Descrizione
La collana si configura come una novità assoluta nel panorama italiano: un commentario di taglio scientifico ai documenti del Concilio Vaticano II, previsto in 8 volumi. I documenti sono presentati nella versione originale in latino e nella traduzione italiana (versione dell'Enchiridion Vaticanum 1). Progettata in dialogo con l’Associazione teologi italiani, l’opera coinvolge giovani studiosi che hanno lavorato sui testi conciliari con tesi o ricerche.
Il volume 3 presenta e commenta due documenti conciliari: il decreto Orientalium Ecclesiarum in cui si tratta delle Chiese cattoliche orientali e il decreto Unitatis redintegratio che tratta dei rapporti tra la Chiesa cattolico-romana e le altre Chiese e Comunità ecclesiali. Mentre il primo documento è tra i meno conosciuti e commentati del corpus conciliare, il secondo costituisce un testo riconosciuto come basilare e ampiamente commentato. A partire da Unitatis redintegratio, infatti, si apre per la Chiesa cattolica la ricca stagione dell'impegno ecumenico.
Sommario
Sigle. Introduzione generale. I. Orientalium Ecclesiarum. Introduzione (J.-P. Lieggi). Commento (S. Parenti). II. Unitatis redintegratio. Introduzione e commento (A. Maffeis). Profili bio-bibliografici. Indice dei nomi.
Note sull'autore
Serena Noceti è docente stabile ordinario di Teologia sistematica all’Istituto Superiore di Scienze Religiose «Galantini» di Firenze e tiene corsi alla Facoltà teologica dell’Italia centrale. Socia fondatrice del Coordinamento Teologhe Italiane, è vicepresidente dell’Associazione Teologica Italiana.
Roberto Repole è docente di Teologia sistematica alla Facoltà Teologica dell’Italia settentrionale, all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Torino e al biennio di specializzazione in Teologia morale sociale della Regione ecclesiastica Piemontese. È presidente dell’Associazione Teologica Italiana.
Jean Paul Lieggi, docente di Cristologia e Teologia trinitaria e Teologia patristica alla Facoltà Teologica Pugliese, è membro dell’Associazione Teologica Italiana.
Angelo Maffeis, docente di Storia della teologia alla Facoltà Teologica dell'Italia settentrionale, è Consultore del Pontificio consiglio dell’unità dei cristiani.
Stefano Parenti, esperto di liturgia bizantina, è docente all’Università di Regensburg.
Tra l'8 novembre 2017 e il 4 aprile 2018, durante l'Udienza del mercoledì, papa Francesco ha tenuto un ciclo di catechesi dedicate alla Messa, in particolare alle diverse parti della liturgia eucaristica, che comincia con il segno della croce - da insegnare bene ai bambini fin da piccoli - e si conclude confluendo nella vita di tutti i giorni. Il testo raccoglie tutte e quindici le catechesi, un vero e proprio vademecum per comprendere e approfondire il significato teologico della celebrazione eucaristica, imprescindibile dagli aspetti liturgici. La Messa deve trasformare la vita in una «Pasqua fiorita»: questo l'invito di Francesco rivolto a tutti e a ciascuno.
Il 18 ottobre 1990 papa Giovanni Paolo II ha promulgato il Codex canonum Ecclesiarum orientalium, entrato in vigore il 1° ottobre dell'anno succesivo. Si tratta del Codice comune a tutte le Chiese orientali cattoliche, emanato per la prima volta nella storia della Chiesa dalla Sede Apostolica. Questo testo fa parte integrante dell'unico Corpus iuris canonici, costituito dai tre documenti: il Codice di diritto canonico della Chiesa latina, promulgato nel 1983; la costituzione apostolica Pastor Bonus del 1988 per il riordinamento della Curia Romana e, appunto, il Codice dei canoni delle Chiese orientali, articolato in 30 titoli, divisi in capitoli, suddivisi a loro volta in articoli, e comprendente 1546 canoni. La promulgazione di due Codici di diritto canonico è anzitutto l'attuazione dell'ecclesiologia del Concilio Vaticano II enunciata nei documenti conciliari Lumen gentium, Orientalium Ecclesiarum e Unitatis redintegratio, dai quali emerge il principio dell'unità della Chiesa universale nella legittima diversità: unica fede professata in diverse teologie; unica fede celebrata nelle diverse liturgie; unica fede testimoniata nelle diverse discipline. Il Codice dei canoni delle Chiese orientali esprime questa realtà con il termine Ritus, che consiste nel patrimonio liturgico, teologico, spirituale e disciplinare delle Chiese che hanno origine dalle tradizioni alessandrina, antiochena, armena, caldea e costantinopolitana.
La fine della cristianità e il palese calo numerico dei cristiani rendono più evidente la centralità del tema della missione della Chiesa, anche nell'Occidente che è stato la culla del cristianesimo. Non basta però arrestarsi alla constatazione che la Chiesa è per natura missionaria o al richiamo dell'urgenza di una nuova evangelizzazione. Occorre chiedersi in che modo la Chiesa possa essere oggi missionaria senza abdicare alla propria identità e senza farlo in modi improponibili nel contesto culturale attuale segnato dalla secolarizzazione, dagli effetti della globalizzazione, dall'esperienza quotidiana del pluralismo religioso. Con l'ausilio della ricca riflessione filosofica e antropologica sul tema, il libro propone la strada del dono come possibilità per ripensare la missione ecclesiale. Ne risulta un percorso avvincente sul piano teologico e ricco di spunti per la prassi pastorale delle nostre Chiese. Un libro utile a non fare dell'invito impellente ad una Chiesa in uscita missionaria uno slogan svuotato di contenuto e spessore spirituale per la vita dei credenti e delle comunità cristiane.
La vocazione missionaria compete dall'origine a tutta la Chiesa, rappresentata non solo dai Dodici (cfr. Mt 28,19-20) ma anche da altri discepoli, inviati allo stesso modo ad evangelizzare (cfr. Lc 10,1). Tota Ecclesia è missionaria (cfr. AG 35) e perciò chiamata a divenire sempre più un "popolo missionario", nella diversa articolazione dei suoi soggetti: cristiani laici, religiosi, pastori. La ricerca vuole proporre una conversione missionaria di tutto il Popolo di Dio in quanto discepolo-missionario, alla luce della visione evangelizzatrice dei sacramenti dell'iniziazione cristiana. Il volume, quindi, "recepisce in un discorso rigorosamente ecclesiologico l'insegnamento dottrinale e pastorale di papa Francesco sul "santo popolo fedele di Dio", come primo soggetto missionario dell'annuncio evangelico" (dalla Prefazione del card. Luis F. Ladaria) e individua nella fraternità universale il fondamento e il fine del processo sinodale.
A distanza di quarant'anni dalla pubblicazione di La Chiesa in missione, Severino Dianich riprende le tematiche che avevano reso quel testo una pietra miliare per l'ecclesiologia e le rilegge arricchendole con le nuove prospettive e i nuovi problemi che, in questi decenni, hanno obbligato la Chiesa a fare i conti con se stessa, con il mondo e con il Vangelo. In particolare, il Pontificato di papa Francesco ha dato un'accelerazione forte ad alcune domande ormai inevitabili, quando si parli della comunità cristiana come luogo di annuncio e di missione: in questo senso, la categoria dell'altro diventa necessaria per poter interpretare presente e futuro dell'annuncio evangelico, nella storia, in vista della proposta di salvezza che contraddistingue il cristianesimo fin dalle sue origini. L'altro, che non è semplicemente "distanza- da colmare o "diversità- da integrare, bensì la necessaria pro-vocazione che muove ogni progetto di costruzione di una comunione che non sia esclusiva ma capace di rimodellarsi «per aiutare tutti i fedeli a sentirsi corresponsabili, nella molteplicità dei carismi che lo Spirito di Gesù diffonde, nell'unica missione» (dalla Prefazione di Giacomo Canobbio).
L'appassionante profezia del frate "controcorrente" (1925-2015) che ha anticipato la Chiesa di papa Francesco: «La "rifondazione"' più che la "riforma" della chiesa sembra al momento presente oltre che un sogno, una follia, ma sarà l'avvenimento più sensazionale che la storia riserva alle generazioni future». Tra contraddizioni e incoerenze, la chiesa si rinnova. Più che pavoneggiarsi per le glorie del passato torna alle sue umili origini; riprende la strada del Vangelo, del "regno di Dio", abbandonando le logiche mondane. È la Chiesa "profetica" i cui cardini sono: il primato dell'annunzio disarmato, l'impegno nella storia, l'identificazione con la causa dei poveri, la provvisorietà delle teologie, la subordinazione dei riti e del culto alle reali operazioni di bene, la supremazia dell'uomo sulle strutture e delle coscienze sul sistema. La Chiesa "profetica" è la Chiesa non tanto maestra di verità e di dottrine, quanto attenta a segnalare agli uomini il volere di Dio: il suo disegno nei travagliati mutamenti della storia.
Il presente volume nasce con il desiderio di far un'altra voce sul binomio "primato e sinodalità" e dalla necessità di un dialogo anche intra-ecclesiale sulla riforma, alla luce della storia e del Concilio Vaticano II. È un tema attualissimo nella odierna realtà stimolata e ravvivata da Papa Francesco. È una voce che si dirà forse tradizionale ma non tradizionalista (la distinzione è importante e sempre da tener presente), la quale chiede una certa paressìa.
Qual è lo spazio di manovra per avviare delle riforme dentro la Chiesa? Come concepire il gioco fra identità e cambiamento? Che cosa è, eventualmente, immodificabile e chi lo decide? In tanti e tante oggi fanno pressione sulla Chiesa cattolica perché qualche cambiamento abbia luogo. La lista dei temi sul tavolo è lunga: corresponsabilità dei laici, ruolo delle donne, ripensamento del ministero ordinato, riconoscimento delle coppie dello stesso sesso... In genere, però, il dibattito sulle riforme si muove entro una cornice dogmatica (e giuridica) assai angusta: si sostiene che non vi siano alternative percorribili. Michael Seewald spiega con lucidità e schiettezza che la Chiesa potrebbe mostrarsi, invece, molto più aperta al cambiamento di quanto non faccia ultimamente. Egli dimostra come alla Chiesa sia possibile riformarsi in profondità e, al medesimo tempo, restare se stessa. Perché l'attuale forma di "Chiesa cattolica", anche a uno sguardo storico, rappresenta solo una delle molte possibilità praticabili dal punto di vista teologico. Un testo per ripensare il modo in cui la chiesa si comprende (e si è compresa in passato) e il modo in cui può cambiare (ed è cambiata in passato).
Il discorso ecclesiologico attuale è incentrato sulla dottrina del Vaticano II e sui suoi approfondimenti teologici successivi. L’obiettivo di questo libro, invece, è quello di inquadrare meglio il Concilio all’interno della storia del pensiero cristiano sulla Chiesa e, in particolare, leggere l’evento nell’orizzonte del secolo XX. Lo studio, da questa prospettiva, ripercorrerà tre grandi questioni dell’ecclesiologia: i diversi paradigmi della Chiesa, il rapporto tra lo Spirito Santo e la Chiesa e, infine, il rapporto tra Salvezza e Chiesa. L’intento è quello di contribuire alla formazione di una visione dei grandi argomenti discussi nell’assise conciliare più contestualizzata, all’interno di un arco di tempo che comprende tutto il secolo XX fino ai nostri giorni.
MIGUEL DE SALIS AMARAL è un sacerdote portoghese. Dal 2001 è professore della Facoltà di Teologia della Pontificia Università della Santa Croce e dal 2015 è vicedirettore del Centro di Formazione Sacerdotale della stessa Università. È laureato in Ingegneria Civile e dottore in Teologia dogmatica. Nel suo lavoro teologico si è dedicato principalmente all’ecclesiologia, al dialogo ecumenico, alla teologia orientale e al Concilio Vaticano II. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Dos visiones ortodoxas de la Iglesia: Bulgakov y Florovsky (Eunsa 2003), poi tradotto in romeno e pubblicato dalla casa editrice della Facoltà di Teologia Ortodossa dell’Università di Cluj-Napoca, e Concittadini dei santi e familiari di Dio. Studio storico-teologico sulla santità della Chiesa (pubblicato in questa stessa collana nel 2009), poi tradotto in portoghese (con la casa editrice San Paolo). Dal 2002 è consultore della Congregazione delle Cause dei Santi.
Solo la Chiesa cattolica può definirsi la vera Chiesa, voluta e fondata da Gesù Cristo: in questo saggio il grande sacerdote convertito dall’anglicanesimo Robert Hugh Benson risponde alle argomentazioni di chi accusa i cattolici di scarsa democrazia e tolleranza e di aver favorito così la sempre maggiore scelta del motto “Cristo sì, Chiesa no”. Il cattolicesimo è invece l’unica forma di cristianesimo veramente universale che sa accogliere e valorizzare tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro nazione di provenienza, dal ceto sociale e dalle capacità personali. Infatti, la Chiesa è un grande corpo in cui Cristo gioca un ruolo essenziale, vivificandola e parlando a tutti quelli che accolgono la sua Parola.
Il testo esamina il significato e la portata obbligatoria dei precetti generali della Chiesa e il loro valore pastorale. I sei capitoli sono dedicati alla valenza giuridica complessiva dei precetti, alla partecipazione eucaristica festiva, al riposo festivo, al precetto pasquale, alla santificazione del tempo penitenziale e alla sovvenzione alle necessità della Chiesa. Ogni contributo parte da una contestualizzazione e problematizzazione delle questioni legate al precetto; esamina l'origine e lo sviluppo storico del relativo ordine ecclesiale, analizza la genesi, l'ermeneutica e la sistematica della normativa vigente (cann. 1246-1248, 989, 920, 1249-1253 e 222 CIC); cerca di sviscerare l'impostazione del debito, il contenuto delle spettanze e i relativi compiti (anche istituzionali) e discende quindi agli spunti di carattere propositivo (in genere formativo-pastorale). L'interesse principale dell'analisi è legato alla dimensione di giustizia iscritta nella realtà ecclesiale e recepita nella determinazione e fissazione ecclesiastica. Una certa attenzione è prestata pure al contesto pastorale attuale e all'incremento e alla sollecitazione della pratica dei praecepta Ecclesiae.