
Una lectio divina sull’inno alla carità, caratterizzata dalla costante presenza di testi di san Francesco di Sales a commento delle parole ispirate di san Paolo. Come quest’ultimo, anche il grande vescovo e dottore della Chiesa ha una visione totalizzante dell’amore. E sa coglierne i diversi aspetti guardando sempre alla loro fonte prima e perenne, il Dio trinitario.
La carità non è solo necessaria per piacere a Dio e al prossimo, ma è anche indispensabile per la vita quotidiana del semplice cristiano, dell’apostolo, del missionario.
Dalla quarta di copertina:
Questa lectio divina sull’inno paolino alla carità (1 Cor 13) è caratterizzata dalla costante presenza di testi di san Francesco di Sales (1567-1622): una sorta di antologia degli scritti del grande vescovo e dottore della Chiesa, a commento delle parole di san Paolo.
Come Paolo di Tarso, anche Francesco di Sales ha una visione globale e totalizzante dell’amore: lo sa cogliere nella sua fonte prima e perenne, al punto che i suoi vari aspetti risultano essere nient’altro che i variopinti petali di un unico fiore. Per i due Maestri la carità non solo è necessaria per piacere a Dio e al prossimo, ma è indispensabile anche per la normale vita quotidiana, oltre che per l’azione apostolica e missionaria.
A proposito di quest’ultima, a chi gli chiedeva come riconquistare la sede vescovile di Ginevra, il giovane prevosto Francesco di Sales nel suo primo discorso rispose in modo sorprendentemente chiaro: «Non vi propongo né ferro né polvere di zolfo; ma con la carità bisogna scuotere i muri di Ginevra, con la carità bisogna invaderla, con la carità bisogna ricuperarla».
Dodicesimo volume della collana Lectio, in coedizione con la Gregorian and Biblical Press. L'autore si interroga su quali rapporti esistano tra tipologia e cristologia. La prima indica il processo con cui i primi cristiani interpretarono situazioni e figure dell'Antico Testamento come antecedenti (tipi) di senso della persona e vicenda di Gesù. Comprendere a fondo come i primi cristiani utilizzarono questa tecnica interpretativa e la misero in atto nella stesura dei vangeli equivale a far luce sul processo di elaborazione della cristologia primitiva. L'autore va oltre l'abituale prospettiva apologetica con cui si affronta(va) il discorso della tipologia.
Il volume costituisce il catalogo della mostra allestita al Palazzo Barolo di Torino in occasione dell'ostensione della Sindone del 2010 (10 aprile-23 maggio). Sono riprodotte le opere di 33 grandi artisti di fama internazionale.
La famosa edizione dei Settanta di Alfred Rahlfs, che è stata provata e testata per decenni, ora appare in una nuova edizione, migliorata e aggiornata. Dalla sua pubblicazione nel 1935, l'edizione dei Settanta di Alfred Rahlfs è stata una base importante per la ricerca dei Settanta in tutto il mondo. Per garantire che ciò rimanga così in futuro, il ricercatore dei Settanta di fama internazionale Robert Hanhart ha ora riesaminato l'edizione manuale della Settanta Rahlfs ottenuta dalla Società biblica tedesca. Il testo biblico greco e l'apparato critico furono corretti e integrati in ben più di mille singoli passaggi. La risultante "Editio altera" è ora la nuova edizione del manuale autorevole ed economica dei Settanta.
Viene spontanea la domanda perché mai dedicare energie allo studio di una traduzione della Bibbia, quella greca, se abbiamo l’originale ebraico. In effetti, la Bibbia dei Settanta, spesso oggi chiamata semplicemente la Settanta, non è che la Bibbia tradotta in greco a partire dal III sec. a.C. e in uso presso tutti quegli ebrei stabilitisi nel mondo occidentale che ormai non conoscevano più l’ebraico: sembra, dunque, una delle tante traduzioni, sia pure la più antica.
In realtà, le cose non stanno proprio così: fra il testo ebraico trasmesso dalla tradizione manoscritta medievale e il testo greco ci sono differenze che hanno resistito a ogni sforzo di essere spiegate come derivanti da libertà o ignoranza dei traduttori. È cosa nota fin da quando Agostino e Girolamo discutevano se era meglio correggere i malandati testi latini allora correnti sulla base del testo ebraico (Girolamo) o di quello greco (Agostino). Girolamo la spuntò introducendo il concetto apparentemente ovvio di Hebraica Veritas contro Agostino che insisteva sul fatto che la Bibbia greca era la Bibbia delle chiese cristiane.
Documenti ebraici che l’archeologia ha portato alla luce recentemente – i manoscritti di Qumran – ci hanno fatto toccare con mano che esistevano, sia pure poco numerosi, testi ebraici sicuramente precristiani che erano il modello da cui fu fatta la traduzione greca. Ormai la Settanta non interessa perché era una traduzione, oltre a tutto molto libera, dell’originale ebraico, ma perché è il testimone di un testo ebraico scomparso dalla tradizione ebraica e diverso da quello trasmesso come il testo ebraico.
Così la Settanta ci porta dall’ambiente cristiano ed ebraico alessandrino dentro il cuore della cultura ebraica precristiana. Quale ambiente palestinese tramandava una Scrittura diversa da quella diventata canonica? Mentre si moltiplicano, a partire dalle scoperte di Qumran (circa la metà del XX secolo), gli studi sulla letteratura ebraica apocrifa, parallela a quella diventata canonica, adesso un nuovo testo letterario si aggiunge a sollecitare i nostri interessi: gli ebrei avevano più di una Bibbia e i cristiani dei primi secoli fecero loro la Bibbia diversa da quella trasmessa dagli ebrei. Gli autori stessi del Nuovo Testamento conobbero, oltre al testo ebraico canonico, anche quello della Settanta.
Natalio Fernández Marcos con grande chiarezza traccia il quadro attuale della ricerca e apre lo sguardo su prospettive che toccano la nostra stessa cultura cristiana di oggi. Non resta che sperare che si possa leggere anche in italiano la Bibbia greca, che in ogni caso è la Bibbia delle chiese ortodosse.
(Paolo Sacchi)
COMMENTO: Una limpida introduzione su come si sia affermata la celebre Bibbia dei Settanta (Septuaginta), ovvero la prima traduzione in greco della Bibbia ebraica.
NATALIO FERNANDEZ MARCOS specialista di Filologia biblica, è uno dei maggiori esperti della Bibbia greca e del giudaismo ellenistico. Dirige, insieme a M.V. Spottorno Díaz-Caro, la traduzione spagnola della Septuaginta (Sigueme, Salamanca); già pubblicato il I vol., Pentateuco, in corso di stampa il II vol., Libri storici. In italiano: La Bibbia dei Settanta. Introduzione alle versioni greche della Bibbia (Paideia, Brescia 2000).
Presentazione di Raniero Cantalamessa. Postfazione di Cristiana Dobner.
A metà tra meditazione e narrazione, questo libro nasce dalle suggestioni che l'autore ha ricavato nel vivere il Vangelo nei luoghi che ne hanno fatto da scenario storico e geografico. Le storie bibliche, dalle antiche profezie agli eventi della nascita di Gesù, vengono ripercorse attraverso gli occhi di Serafino, un asinello cocciuto ma angelico, che diventa testimone della nascita del Re dei Re e la offre al lettore in maniera personale, ma profondamente ancorata alla verità storica e alla realtà geografica. È attraverso la curiosità di questo ciuchino che la vicenda di salvezza si arricchisce di spiegazioni su aspetti della cultura ebraica, piccole leggende, quotidianità del mondo antico. Perché Gesù è, oltre che Vero Dio, un Uomo Vero immerso nel Suo tempo. Serafino, insieme al lettore, compie un vero e proprio cammino spirituale, nel quale si rispecchia la riflessione dell'autore sulla vita credente, prima, e poi sul ruolo di "pastore di gregge", in questi tempi che chiedono, a gran voce, risposte e misericordia. Serafino sa porsi domande per cercare risposte; quelle risposte che chiede, con animo grato, alla stella che illuminerà la notte di Betlemme, custodendo la vita di quel bambino fino all'epilogo, più di trentatré anni dopo, a Gerusalemme.
Consegnata ai posteri dagli anonimi copisti medievali come continuazione dell'interrotta serie di sermoni sul Cantico dei Cantici di san Bernardo, la raccolta di sermoni di Gilberto di Hoyland (che fu anch'essa lasciata incompiuta per la morte dell'autore e viene qui per la prima volta presentata in traduzione integrale in italiano) è in realtà un'opera di grande rilievo e autonomia, ampiamente diffusa nel suo tempo e oggi immeritatamente sconosciuta, a motivo dell'ingiusto giudizio che ne formularono alcuni grandi medievisti degli anni Cinquanta. Si tratta invece di un'autentica miniera della teologia spirituale medievale, a cui attingere (con lettura continuata o sorseggiando qua e là) per istruttivi insegnamenti sulla ricerca di Dio da parte dell'anima innamorata di Lui.
Il Vangelo di Marco è il testo che presenta Gesù a chi non ha familiarità con la storia del Nazareno. È il racconto della vicenda di Cristo per quanti vogliono sperimentare la vita piena che egli dona. La lettura che Silvano Fausti offre del Vangelo «missionario» per eccellenza è un sapiente e appassionante viaggio incontro all'uomo-Dio che ha vissuto in Medio Oriente duemila anni fa. Diventa un invito - seguendo i testimoni della fede descritti da Alex Zanotelli - a mettersi sulla scia di colui che ha servito fino all'ultimo gli ultimi, trovando in questa vocazione una libertà più forte della morte.
Parlare di "missione" nell'Antico Testamento può sembrare improprio, perché in esso non viene sviluppato esplicitamente il tema della "missio ad gentes" e neppure si individua la volontà di fare proselitismo. Spesso ci si rivolge all'Antico Testamento, allora, andando alla ricerca di brani o figure (Abramo, il Deutero Isaia, Giona, alcuni Salmi, ecc.) che sembrano anticipare la prospettiva missionaria del Nuovo Testamento. È però importante cogliere qual è il contributo specifico che l'Antico Testamento può fornire al tema della missione senza forzare i dati biblici.
L'ipotesi sviluppata in questo volume è che la missione di Israele consiste nel rendere testimonianza al Signore attraverso tutta la vita del popolo, assumendo quindi la sua elezione come una responsabilità da vivere in rapporto agli altri. II particolare "servizio" che il popolo offre al suo Dio è analizzato a partire da alcuni esempi emblematici (la creazione, la liturgia, il culto, ecc.) che consentono di individuare e apprezzare la novità che scaturisce dalla rivelazione.