
Bruno Forte riflette sull'amore divino a partire dal Vangelo di Giovanni. Il Vangelo di Giovanni viene riletto da Bruno Forte come un'introduzione all'amore che Cristo è venuto a portare agli uomini. La riflessione di Forte è scandita in tre tappe: la prima mostra l'amore di Gesù verso il suo discepolo che diviene simbolo di ogni altro discepolo; la seconda approfondisce il tema dell'amore del Signore attraverso l'esame di tre dialoghi; la terza e ultima è dedicata alle donne, presentate dall'Evangelista come modello dell'accoglienza del dono di Dio.
Nate da alcuni incontri con giovani e comunità, queste due meditazioni offrono un doppio itinerario che cerca di spiegare il senso vero di ogni vocazione che è sempre "vocazione all'amore", e la sua declinazione pratica. Centro di ogni vera maturazione è la capacità di discernimento, che non consiste semplicemente nel "sentire" un'emozione, ma nel "decidere" per qualcosa o per qualcuno. L'Amore vero, infatti, è tale solo quando mette in gioco la nostra libertà e non solo i nostri sentimenti. Questo breve quanto intenso insegnamento firmato da don Epicoco, è rivolto ai giovani e dedicato al discernimento delle scelte e delle emozioni.
Storia di una bella amicizia, tra un giovane prete ligure e il grande biblista, arcivescovo di Milano. Quello che don Gabriele Corini racconta in queste pagine è il frutto di tanti incontri avuti tra Gerusalemme e Gallarate e di scambi epistolari, nei quali Carlo Maria Martini si è rivelato autentico maestro di vita e indimenticabile compagno di strada. "Con semplicità, ho voluto consegnare al lettore non una biografia del cardinal Martini o un ulteriore contributo ad approfondire il suo pensiero, ma descrivere soprattutto l'uomo, la persona nella sua globalità. Il mio è il ricordo di un 'figlio' - dice l'autore - , uno tra i tanti che il cardinale ha generato e accompagnato alla fede; un figlio che non dimentica il volto del padre, che lo sente vivo nell'eredità del bene che ha compiuto e in tanti consigli e pensieri che ha lasciato, in tanti insegnamenti che lo rendono ancora di più presente in mezzo a noi".
Il periodo trascorso a Marsiglia tra il 1940 e il 1942, in attesa di imbarcarsi per gli Stati Uniti, rappresenta per Simone Weil una stagione di fioritura delle amicizie e un momento di straordinaria ricchezza e fecondità del pensiero e della scrittura. Il numero di lettere inviate a familiari e amici è impressionante, ma quel che più stupisce è la maniera in cui la sincerità degli affetti si coniuga con la ricerca della verità, che si va facendo sempre più pura e assoluta. Di questa continua vibrazione interiore dà testimonianza la prima parte di questo libro che ricostruisce la complessa esperienza culturale e sentimentale vissuta a Marsiglia, proponendo le lettere che Simone invia a due amici, con i quali la parola scritta si offre come l'unico strumento di conoscenza reciproca. Sono Joë Bousquet, il poeta di Carcassonne, paralizzato in seguito alle ferite riportate durante la Prima Guerra Mondiale, e Antonio Atarés, contadino anarchico aragonese, prima rinchiuso nel campo d'internamento del Vernet e poi spedito a Djelfa, sull'altopiano algerino. Il volume si chiude con la nuova traduzione di alcune pagine, tratte da Le forme dell'amore implicito di Dio, in cui si condensa la splendida, vertiginosa concezione dell'amicizia elaborata e concretamente vissuta da Simone Weil.
Il periodo trascorso a Marsiglia tra il 1940 e il 1942, in attesa di imbarcarsi per gli Stati Uniti, rappresenta per Simone Weil una stagione di fioritura delle amicizie e un momento di straordinaria ricchezza e fecondità del pensiero e della scrittura. Il numero di lettere inviate a familiari e amici è impressionante, ma quel che più stupisce è la maniera in cui la sincerità degli affetti si coniuga con la ricerca della verità, che si va facendo sempre più pura e assoluta. Di questa continua vibrazione interiore dà testimonianza la prima parte di questo libro che ricostruisce la complessa esperienza culturale e sentimentale vissuta a Marsiglia, proponendo le lettere che Simone invia a due amici, con i quali la parola scritta si offre come l'unico strumento di conoscenza reciproca. Sono Joë Bousquet, il poeta di Carcassonne, paralizzato in seguito alle ferite riportate durante la Prima Guerra Mondiale, e Antonio Atarés, contadino anarchico aragonese, prima rinchiuso nel campo d'internamento del Vernet e poi spedito a Djelfa, sull'altopiano algerino. Il volume si chiude con la nuova traduzione di alcune pagine, tratte da Le forme dell'amore implicito di Dio, in cui si condensa la splendida, vertiginosa concezione dell'amicizia elaborata e concretamente vissuta da Simone Weil.
Quando si può parlare di un'amicizia autentica? Come dell'amicizia si parla nella Bibbia? E ancora: l'amicizia con Dio, il bisogno di avere degli amici, la gioia di camminare con gli amici... ma anche uno scorcio sull'amicizia interessata di cui, prima o poi purtroppo, a tutti capita di fare esperienza. Brevi ma significativi stralci tratti da alcuni discorsi di papa Francesco ci riconsegnano un piccolo libro da regalare agli amici, da scambiare in gruppo, da valorizzare per occasioni importanti. Perché si sa l'amicizia è sempre un dono, ma è anche impegno e scelta.
«L'amicizia è la visione di sé con gli occhi dell'altro», e in questo riconoscersi, nella condivisione totale della gioia e del dolore dell'esistenza, incomincia la rivelazione della Verità. Per Pavel A. Florenskij - il filosofo che ha saputo unire la poesia e la scienza nella fede - l'amicizia è la più elevata forma di conoscenza. Una conoscenza che si attua nell'azione, che vive di fedeltà assoluta e che rappresenta, sulla Terra, l'emanazione della forza di Dio che ama. L'amicizia è l'undicesima delle dodici lettere contenute nel trattato "La colonna e il fondamento della verità", uscito per la prima volta nel 1914 e summa del pensiero del filosofo russo. La scelta della forma epistolare non è un espediente retorico, ma una necessità profonda nella quale il vissuto di Florenskij e la sua riflessione teoretica si riflettono l'uno nell'altra. Il "tu" a cui sono rivolte le lettere è infatti il cognato Sergej S. Troickij, morto tragicamente anni prima. Tutto il resto, nella sua ricchezza enciclopedica e nei suoi vertici di lirismo, è allora anche il frammento di un dialogo ininterrotto con l'amico perduto, eppure per sempre presente.
Riflessioni su uno dei sentimenti che maggiormente nobilita l'essere umano e ne illumina l'esistenza.
Per la prima volta in un volume monografico le riflessioni sul sentimento dell’amicizia del grande pensatore, matematico e mistico russo.
«L’amicizia è la visione di sé negli occhi dell’altro», e in questo riconoscersi, nella condivisione totale della gioia e del dolore dell’esistenza, incomincia la rivelazione della Verità. Per Pavel Florenskij – il filosofo che ha saputo unire la poesia e la scienza nella fede – l’amicizia è la più elevata forma di conoscenza. Una conoscenza che si attua nell’azione, che vive di fedeltà assoluta e che rappresenta, sulla Terra, l’emanazione della forza di Dio che ama.
L’amicizia è l’undicesima delle dodici lettere contenute nel trattato La colonna e il fondamento della verità, uscito per la prima volta nel 1914 e summa del pensiero del filosofo russo. La scelta della forma epistolare non è un espediente retorico, ma una necessità profonda nella quale il vissuto di Florenskij e la sua riflessione teoretica si riflettono l’uno nell’altra.
Il “tu” a cui sono rivolte le lettere è infatti il genero Sergej S. Troickij, tragicamente morto anni prima. Tutto il testo, nella sua ricchezza enciclopedica e nei suoi vertici di lirismo, è allora anche il frammento di un dialogo ininterrotto con l’amico perduto, eppure, per sempre presente.
«L’amicizia come nascita misteriosa del Tu è il luogo nel quale incomincia la rivelazione della Verità […]. Questa rivelazione si compie nell’amore personale e sincero di due persone, nell’amicizia, quando a chi ama è concesso in forma previa, di distruggere l’autoidentità, di abolire i confini dell’Io, di uscire da se stesso e di trovare il proprio Io nell’Io dell’altro».
Pavel A. Florenskij
(Evlach, 1882 – Leningrado, 1937) Filosofo, teologo, matematico, inventore e religioso russo. La recente riscoperta della sua opera, dopo la fine del regime sovietico, lo ha collocato tra i massimi pensatori del Novecento. Laureato in matematica e fisica, si iscrive all’accademia di teologia e viene in seguito ordinato sacerdote. Nel 1933 viene accusato di attività controrivoluzionaria e condannato ai lavori forzati, dove continua tuttavia a scrivere e a brevettare invenzioni fino alla fucilazione, avvenuta l’8 dicembre 1937 nei pressi di Leningrado. Nei suoi scritti ha toccato, e intrecciato tra loro, i domini dell’arte, della fede, della scienza , della poesia e dell’esperienza intima; ricordiamo: Le porte regali (Adelphi, 1977), Il simbolo e la forma (Bollati Boringhieri, 2007), La colonna e il fondamento della verità (San Paolo, 2010) e Non dimenticatemi. Lettere dal gulag (Mondadori, 2000).
Sempre di piú la questione dell'immigrazione in Italia sembra diventata un'emergenza, ingigantita continuamente da drammatici fatti di cronaca. Sempre di piú si stronca ogni richiamo verso la solidarietà e l'ascolto dell'altro con un malcelato scherno, additandolo come «buonismo» pericoloso, denigrando le «anime belle»che credono nella forza del dialogo e della pace.
Niente di piú sbagliato, secondo padre Enzo Bianchi: bisogna invece riconoscere che «essere straniero» è parte fondamentale dell'esperienza umana, al di là e al di sopra delle contingenze politiche e storiche, e che quando rifiutiamo di accogliere l'altro, stiamo rifiutando di guardare in noi stessi.
Come sempre capace di parlare a laici e credenti insieme, Bianchi propone un lavoro di apertura e ascolto nei confronti del diverso da sé, un lavoro faticoso ma prezioso che ciascuno può compiere nella propria interiorità, ma che dovrebbe essere intrapreso anche dalla società nel suo complesso, per evitare che il confronto tra persone divenga un muro contro muro tra identità violente.
Ciclo di conferenze tenute al Centro Culturale di S. Fedele di Milano
Sabato 17 novembre 2001
L'altro, il diverso, lo straniero nella Scrittura
Sabato 24 novembre 2001
Universalismo e particolarismo nell'Antico Testamento
Sabato 15 dicembre 2001
"Non c'è più né giudeo né greco, ma tutti sono uno in Cristo"
Svidercoschi, decano dei vaticanisti italiani, ci mostra Papa Bergoglio per com’è, per cosa fa e dice. Racconta senza veli un pontificato decisamente controcorrente, ma, anche per questo, controverso; un pontificato volutamente provocatorio, ma, anche per questo, divisivo. Vengono ripercorsi i momenti positivi, il rivoluzionare la figura pontificia, l’affrontare pubblicamente temi scomodi, il riportare alla purezza il messaggio evangelico; e poi, il difendere i poveri della terra, il sostenere le ragioni della pace. Ma – perché ci sono – vengono narrati con estrema franchezza anche i momenti non proprio esaltanti, come certe uscite fuori luogo, l’aprire processi che poi lasciano le riforme a metà, l’ostinazione nel cambiare leggi, tradizioni e pratiche senza consultarsi, senza gradualità, senza pensare alle conseguenze; e poi, la sua visione del mondo così apertamente squilibrata verso il Sud, il voler mantenere a ogni costo un’equidistanza (insostenibile nel caso dell’Ucraina) tra Kiev e Mosca. Sono vicende e situazioni che anche in altre pubblicazioni sono state raccontate, ma come? Com’è stato raccontato Francesco? E, prima ancora, com’è stata raccontata la storia di un Papa che rinuncia, si fa chiamare “emerito” e prende casa in Vaticano? In questo libro l’autore ripercorre il “pontificato rivoluzionario” con obiettività e semplicità, fornendo al lettore le chiavi per avere una propria opinione sulla base di fatti oggettivi.