
In "Pene d'amor perdute" di William Shakespeare c'è una scena celebre per la sua oscurità che, se messa in rapporto con quanto Giordano Bruno aveva scritto nell'Inghilterra di Elisabetta I, consente la messa a fuoco del maggiore problema politico dell'Occidente cristiano sconvolto dalle guerra di religione: la fondazione della sovranità autonoma dello Stato secolare - un problema che per tutto il secolo XVII continuerà a essere al centro del pensiero di Hobbes e Spinoza, e che comportava l'ineluttabile scontro dell'autorità secolare con quella religiosa, cattolica o riformata che fosse. Partendo dai concreti tentativi di soluzione di quel problema in Inghilterra, Francia e a Venezia, Gilberto Sacerdoti ne porta alla luce le radici intellettuali: da un lato il conflitto fra Papato e Impero, dall'altro il ruolo giocato non soltanto dall'"averroismo latino", ma anche dalle originarie fonti di quel pensiero islamico-ebraico medievale in cui la filosofia aveva per la prima volta rifiutato di essere ancella della teologia. Dietro Bruno, Bodin e Sarpi emergono poco a poco le figure di Averroè, Maimonide e Al-Farabi.
Il lavoro seminariale raccolto in questo volume prende spunto dal frammento "Capitalismo e religione", composto da Benjamin nel 1921. Qui, in poche pagine il capitalismo è presentato come una religione puramente cultuale, che tende a reiterare all'infinito un meccanismo di indebitamento e di colpevolizzazione da cui non può esserci scampo. A distanza di quasi un secolo, l'intuizione di Benjamin risulta confermata in maniera plateale dalla crisi dei nostri giorni, e non c'è da stupirsi se il frammento è diventato ormai un riferimento costante nei dibattiti recenti sulla natura e sul destino del capitalismo. Per queste ragioni l'Associazione Italiana Walter Benjamin (AWB) ha scelto questo breve testo per inaugurare le pubblicazioni del suo Seminario permanente, affiancando a una nuova traduzione del frammento i contributi dei diversi autori che hanno preso parte al primo ciclo di incontri. Questo lavoro vorrebbe contribuire ad avviare una fase nella ricezione dell'opera di Benjamin interessata soprattutto a farne emergere il valore per una comprensione critica dell'attualità.
Alternando ritratti e panoramiche, e misurando l'attualità di autori canonici, eccentrici o dimenticati, il volume offre un ampio spaccato della letteratura italiana tra la fine dell'Ottocento e il Duemila. Ma il titolo non è solo uno stratagemma vivace per indicarne i confini cronologici. Infatti, occupandosi di un'epoca moderna e postmoderna in cui il peso pubblico dei linguaggi letterari si è andato rapidamente riducendo, l'autore racconta gli estremi sviluppi del rapporto abnorme che in Italia ha storicamente legato l'identità nazionale agli scrittori: scrittori che spesso, quasi a risarcire una società priva di coesione e di modelli politici comuni, da puri rappresentanti di valori estetici sono stati trasformati in veri e propri personaggi, in catalizzatori di climi ideologici e in simboli di un costume o di un modo di vivere. Ne risulta un libro in cui le analisi stilistiche fanno tutt'uno con la critica della cultura.
Un ghostbuster si aggira per l'Europa: l'antiziganismo. Come ogni razzismo, l'antiziganismo combatte un fantasma, gli "zingari", che esso stesso ha evocato. Ma, come in ogni caccia ai fantasmi sociali, esso ha bisogno di corpi materiali e tangibili su cui far presa: così, in tempi e luoghi diversi, suoi capri espiatori sono state e sono quelle persone che si addensano in una nuvola identitaria e si dicono rom, sinti, manus, calons, travellers, romanicel... Questi soggetti a volte soccombono, a volte sfuggono, a volte si adattano, a volte vincono, ma la loro vita terrena è votata all'autodifesa e la loro intelligenza deve essere quotidianamente dedicata al contenimento dell'antiziganismo che li perseguita; vi devono investire energie individuali e collettive. Quando l'antiziganismo offre loro delle pause, la tranquillità li rende finalmente cittadini.
Al cuore di questo lavoro è incastonata la coscienza, vista come esperienza complessa e dinamica influenzata da percezioni sensoriali, impulsi affettivi e interazioni con l’ambiente fisico e virtuale. Voltolin esplora come i media digitali stanno trasformando noi e il modo in cui viviamo e percepiamo le cose, nella quotidianità ordinaria così come nella vita spirituale. Tecnologie digitali e realtà virtuale, concepite come un’estensione del corpo e delle capacità umane, amplificano le esperienze sensoriali e offrono nuove forme di interazione con il mondo e con il trascendente: permettono esperienze immersive che coinvolgono profondamente corpo, mente e spirito. La nostra coscienza, allora, può estendersi oltre i limiti fisici. Ciò in fluisce anche sull’esperienza religiosa, perché i linguaggi digitali possono arricchire la nostra spiritualità, permettendoci nuove modalità di preghiera e contemplazione. Infine Voltolin esplora la coscienza come esperienza vissuta. I media digitali facilitano una comprensione più integrata della coscienza, intesa come un flusso continuo tra percezione, emozione e pensiero, e superano la separazione tra soggetto e oggetto, trasformando l’interazione tra coscienza e realtà.
L'opera ripercorre e ricostruisce la problematica 'teologica' e, più in generale, religiosa del pensiero filosofico del Novecento. A questo scopo chiama a raccolta i maggiori specialisti e studiosi, assegnando loro il compito di redigere un saggio, essenziale e documentato, sulle figure più significative e i capitoli più importanti del secolo scorso.
Dalla quarta di copertina:
Il progetto di quest'opera è nato dall'idea di ripercorrere e di ricostruire la problematica «teologica» e, più in generale, religiosa nella filosofia del Novecento. Per questo sono stati chiamati a raccolta docenti e studiosi - specialisti per i loro studi e per i loro scritti nei vari ambiti storiografici e teoretici -, impegnandoli a redigere un saggio, essenziale e documentato, sui più significativi filosofi (che nel testo si susseguono in ordine cronologico, da Nietzsche a Habermas) (1-37) e su importanti capitoli della cultura del nostro secolo (38-45). La ricostruzione presenta quasi una storia del problema «teologico» nella filosofia del XX secolo, che risulta inoltre arricchita dalle numerose citazioni dei testi «teologici» più espressivi.
Collaboratori del volume:
Angela Ales Bello, Dario Antiseri, Emilio Baccarini, Massimo Baldini, Francesco Bellino, Marco Bonato, Nynfa Bosco, Giuseppe Cantillo, Gerardo Cunico, Attilio Danese, Giulia Paola Di Nicola, Anna Escher Di Stefano, Umberto Galeazzi, Alessandro Ghisalberti, Rosino Gibellini, Giovanni Invitto, Irene Kajon, Tommaso La Rocca, Roberto Mancini, Paolo Miccoli, Aniello Montano, Gianfranco Morra, Paolo Nepi, Michele Nicoletti, Pier Paolo Ottonello, Giancarlo Penati, Giorgio Penzo, Ugo Perone, Sergio Quinzio, Bernardo Razzotti, Paola Ricci Sindoni, Graziano Ripanti, Aurelio Rizzacasa, Armando Savignano, Mario Signore, Sergio Sorrentino, Piero Stefani.
Quale influsso ha esercitato la Bibbia sulla letteratura mondiale? Nell’analisi di opere letterarie, anche a livello di studi accademici abitualmente teniamo poco conto dei riferimenti alla Bibbia. Forse perché la nostra familiarità con le Scritture ebraico-cristiane è sempre più scarsa.
In questo suo originale lavoro – una storia della ricezione letteraria della Bibbia – Karin Schöpflin espone il contenuto, la forma e il messaggio di singoli scritti biblici e, operando una scelta tra opere “classiche” della letteratura occidentale pubblicate fino alla metà del XX secolo, mostra come poeti e scrittori hanno recepito modelli narrativi, temi, motivi e personaggi tanto dell’Antico quanto del Nuovo Testamento. Contribuendo, lungo i secoli, a renderli ancor di più patrimonio culturale dell’intera umanità.
Questo libro si fa apprezzare per la sua spiccata valenza pluridisciplinare. Per chi si interessa di letteratura stimola a percepire molteplici collegamenti, riferimenti, rielaborazioni, riutilizzi, allusioni e tracce bibliche nelle opere qui prese in considerazione, e di conseguenza conduce ad apprezzare la rilevanza ininterrotta del “grande codice della cultura occidentale” per la letteratura. Per chi si interessa di teologia e di scienze bibliche mette retrospettivamente in nuova luce, attraverso le opere letterarie che li hanno recepiti, non pochi testi biblici.
Hans Joas propone una visione alternativa della secolarizzazione e tratta delle sfide sociali e intellettuali che il cristianesimo si trova oggi ad affrontare. Per Joas la fede deve poter essere sperimentata come un’articolazione convincente delle esperienze personali più intense e le chiese devono accettare il fatto che la fede è ormai diventata un’opzione.
Descrizione
La modernizzazione conduce necessariamente alla secolarizzazione? La secolarizzazione porta inevitabilmente alla decadenza morale? Anche se la situazione religiosa attuale è caratterizzata dalla contestazione di vecchie idee e da una crescita generale delle possibilità di scelta, parlare in modo sommario della modernità non aiuta a comprendere la fase storica che stiamo vivendo.
In questo libro Hans Joas propone una visione alternativa della secolarizzazione e parla delle sfide sociali e intellettuali di fronte alle quali si trova oggi il cristianesimo. Per aprirsi al futuro, da un lato la fede deve poter essere sperimentata come un’articolazione convincente delle esperienze personali più intense e, dall’altro, le chiese istituzionali devono accettare il fatto che, a causa della diffusione della incredulità, la fede è ormai diventata un’opzione.
Il libro, rifacendosi anche agli inediti recentemente pubblicati, presenta anzitutto un agile profilo della figura e del pensiero del grande filosofo del Novecento, Emmanuel Levinas. Vi si intrecciano le vicende della vita con il contenuto delle opere, il radicarsi nella tradizione religiosa ebraica e l'impegno a ripensarla con metodo fenomenologico per farne emergere i significati universalmente umani. Tra questi, sono centrali l'assolutezza dell'appello etico del volto d'altri e la dimensione di trascendenza della soggettività umana investita di responsabilità. Segue l'approfondimento di quattro temi teologici: 1. L'itinerario a Dio in chiave etica; 2. Il rapporto tra giustizia e misericordia; 3. Le tensioni dell'escatologia; 4. La trasfigurazione etica e teologica del corpo. Scritto in linguaggio accessibile a tutti da uno dei migliori studiosi di Levinas in Italia, il libro è particolarmente indirizzato a persone con interessi teologico-religiosi.
Il mondo contemporaneo celebra la "diversità": la pluralità della globalizzazione rende la vita più interessante, più libera. Ma c'è anche il rovescio della medaglia: l'esistenza di molteplici credenze religiose - e la consapevolezza che oggi ne abbiamo - solleva svariati problemi, al di là della retorica che circonda il fenomeno. Innanzitutto solleva delle questioni filosofiche cruciali riguardo alla natura e al senso della religione; per esempio: le singole religioni rivendicano le une di fronte alle altre una pretesa di verità. In secondo luogo solleva acute questioni di carattere politico; per esempio: si fa difficile la convivenza o viene persino minata alla base la coesione sociale. Questo libro intende affrontare di petto l'una e l'altra dimensione, facendo luce e suggerendo piste da percorrere. La linearità e la chiarezza delle argomentazioni di Trigg svela elementi utilissimi per capire la condizione nella quale oggi ci troviamo immersi e mette in discussione pregiudizi consolidati.