
«Dicendo essere o avere, non mi riferisco a certe qualità a sé stanti di un soggetto... Mi riferisco, al contrario, a due fondamentali modalità di esistenza, a due diverse maniere di atteggiarsi nei propri confronti e in quelli del mondo, a due diversi tipi di struttura caratteriale, la rispettiva preminenza dei quali determina la totalità dei pensieri, sentimenti e azioni di una persona.» Ed è la prevalenza della modalità esistenziale dell'avere che per Erich Fromm ha determinato la situazione dell'uomo contemporaneo, ridotto a ingranaggio della macchina burocratica, manipolato nei gusti, nelle opinioni, nei sentimenti dai governi, dall'industria, dai mass media, costretto a vivere in un ambiente degradato. Contro questo modello dominante, Fromm delinea invece le caratteristiche di un'esistenza incentrata sulla modalità dell'essere, in quanto attività autenticamente produttiva e creativa, capace di offrire all'individuo e alla società la possibilità di realizzare un nuovo e più autentico umanesimo.
Soldi, lavoro, diritti, futuro: la forbice tra ricchi e poveri si sta allargando sempre più. In Italia, in Europa, nel mondo. La democrazia rischia di diventare una maschera ormai incapace di celare il vero volto delle disuguaglianze sociali. Disparità di genere, divario profondo e apparentemente incolmabile tra i Nord e i Sud del pianeta, diverse possibilità di accesso all'educazione, alla sanità, perfino ai sogni. E la rivoluzione tecnologica, accompagnata ai suoi albori dalla promessa di ridurre le distanze e promuovere una maggiore uguaglianza, che sembra essere diventata solo uno strumento di potere in mano a una nuova e ristretta schiera di oligarchi globali. È su questo terreno in perenne smottamento, per di più travolto dalla pandemia di Covid-19 come da un terremoto epocale che ne ha allargato ancora di più le crepe, che Claudio Brachino prova a muoversi per analizzare, osservare, capire. Non con l'occhio dell'economista di professione ma con quello del giornalista abituato a sporcarsi le mani con la realtà in cui vive, e a raccontarla.
"I notiziari, se da una parte evidenziano la lontananza tra il luogo in cui si svolgono gli eventi e quello in cui ci si trova, dall'altra riportano alla memoria sensazioni simili già vissute. Così, quando, nel dicembre 2010, vidi le immagini delle prime sommosse tunisine, ebbi la sensazione di tornare al periodo della mia infanzia in Algeria. Mi venne in mente, in particolare, il periodo del maggio 1968". Parte dai suoi ricordi personali, Khaled Fouad Allam, per costruire una lettura comparativa delle contestazioni e dei rivolgimenti che abbiamo imparato a conoscere con il nome di "Primavera araba". Sono molte le domande che Allam si pone nel corso di questo libro e che configurano un approccio del tutto inedito: perché il mondo arabo non ha avuto un suo Sessantotto? Perché il conflitto israelo-palestinese non avrà mai la valenza simbolica e aggregatrice che ebbe il Vietnam per i giovani occidentali degli anni sessanta e settanta? Cosa accomuna i linguaggi e le forme mediali in cui il dissenso dei giovani arabi trova espressione alle manifestazioni degli indignados e al rap delle grandi periferie metropolitane occidentali? Qual è il rapporto con i nuovi mezzi di comunicazione? Internet giunge davvero a liberare i sogni di questi giovani o rischia di diventare anch'esso strumento di chiusura? E, infine, perché non riesce a emergere una leadership forte?
Averroè di Cordova è un campione della filosofìa islamica prima che un vertice del pensiero europeo. Eppure ha ricevuto perlopiù letture unilateralmente eurocentriche. Il volume restituisce al suo cromatismo originario la fisionomia dell'intellettuale musulmano. L'esposizione chiara e documentata del pensiero, aggiornata alle nuove frontiere della ricerca, mette in luce il debito verso la cultura andalusa e il duplice ruolo di testimonianza e di stimolo per un Islam aperto e civilizzatore nel cuore stesso dell'Occidente.
Come eravamo, quando avevamo vent'anni? E come siamo, chi siamo, cosa siamo diventati, ora che ne abbiamo molti di più? Un incontro fortuito in una notte piena di stelle e la coincidenza di un anniversario spingono un giornalista che ha lasciato l'Italia da giovane a ritornare sui suoi passi. È un viaggio a ritroso nel passato che va dalle Alpi alla Sicilia, per ritrovare i vecchi compagni degli anni dell'università, per confrontarsi sulle passioni, i sogni, le speranze della giovinezza, per scoprire che cosa ne è rimasto, trent'anni dopo. Come una fotografia che affiora lentamente nella camera oscura, si ricompone così poco per volta l'immagine di un "collettivo studentesco" del '77, l'anno dell'ultima grande ondata di impegno politico giovanile nel nostro paese; e accanto a essa prende corpo anche un'altra immagine, quella dell'Italia del 2007. Quaranta voci, maschili e femminili, provano a raccontare la storia di una generazione: a se stessi, i ventenni di ieri, e ai propri figli, i ventenni di oggi. Come eravamo, e come siamo: un po' ironici e un po' malinconici, sfiorati dalla nostalgia, incapaci di smettere di sognare. Perché i vent'anni, per qualcuno di noi, non passano mai del tutto.
"Il Tutto, dunque, in rapporto alla Causa prima è un instaurato e l'atto con cui è fatto esistere quel che esiste a partire dalla Causa prima non è certo tale da permettere all'inesistenza di avere potere sulle sostanze delle cose. Esso è invece un far esistere che, in ciò di cui si predica l'eternità, rende impossibile l'inesistenza in assoluto: questa è l'instaurazione assoluta e il far essere assoluto e non un certo far essere. E ogni cosa avviene a partire da quell'Uno e quell'Uno fa avvenire ogni cosa."
Nessun pensatore islamico ha esercitato un'influenza più profonda e duratura sulla storia del pensiero orientale di quanto abbia fatto Avicenna. Egli condusse una vita rischiosa e agitata: per ben due volte a stento sfuggì alla morte, prima per mano di un re e più tardi di soldati furibondi. L'imprigionamento e l'umiliazione non turbarono una figura piena di vitalità e provocante, passata nella stona dell'Oriente di volta in volta come un mago, un ateo maledetto, un grande filosofo, un mistico sublime, un uomo gioviale e la guida dei non-conformisti. Lo studioso persiano Soheil M. Afnan offre qui una completa descrizione della sua vita e delle sue opere. Dopo un'introduzione generale, che presenta i predecessori notevoli di Avicenna e il ricco sfondo culturale della Persia nel decimo secolo, narra interamente la complessa, avventurosa esistenza del filosofo. Segue quindi un' esposizione della logica di Avicenna, della sua metafisica - disciplina in cui diede i suoi maggiori e più originali contributi -, della sua posizione nel conflitto tra ragione e rivelazione, dei suoi principi di psicologia, del suo apporto - rilevante - alla medicina e alle scienze naturali. L'autore conclude la sua monografia con una discussione circa l'influenza delle opere di Avicenna sulla storia delle idee nel suo Paese e in generale nell'Oriente e sul pensiero scolastico dell'Europa medievale. Lo studio attinge alle fonti originali in persiano e in arabo.
Il libro affronta i comportamenti che caratterizzano il disturbo ossessivo compulsivo. All'interno di un percorso di autoaiuto, vengono suggerite alcune tecniche che possono contribuire, anche con il conivolgimento della famiglia e del partner, a liberarsi del problema, e viene chiarito quando è il caso di rivolgersi a uno specialista.
Come uno tsunami la tecnologia si è abbattuta sulla comunicazione e ne ha radicalmente mutato i connotati. Non si è trattato in questo caso, ovviamente, di un episodio cruento e repentino, quanto di un processo lungo e articolato, che ha avuto però una violenta accelerazione con la diffusione esponenziale dei nuovi mezzi di comunicazione "istantanea", come il telefono cellulare e soprattutto internet. Questo è il racconto delle esperienze di professionisti che operano in vari ambiti nel mondo dell'informazione e della comunicazione (dalla carta stampata al videogioco, dalla tv alla politica, dall'azienda privata alle agenzie di informazione, dalla pubblica amministrazione al blog), tutti con significative carriere alle spalle, in compagnia però anche di alcuni giovani e di un cosiddetto "nativo digitale" che, diversamente dagli altri interlocutori, è nato dentro la società della comunicazione globale. Una panoramica volutamente rapida, ma che prende lo spunto da tanti e diversi angoli di visuale, così da avere l'ambizione di rappresentare una buona parte di quella comunicazione globale e globalizzata che tutti, indipendentemente dal ruolo che ricopriamo nella società, sperimentiamo ogni giorno.
Corsaro per l'indipendenza, generale per la libertà, difensore della Repubblica romana, combattente della guerra d'indipendenza, liberatore del Regno delle due Sicilie, capo delle spedizioni per strappare Roma al governo del pontefice, soccorritore della Repubblica francese e poi deputato, agricoltore e simpatizzante per le prime lotte d'emancipazione dei lavoratori. Per mare e per terra, le imprese dell'eroe dei due mondi, un mito che sembra legare gli italiani nel tempo.
«Se possiamo sentirci solidali gli uni agli altri e amici di tutti gli abitanti del mondo; se possiamo riconoscere nel nostro vicino noi stessi, e per questo essergliene grati, lo dobbiamo a uomini che, come Giuseppe Garibaldi, hanno onorato la loro patria e, con essa, l'intera umanità.»
Che cosa succede quando due grandi sognatori d'oggi, due uomini lucidi e visionari al tempo stesso, si incrociano e si confrontano per due giorni intorno ai rispettivi percorsi? In una calda estate del Triveneto, a Roncade, Paolo Costa ha incontrato Alex Bellini e Riccardo Donadon, chiedendo a entrambi di parlare dei temi a loro cari, quei temi che hanno segnato le loro vite: il senso della sfida e dell'impresa, la capacità di assumersi dei rischi, il valore della rinuncia, la lezione del fallimento, la ricchezza e il dolore immenso della solitudine, la paura dell'ignoto. Il primo - Alex Bellini - si definisce un "avventuriero": ha attraversato due oceani su una barca a remi, ha percorso correndo gli Stati Uniti e l'Alaska e non si è ancora stancato. Oggi sta pianificando una nuova avventura che lo vedrà impegnato lungo le coste della Groenlandia alla deriva su un iceberg. L'altro - Riccardo Donadon - è un imprenditore che ha fatto di Ca' Tron, in provincia di Treviso, la sua piccola Silicon Valley, con l'obiettivo di portare in Italia la cultura californiana dell'innovazione digitale. Le loro non sono storie di eroi, più semplicemente, la vita di uomini che hanno creduto fino in fondo alla loro scommessa, riuscendo comunque a mantenere salda la testa sulle spalle. Alex e Riccardo ci spiegano che, in fondo, il senso dell'esperienza dell'avventuriero e dell'imprenditore si condensa tutta in un istante: quell'attimo in cui ti trovi da solo e devi decidere se arrenderti o andare avanti.

