
Piergiorgio Odifreddi, come molti italiani nati nel dopoguerra, è cresciuto nel mito degli Stati Uniti e dei soldati americani "liberatori": sono stati loro, d'altra parte, ad aver salvato suo padre e suo nonno, entrambi deportati dai nazifascisti. Eppure, a partire dalla guerra del Vietnam, il suo rapporto con gli Stati Uniti inizia a cambiare. Ci studia per due anni, e ci insegna per venti. Viaggia in tutto il mondo, ed esplora in lungo e in largo il continente americano. Con sempre minor sorpresa, e sempre maggior fastidio, si rende conto dei modi violenti in cui gli Stati Uniti l'hanno sempre fatta da padroni: sfruttamento economico, embargo commerciale, occupazione militare... In questo libro riflette sull'arroganza dell'Occidente, anche attraverso i grandi pensatori del passato, e ci invita a non farci alleviare la coscienza dall'illusione che, forse, gli altri possono persino essere peggio di noi.
Non tutto il cibo che arriva sulle nostre tavole è dannoso per la salute o frutto di filiere illegali, ma i draghi e i camaleonti che camuffano prodotti di largo consumo spacciandoli per genuini, buoni e giusti sono un pericolo da cui imparare a difendersi.
L'agroalimentare "tira". Muove oltre 270 miliardi di euro e occupa 2,5 milioni di persone. È un pilastro dell'economia nazionale. Il principale fattore di traino è l'eccezionale appeal del made in Italy, un potentissimo ambasciatore di qualità ovunque nel mondo. E quel che "tira" logicamente "attira", per le opportunità che offre, trovando soggetti senza scrupoli pronti a sfruttare, sofisticare, adulterare. Le conseguenze sono opacità, scorrettezze e veleni che ci ritroviamo a dover consumare e avallare senza saperlo. Pur riconoscendo l'attenzione crescente riposta nel cibo buono, sano e giusto, questa autorevole e accurata indagine sul campo – condotta da Gian Carlo Caselli, oggi Presidente del Comitato scientifico dell'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, e da Stefano Masini, docente di Diritto Agroalimentare all'Università di Tor Vergata – denuncia l'esistenza di una vera e propria task force criminale, che allinea di volta in volta operatori prepotenti, spregiudicati e maliziosi, in grado di offendere i diritti essenziali alla salute e di deludere le lecite aspettative del consumatore in termini di gusto, natura e autenticità. Eppure sconfiggere i draghi avvelenatori del cibo è possibile. C'è bisogno di conoscerli e stanarli per riporre al centro della nostra spesa ciò che vogliamo in termini di sicurezza e qualità.
Questo libro vuol favorire una riflessione sugli stereotipi presenti nella comunicazione per sviluppare nuove modalità che contribuiscano a creare nelle giovani generazioni un'identità di genere positiva e paritaria, e che le aiutino a difendersi da modelli di femminilità e mascolinità limitativi delle potenzialità di ciascuna e di ciascuno. Le storie che raccontiamo sono quelle delle progressive conquiste di parità, di autonomia, di libertà delle donne italiane. I corpi cui ci riferiamo sono quelli delle donne di oggi; per le donne il corpo non segna la propria unicità allo stesso modo in cui lo fa per gli uomini, perché è il segno prioritario attraverso il quale da sempre sono guardate e pensate. Le immagini e le parole sono quelle impiegate dai mass media e dai linguaggi quotidiani per parlare di uomini e di donne. Quattro sono i punti in cui si articola il volume: i concetti e la loro storia: di che cosa ci occupiamo, da dove veniamo; la lingua italiana: come parliamo; i mass media: che cosa guardiamo; l'educazione di genere: che cosa impariamo. I destinatari sono soprattutto le donne nuove e i nuovi uomini, le studentesse e gli studenti delle scuole superiori.
Mario Lodi è stato uno dei protagonisti di quella straordinaria stagione di rinnovamento della scuola italiana che ha tentato di superare il vecchio modello autoritario per realizzare tra i banchi i valori della comunità democratica repubblicana. Questi diari, che ripercorrono la sua esperienza di maestro elementare tra il 1951 e il 1962, sono diventati una lettura fondamentale per tutti coloro che hanno a cuore non solo la scuola ma più in generale le sorti delle nuove generazioni. E in una fase storica come quella attuale, in cui crescono le aree di disagio (purtroppo anche per i bambini), in cui dilaga la retorica sulla formazione d'eccellenza e in cui è concreto il rischio di un ritorno alla scuola di classe, ricordare la lezione di Mario Lodi è più che mai urgente. Come ricordava Tullio De Mauro: «Nella scuola che Mario ha vissuto e che propone non c'è posto per bambini considerati più dotati o per quelli giudicati meno dotati, ma per bambini ciascuno dei quali ha un particolare potenziale da coltivare e sviluppare e mettere in comune». Un grande classico per ricordare che occuparci dei bambini vuol dire avere a cuore il futuro di tutti.
Nichi Vendola è oggi il politico più discusso e amato nella sinistra italiana, è il caso del momento, ha governato per cinque anni la Regione Puglia puntando sui giovani, la cultura e l’ambiente. Come ha scritto il Financial Times: “A una recente conferenza sull’energia solare, gli investitori hanno definito la Puglia come la regione più attraente del meridione d’Italia per una burocrazia meno ingombrante”.
In questo libro ci sono le idee per cercare e trovare quell’Italia migliore che in questi anni è stata sepolta dalla paura e da un governo inadeguato. Finalmente il libro di Nichi Vendola che contiene le proposte su ambiente, cultura, giovani, sanità, famiglia, giustizia. Nelle pagine di C’è un’Italia migliore saranno trattati i temi che faranno parte della piattaforma politica per la candidatura del leader di Sinistra e Libertà alle prossime attese primarie.
Le fabbriche di Nichi, con ben 80.000 iscritti, sono le associazioni che negli ultimi mesi si sono diffuse in Italia e all’estero a sostegno del progetto politico di Vendola.
Nichi Vendola (1958) è portavoce nazionale del partito Sinistra Ecologia e Libertà, dal 2005 è Governatore della Regione Puglia.
La fabbrica di Nichi è un progetto di comunicazione politica, nato per riavvicinare i giovani alla “res pubblica”, e per sensibilizzare la popolazione sui temi programmatici della campagna di Nichi Vendola. Si tratta di una piattaforma orizzontale, liquida e partecipativa, dalla quale vengono lanciati progetti e azioni. Una comunità che promuove e difende la “buona politica”, un patchwork di esperienze e visioni, con il comune obiettivo di costruire un paese migliore.
L'autore compie un viaggio nell'universo interiore dei bambini cercando di comprendere le ragioni di tanti comportamenti a prima vista inspiegabili. Perché, ad esempio, rifiutano regole comuni o usano strani espedienti per raggiungere i loro scopi? Perché sembrano timidi o arroganti? Il libro analizza il pianeta bambini sollecitando quella voglia di ragionare spesso accantonata dagli adulti per lasciare spazio a risposte preconfezionate e fuorvianti. Se è vero, infatti, che c'è una logica nei bambini, resta necessario e fondamentale individuarla caso per caso.
Questo libro parla di come è cambiato, nell'Occidente contemporaneo, il modo di vivere l'età anziana. In passato, un "vecchio" era l'immagine autorevole a cui i giovani guardavano con rispetto e da cui cercavano esempio e ispirazione. Oggi, invece, l'età dei legami fluidi e dei rapporti virtuali genera persone che invecchiano senza diventare anziane, e le costringe a scegliere tra le opzioni, egualmente svalutanti, di abdicare al proprio ruolo di guida pagando il prezzo dell'esclusione sociale o imitare i ragazzi in una deriva di ridicolo giovanilismo. D'altro canto, alla negazione dell'età anziana corrisponde in modo speculare lo smarrimento di quella giovanile, sempre meno in grado di riconoscere il proprio desiderio, formattata dalla società dei consumi e incapace di assumere le reali possibilità della propria giovinezza. Dalla riflessione sui cicli di vita snaturati e sulle modalità di restituire un senso al presente prende le mosse il dialogo tra Miguel Benasayag, filosofo e psicanalista, autore di "L'epoca delle passioni tristi" e Riccardo Mazzeo, editor delle Edizioni Erickson e autore con Zygmunt Bauman di "Conversazioni sull'educazione".
È sopravvissuto a due guerre mondiali, sette papi, la monarchia, il fascismo, la Prima Repubblica e la Seconda. E a sei processi per mafia e omicidio. Giulio Andreotti è stato un esemplare unico del potere in Italia per longevità, sopravvivenza agli scandali, dimestichezza con gli apparati dello Stato e del Vaticano, consuetudine con le classi dirigenti mondiali del passato. Ancora oggi emergono particolari sulla sua vita pubblica e privata che aiutano a ricostruirne la figura e l'influenza. Nell'Archivio Apostolico Vaticano, ex Archivio Segreto, Massimo Franco ha trovato nuovi documenti che confermano il suo ruolo tra le due sponde del Tevere: nel dopoguerra i Savoia si raccomandavano ad Andreotti tramite la Santa Sede, e il Vaticano era consultato da lui anche per la nomina di un giudice costituzionale. Tra gli scritti privati, inoltre, si ritrovano le lettere in cui si confida con la moglie «Liviuccia», finora inedite. E attraverso i diari si ricostruiscono i retroscena di eventi con molti protagonisti di rilievo. In questo libro, ampliato per la nuova edizione, l'autore racconta e analizza Andreotti e il suo mondo: gli alleati, i nemici, l'alone intatto di mistero, ma anche la famiglia invisibile per decenni, e sorprendente nella sua strana normalità. A poco più di cento anni dalla nascita, ripercorrere la vita del «Divo Giulio» e la sua epoca significa fare i conti con la distanza siderale tra la sua Italia e quella di oggi. È stato incombente per mezzo secolo come uomo di governo e come enigma dell'Italia democristiana. Ma ora non esistono più la sua politica, la sua cultura, il suo Vaticano. Rimane solo l'eco lontana e controversa del «processo del secolo», che doveva chiarire le sue responsabilità e che invece si è concluso nel modo più andreottiano: con una verità sfuggente. Emblema e garante dello status quo nell'era della guerra fredda, Andreotti ha rappresentato l'«uomo del Purgatorio» per antonomasia, in una nazione in bilico tra Paradiso occidentale e Inferno comunista. Ha permesso a una parte dell'Italia di specchiarsi per mezzo secolo in lui, di sentirsi migliore, o forse solo di autoassolversi. Le ha fornito la bussola: un pessimismo di fondo sulla natura umana, alleviato dall'ironia. Nuova edizione Con documenti inediti dagli archivi.
È sopravvissuto a due guerre mondiali, sette papi, la monarchia, il fascismo, la Prima Repub­blica e la Seconda. E a sei processi per mafia e omicidio. Giulio Andreotti è stato un esemplare unico del potere in Italia per longevità, sopravvi­venza agli scandali, dimestichezza con gli appa­rati dello Stato e del Vaticano, consuetudine con le classi dirigenti mondiali del passato. È stato unico perfino nell’aspetto fisico, che ha nutrito generazioni di vignettisti. A cento anni dalla nascita, il 14 gennaio del 1919, ripercorrere la sua vita e la sua epoca significa fare i conti con la distanza siderale tra la sua Italia e quella di oggi. Dopo essere stato incombente per mezzo secolo come uomo di governo e come enigma dell’Italia democristiana, Andreotti non c’è più. E non solo perché è morto, il 6 maggio del 2013. Non esistono più la sua politica, la sua cultura, il suo Vaticano. Rimane solo l’eco lonta­na e controversa del «processo del secolo», che doveva chiarire le sue responsabilità e che inve­ce si è concluso nel modo più andreottiano: con una verità sfuggente. Nel suo libro, ampiamente rivisto e aggiornato per questa nuova edizione, Massimo Franco racconta e analizza Andreotti e il suo mondo: gli alleati, i nemici, il suo alone intatto di mistero, ma anche la famiglia invisibile per decenni, e sorprenden­te nella sua stranissima normalità. Attraverso la silhouette curva del «Divo Giulio», aiuta a capire che cosa siamo stati e non siamo più. In un’Italia che cambiava o fingeva di cambiare, Andreotti ri­mase sempre se stesso: nel bene e nel male. Emblema e garante dello status quo nell’era della guerra fredda, ha rappresentato l’«uomo del Pur­gatorio» per antonomasia, in una nazione in bilico tra Paradiso occidentale e Inferno comunista. Ha permesso a un’Italia di specchiarsi per mezzo se­colo in lui, di sentirsi migliore, o forse solo di auto­assolversi. Le ha fornito la bussola: un pessimismo di fondo sulla natura umana, alleviato dall’ironia.
In questo libro la Ciociaria, provincia 'bianca' per antonomasia e da sempre legata a doppio filo con la DC più filo-vaticana, è presa in esame dalla Resistenza fino alla fine degli anni Settanta. In particolar modo si indaga il radicamento dei partiti nella società locale dal momento in cui il Frusinate rientra nel piano di trasformazioni socio-economiche innescate dalla Cassa del Mezzogiorno. Tommaso Baris studia i cambiamenti del quadro politico locale collegandoli alle scelte nazionali che vengono fatte in tema di sviluppo dell'Italia meridionale per capire in che modo quelle decisioni sono state poi usate localmente come strumenti di creazione del consenso elettorale. Al centro della ricerca è la Democrazia cristiana, primo partito grazie soprattutto al ruolo di Giulio Andreotti e della sua corrente. Il campione della destra DC a livello nazionale è stato infatti promotore in Ciociaria, suo feudo elettorale sin dal 1948, di una politica di forte intervento pubblico. Gli andreottiani vincendo la guerra interna con le altre correnti dello scudo-crociato e quella esterna con le sinistre e il Pci, propongono in Ciociaria una sorta di 'modernizzazione tradizionalista', in cui l'avvento dell'industria fordista e della società dei consumi, simboleggiati dalla costruzione nel 1972 di un importante stabilimento della Fiat nel Cassinate, si accompagnano al mantenimento dei valori tipici di una società agricola e legata all'universo religioso.