
Fin dalla prima lezione questo corso tenuto da Michel Foucault al Collège de France nel 1978-1979 si caratterizza come la continuazione del precedente. Dopo aver mostrato come l'economia politica, durante il diciottesimo secolo, segni la nascita di una nuova razionalità nell'arte di governo - governare meno con il massimo dell'efficacia in funzione della naturalità dei fenomeni che si hanno di fronte - Foucault intraprende l'analisi della governamentalità liberale.
Ancora alla soglia degli anni quaranta Claude Shannon usava intelligence per parlare di informazione, un termine che avrebbe cominciato davvero a diffondersi solo qualche anno più tardi, con la sua "Teoria matematica delle comunicazioni", insieme a una parolina, bit, destinata a diventare una delle più pervasive dell'ultimo mezzo secolo. Amata e vituperata, quella parolina segna un punto di passaggio fondamentale: quando l'informazione diventa una grandezza quantificabile e misurabile. Difficile valutarne davvero l'importanza, ma James Gleick ci prova, raccogliendo i fili sparsi di una storia che parte da lontano, dai poemi omerici e dall'invenzione della scrittura e dell'alfabeto, passando per la lessicografia e i dizionari, i codici crittografici e le moderne tecnologie della comunicazione. E lungo la strada si incontrano figure chiave, talora insospettate: i compilatori di antichi dizionari o i curatori dell'Oxford English Dictionary; l'inventore del primo calcolatore, Charles Babbage; la sua musa, Ada Byron, figlia dell'illustre poeta; e una serie di altre personalità fondamentali come Samuel Morse con il suo codice telegrafico, il matematico Alan Turing, il creatore della teoria dell'informazione Claude Shannon o il fondatore della cibernetica Norbert Wiener. Conclude con la vera e propria epoca dell'informazione, il mondo contemporaneo dove tutti sono, volenti o nolenti, esperti di bit e byte. Sotto un diluvio di segni e segnali, notizie e immagini, blog e tweet.
"Stupor mundi" fu detto dai contemporanei Federico II di Svevia, l'unico degli imperatori germanici del medioevo, insieme al Barbarossa, che occupi un posto riconosciuto nella nostra storia e subito ci rimandi a immagini evidentissime: la disfatta inflittagli nel 1248 dai popolani di Parma, la città di quel Salimbene che lo paragonava a un drago funesto; gli splendori della corte di Sicilia, consacrati dalla lirica della "prima scuola", di cui il sovrano medesimo era mecenate; i castelli di Puglia, gli arcieri musulmani, le donne dell'harem, le cacce col falcone illustrate nel suo trattato, il più ricco che ci resti in materia. Immagini romantiche, però. E confluenti verso un'interpretazione convenzionale, che confina Federico in una luce araldica di crepuscolo: per chiudere con la sua figura un conflitto secolare tra impero e chiesa, e inaugurare invece il decollo della civiltà borghese mercantile culminante nel rinascimento. Qui l'imperatore non è segnacolo di una fase storica schematizzata, ma si muove all'interno di un complicato gioco d'azioni e di reazioni. Di lui viene rivelata, duplice e sconcertante, l'anima insieme feudale e "illuminata": il senso feroce del potere, e lo scetticismo che a esso poneva di continuo un limite invalicabile.
Con questo saggio Claudio Giunta propone una rilettura della poesia italiana medievale, intesa a rimetterne in luce l'originaria funzione dialogica. La poesia come espressione lirica dell'io è infatti un fenomeno moderno, nel Medioevo essa servì spesso a comunicare nozioni e idee che oggi giudicheremmo comunicabili solo attraverso la prosa. E quel tipo di contenuto influenzò le forme della poesia che si atteggiò al dialogo con un interlocutore vero o immaginario: ciò è evidente nella tenzone e nello scambio di sonetti e canzoni, ma in varia misura è avvertibile in tutti i principali generi della poesia medievale.
La democrazia sembra oggi protagonista di un trionfo incontrastato, che addirittura ha fatto parlare di "fine della storia". Ma la democratizzazione, che certamente ha investito regioni del mondo fino ad oggi rimaste escluse dalle precedenti "ondate", non segue un andamento scontato, bensì può condurre a esperienze di consolidamento oppure di crisi. Quali sono i meccanismi di fondo che producono l'uno o l'altro esito? Un interrogativo al centro di ogni analisi politica in questo esordio di secolo, cui l'autore risponde sulla base di una ricerca rigorosa e sistematica nei quattro paesi dell'Europa meridionale: Italia, Spagna, Portogallo e Grecia. In ciascun caso sono analizzati gli atteggiamenti sociali, gli accordi neocorporativi, i rapporti tra gruppi di interesse e rappresentanza politica, le relazioni clientelari, le organizzazioni partitiche. Nelle conclusioni viene avanzata una nuova proposta teorica, incentrata sui processi di "ancoraggio" o, viceversa, "disancoraggio" della democrazia.
Nel Ventesimo secolo, e specialmente negli ultimi decenni, la vita delle persone è cambiata come mai in precedenza; valori, comportamenti, stili di vita, oggetti che ci accompagnavano da secoli sono andati in soffitta. Una rivoluzione. Abbiamo gli antibiotici che ci guariscono, l'acqua corrente e il riscaldamento, il frigidaire e il minipimer. Abbiamo il treno, la bicicletta, scooter, l'automobile per viaggiare e far vacanza; il cinema, la radio e la televisione. Abbiamo imparato a leggere e scrivere; a lavarci e a portare le mutande; a uscire con la morosa senza metterla incinta; a infilare soldino nel juke box e a "downlodare" le hit preferite per le playlist del nostro iPhone; a far la spesa al supermercato; a stare connessi al telefono e al computer, a girare il mondo imbucando cartoline e postando selfie. Marta Boneschi propone un catalogo ragionato delle cose che ci hanno fatti ciò che siamo: in immagini e in parole, un album divertente e acuto della vita e del costume contemporanei, un museo vivente di cui siamo protagonisti noi stessi, il cammino breve e pure precipitoso che ci separa dalla vita dei nostri nonni, dei nostri genitori, dagli anni stessi della nostra infanzia.
Di Alcide De Gasperi (1881-1954) resta un'impronta politica potente. È nella forma del nostro Stato, nei principi della Costituzione, nella politica estera, nelle riforme sociali. La sua vita e la sua opera hanno avuto caratteristiche morali e politiche eccezionali, quasi profetiche. Guidò con mano ferma il passaggio dell'Italia dal fascismo alla Repubblica in una difficile congiuntura internazionale dominata dalla Guerra Fredda. Non è stato solo l'uomo della Ricostruzione materiale dell'Italia tra il 1945 e il 1954 ma anche un leader che ha mostrato l'efficacia di un approccio cristiano alla democrazia europea e che ha anticipato temi e problemi del nostro tempo. Questo volume presenta i frutti del percorso ormai ventennale della Lectio degasperiana, l'evento con cui ogni anno la Fondazione Trentina Alcide De Gasperi ricorda lo statista invitando personalità di primo piano del mondo accademico e politico a confrontarsi con la sua figura e il suo esempio. Lezioni di P. Scoppola, L. Elia, U. De Siervo, J.-D. Durand, S. Romano, I. Rogger, F. Traniello, G. Vacca, V. e S. Zamagni, P. Castagnetti, M. Cau e M. Mondini, N. Galantino, S. Mattarella, Ch. Cornelissen e E. Letta, A. Panebianco e P. Pombeni, M. Odorizzi e S. Malfatti, M. Cartabia, G. Guzzetti e G. Tremonti, S. Fabbrini, D. de Pretis, I. Maffeis.
Gli ebrei italiani sono un gruppo numericamente modesto eppure presente sul territorio della Penisola da ventun secoli. Attivi in tutti i campi della società, non necessariamente con posizioni di primo piano, hanno conosciuto l'oltraggio delle leggi razziste destinate a far sprofondare molti di loro in quel gorgo terribile che va sotto il nome di Shoah. Lungi dal possedere un'unità monolitica, questo libro vuole presentare a un pubblico non solo di studiosi o di appassionati dell'argomento gli ebrei italiani, sfatando pregiudizi e luoghi comuni. Per far questo i curatori hanno invitato a collaborare al volume persone provenienti dagli ambiti professionali e di studio più disparati, proponendosi di rappresentare in tal modo tutta la varietà che l'ebraismo italiano possiede e che lo fa essere un'entità composita e variegata.
Le Opere di Carlo Sini sono un progetto editoriale di ampio respiro. Avviato nel 2012 con la pubblicazione del monumentale quinto volume (Transito Verità), il Piano delle Opere prevede l'uscita di sei volumi in undici tomi, ciascuno dedicato a un tema centrale nella filosofia di Sini che viene presentato attraverso i testi chiave nel quale esso è stato trattato. Lo spazio del segno è il tomo d'apertura del primo volume, interamente dedicato all'intreccio fra Semiotica ed ermeneutica. Tale intreccio, negli anni Settanta, costituì l'inedita proposta teoretica con la quale Sini rivelò alla comunità scientifica italiana quell'originalità filosofica e quella consapevolezza culturale che avrebbero contraddistinto la sua ricerca anche nelle fasi più mature. Il tema del segno, in stretto riferimento al pragmaticismo di Charles Sanders Peirce, è al centro di questo primo tomo. Esso inaugura una prospettiva gnoseologica basata sull'idea che ogni atto conoscitivo si collochi entro una catena di rinvii, mai riferiti a una presunta oggettività ultima, ma a quell'Interpretante dinamico e sovraindividuale che è l'orizzonte vivente entro il quale si collocano le operazioni comprendenti. La questione ermeneutica emerge perciò al cuore del cosiddetto «triangolo semiotico» (Segno-Oggetto-Interpretante) e l'intreccio dei segni in cui la verità via via si configura, aperta a un cammino infinito, chiama in causa questioni di ordine non solo epistemologico, ma anche etico e cosmologico. Lo spazio del segno traccia così il profilo dei problemi che impegneranno la ricerca di Sini negli anni Ottanta e Novanta, in un dialogo serrato con il prospettivismo nietzscheano, l'ermeneutica heideggeriana, lo strutturalismo foucaultiano, verso una possibile «scienza della verità» all'altezza di un pensiero dell'infinito effettuale e consapevole.
Il volume presenta uno spaccato della visione moderna, aggiornata (e non deformata) di questo paradigma, il comportamentismo, che ha lungamente dominato la psicologia del secolo scorso e che continua ad esercitare un importante ruolo propulsivo per lo sviluppo della scienza psicologica. Sono state abbandonate le vecchie posizioni riduzionistiche e riduttivistiche che hanno caratterizzato i primi anni di vita del comportamentismo, ma sono rimaste le radici metodologiche che hanno dato vita agli Evidence Based Interventions, l'approccio che predomina in vari campi della salute umana: quella fisica e, finalmente, anche quella psicologica. Il ritratto che ne è esce è quello di un approccio vitale e dinamico, sia nel dibattito teorico-epistemologico e nella ricerca sperimentale sui processi "cognitivi", tradizionale bestia nera dei comportamentisti, sia nello sviluppo di procedure applicative nei vari campi in cui il paradigma comportamentistico si è affermato, da quello clinico che vede lo sviluppo di nuove forme di psicoterapia, a quello educativo e sociale. Ciò che rende unico questo volume è che questo sviluppo è descritto da quanti negli ultimi quarant'anni lo hanno personalmente e attivamente vissuto: nomi storici del comportamentismo italiano e internazionale.
Il libro è un manuale completo, rivolto alle università, agli appassionati di informazione, a tutti coloro che operano nell'universo dei mass media, come testimonianza del percorso non facile dell'informazione religiosa, ma anche come stimolo a migliorare il servizio di questo particolare genere giornalistico. In particolare il volume contiene una raccolta antologica di testi giornalistici di argomento religioso che coprono un arco temporale di oltre 60 anni, dal 1950 al 2012. Gli articoli vengono presentati così come sono stati pubblicati, unitamente a un breve profilo biografico dell'autore. L'antologia è inoltre preceduta da un saggio sulla notizia giornalistica in generale e su quella religiosa in particolare, e da una dettagliata ricostruzione storica dei principali avvenimenti della Chiesa cattolica accaduti nel corso dei 62 anni che questa raccolta di articoli ricopre. L'intento degli autori è stato non tanto di affrontare l'ampio tema del rapporto fra Chiesa cattolica e mezzi di comunicazione, quanto di focalizzarsi sull'aspetto più visibile di questa relazione, cioè la notizia religiosa e come essa appare nei giornali italiani, testimoniando così la grande varietà stilistica e di pensiero e la profonda competenza e ricchezza culturale dei professionisti che operano in questo particolare settore del giornalismo. L'antologia è seguita inoltre da una serie di interviste a professionisti del giornalismo e della comunicazione, italiani e stranieri.
All'ospedale psichiatrico parigino della Salpêtrière, di cui diventa direttore nel 1862, Jean-Martin Charcot non incontra delle semplici pazienti, ma le «quattro o cinquemila donne infernali» che gli serviranno da materia prima per teorizzare sulla follia. Tra quelle mura egli troverà la fama inventando quel particolare tipo di disagio, tutto femminile, che chiamerà «isteria». In questo volume, arricchito da 108 immagini d'archivio, Georges Didi-Huberman rivela le pratiche mediche e le «messe in scena» a cui i medici sottoposero le cosiddette isteriche. Un saggio fondamentale che si muove con disinvoltura tra la storia della mentalità, della psichiatria e della fotografia.