che cos'è l'uomo? Una domanda che si fa più urgente che mai nell'ombra di una guerra devastante appena conclusa e di un'altra catastrofe che si annuncia all'orizzonte. Con grande abilità narrativa, Eilenberger mostra che la vita quotidiana e i dilemmi della metafisica fanno parte della stessa storia. E racconta la più grande rivoluzione del pensiero occidentale attraverso i suoi quattro protagonisti assoluti, ciascuno con il proprio sguardo penetrante e il proprio modo di concepire la vita, il linguaggio, il tempo e il mito.
Questo libro si occupa del "tempo" negli audiovisivi: dei modi secondo i quali si realizza la rappresentazione del tempo in un testo audiovisivo e dell'articolazione temporale nella quale vi si struttura il materiale significante. I problemi del "tempo" nel cinema sono stati affrontati e studiati nei campi delle diverse teoriche, delle attenzioni "filmologiche" e delle più recenti distanze semiotiche. Questo testo si occupa, invece, dell'organizzazione temporale dell'enunciazione filmica, del modo secondo il quale si articolano temporalmente i significanti del film, del rapporto fra queste articolazioni e tutte le significazioni in gioco.
Troppo frequentemente siamo chiamati - da noi e dagli altri - a scindere la parte razionale del nostro essere, il nostro vivere consapevole dalle emozioni, dai vissuti, dai sentimenti più profondi e nascosti. Quasi dovessimo vergognarci dei moti interiori, delle vibrazioni dell'anima, della commozione, della gioia o della paura. Quasi alludessero a una debolezza dello spirito, piuttosto che a una ricchezza delle potenzialità umane di percepire gli eventi. In questo nuovo saggio, Aldo Carotenuto sottolinea come i sentimenti siano alla base non soltanto del nostro vivere soggettivo, ma anche e soprattutto del nostro agire relazionale costituendo, in definitiva, il legame tra la nostra anima e il nostro corpo.
Nella varietà delle formule, dei generi e delle estetiche in cui si rende disponibile alla fruizione dei pubblici - dallo sceneggiato degli anni cinquanta alle web-series degli anni duemila - il racconto televisivo continua a intrigare, appassionare, a far vibrare corde emotive. È sempre tempo di fiction. Il segreto di questa continuità è nella capacità metamorfica delle forme narrative, nella plastica mutevolezza con cui linguaggi e immaginari seriali si rimodellano interagendo con le tendenze di cambiamento proprie di ogni fase evolutiva della televisione e del più vasto ambiente mediale. Oggi, nel tempo della convergenza digitale, trasformazioni significative attraversano il campo della fiction tv, aprendo la strada a nuove forme di creatività e nuove modalità di offerta e di consumo. I saggi contenuti nel volume si propongono di cogliere e di restituire analiticamente, riflessivamente, questa doppia articolazione del racconto televisivo: sempre presente e sempre in divenire.
La crisi in cui versa il capitalismo democratico tiene tutti col fiato sospeso e provoca un diffuso senso di impotenza. Nel tentativo di affrontare problemi prima inimmaginabili si adottano misure che agiscono come operazioni di emergenza a cuore aperto sul mondo occidentale, eseguite senza una vera conoscenza del decorso della malattia. La situazione è così grave che ci sembra di capire sempre meno che cosa esattamente stia succedendo e in che modo si sia potuti giungere a questo punto. Wolfgang Streeck, nelle sue Adorno-Vorlesungen di Francoforte, va alla radice della presente crisi finanziaria, fiscale ed economica, che interpreta come una fase all'interno della lunga trasformazione neoliberista del capitalismo del dopoguerra, iniziata già negli anni settanta. Facendo riferimento alle teorie critiche formulate a quell'epoca, analizza in che modo sia evoluta la fondamentale tensione tra democrazia e capitalismo nel corso di quarant'anni e quali conflitti ne siano derivati tra stati, governi, elettori e interessi del capitale. Esamina infine la trasformazione del sistema degli stati europei, da stato fiscale fondato sulle imposte, a stato indebitato, a stato basato sul consolidamento, e si interroga su quali siano le possibilità di ripristinare oggi una stabilità economica e sociale. Dal momento che il futuro che attende l'Europa è la concreta implosione del patto sociale che era stato alla base della democrazia capitalistica.
IL TEMPO E`UN TEMA TRADIZIONALE DELLA FILOSOFIA ED E`ARGOMENTO CENTRALE IN PSICANALISI. FREUD ELABORR MOLTE TEORIE INTERPRETATIVE SULLA PERCEZIONE DEL TEMPO DA PARTE DELL UOMO. GLI STUDIOSI, OGGI, TENDONO A SEMPLIFICARE E PARTONO DALLA CONCEZIONE DI TEMPO IN FRANTUMI". " sia i filosofi che gli psicananlisti si interessano di quegli argomenti affascinanti e sfuggenti che sono il tempo e la sua percezione da parte dell' uomo. Freud indagr l'argomen to per piu`di quarant'anni. E gli si interessr di teoria della libido, da un punto di vista evolutivo, di fissazioni e regressioni, di sogno come reminiscenza... Giunse al concetto di verita storica" che, purtroppo, dall'epoca non e`pi y stato analizzato e approfondito. Le ipotesi formulate da allora danno luogo a quella che, oggi, e`la concezione del ""