
In breve
L’eroe del Risorgimento italiano autore dell’Inno d’Italia. Il pensiero politico del giovane poeta combattente. La concezione mazziniana dell’Italia unita accesa dal fuoco dell’entusiasmo.
Il libro
“Tutta l’Europa è scossa e in grande ansietà; la quiete sepolcrale che dai superbi tiranni si diceva ‘pace’ ed era ‘morte di popoli’ in tanti lustri di turpe schiavitù, ha cessato per dar luogo all’azione di vita e di risorgimento. Finalmente siamo alla vigilia del tremendo conflitto dei due principii, indipendenza o schiavitù, ‘assolutismo o libertà’, né v’ha transazione o altra via conciliativa.”
“La vicenda specifica di Mameli illustra con efficacia la condizione di ‘esilio in patria’ di cui hanno sofferto a lungo i democratici nella storia italiana. Infatti, essa allude alla difficoltà con cui il termine ‘repubblicano’ è entrato nella cultura degli italiani. Una parola – ‘repubblica’ – e un sentimento che non hanno mai goduto di una cittadinanza particolarmente benevola e che proprio nel 1848 acquistano un connotato preciso…
Negli scritti di Goffredo Mameli c’è tutto il ’48 italiano: l’anelito della patria; la convinzione che la storia si produca solo attraverso un riscatto popolare; il culto del gesto eroico; l’ansia dell’azione esemplare; l’idea che la storia si fa solo stando nei processi concreti, ‘sporcandosi le mani’. In sintesi: la convinzione che l’azione politica sia prima di tutto partecipare in prima persona. Due tratti lo collocano nel canone del ribelle moderno: tutte le rivoluzioni appaiono come insurrezioni della gioventù e, soprattutto, partecipare significa non risparmiarsi, consumare tutte le proprie energie. Come molti altri dopo di lui, per arrivare fino a oggi, ribellarsi ha significato sostenere ‘sei quello che fai’ contrapposto senza possibilità di mediazione a ‘sei quello che pensi’.”
(dall’Introduzione)
Martin Luther King è stato uno dei principali simboli della lotta afroamericana per i diritti civili. In questa raccolta di citazioni, curata dalla vedova King, viene chiarito il punto di vista del leader nero su questioni, tuttora attualissime, come il razzismo, i diritti civili, la giustizia, la libertà, la fede e la religione, la non violenza e la pace. Sono poi riportati brani dei discorsi più celebri: "I've Been to the Mountain Top", l'ultimo prima di morire, a Memphis nel 1968, e "I Have a Dream", a Washington nel 1963, oltre alla proclamazione del Martin Luther King Day da parte del presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan nel 1986.
Sul tema del cattolicesimo e del concilio Vaticano II il volume raccoglie gli interventi di due personalità eminenti: un filosofo e un vescovo, entrambi membri dell'Académie française. I vangeli - osserva il prof. Michel Serres non escono dalla mano di accreditati sapienti e si rivolgono ai poveri riportando ingenue parabole, ma in modo così semplice, limpido e autentico che oggi sembra quasi impossibile scrivere nello stesso modo. Eppure, l'afflato universale delle pagine evangeliche e l'originale esperimento "autobiografico" degli Atti degli apostoli indicano la matrice, la radice, la forma originaria di un linguaggio che può liberare l'autenticità della scrittura sottraendola alle "formattazioni" tecniche e specialistiche del lessico accademico e di quello dei media. La stessa eredità del concilio Vaticano II (1962-1965), cioè lo sforzo di far dialogare la grande tradizione cristiana con il mondo contemporaneo, richiede di interrogarsi sul significato del "parlare di Dio" e "parlare a Dio" in un tempo di incertezza, di disincanto e di inquietudine, osserva mons. Claude Dagens. In questo contesto non si possono trascurare gli aspetti più paradossali e contraddittori dell'evangelizzazione: l'assunzione della solitudine, la solidarietà da esprimere, la fraternità da condividere, l'interrogativo sull'enigma del male - al tempo stesso sovraesposto e rimosso - e la possibilità di rinascita attraverso il mistero di Dio.
«No, non è correndo, non è nel tumulto delle folle e nella calca di cento cose scompigliate che la bellezza si schiude e si riconosce. La solitudine, il silenzio, il riposo sono necessari ad ogni nascita, e se talvolta un pensiero o un capolavoro scaturisce in un lampo, è perché l’ha preceduto una lunga incubazione di vagabondaggio ozioso».In questo breve testo degli anni Trenta Jacques Leclercq celebra le dolcezze e le virtù dell’indolenza e della lentezza, fondamentali per poter pensare, ammirare e rendere la nostra vita propriamente umana.
Sommario
Elogio della pigrizia. Supplemento all’elogio della pigrizia. Nota di lettura. Virtù della lentezza (E. Pace).
Note sull'autore
Jacques Leclercq (1891-1971), moralista e sociologo, è stato canonico e professore all'Università cattolica di Lovanio. Nel 1926 ha fondato e diretto la rivista La Cité chrétienne. Ha inoltre partecipato alla fondazione dell’École des Sciences politiques et sociales e della Société d'Études politiques et sociales.
Tra le sue opere: Leçons de droit naturel (5 volumi, 1927-37); Essais de morale catholique (4 volumi, 1931-38); Introduction à la sociologie (1948); La philosophie morale de St. Thomas devant la pensée contemporaine (1955); Du droit naturel à la sociologie (2 volumi, 1960), Le révolution de l'homme au 20e siècle (1963); Croire en Jésus-Christ (1967); Où va l'Église d'aujourd'hui? (1969).
Questo testo risale al 1967, anno in cui Perec entra a far parte dell'OuLiPo, l'opificio di letteratura potenziale, con Raymond Queneau, Jacques Roubaud e Italo Calvino.
La forza di rottura che il free jazz – o new thing – porta nello stallo e nella stagnazione che seguono la morte di Charlie Parker, consente all'autore di chiarire questioni che riguardano soprattutto i problemi della scrittura.
Il contributo di Perec – osserva Paolo Fabbri – potrebbe smussare il duro giudizio sull'esoterismo delle avanguardie pronunciato dal grande storico del Novecento Eric J. Hobsbawm, secondo il quale il jazz e il cinema, più del cubismo e delle ricerche musicali dotte, hanno rappresentato le esperienze estetiche più ricche di senso per gli uomini del XX secolo.
sommario
La cosa. Nota di lettura. Un gioco esemplare di vincoli e libertà (P. Fabbri).
note sull'autore
Georges Perec (1936-1982), scrittore francese, si impone con il primo romanzo Le cose e nel 1967 entra a far parte dell'OuLiPo divenendone ben presto figura di spicco. La sua opera principale è La vita, istruzioni per l'uso, nella quale descrive in modo metodico, tra ironia e pessimismo, le persone e le cose presenti e passate di un caseggiato parigino.
Paolo Fabbri, semiologo, ha collaborato per molti anni con Algirdas J. Greimas a Parigi e con Umberto Eco a Bologna. Ha insegnato nelle Università di Firenze, Urbino, Palermo, Bologna e in molti atenei europei e americani. È stato direttore dell'Istituto Italiano di Cultura di Parigi.
La riflessione generale sull'educazione sembra essersi dissolta e polverizzata in ambiti specialistici di intervento, caratterizzati più da aspetti tecnici che da visioni di sistema: psico-pedagogia, neuropedagogia, psicologia dell'apprendimento, psicologia dell'età evolutiva, pedagogia del gioco, pedagogia dell'eccellenza. Vi sono poi le teorie sulla costruzione della mente, che sembrano superare la dimensione pedagogica o esigerne una radicale rivisitazione, e le esigenze dell'organizzazione economica, che richiede all'apprendimento la certificazione delle competenze e la loro validazione. Tuttavia, come non ci si può sbarazzare facilmente della filosofia, necessaria al respiro della nostra interiorità, così è inevitabile che l'urgenza educativa si faccia sempre più pressante quanto più si avverte lo smarrimento di fronte alla indecifrabilità di un presente così vasto e così complesso da scoraggiare ogni tentativo di comprensione unitaria. Presentazione di Maurizio Viviani.
Il canto di Marino accompagna i bambini ad accostarsi alterna della disabilità, con un'attenzione particolare all'autismo infantile. Un racconto delicato, nato da una storia vera, per educare i bambini a vedere oltre la diversità, e imparare a conoscere attraverso la creatività e l'immaginazione. Età di lettura: da 8 anni.
Non buttare via ciò che hai di più prezioso: la tua identità.
E ricordati che non c’è gioia nella droga.
“Io mi occupo di sentimenti e so che basta un momento di abbandono, un lutto, una ferita che abbia distrutto la propria autostima per perdersi nella droga e non tornare più indietro.” Negli ultimi anni se si escludono le notizie di cronaca nera, è calato il sipario sulla diffusione della droga, sul come affrontare i drammi che coinvolgono intere famiglie, come fosse semplicemente una questione privata, o addirittura normale. Un silenzio che Vittorino Andreoli non accetta e che ha deciso di rompere presentandoci il suo punto di vista con grande semplicità. A partire dalla sua lunga esperienza nel mondo delle realtà più difficili, Andreoli prende per mano il lettore e lo accompagna in un’esemplare ricognizione nei luoghi dell’anima, rivolgendosi non solo a chi la droga la tiene dentro la testa, ma anche a chi la tiene in tasca e potrebbe usarla, a chi teme che i propri figli ne siano già parte.
Pagina dopo pagina, Carissimo amico. Lettera sulla droga non offre uno sguardo accusatore, ma quello lucido di un uomo vicino al dolore dei suoi simili e che difende “il diritto a non drogarsi” perché non c’è libertà nella dipendenza. Un libro che finalmente dice che cosa succede nella relazione tra un giovane e le droghe, e che dà voce al dolore di chi è costretto a convivere con questa terribile realtà.
Che cosa c’è oltre la persona? Le sue relazioni con gli altri costituiscono solo un rapporto esteriore che, per quanto profondo possa essere, non tocca l’essenza della realtà individuale di ciascuno? Per dirla in termini aristotelici e scolastici, sono “accidentali” rispetto alla sostanza della persona? Oppure postulano una “realtà” che va al di là delle stesse persone individuali, che costituisce una dimensione ultrapersonale, o più precisamente ultraindividuale? Che cosa ci sarà oltre la persona, al termine della sua vita temporale, quando la dimensione spazio-temporale sarà superata? Vi sarà una continuità,e di che tipo? O il nulla? Questo studio tenta una risposta unendo insieme le due domande,che in effetti si risolvono in una sola. Rispondere alla seconda (che cosa ci sarà oltre la persona nel futuro?) è lo stesso che rispondere alla prima (che cosa costituisce nel profondo la persona umana?). Pronunziarsi circa l’essere costitutivo della persona,se sia un emergere casuale e provvisorio di un soggetto o se è il frutto irreversibile di un atto creativo,è già dire essenzialmente quale sarà il suo futuro.
AUTORE
Giuseppe Guerra nato a Napoli il 1944, è stato ordinato sacerdote nella Congregazione della Missione di S. Vincenzo de’ Paoli nel 1968. Laureato in filosofia e teologia,ha insegnato nella Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale a Napoli. Ha scritto Credere e capire(Bari,1987),Senza dualismi (Roma,1996);Storia dei Missionari vincenziani nell’Italia meridionale(Roma,2003). Dirige la rivista “Informazione Vincenziana”.
Un libro di un cristiano combattente nel primo conflitto mondiale. Interrogativi provocatori e temi di estrema attualita, tra tensioni e affanni che si respirano ancora in questi giorni.
Donne e uomini che abitano la biosfera sono, al pari del coronavirus che ha sconvolto le nostre vite, il risultato di una cosmogenesi permanente, da cui proviene l'intero vivente sulla Terra. Tutto ciò che ci circonda fa parte di una storia comune che dura da quasi 14 miliardi di anni. Ma, dimenticando di essere totalmente interconnessi, abbiamo finito col separarci dalla natura e dalle sue leggi, presumendo di poter progettare la Terra come un nostro manufatto. La pandemia in corso ci ammonisce che il futuro arriva quando meno ce lo si aspetta, e che solo uno sforzo comune e convergente può affrontare con successo le minacce di questo secolo - il brusco cambiamento climatico, un non impossibile conflitto nucleare, una irrimediabile ingiustizia sociale.
È ormai accertato che il contagio da Covid-19 sia partito da un mercato di Wuhan dove si vende carne di animali selvatici. Quando foto e video sono iniziati a circolare nel mondo occidentale, il mercato è apparso a molti come una sorta di girone dell'inferno: l'assenza di ogni standard igienico, la crudeltà con cui vengono trattati gli animali vivi, la convivenza ravvicinata tra uomo e creature selvatiche. Francesco De Filippo compie un'analisi sul rapporto storico tra l'uomo e l'animale, che risale alla durissima civiltà contadina, mettendo a confronto due modelli che oggi appaiono agli antipodi. Ma se di mercati come quello di Wuhan è punteggiato tutto il Sud-Est asiatico, non vuol dire che le stesse pratiche siano sconosciute all'Occidente. Una generazione fa, in Italia e in Europa l'allevamento degli animali e le modalità di consumo delle loro carni erano identiche a quelle orientali. E anche oggi, l'Italia e l'Europa non hanno poi molto da insegnare in materia di rispetto della vita animale.