
Quali caratteristiche hanno coloro che si avvicinano al mondo della donazione di sangue? E quali sono gli elementi che possono favorire questo gesto? Il volume, nato da una pluridecennale collaborazione con diverse sezioni AVIS, intende sottolineare in maniera innovativa la valenza sociale e le ricadute applicative connesse al gesto di donare il sangue, offrendo al lettore un'analisi psicologica attenta che collega fra loro elementi di personalità, valori familiari e caratteristiche organizzative. Leggendo la donazione tanto con lo sguardo del ricercatore quanto con gli occhi, le voci e le riflessioni dei donatori e dei diversi livelli associativi, il testo mostra la rilevanza di una ricerca sociale applicata che combini una rigorosa metodologia di ricerca con la necessità di rispondere a domande sociali concrete. L'augurio è che il volume, sintetizzando quanto emerso dalle analisi dei dati e proponendo ricadute possibili in termini operativi ed organizzativi, possa esser d'aiuto a donatori, organizzazioni, ricercatori, e a tutti coloro che a vario titolo si occupano di ricerca e interventi legati alla donazione di sangue.
"A partire dalla caduta del comunismo, il nuovo scontro che oppone islamismo e liberalismo imperversa in tutti i continenti e attraversa tutti gli strati sociali. All'inizio tale scontro si è espresso sotto l'etichetta controversa di "scontro delle civiltà", prima di assumere la forma di una "guerra globale al terrorismo", condotta con un gran numero di soldati e di armamenti sofisticati. È paradossale constatare che il dibattito delle idee è rimasto relativamente vago in ragione del carattere indefinito del nemico, carattere che riflette la coesistenza di gruppi e organizzazioni dai contorni incerti, ma la cui affiliazione islamica esprime, di riflesso, un ritorno prepotente della componente religiosa nel campo politico e geopolitico. Per questo motivo l'attualità del terrorismo ha dato luogo a dispute mediatiche sull'islam, la cui eco risuona tuttora, sulla sua compatibilità con la modernità e la democrazia, sulla condizione della donna nell'islam, sulla sua iconoclastia e sulla sua proibizione delle raffigurazioni, sulla violenza nel Corano e quindi, per estensione, sull'immigrazione e l'integrazione dei musulmani, sull'antisemitismo o ancora sull'islamofobia. Al di là degli aspetti tecnici e della relativa espressione mediatica, tali controversie permettono di elaborare una storia del terrorismo ormai ricca di numerosi episodi rilevanti. A partire dagli anni Ottanta, infatti, l'islamismo in tutte le sue forme ha occupato in maniera progressiva la scena internazionale, focalizzando l'attenzione dell'opinione pubblica sia negli eventi esterni sia in quelli interni al mondo occidentale. La quasi totalità delle crisi e dei conflitti del dopo guerra fredda hanno visto il coinvolgimento di combattenti musulmani dall'Algeria all'Afghanistan, passando per la Somalia, il Sudan, lo Yemen, la Cecenia, i Balcani e il Sahel. Gli interventi militari occidentali, finalizzati a stroncare il fenomeno, sinora non hanno fatto altro che spostare o aggravare le difficoltà delle società prese di mira. Tuttavia, l'interconnessione degli interessi e la globalizzazione dell'informazione fanno sì che le fragilità degli uni rimandano alle problematiche degli altri, conferendo un'impressione di vicinanza psicologica che rende le frontiere nazionali labili agli occhi di giovani disorientati. La sovraesposizione mediatica degli eventi locali offre altresì una cassa di risonanza internazionale alle azioni e alle organizzazioni terroristiche, le quali acquisiscono così ulteriore notorietà e attirano sempre più membri fin nel cuore delle democrazie occidentali. Che si tratti di una minaccia reale o percepita, il terrorismo islamista è stato ed è un tema centrale nelle politiche nazionali e nelle relazioni internazionali. Malgrado il cambiamento fondamentale di ordine geopolitico del 2011, non c'è alcun dubbio che questo fenomeno continuerà a occupare la scena politica e mediatica anche nei prossimi decenni." (dall'Introduzione al volume)
Bianca Guidetti Serra è protagonista - e testimone insieme - della storia d'Italia novecentesca nei suoi momenti cruciali: dalla Resistenza (condivisa con gli amici Primo Levi, Ada Gobetti, le migliaia di donne dei "Gruppi di difesa" istituiti insieme ad Ada a Torino), alla militanza nel Partito comunista e poi alla fuoriuscita nel 1956 in seguito ai fatti d'Ungheria. Fino alla scelta di perseguire l'impegno sociale attraverso la professione di avvocato penalista, prerogativa all'epoca di poche donne. Sono gli anni delle battaglie giudiziarie in difesa dei diritti dei lavoratori, delle donne e anche della tutela dell'infanzia. Ricalcando le tappe che hanno segnato il secolo, con i nuovi movimenti nati dal '68 sino agli anni di Piombo, l'autrice rievoca episodi clamorosi in cui ha svolto un ruolo di primo piano: dalla vicenda della Banda Cavaliere al grande processo di Torino alle Brigate Rosse. È uno sguardo inedito su quegli eventi vissuti in prima persona: la revoca del collegio dei difensori da parte dei capi storici delle Br e l'emergenza processuale, l'omicidio del presidente dell'Ordine, Fulvio Croce (incontrato poche ore prima), la rivendicazione "in diretta" dell'omicidio di Moro nei proclami dei brigatisti. Pagine di storia. Come lo sono del resto anche le cronache dal vivo dei processi contro le "fabbriche della morte" a difesa dell'ambiente e della salute: dall'Ipca di Ciriè all'Eternit di Casale Monferrato.
Dall'immediato dopoguerra al governo Berlusconi, dal palco di Woodstock ai campi profughi del Libano, dall'incontro con Franco Basaglia agli affettuosi scappellotti di papa Wojtyla, Antonio Guidi ci prende per mano e ci accompagna, con una trascinante gioia di vivere e un pizzico di malinconia, su una strada che credevamo di conoscere, ma che d'ora in avanti non potremo più guardare con gli stessi occhi. Ripercorrendo la vita di un uomo che ha lottato e ha vinto le sue battaglie, "Con gli occhi di un burattino di legno" racconta tra le righe settant'anni di storia italiana visti attraverso lo sguardo particolare di uno spettatore fuori dal comune.
Il libro nasce dall'esperienza professionale e umana in un settore dove è necessario assumere un atteggiamento meno tollerante verso l'inosservanza dei diritti umani e dei bambini. "Mai più un bambino..." sta a indicare: mai più un bambino abusato, abbandonato, sottratto alla sua famiglia, drogato, violentato, mercificato. Significa mettere in campo iniziative culturali, istituzionali, legislative nazionali e internazionali, promuovere le migliori buone pratiche affinché i diritti umani, e dei bambini in modo particolare, non siano più negati o disattesi. Mai più.
Il rosa non è né una “quota” da proteggere o imporre, né solo un colore, il rosa è un modo di essere, di sentire e di agire, ben lontano dalla subalternità, dalla fragilità e dalla dipendenza, caratteristiche troppo spesso associate al genere femminile.
Chiara Guidi racconta venticinque donne che hanno “rivoluzionato” dal punto di vista culturale e sociale il nostro tempo: da Alda Merini a Zaha Hadid, da Oriana Fallaci a Santa Faustina Kowalska.
Non un libro al femminile ma un libro “femminile”, perché spesso sono state proprio le donne ad agire un cambiamento profondo nella società, con modalità e strumenti femminili ma non per questo meno incisivi. Un libro da gustare
nella diversità delle sue protagoniste, storie divertenti
e coinvolgenti, storie di un secolo attraverso il mondo,
da Parigi a New York, da Milano alla Polonia, storie di vocazione e di illuminazione.
CHIARA GUIDI è critico d’arte e curatore, vive e lavora a Milano. Da anni esegue un puntuale lavoro di monitoraggio dell’arte italiana, attraverso sia i suoi principali protagonisti sia gli artisti emergenti, curandone mostre e originali progetti, oltre che il lavoro di artisti internazionali che appartengono a una generazione emergente. Fra le più importanti curatele: Man Ray, Luoghi della seconda Avanguardia, Agire il mondo e Potere la lingua.
Nel primo volume della monumentale tetralogia dedicata a Federico il Grande l'autore ne ripercorre la giovinezza, l'ascesa al trono nel 1740 e la conquista della Slesia alla fine dello stesso anno. Ne esce un grande affresco che delinea i tratti umani, poetici, filosofici, militari e politici del più grande sovrano del suo secolo. Nato nel 1712, Federico vive un'adolescenza terrificante dominata da un padre despota, che cerca di soffocare la sua naturale vocazione da poeta e musicista, cosa che non gli impedirà di diventare uno dei massimi condottieri della storia. Compone inoltre in francese un'opera poetica più imponente di quella di Molière, ma anche 126 sonate per flauto, strumento che padroneggia da grande virtuoso. Tre giorni dopo essere salito al trono abolisce la pena di morte e la tortura, poi mette mano alla riforma della giustizia, che riduce la durata dei processi ad un anno. Fa anche spedire in galera un paio di giudici, perché "un giudice disonesto è peggio di un bandito di strada" Abolisce la servitù della gleba nelle terre demaniali e distribuisce la terra ai contadini, il primo a farlo, secondo Karl Marx. Corrisponde per una vita con d'Alembert e Voltaire, che lo ammirano e sognano come il resto d'Europa l'avvento ovunque di un sovrano assoluto altrettanto illuminato. Compie ogni anno un giro delle province su un vecchio e malandato calesse per verificare de visu l'esecuzione delle riforme decise. In fatto di tolleranza rimarrà sempre inimitabile, soprattutto in fatto di fede, poiché "non credo in nessuna religione, ma le tollero tutte". Quando poi 'Europa intera mette al bando gesuiti, li accoglie nel suo regno, perché sono i migliori insegnanti in circolazione, dei quali ha bisogno per diffondere l'istruzione ovunque. Nel vedere a Berlino una folla accalcata davanti a un muro, che ha affissa una sua feroce caricatura, si avvicina e commenta: "Mettetela più in basso, così possono vederla tutti senza stirarsi il collo". Uno dei suoi limiti è la misoginia, infatti mai una donna metterà piede nella sua reggia di Sanssouci, compresa la moglie. Sul suo assolutismo illuminato Voltaire dirà che è " meglio obbedire ad un bel leone che a duecento ratti."
In una bella giornata di sole, nel tiepido febbraio della Florida, l'avventura nello spazio di Umberto Guidoni ha inizio. Quando, dopo due minuti e mezzo dal lancio, i due razzi a combustibile solido si staccano, tra la folla scoppia un'ovazione. Il primo italiano a entrare nella Stazione spaziale orbitante racconta il lungo volo che l'ha portato a realizzare il suo desiderio di bambino: gli anni di studio, le lunghissime selezioni, la durezza dell'addestramento, i sacrifici, i viaggi, i trasferimenti da una parte all'altra dell'Oceano Atlantico, con moglie e figlio al seguito, fino al traguardo finale: staccarsi da Terra per guardare il mondo dallo Spazio.
L'Odissea è il primo vero romanzo della letteratura occidentale e Ulisse, il suo protagonista, è l'ultimo degli eroi, il primo personaggio moderno. Ma che uomo è stato? Ha lasciato una moglie a casa da sola con un bambino e un vecchio suocero da accudire. E come padre? Il figlio Telemaco è dovuto crescere senza di lui, prigioniero della sua ombra e condannato a non poter diventare mai davvero adulto. E le tante donne che ha incrociato nel suo viaggio? Per quanto si possano essere rivelate perfide, sono state tutte sedotte dal suo fascino e dalla sua scaltrezza e poi abbandonate: Circe, Nausicaa, Calypso. Guidorizzi ci accompagna alla scoperta di un eroe guardandolo attraverso gli occhi di chi ha partecipato solo da comprimario alla sua epica vicenda. E lo fa, come di consueto, unendo al rigore del classicista la passione e la brillantezza del narratore.
Tutti sappiamo che le origini della nostra cultura stanno là, in quella penisola assolata e spazzata dai venti, e nella miriade di isole che popolano il mare viola dell'Egeo. In quelle terre cominciarono a essere usate le parole più antiche di cui si abbia memoria, e alcune di queste continuano dopo più di tremila anni a essere pronunciate. La storia delle parole è anche la storia dei concetti che esprimono e che si misurano col tempo. Giulio Guidorizzi ne ha scelte trenta che fanno da guida alla genesi di alcune idee fondamentali anche per noi. Da "anima" a "sapienza", da "legge" a "giustizia", da "amore" a "amicizia", l'indagine investe la politica e l'arte, il diritto, le forze morali e i sentimenti. Ogni voce di questo lessico, vero vocabolario di antropologia della cultura, esprime un modo di concepire la realtà delle nostre origini e fa rivivere lo straordinario mondo dei Greci esplorando alcuni concetti tuttora attualissimi nella nostra civiltà.