
Quella di Genesi 22, 1-19, il sacrificio di Isacco (= figlio del sorriso), è una delle pagine più inquietanti della Bibbia, sulla quale si sono misurati molti pensatori. Padre Innocenzo Gargano ha riletto questa pagina durante l'annuale raduno dell'Associazione "Figli in Cielo" che raccoglie genitori provati dalla prematura perdita di un figlio. Una rilettura profonda, ricca di elementi patristici, molto utile per chi vive lutti molto intensi, ma coinvolgente anche per chi desidera una riflessione non scontata su questa pagina. Molto interessante il capitolo introduttivo di iniziazione alla lectio divina e quello conclusivo che offre preziosi consigli per accostarsi alla Bibbia e in particolare ai Salmi.
"Il Figlio dell'Uomo" perché scrivere ancora su un tema tanto dibattuto, intorno al quale si sono pronunciati gli esegeti più autorevoli nell' arco di diversi decenni? La ragione della nostra scelta sta in una curiosità nata intorno a a un particolare all'apparenza marginale, un particolare appena citato durante il convegno internazionale "Il messia tra memoria e attesa" che si tenne a Venezia nel luglio 2003. In quella occasione, il biblista statunitense James Charlesworth ebbe dire: "Ogni studio sull'origine del figlio dell'uomo dovrebbe includere una discussione sulla presenza dell'espressione in Ezechiele". Abbiamo voluto riprendere la sollecitazione di Charlesworth per verificarne la validità alla ricerca di eventuali implicazioni che il riferimento al libro di Ezechiele potrebbe avere sulla lettura di "il Figlio dell'uomo" nel Nuovo Testamento. Ne emerge un quadro che trova nel libro di quel profeta la fonte più probabile da cui gli evangelisti ci pare abbiano attinto per delineare nella figura del Figlio dell'Uomo, la proposta di Gesù di fronte alle attese di Israele.
Dal 1982 fino alla sua morte, madre Anna Maria Cànopi ha tenuto quotidianamente una lectio divina per le sue suore, trasformandola in un commento completo alla Bibbia contestualizzato all'oggi. Queste lezioni, inizialmente scritte e poi registrate, sono state per anni accessibili solo all'interno del monastero. Oggi, grazie alle suore, il materiale è reso pubblico. Primo volume di una serie di tre profeti, dedicato a Geremia, esplora il suo ruolo di annunciatore di tragedia e speranza, offrendo una voce profetica potente, in particolare nel contesto del Giubileo.
Il volume nasce dal prolungato soggiorno dell’autore nei villaggi rurali mediorientali. Qui egli ha ritrovato intatte le antichissime tradizioni a cui faceva riferimento Gesù quando raccontò la parabola del figlio prodigo. Tale singolare esperienza gli ha permesso di osservare con occhi nuovi la pagina di Luca 15 cogliendone le tante sfumature nascoste. Forte di queste ricerche, l’autore commenta le tre parabole che compongono il cap. 15 di Luca: la pecorella smarrita, la dramma perduta, il figlio prodigo.
Nella seconda, l’autore offre il testo per un “dramma sacro” articolato nelle quattro scene della parabola: la mattina in cui il figlio minore chiede l’eredità (Scena Prima); il dialogo tra il prodigo e il guardiano dei porci (Scena Seconda); il ritorno riletto attraverso il dialogo tra il figlio minore e il servo (Scena Terza); il rifiuto del fratello maggiore e lo scompiglio che si viene a creare in casa (Scena Quarta). Il tutto è preceduto da un’ampia introduzione, ben curata, alla seconda edizione.
Kenneth E. Bailey, pioniere negli studi del Nuovo Testamento secondo un’ottica mediorientale, si è laureato in lingua e letteratura araba e in teologia sistematica con una tesi di dottorato di argomento biblico. Ha trascorso più di quarant’anni vivendo e insegnando Nuovo Testamento in Medio Oriente (dall’Egitto all’Iraq). Ministro presbiteriano, attualmente svolge il proprio servizio come canonico e teologo nella diocesi episcopaliana di Pittsburgh (USA.). Ha scritto diversi libri in inglese e in arabo, tra cui Poet and Peasant, Through Peasant Eyes e Jacob and the Prodigal.
in questa sezione
La parabola narrata da Luca e un vangelo nel Vangelo". Il teologo domenicano Rene Luneau la interpreta e la attualizza per noi. "
Lo Spirito unisce il discepolo al Cristo, facendo di lui, per l'adesione della fede alla parola di Gesù e per il battesimo, un essere nuovo "nato dall'alto", adoratore del Padre "in spirito e verità". Il cristiano, mediante il dono dello Spirito del Cristo Gesù, è figlio di Dio. In lui lo Spirito del figlio prega il Padre con la preghiera propria del figlio unico: «Abbà». Attesta così che il cristiano è figlio di Dio ed è amato con lo stesso amore con cui il Padre ama il suo proprio figlio.
Pur senza trascurare il dibattito sulle principali questioni esegetiche, Fred B. Craddock incentra questo commentario sul testo dell'epistola di Paolo alla comunità da lui fondata a Filippi, un testo particolarmente ricco di elementi biografici e personali. "Filippesi è una lettera nel senso comunemente accettato del termine. In quanto tale, apre una finestra sul rapporto tra l'autore e i lettori; un rapporto che, attraverso la lettera, viene ricordato, assaporato, alimentato e plasmato. Una lettera era la migliore alternativa al ritrovarsi là di persona, e noi dobbiamo tentare di trasformarne la lettura nella migliore alternativa all'udirla quando veniva letta nella chiesa di Filippi". (Fred B. Craddock)
Una magistrale introduzine alle cosiddette lettere della prigionia". "
Filippo, completamente afferrato dallo Spirito Santo, non si arrende di fronte alle difficoltà e alle contrapposizioni, ma lasciandosi condurre dallo Spirito calca i sentieri che Dio prepara per Lui. Nato a Betsaida, nel 5 circa, morì a Ierapoli nell'80. Sempre indicato al quinto posto nell'elenco degli Apostoli dei Vangeli sinottici e negli Atti inizia la sua missione annunciando il messia a Natanaele (Bartolomeo). Alcuni greci grazie a lui riescono ad incontrare il Maestro di Nazaret; nutre forte in cuor suo il desiderio di vedere oltre, di saziare la sua fede con la visione di Dio. Ciò permetterà a Gesù di Rivelarsi nel suo essere Uno con il Padre.
Esperti guerrieri e abili navigatori, per circa un millennio i Filistei si irradiarono dall'isola di Creta per tutto il Mediterraneo antico, legando il loro nome a una realtà storica ancor oggi ben presente: la Palestina, la "Terra dei Filistei". Nel mondo antico, dei Filistei parlano soltanto i nemici, gli Egiziani, gli Assiri, gli Israeliti, e in età moderna e contemporanea questa popolazione continua perlopiù a essere ignorata, forse a motivo dell'immagine negativa trasmessa dalla Bibbia ebraica, fino a un secolo fa unica fonte d'informazione su questa antica popolazione mediterranea e la sua cultura. Il libro di Giovanni Garbini delinea la storia complessiva di questo popolo che ai vicini Ebrei diede molto più di quanto generalmente si tende a riconoscere e al quale forse si deve la trasmissione ai Greci di un alfabeto provvisto di vocali. La seconda edizione che qui si pubblica rettifica e integra la prima da tempo esaurita, dalla quale si distingue anche per nuove appendici e nuovi indici.