
Un testo per conoscere Girolamo da un punto di vista pressoché inedito. I Tractatus in Psalmos furono scoperti e pubblicati da G. Morin tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento. Sulla base di vari riscontri l'editore attribuì i nuovi testi a Girolamo, di cui fino a quel momento era pressoché sconosciuta la produzione omiletica, datandoli al primo decennio del V secolo, quando lo Stridonense si trovava a Betlemme. L'attribuzione fu accettata unanimemente, fino a quando nel 1980 V. Peri non propose di intendere i Tractatus come la traduzione geronimiana delle omelie di Origene. Tale tesi ebbe largo successo in Italia, ma incontrò l'opposizione di alcuni studiosi della scuola francese, che continuarono a sostenere la paternità geronimiana. Qui si pubblicano il testo latino di Morin, rivisto dal curatore, e la traduzione italiana, corredata da un ampio commento che consente di inquadrare i Tractatus all'interno di una corretta prospettiva esegetica, ampia e articolata, che tenga conto della paternità geronimiana e dell'innegabile influenza origeniana.
L'avventura archeologica nelle terre della Bibbia è una delle più emozionanti di sempre. Non solo perché l'archeologia è una professione straordinaria che ha fatto sognare intere generazioni di uomini e donne, ma soprattutto a causa dell'impatto delle ricerche archeologiche sulle conoscenze della Bibbia, questo immenso racconto universale che costituisce il fondamento spirituale del mondo occidentale. Questo libro racconta 150 anni di ricerche attraverso le scoperte più straordinarie. Storie incredibili di avventure ricche di colpi di scena in cui il lettore scoprirà come i risultati dell'archeologia nelle terre bibliche abbiano sospinto in avanti, messo in discussione, sovvertito e rifondato le conoscenze "convenzionali" sulla storia antica, politica e religiosa, di quella regione.
Al di là della sua indiscutibile importanza storica e religiosa, come può la figura di Mosè interessarci oggi, nella vita concreta di ciascuno di noi? I maestri ebrei si sono sempre posti questa domanda, e hanno risposto aggiungendo ognuno la propria variante e interpretazione della storia biblica dal punto di vista spirituale, morale e poetico. In questo libro Edmond Fleg raccoglie, ripensa e rifonde in una narrazione unica tutte le storie sparse nella tradizione rabbinica del Talmud, creando una vera e propria raccolta di midrashsu Mosè: non si tratta di una ricostruzione meramente “archeologica”, ma della prova che la Sacra Scrittura è stata consegnata alla fede viva del popolo ebraico, che l’ha meditata e tramandata.
Questo nuovo libro fa bene al cuore, come una tazza di tè caldo in una giornata di gelo.
Diviso per capitoli, in base ai tempi liturgici dell'anno, presenta le cose che Gesù ha visto, toccato, utilizzato, e che hanno una storia da raccontare. Così, in questo volume prendono voce prima gli oggetti presenti nei Vangeli, e alla fine sarà Gesù stesso a raccontarsi. Sono storie di speranza, per ricordare la tenerezza che avvicina a Dio: strade nuove per leggere e riscoprire la bellezza della Sacra Scrittura. Tutte le storie uscite dalla penna dell'autore nascono - come si legge nella Introduzione di Suor Chiara Curzel - "prima di tutto dall'ascolto; poi da un secondo passaggio, perché tutto quello che viene ascoltato va ‘tradotto', donato, messo a disposizione. Infine c'è un terzo passaggio. Una volta che il ‘piccolo messaggio degli oggetti' è stato ascoltato e comunicato, esso diventa forza evangelizzatrice". Ecco perché questo volume si presenta anche come uno strumento valido per la catechesi. L'autore, prosegue Suor Curzel nella Introduzione al libro, "non ha paura di "fare la morale" ad ogni storia che ci racconta, la fa con garbo e col sorriso, ma con coraggio e chiarezza, Queste storie non sono fatte (solo) per dilettare o commuovere, ma per raccontare la "Buona Notizia". Sono uno strumento, piccolo ma con un suo valore, per parlare di Gesù, della sua missione; per parlare di noi, della nostra missione".
La Bibbia aveva ragione? In questo volume due dei maggiori archeologi biblici del mondo illustrano per la prima volta al pubblico non specializzato i risultati di decenni di scavi in Israele e in Egitto, in Libano e in Siria, e il loro significato per la nostra comprensione dell’Antico Testamento. Scopriamo così che non ci sono prove storiche sufficienti della fuga dall’Egitto né della conquista di Canaan, che i primi libri della Bibbia furono redatti solo nel VII secolo a.C., a distanza di centinaia di anni dagli eventi narrati.
Questo commentario, coronamento dell’ultimo, grande sogno che ancora padre Vanni conservava nel cassetto e al quale ha dedicato l’ultimo decennio della sua vita, si presenta in due volumi, ma costituisce a tutti gli effetti un’opera unica, da intendere e consultare in maniera complementare.
L'annuncio cristiano chiede di essere rifondato sull'evento e la figura di Gesù salvatore e liberatore della realtà umana considerata in modo integrale. Dai racconti di guarigione in particolare emerge un messaggio che riguarda anche noi - più o meno sani più o meno infermi -, e che è soprattutto un appello alla responsabilità.
Questa grammatica è uno strumento di conoscenza semplice e lineare per chi voglia avvicinarsi alla lingua ebraica antica e, in particolare, per chi è cultore delle scienze bibliche. Dopo una prima parte di introduzione storica, il libro s divide in tre grandi sezioni: fonetica, morfologia e antologia. Quest'ultima è ampia e varia, sia nei generi letterari scelti, sia nell'importanza del contenuto. La precede un esempio pratico di traduzione e analisi utile a guidare i primi passi degli studenti.
Antica capitale dell’Impero romano, Ravenna, sulla costa adriatica, possiede un’incomparabile ricchezza di mosaici del V e VI secolo. Unico nella sua grandezza, questo primo capolavoro della fede dell’era cristiana scintilla sotto la sua scorza di mattoni – tre chiese, un mausoleo, due battisteri – come una gemma imperitura fra il crepuscolo dell’impero romano e la notte dei tempi barbarici. Esso ci propone una originale visione del Vangelo (e dell’Antico Testamento), dai colori vividi, d’una freschezza repentina, che riconcilia il cielo e la terra, li fa coesistere in una serena, gioiosa e dolce armonia.
Più che una guida, più che un libro di storia, Il Vangelo secondo Ravenna è una passeggiata contemplativa attraverso le più belle illustrazioni che il Vangelo abbia mai ispirato ad artisti perfettamente padroni della propria tecnica e candidamente docili alla luce della propria fede. «Se il vostro destino eterno vi interessa, andate a Ravenna: esso sta scritto sui suoi muri» scrive André Frossard.
Ed è anche stupendamente scolpito nelle pagine del suo Vangelo secondo Ravenna.
I capolavori artistici che adornano le nostre chiese sono espressione di una civiltà, quella cristiana, che da sempre ha avuto origine dal sentimento religioso che permeava gli uomini e la società. L’arte ha sviluppato tutti gli aspetti tipici del sacro e del mistero, rispondendo alle esigenze dell’annuncio e della formazione cristiana, e ha spesso tratto spunto dalle figure e dagli episodi contenuti nelle Sacre Scritture per adempiere a questo compito. In questo libro la ricerca dell’Autore si focalizza sulle opere d’arte della Cattedrale di Bergamo e in altre chiese del bergamasco, di particolare rilevanza artistica non solo in Italia ma anche a livello internazionale.
Il tema è trattato nella sua completezza, dando rilievo anche a quei soggetti evangelici di cui si ha appena memoria. L'autore equilibra il rigore scientifico, fondato sugli storici greco-latini, con una accurata indagine teologica, rivolta ai primi Padri del Cristianesimo. La prosa brillante ed incisiva restituisce molto bene le caratteristiche psico-sociologiche, le azioni, la spiritualità, il ruolo, le vicende di ogni personaggio, in armonia con il relativo ambiente.
Gianni Marmorini analizza la figura di Isacco – figlio lungamente desiderato e atteso da Sara e Abramo, secondo patriarca di Israele che, tuttavia, nella Bibbia non ha mai il ruolo di protagonista e appare privo di personalità propria, incongruenza che chiede di essere interrogata – caratterizzandolo come il figlio non perfetto, disabile, che porta alla luce la questione cruciale dell’accettazione del limite e dell’imperfezione.
«La presentazione di Isacco come un “neurodiverso”, figlio autistico di un padre ormai vecchio, non è una novità assoluta, ma non sono molti gli studi che tentano di renderla credibile con un’appassionata ricerca letteraria. Gianni Marmorini ha così ricercato nel testo biblico alcuni indizi che farebbero pensare alla “diversità” di Isacco. Certo, mille indizi non costituiscono una prova, ma importa poi così tanto risalire alla sicurezza storiografica degli eventi, quando si avverte che una cosa può essere profondamente vera, anche quando non si ha la certezza assoluta dell’evidenza? Isacco sono io, sei tu, siamo tutti noi, perché Isacco è una metafora del limite e del suo al di là, che assomma in sé sofferenza, paradosso e accoglienza».
Massimo Grilli

