
Questo libro riproduce per la prima volta due saggi di un'attualità sconcertante: stesi nel 1955 e mai editi prima d'ora «per motivi non più ricostruibili», oggi vengono pubblicati a cura di un profondo conoscitore dell'opera balthasariana, il teologo svizzero A.M. Haas, e con una documentata e illuminante Postfazione del teologo di Vienna J.-H. Tück. In queste pagine von Balthasar riesce a delineare una teologia delle cose ultime nel senso di «una teologia della finitezza» (W. Löser). Con l'affascinante forza linguistica della sua prosa teologica, von Balthasar presenta l'insegnamento escatologico della chiesa in alcuni aspetti che segneranno il suo pensiero successivo: risultano decisivi, in particolare, il recupero della centralità di Cristo e della speranza universale, ma anche il riferimento alla teologia della croce e alla "discesa agli inferi". Quest'ultimo elemento è stato indicato da Joseph Ratzinger come il vero contrassegno del pensiero balthasariano. «Queste righe vengono consegnate alle stampe, superando le mie esitazioni, unicamente per far risplendere meglio possibile nella dottrina tradizionale della chiesa - dalla quale non ci si deve scostare in alcun punto - la centralità cristologica». Così lo stesso von Balthasar in una sua Prefazione, che concludeva richiamando l'importanza della "discesa agli inferi": «Chi si rifiuta di guardare in quella profondità difficilmente potrebbe riuscire a sviluppare tutto il concetto di grazia e redenzione che ci è accessibile nella fede».
Il pluralismo religioso si impone come una componente irriducibile che interpella tutte le religioni in un esercizio fondamentale di dialogo. Le opzioni oggi sono molto chiare: o la rivalità o il dialogo tra religioni come condizione per la pace tra le nazioni. Ci sono persone che, abitando le frontiere, hanno scelto la via del dialogo. Il volume presenta alcune storie di vita segnate da tale vocazione dialogale.
Contemplando il torso di Mileto al Museo del Louvre, il poeta R. M. Rilke coglie l'appello etico che si leva da quella scultura e lo esprime con il verso poetico "Tu devi cambiare la tua vita". Nasce da qui la quaestio generatrice della presente ricerca: cosa consente ad un'opera d'arte di rivolgere all'uomo tale imperativo morale fondamentale? Nel contesto del dialogo tra estetica e teologia, ambito specifico del lavoro, le risposte più immediate solitamente offerte ruotano attorno alla categoria di bellezza che, però, non sembra pienamente convincente. Se la bellezza è considerata semplicemente come entità da contemplare infatti, pur rivolgendo l'appello morale e interpellando l'osservatore, essa non basta, non può salvare il mondo. Per comprendere in profondità la pertinenza etica dell'opera d'arte, è necessario dunque muoversi in un'altra direzione o forse è sufficiente correggere quella intrapresa con la prospettiva della bellezza, risalendo alla sua fonte: la forma. La presente indagine si pone l'obiettivo di verificare la plausibilità dello spostamento dell'attenzione teologica dalla categoria estetica e tradizionale di bellezza a quella, pure tradizionale ma più controversa di forma, assumendo come punto di partenza la forma artistica e il processo dinamico che la genera.
L'odio è un tema sempre più al centro dell'attenzione della vita umana, individuale come collettiva. Anche nelle società apparentemente evolute e civilizzate del XXI secolo un tale sentimento gode di grande interesse e attenzione negli ambiti più diversi della vita della personalità, della storia e delle relazioni significative del soggetto.Pur non essendo possibile prescriverne una "cura", l'odio può essere tuttavia fronteggiato, ascoltandone gli insegnamenti e smascherandone la falsità.
Alla terra promessa si giunge dopo un cammino duro e difficile, che mette alla prova. Ma è nel deserto arido che Israele impara a conoscere Dio e diventa un popolo. Poi bisogna passare il Giordano e prendere una decisione: "Il Dio che mi liberato sarà il mio Dio", proclama Giosuè a Sichem (cf Gs 24,15). Ormai l'impegno dell'uomo libero sarà di abitare la terra, lavorando per mutare il deserto in giardino e in esso vivere in pace nella compagnia del Signore e degli uomini. Questa è la vita che la direzione spirituale si pone come obiettivo. Dunque nessuna fuga verso il cielo, ma un ritorno alla terra da uomini liberi.
«Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20). L’accorato appello di San Paolo ai Corinzi risuona nelle parole e nei gesti di Papa Francesco, il cui pontificato si caratterizza in modo speciale per il ricorrente invito alla confessione. La via della Chiesa è la misericordia e questa si concretizza nel confessionale dove ogni cuore sinceramente pentito sperimenta il miracolo di una nuova creazione. Siamo tutti peccatori, ci ricorda il Papa anche accostandosi pubblicamente al sacramento della riconciliazione, e tutti abbiamo bisogno di lasciarci ricreare dalla misericordia di Dio.
Qual è il tempo della misericordia? Oggi stesso, ci dice Papa Francesco, ogni momento è prezioso per non lasciare che il peccato prenda dimora fissa nella nostra anima, indurendo il cuore e trasformandoci da peccatori in corrotti. È il demonio che ci fa rimandare la confessione, mentre Dio non vede l’ora di riabbracciarci come il Padre della parabola, di restituire l’innocenza al nostro cuore macchiato dal peccato e trasformarci a immagine del Figlio, che si è fatto mettere in croce per noi affinché noi potessimo diventare come Lui.
Papa Francesco chiama «situazioni di fragilità» segnate dall'«a-mo-re ferito» le convivenze di coppia uomo-donna senza matrimonio religioso: divorziati civilmente risposati, sposati con solo matrimonio civile, conviventi registrati, conviventi di fatto. Nei confronti di queste situazioni invita ad assumere «un'attenzione pastorale misericordiosa e incoraggiante», in modo da favorire in esse «una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza» e una «crescita umana e spirituale». Il Papa riconosce che nel recente Sinodo sulla famiglia è emersa una molteplicità di punti di vista e di preoccupazioni pastorali, che egli paragona alle molte sfaccettature di «un prezioso poliedro». Questa immagine geometrica suggerisce che le diverse prospettive, nella misura in cui corrispondono alla realtà, si possono armonizzare tra loro. Lo abbiamo sperimentato noi stessi, confrontando le nostre interpretazioni dell'esortazione apostolica postsinodale sull'amore nella famiglia. Rilevando che la trattazione del tema dei conviventi senza matrimonio sacramentale è basata sulla distinzione tra l'ordine etico oggettivo e la responsabilità personale soggettiva, abbiamo potuto chiarire alcune affermazioni, che sono oggetto di discussione nel mondo ecclesiale, e trovare la convergenza su alcuni orientamenti per la prassi, che ci sembrano equilibrati e prudenti.
In questo volume Marco Guzzi si prefigge di spiegare in un linguaggio molto semplificato, addirittura ritmico, la centralità della scelta di fede - e della fede in Cristo - in questa svolta antropologica in atto. La fede di Cristo, infatti, ci apre all'esperienza di un'umanità nuova, radicalmente libera e creativa, cioè quella che oggi sta tentando di emergere in ciascuno di noi. Questo, d'altronde, provoca un immenso movimento di revisione dello stesso cristianesimo storico, una vera e propria Nuova Evangelizzazione, che al contempo ci spinge verso una riformulazione della stessa civiltà occidentale. Il libro è articolato in tre parti: Fede e Verità; L'Io creatore; La Grande Riforma.
Amare i nemici è un comandamento imprescindibile per chi si definisce cristiano. Gesù lo insegna mediante parabole e attraverso l'esempio offerto con la propria vita. È anche il comandamento più difficile, perché per natura siamo portati a odiare coloro che ci hanno fatto del male o sembrano pronti a farlo. Le riflessioni raccolte in questo libro esaminano l'oscura natura delle nostre inimicizie e suggeriscono vie per abbattere i muri dell'odio e per imparare a perdonare. Cercando di vivere il comandamento dell'amore con coraggio nel nostro quotidiano possiamo cambiare le nostre esistenze, cambiare il corso degli eventi. Ci sono uomini e donne che ci hanno provato e hanno dato vita a cammini di pace e nonviolenza.
Fiat voluntas tua, sia fatta la Tua volontà. Che cosa vuol dire fare la volontà di Dio? Come si lascia agire Dio nella nostra vita? E, se è Dio ad agire, significa che il cristiano rimane passivo di fronte agli eventi? Alla ricerca di questa volontà che è volontà di un Altro, con la maiuscola, don Aristide Fumagalli ci accompagna in un percorso che va dall'Antico Testamento fino alle epistole paoline. Scandito in tre momenti, uno per ogni parola della formula fiat voluntas tua, il libro approfondisce come e quale sia la volontà di Dio, e in che modo sia possibile metterla effettivamente in pratica.
Ogni uomo viene al mondo segnato dal peccato originale e porta in sé le radici dei sette vizi capitali. Il vizio fa l'uomo schiavo, gli sottrae la libertà e lo rende dipendente e impotente. Riflettere sui vizi capitali ci porta a conoscere meglio noi stessi e i nostri nemici interiori, onde imparare a non scaricare troppo frettolosamente colpe e responsabilità sugli altri, ma a essere e sentirci responsabili dei nostri pensieri e delle nostre azioni e a cominciare un cammino di liberazione e guarigione. L'uomo è libero: può dirigere la sua vita verso il bene o verso il male. Costruttore di se stesso, può contare sull'aiuto onnipotente della grazia di Dio, che è sua forza e sua gioia, e può intuire già l'esito della battaglia che deve affrontare fidandosi della parola di Gesù. Con la forza del Signore, infatti, si possono sconfiggere tutti i nemici e si possono vivere in pienezza le virtù cristiane.
Il volume raccoglie gli Atti della Tre Giorni di studio promossa dall'Associazione Chiesa del Gesù di Roma Onlus dal titolo «Il Re delle schiere» e si colloca in un programma che vuole affrontare i temi che scandiscono gli Esercizi spirituali di sant'Ignazio. In questo itinerario il cristiano è invitato, come gli apostoli, a seguire il Signore unendosi alla sua impresa, senza badare al proprio interesse. L'esercizio vuole portare l'esercitante a comprendere la prospettiva e il progetto di Gesù e a liberare la mente e il cuore dalle illusioni indirizzando il suo impegno al servizio di Dio e della Chiesa sua Sposa. La ricerca della Tre Giorni si è concentrata sulla ricerca biblica per approfondire l'annuncio del «regno di Dio», che è il cuore della predicazione di Gesù e costituisce per ogni cristiano l'oggetto su cui deve decidersi: è la grande impresa per la quale egli cerca «amici» che gli siano compagni nella vita e nella sorte.