
Elia oggi è vivo. Si rende presente nella nostra storia. Ognuno degli déi della mitologia è forse un simbolo, ma è morto senza aver vissuto. Elia, come Isaia o qualunque profeta della Scrittura, è una voce, vive per sempre, le sue parole risuonano dentro di noi oggi. Elia è una persona viva e non una semplice immagine. È "un uomo come noi" (Gc 5,17). Perciò ha una parola che trasmettiamo infondendola nell'intimo del nostro essere. Quando Dio decise di chiamare a sé il suo profeta, lo rapì in un turbine di fuoco. Eliseo e anche i giovani discepoli dei profeti sapevano che era giunto il giorno della dipartita di Elia. Ne parlavano tra loro con sussurri. Ma accadde improvvisamente; mentre Elia e il suo servo e discepolo camminavano, scambiando qualche parola tra una pausa di silenzio e l'altra, un carro di fuoco, con cavalli di fuoco, si interpose tra loro ed Elia scomparve. Era successo tutto in un batter d?occhi. Eliseo guardava e guardava e d'improvviso si vide solo. Il suo maestro lo aveva abbandonato, salendo in cielo tra fiamme. Dalla sua gola sgorgò, incontrollabile, un grido di dolore: "Padre mio! Padre mio!"...
La relazione fra la parola di Dio e la Terra Santa è espressa in modo sapiente e appassionato. L’autore conduce il pellegrino nei luoghi che hanno visto Gesù protagonista, da Betlemme a Gerusalemme, passando per Cafarnao e Emmaus.
Le pagine scelte dall’Antico e dal Nuovo Testamento, accompagnate da informazioni geografiche, storiche e archeologiche, ci permettono di accostarci alla straordinaria persona di Gesù e di comprenderla nella sua novità per gli uomini del suo tempo, come per quelli di oggi.
Con la presentazione del Card. Angelo Scola
Come dovrebbero leggere la Bibbia i cristiani in un tempo di disastri ecologici? Come raffigura la Bibbia il rapporto degli uomini con il resto del creato?
In questo libro ben argomentato e di cui si avvertiva l’esigenza, Bauckham esplora il rapporto tra gli uomini e il resto del creato. Egli sostiene che nella Bibbia si trova a tal proposito ben più del compito di dominare affidato agli uomini in Genesi 1, che troppo spesso è stato addotto a giustificazione del dominio e dello sfruttamento delle risorse del nostro pianeta. Egli critica inoltre il concetto di custodia, ritenendolo da un lato presuntuoso, e dall’altro troppo generico per poter rendere conto delle nostre responsabilità cruciali nei confronti della terra.
Secondo l’Autore vi sono altre importanti prospettive bibliche che vanno esplorate, come quelle offerte dal libro di Giobbe, dai Salmi e dai Vangeli. La nozione di più ampio respiro di «comunità di creazione» che egli propone rende maggiormente giustizia alla globalità del discorso biblico rispetto al concentrarsi sul solo concetto di «dominio». Con la sua analisi limpida e che fa riflettere, La Bibbia e l'ecologia è una lettura fondamentale per chiunque sia interessato ad un approccio all’ecologia fondato sulle Scritture.
Richard Bauckham è stato fino al 2007 Professore di Studi Neotestamentari e Bishop Wardlaw Professor presso l’Università di St Andrews (Scozia), dove è oggi un Professore Emerito. Si è recentemente ritirato dall’attività accademica per dedicarsi alla ricerca e alla scrittura, ed è Senior Scholar a Ridley Hall, Cambridge, e Visiting Professor al St Mellitus College di Londra.
«La lettera ai Romani è considerata giustamente uno tra gli scritti più significativi del periodo apostolico; per Lutero essa è addirittura la testimonianza per antonomasia resa al vangelo della grazia e della salvezza in Cristo. Da Lutero in poi, d’altronde, è certamente il libro del Nuovo Testamento che ha suscitato, per vari secoli, le più vivaci discussioni e polemiche tra le diverse chiese, dato che era in gioco la loro identità. Oggi le divergenze si sono attenuate, ma la posta in gioco resta certo importante come allora, giacché quella che viene rimessa in discussione è la coerenza stessa del discorso paolino: sulla legge mosaica, su Israele e il suo ruolo storico, sulla giustificazione mediante o senza le opere, e via dicendo. Nessuna presentazione può esimersi dal segnalare tali discussioni, pur se renderne conto non risulta così facile. Determinare i motivi di queste ultime equivale in realtà ad evidenziare la scrittura ricca ma complessa dell’apostolo Paolo: non è più possibile leggere questa lettera senza tenere conto delle numerose e varie tecniche letterarie con cui essa è stata redatta. In poche parole, bisogna evitare una lettura immediatamente teologica, a rischio di far dire a Paolo il contrario di quanto dice. È indispensabile qualche precauzione per gustare tutta la bellezza di questo scritto, che è massimamente ispirato»
Jean-Nohel Aletti, gesuita, è professore al Pontificio Istituto Biblico di Roma. È noto per i suoi libri, studi e commenti sulle ricerche di san Paolo. Per le edizioni Borla ha già pubblicato i volumi Gesù Cristo: unità del Nuovo Testamento? (Roma, 1995) e La lettera ai Romani e la giustizia di Dio (Roma, 1997).
Se nell'immaginario comune Gesù condivise il pasto dell'ultima cena con i discepoli, un'analisi accurata dei racconti dei quattro Vangeli lascerebbe intendere che, con tutta probabilità, Gesù si astenne dal mangiare quella stessa sera. Perché? E che senso poteva avere il suo digiuno? Il saggio di Silvio Barbaglia apre orizzonti nuovi su un tema tanto studiato quanto avvolto dal mistero. A partire da un conflitto di datazione apparentemente insanabile: fu una cena pasquale oppure - seguendo la cronologia giovannea - si tenne la sera precedente? L'autore prende posizione sostenendo l'infondatezza del conflitto tra la datazione sinottica e quella giovannea: un "atto di lettura canonico" conduce a un accordo pieno tra i quattro Vangeli e l'ultima cena di Gesù diventa una "cena di digiuno", nella sera di Pasqua, per stare in mezzo ai suoi discepoli come "colui che serve".
Questo Compendio propone la traduzione e l'interpretazione di tutti i testi parabolici di Gesù a noi noti: quelli contenuti nei vangeli canonici, quelli riportati nell'apocrifo Vangelo di Tommaso e in alcuni altri detti tramandati al di fuori del Nuovo Testamento (i cosiddetti ágrapha).Le parabole di Gesù sono in effetti uno dei tesori della Bibbia e sono giustamente considerate una parte costitutiva essenziale dell'annuncio cristiano. Lungo i secoli se ne sono scoperti ed esplicitati continuamente i molteplici significati, e ciò non solo nella teologia e in ambito ecclesiale, ma anche nella letteratura e nell'arte. Le parabole - soprattutto - ci parlano ancora oggi: interpellano, orientano, provocano, spronano.Di ogni singola parabola, allo scopo di giungere a una sua rigorosa e - se necessario - innovativa interpretazione, vengono esaminati criticamente:- la dimensione letteraria (il piano narrativo);- la dimensione metaforica (i riferimenti simbolici);- lo sfondo sociale dell'epoca storica cui risale (le reali condizioni di vita, che forniscono le immagini utilizzate);- il processo di trasmissione (la tradizione): sia la fase antecedente alla messa per iscritto, sia la fase successiva (la ricezione ecclesiale).
Il presente commentario si propone come una lettura continua e coerente del quinto libro del pentateuco. Il Deuteronomio inizia come un racconto, che a differenza dei primi quattro libri del pentateuco è tuttavia narrato in prima persona direttamente da Mosè.All’improvviso si trasforma in un’esortazione parenetica, diviene quindi per un lungo tratto un testo legislativo e si conclude nuovamente, dopo una sezione comprendente benedizioni e maledizioni, con una narrazione. Quest’ultima narrazione non è però raccontata da Mosè, ma – come nei libri della Genesi, dell’Esodo e dei Numeri – è presentata da un narratore esterno onnisciente.
Il Deuteronomio nella versione accessibile oggi, nonostante queste variazioni letterarie e formali, non è un testo disorganico e disorganizzato. Non si tratta semplicemente di un assemblaggio di fonti indipendenti fra loro, ma piuttosto di un complesso – talvolta intricato – che racchiude esperienze storiche – o meglio di teologia storica –, leggi messe per iscritto, discorsi esortativi, testi poetici. La versione finale del libro biblico assolve a una funzione di sintesi fra questi diversi generi letterari, che giungono infine a formare dal punto di vista formale un testo unitario e dal punto di vista contenutistico un testo dal carattere paradigmatico.
«Il Deuteronomio può – anzi, oserei dire deve – essere letto e compreso come untutto unitario. Questo è il risultato più importante del presente lavoro, un risultato che all’inizio della mia analisi non era affatto scontato».
(Simone Paganini)
Destinatari
Addetti ai lavori, in primo luogo. Anche persone preparate e interessate alla Sacra Scrittura.
Autore
Simone Paganini, nato a Busto Arsizio (VA) nel 1972, sposato e padre di tre bambini, vive e lavora in Tirolo (Austria). Dopo studi di teologia, filosofia e orientalistica a Firenze e Roma consegue il dottorato in Esegesi dell’Antico Testamento all’Università di Innsbruck. Dal 2002 al 2006 è stato assistente di Georg Braulik osb all’Università di Vienna. Come Research Fellow della Humboldt Foundation trascorre quindi due anni alla Facoltà di teologia evangelica dell’Università di Monaco di Baviera (Eckart Otto), dove termina un secondo dottorato con una monografia sui rapporti intertestuali tra il libro del Deuteronomio e il Rotolo del tempio. Dal 2008 è professore associato all’Istituto di Scienze Bibliche dell’Università di Innsbruck. Letteratura legislativa dell’AT e dell’Oriente Antico, Second Temple Judaism, Dead Sea Scrolls e profetismo sono i suoi campi di ricerca principali. Il suo lavoro scientifico è stato ripetutamente premiato: 2002 Premio della città di Innsbruck per la ricerca scientifica, 2006 Premio Theodor Körner e 2009 Premio Kardinal Innitzer.
Punti Forti
Lettura sincronica del libro del Deuteronomio, valutata secondo criteri diacronici.
Confronto intertestuale con la letteratura anticotestamentaria e quella dell’Oriente Antico.
Presentazione sistematica di temi teologici.
Comprensione del Deuteronomio sia all’interno del pentateuco, sia collegato ai libri della storia deuteronomista.
Opera di riferimento per la sua originalità e precisione esegetica, il commentario di p. Aletti esamina e discute le recenti interpretazioni sull'organizzazione e i temi strutturanti la Lettera ai Colossesi. Ha quindi il merito di far progredire, e in modo determinante, in parecchi punti l'interpretazione del testo.
Oltre all'aggiornamento della bibliografia, di questa nuova edizione va segnalata la novità della parte conclusiva, in cui l'autore sintetizza i risultati della sua ricerca: i temi portanti della lettera, l'«errore» di Colossi, lo specifico teologico di Colossesi (l'uso di mysterion, le categorie soteriologiche, le motivazioni cristologiche), l'autenticità della lettera.
JEAN-NOËL ALETTI è docente di Nuovo Testamento al Pontificio Istituto Biblico di Roma, ove è stato anche decano. È noto per la sua competenza in narratologia; specialista di Paolo, tra le sue opere ricordiamo: Gesù Cristo: l'unità del Nuovo Testamento?, Roma 1995; La Lettera ai Romani e la giustizia di Dio, Roma 1997; presso le EDB ha pubblicato Il racconto come teologia. Studio narrativo del terzo Vangelo e del libro degli Atti degli Apostoli (2009).
«Comprendiamo a che cosa serviva questo testo nella comunità o nelle comunità che l'hanno visto nascere? Possiamo determinare il modo in cui questo testo giocava esattamente e funzionava nei riguardi dei primi ascoltatori?» (dalla Prefazione). Sono queste le grandi domande che p. Standaert pone a proposito del Vangelo di Marco, in un commentario che è frutto di quindici anni di lavoro.
A suo modo di vedere, sul piano letterario il testo contiene tutti i segni distintivi che ne fanno un discorso convenzionale e un'azione drammatica, la quale richiede di essere proclamata in una sola volta, d'un fiato. L'ipotesi guida della sua lettura è la seguente: Marco veniva letto durante la notte pasquale cristiana, nella veglia fra il sabato e la domenica. I suoi destinatari erano una comunità mista, a maggioranza di gentili. Per alcuni nuovi membri della comunità tale notte era il punto d'approdo della propria iniziazione: al termine della lettura integrale del racconto evangelico venivano battezzati e partecipavano per la prima volta al banchetto eucaristico.
La prima parte del commentario affronta la sezione che va dall'inizio fino a 6,13, in cui Marco propone una specie di dossier su Gesù.
Prefazione. Introduzione. Alcuni presupposti per la lettura. Il Prologo. Marco 1,1-13. LA NARRATIO: MC 1,14-6,13. Primo dittico: Mc 1,14-15.16-20. La prima grande sezione della narratio: Marco 1,21-3,6. Cinque controversie. Marco 2,1-3,6. Secondo dittico. Gesù e l'istituzione dei Dodici. Mc 3,7-12.13-19. La seconda grande sezione della narratio: Marco 3,20-5,43. Il discorso parabolico: Marco 4,1-34. Fine della seconda sezione della narratio. Marco 5,1-43. Terzo dittico e conclusione della narratio: Mc 6,1-13.
BENOÎT STANDAERT osb, monaco benedettino di St. André di Bruges, è attualmente uno dei massimi esegeti del Nuovo Testamento. Unisce grande acume spirituale a una profonda conoscenza delle lingue e degli ambienti biblici.
Il percorso storico di Gesù, i suoi gesti come le sue parole, sono da leggere in un contesto ebraico. Gesù appartiene infatti al suo popolo. Dal punto di vista religioso e antropologico, egli rimane sostanzialmente un ebreo circonciso l'ottavo giorno, che celebra Pesach, che il sabato va in sinagoga, che legge la Scrittura in ebraico e pronuncia la benedizione sul pane e sul vino. Per definire l'ebraismo di Gesù l'autore cerca di mettere a fuoco sia le somiglianze che le differenze con le varie forme di ebraismo del suo tempo, per quanto documentate o ricostruibili dalle fonti. Individua quattro tappe essenziali: le origini familiari di Gesù, la preparazione al ministero pubblico nel deserto accanto a Giovanni Battista, il ministero in Galilea che entra talvolta in collisione con l'osservanza dei farisei, la morte a Gerusalemme che comporta lo scontro con l'autorità religiosa sadducea e il potere di occupazione romano. La prima parte del testo è dedicata all'ebreo Gesù, la seconda all'ebraicità dei Vangeli. Quest'ultima affronta gli aspetti letterari e teologici, spesso problematici, che legano strettamente i testi su Gesù alla Bibbia e alla teologia ebraica, quali il compimento, la sostituzione e l'antigiudaismo cristiano. Prefazione del card. Carlo Maria Martini.
L'atto di pregare e la preghiera attraversano la Bibbia dall'inizio alla fine. Sotto molti aspetti l'Antico e il Nuovo Testamento si mostrano armonicamente all'unisono. Al di là delle differenze cresciute nella storia e nella cultura delle diverse confessioni di fede, la venerazione del Dio comune a tutti supera quello che divide. Non c'è infatti un modo di pregare veterotestamentario e uno neotestamentario: esiste solo la preghiera biblica.
Il volume fa parte di una collana che illustra i contenuti dell'Antico e del Nuovo Testamento sui temi fondamentali della fede. Ogni tema è presentato da due autori: uno per l'Antico e uno per il Nuovo Testamento, che poi, in un dialogo conclusivo, discutono come le idee centrali dell'AT vengono filtrate, assunte o modificate nel NT. Il lettore può così percepire la tensione e l'unità esistente tra i due Testamenti.
Ecco il piano completo dell'opera: 1. C. Dohmen - T. Söding, Il Dio uno; 2. K. Koenen - R. Kühschelm, La fine dei tempi (2001); 3. J. Schreiner - R. Kampling, Il prossimo lo straniero il nemico (2002); 4. G. Vanoni - B. Heininger, Il Regno di Dio (2004); 5. H.-J. Fabry - K. Scholtissek, Il Messia (2005); 6. C. Brüning - K. Kertelge, Il problema del male; 7. G. Fischer- K. Backhaus, Espiazione e riconciliazione (2002); 8. G. Steins - M. Theobald, La creazione; 9. I. Müllner - P. Dschulnigg, Feste ebraiche e feste cristiane (2006); 10. U. Berges - R. Hoppe, Il povero e il ricco nella Bibbia (2011); 11. C. Frevel - O. Wischmeyer, Che cos'è l'uomo (2007); 12. F.-L. Hossfeld - K. Berger, Lo Spirito di Dio; 13. P. Deselaers - C.-P. März, Morte e risurrezione; 14. G. Fischer - K. Backhaus, La preghiera nella Bibbia (2011).
GEORG FISCHER sj, nato nel 1954, fa parte della Compagnia di Gesù dal 1972. È professore di Antico Testamento alla Facoltà teologica dell'Università di Innsbruck.
KNUT BACKHAUS, nato nel 1960, è professore di esegesi del Nuovo Testamento alla Facoltà teologica di Paderborn.

