
La Sindone e la sua immagine rimandano al cuore del mistero cristiano, e questo spiega perché da sempre essa abbia rappresentato un «segno di contraddizione».Affrontare la storia della Sindone significa indagare soprattutto sulle vicende e sul ruolo nei secoli di un oggetto dalla doppia valenza: immagine, evidentemente, ma anche, per molti, reliquia.
A fronte di trattazioni apologetiche o critiche della storia della Sindone, questo libro vuole ripercorrere e rileggere le vicende storiche della Sindone inserendole nel contesto delle varie epoche, con particolare attenzione all’evoluzione delle forme di pietà ad essa collegate. Così, lo studio del contesto religioso del basso medioevo consentirà di inserire correttamente la Sindone nel suo ambiente al momento della comparsa nella chiesa di Lirey. Alla luce di tale contesto potranno trovare nuova spiegazione i documenti che tra Trecento e Quattrocento testimoniano dell’entusiasmo ma anche del disagio che questo insolito oggetto suscita tra la gente e nella gerarchia ecclesiastica.Tappe fondamentali di questa vicenda storica saranno ancora l’enorme successo della Sindone quale reliquia dinastica di Casa Savoia in ascesa e il 1898, anno della celebre foto di Secondo Pia. Mentre il XX secolo sarà il secolo delle ricerche scientifiche, con l’ossessione dell’autenticità... Le ostensioni del 1998 e del 2000, invece, ne recupereranno il significato pastorale.
Punti forti
La prossima ostensione della Sindone: dal 10 aprile al 23 maggio 2010.
La fama e la credibilità dell’Autore, che da oltre trent’anni studia la Sindone.
L’innovativo approccio storico, fondato su documenti e fonti di prima mano.
Destinatari
Vasto pubblico, molto sensibile sull’argomento.
Autore
Gian Maria Zaccone si occupa della Sindone da oltre trent’anni, interessandosi particolarmente della ricerca storica. Attualmente è Direttore scientifico del Museo Diocesano della Sindone,Vice-direttore del Centro Internazionale di Sindonologia di Torino e membro della Commissione Diocesana per la Sindone dell’Archidiocesi di Torino. Ha individuato e pubblicato documenti riguardanti il passaggio della Sindone agli Charny, il trasferimento della Sindone ai Savoia e la cronologia delle operazioni fotografiche eseguite da Secondo Pia, primo fotografo ufficiale della Sindone, nel maggio del 1898. Ha tenuto centinaia di conferenze in Italia e all’estero e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche. È autore di libri e numerosi articoli di carattere storico, tra i quali ricordiamo, insieme con G. Ghiberti, Guardare la Sindone. Cinquecento anni di liturgia sindonica, Torino 2007.
La maggior parte degli studi sulla storia della Sindone si pone soprattutto il problema della sua autenticità. L'autore di questo libro, in oltre trent'anni di ricerca, ha dato il via a una nuova corrente di studi sul Telo custodito a Torino, che pone la ricerca storica in un'altra prospettiva: ricostruire, attraverso le testimonianze documentali, il valore e il significato che la Sindone ha avuto per uomini e comunità nei diversi contesti storici, sociali e culturali attraversati. Un approccio innovativo per comprendere il valore che ha avuto e ha l'immagine impressa sul Lenzuolo, con il suo rimando immediato e ineludibile a Gesù Cristo. "Le vicende della Sindone vengono lette e interpretate studiando il ruolo che la Sindone ha rivestito nei confronti degli uomini che nel tempo ne sono venuti a contatto." (Dalla presentazione del card. Christoph Schönborn)
Tutti hanno un nome, in questa storia: il Maestro, che alla fine si rivela e svanisce, e il mio compagno, che si chiamava Cleopa. Di me soltanto non rimane che l'ombra. Io sono un'impronta sulla strada per Emmaus.
Perché Elia è un profeta attuale? Perché tutte le sue vicende richiamano le tematiche fondamentali del credere oggi: la formazione alla laicità; il rapporto con il potere e con i non credenti; l'incontro con il vero volto di Dio e la scoperta dell'altro come luogo di fede. Nel suo itinerario spirituale possiamo comprendere cosa significhi oggi vivere in un mondo sentito spesso come "nemico di Dio": Elia, uomo del suo tempo, è anche uomo del presente che sa dare speranza nel futuro.
Un'intensa esperienza spirituale sui luoghi di Galilea. Don Paolo Zago ci conduce, tappa dopo tappa, nella regione che Gesù percorse con i suoi discepoli. Seguendo gli incontri e i dialoghi narrati nel Vangelo, prende vita un itinerario che interroga la dimensione, esistenziale e psicologica, di uomini e donne di oggi con il messaggio, attualissimo e sorprendente, della fede. Si può leggere "Chi mi ha toccato?" come contributo (pre o post) a un pellegrinaggio in Terra Santa, oppure come testo di meditazione, per fare esperienza di Gesù vivo, per essere «toccati» da lui, oggi come allora. Il Vangelo ci tocca sempre, ma nei luoghi dove visse Gesù diventa più facile rileggerlo nella sua interezza, assumerlo come un'esperienza di grazia, che ci raggiunge tutti, dentro la nostra vita quotidiana. Noi andiamo in Terra Santa non perché essa sia, in se stessa, un luogo «sacro»: non esistono, nella nostra fede, luoghi del genere, perché «i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e verità». Ci andiamo, più semplicemente e profondamente, per incontrare Gesù vivo, lì dove un tempo ha camminato e vissuto. Per ascoltare sul posto la Parola, superando ogni distanza geografica. Per lasciarci toccare da Lui. In questo modo la terra che calpestiamo tutti i giorni diventa santa, perché è la terra del Vangelo, la terra di un Dio che assedia i nostri sensi addormentati, fino a sedurci.
Sotto il cielo di Gerusalemme e della Giudea, la Parola diventata vita risuona in un modo unico. Le tappe di un pellegrinaggio non sono solo luoghi della mente: sono incarnazione. Qui le parole acquistano un valore diverso, ci provocano direttamente, perché la nostra fede, in Terra Santa, la possiamo toccare. Questo libro non è una guida per la Terra Santa, ma raccoglie meditazioni vissute in Terra Santa. Dopo Chi mi ha toccato? (Àncora, 2018), dedicato alle rif lessioni vissute in Galilea, Fino alla fine raccoglie le meditazioni sollecitate dai luoghi della Giudea, da Gerico al deserto di Giuda, da Betlemme a Gerusalemme. Cambia lo scenario, non le motivazioni. Pellegrinare in Terra Santa, tornare sui luoghi di allora, lo si fa non per un gusto archeologico, ma per ritrovare l’attualità del Mistero. È proprio in questo fazzoletto di terra che Gesù visse la sua ora terrena, qui egli consegnò la sua vita per amore: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine» (Gv 13,1). La sua ora appartiene non al passato, ma al nostro presente. Gesù continua a salvarci e a redimerci: lo fa oggi, e in nessun luogo come Gerusalemme noi possiamo ritrovarlo vivo. Lui, il Vivente (non «il sepolto» di Gerusalemme), è nostro contemporaneo, e ci salva. Questo libro è un invito a incontrare il cristianesimo, non la cristianità; a incontrare Chi ci ha amati, e ci ama, «fino alla fine».
Un itinerario spiritual seguendo la corsa del Vangelo nel mondo: le strade delle città percorse da Paolo diventano sentieri attraverso quali il Signore ancora oggi si fa presente in mezzo a noi.
Molti cristiani sentono l'esigenza di mettere in pratica la grazia dell'incontro con il Cristo vivo sperimentata nella Parola di Dio o nella comunità. Molti si chiedono come fare a viver e il cristianesimo nella vita di ogni giorno. Queste pagine - frutto di un cammino comunitario - aiutano a rintracciare nelle parole stesse di Gesù raccolte nel Vangelo di Matteo la risposta a tale domanda: l'amore concreto al fratello, nel quale possiamo scoprire il volto di Dio.
DESCRIZIONE: Scrutando dentro le "ragioni di Giuda", Gustavo Zagrebelsky esplora uno dei territori più inquieti del pensiero cristiano, proprio perché vi è in gioco la libertà della creatura rispetto ai disegni del creatore. In Giuda si condensano, come una sterminata letteratura ci conferma, tutte le ombre del cuore umano: il suo sogno di bene e la sua capacità di male, il baratro della disperazione e il sogno della redenzione, la deformità del tradimento - l'affronto più grande alla creatura che si offre inerme - e la domanda più radicale su Dio, se cioè la sua misericordia sia tale da poter accogliere e perdonare anche il colpevole più ripugnante.
(dalla Premessa di Gabriella Caramore)
COMMENTO: Da parte del noto giurista una originale interpretazione del tradimento di Giuda alla luce delle categorie di colpa, pentimento e perdono.
GUSTAVO ZAGREBELSKY è presidente emerito della Corte Costituzionale. Per Einaudi ha pubblicato: Il diritto mite. Legge, diritti, giustizia; Il crucifige e la democrazia; Imparare democrazia. Presso la Morcelliana: La leggenda del Grande Inquisitore
«Le cose umane sono ambigue, aperte al bene e al male, - dice Gustavo Zagrebelsky. - La storia di Giuda è un inestricabile intreccio di questa duplicità». Scrutando le «ragioni di Giuda» è possibile esplorare uno dei territori piú inquieti del pensiero cristiano, non solo perché vi è in gioco la libertà della creatura rispetto ai disegni del creatore. Ma anche perché in Giuda si condensano, come una sterminata letteratura ci conferma, tutte le ombre del cuore umano: il suo sogno di bene e la sua capacità di male, il baratro della disperazione e il sogno della redenzione, la deformità del tradimento - l'affronto piú grande alla creatura che si offre inerme - e la domanda piú radicale su Dio, se cioè la sua misericordia sia tale da poter accogliere e perdonare anche il colpevole piú ripugnante.
«Giuda andò incontro alla misericordia di Dio nonostante la disperazione del suo gesto? Condannato nei secoli, non è in fondo molto vicino a tutti noi? Il tradimento è solo suo? Di quale peso collettivo abbiamo caricato nei secoli la sua figura?
Giuda è una figura dell'ambiguità: piú ci si riflette, piú si scopre che questa icona del male ch'egli dovrebbe rappresentare nella sua purezza, l'eccellente nel peccato, l'imperdonabile, non smette invece, nella sua ambiguità, di interrogarci sempre di nuovo con domande alle quali, probabilmente, non è possibile dare risposte definitive. Anzi, forse il senso di tutto ciò che lo riguarda è proprio questo: ci sono interrogativi ineludibili, cui tuttavia non possiamo rispondere».
In certi momenti vien voglia di mandarlo al diavolo, dal quale egli forse proviene; in altri, di tenercelo stretto come un compagno di viaggio che instilla dalla soglia della nostra coscienza il tormento e la suggestione del nulla Che cosa sono queste «vanità delle vanità» di cui ci parla il Qohelet? Un messaggio di disperazione o un appello alla libertà? Per millenni questo enigmatico libro della Bibbia è stato interpretato come un'eccezione, anzi una contraddizione o uno scandalo nel messianismo ebraico e cristiano, il quale insegna a non disperare, poiché la storia ha un senso che ci condurrà alla «pienezza dei tempi». Ma nel frattempo dobbiamo forse annichilirci, impazzire di disperazione e riempire le nostre giornate con la ricerca di vani, insensati e fuggitivi piaceri, per non farci annientare dalla consapevolezza della nullità delle nostre vite? Meglio allora per l'uomo non esser mai nati: è questo che dobbiamo concludere? Ma perché dovremmo condannare come illusoria l'azione rivolta a costruire, nella vita individuale e in quella collettiva, qualcosa che vano non sia? Una lettura controcorrente che cerca di vedere un poco più chiaro nella potente poesia di questo testo apocalittico.
Nella mentalità corrente si tende a pensare che la libertà sia essenzialmente un dato di fatto. Così la si associa immediatamente con l’idea di un diritto da salvaguardare, più che con la persuasione di un’avventura da vivere. Per la Bibbia, invece, la libertà è non è mai posseduta una volta per sempre; è sempre minacciata, può essere persa, ritrovata, obnubilata, conquistata, approfondita... È un «dramma», un rischio: sia per Dio che la promuove, sia per l’uomo che ad essa è chiamato.
In queste pagine vengono offerte otto «meditazioni», che ci introducono alla figura biblica della «libertà», quattro sono riferite all’Antico Testamento (il dramma del peccato nella Genesi, l’avventura dell’esodo, le figure di Giobbe e Geremia) e quattro al Nuovo (il messaggio delle beatitudini, il significato della libertà nel cap. 8 del Vangelo giovanneo, il rapporto tra libertà e persecuzione negli Atti e la legge della libertà in Paolo nella Lettera ai Romani).
punti forti
Il tema della libertà è sempre di forte richiamo, in un contesto culturale come l’attuale che ne fa uno dei valori più affermati, rivendicati, ma a volte poco approfonditi.
Sono i testi della Scrittura a parlare, con il fascino della provocazione e della loro perenne attualità. Il testo è scritto con particolare profondità e chiarezza.
destinatari
Le meditazioni nascono da un’esperienza di catechesi e sono perciò destinate in modo particolare a gruppi di approfondimento biblico. Sono comunque adatte a un pubblico dotato di una conoscenza di base delle Scritture.
autore
Stefano Zamboni (Trento 1974) è sacerdote dehoniano. Attualmente è docente invitato di teologia morale presso la Facoltà Teologica “Marianum” (Roma), la Pontificia Facoltà dell’Italia Meridionale (Napoli – sezione San Luigi) e l’Istituto Teologico Leoniano (Anagni). Ha pubblicato il saggio «Chiamati a seguire l’Agnello...». Il martirio, compimento della vita morale (EDB, Bologna 2007) e, insieme a R. Tremblay, ha curato l’edizione di Figli nel Figlio. Una teologia morale fondamentale (EDB, Bologna 2008).