
Questo libro serve a conoscere l'Analisi Transazionale nei suoi aspetti più pratici e più concreti. È un testo fatto per quanti vogliono imparare a crescere attraverso la costruzione di legami che rispondono al bisogno di intimità relazionale radicato nel cuore di ogni persona. Non basta lamentarsi dei rapporti malati presenti nelle tante situazioni quotidiane. Occorre imparare a reagire costruendo relazioni autentiche che aiutino a guardare in avanti, anche quando ci sono da affrontare problemi e patologie. L'intero sviluppo della persona è un continuo processo evolutivo che modella e trasforma le diverse dimensioni costitutive dell'identità di ciascuno; che si sviluppa lungo l'intero arco della vita, nei diversi contesti affettivi dove le relazioni hanno un significato centrale. Si tratta di un percorso esperienziale fondato sul presupposto che l'individuo, grazie alla sua radicale apertura all'altro e al mondo, è in grado di riconoscere e di realizzare le proprie potenzialità e le proprie aspirazioni esistenziali, favorendo così un benessere ed una maturazione che lo orientano verso una prospettiva di senso della sua esistenza.
Negli ultimi due decenni si sono succeduti tanti ministri dell'Istruzione, determinati a cambiare la scuola italiana. Ognuno di loro aveva un'idea alla quale pareva particolarmente affezionato: abolire gli esami a settembre (D'Onofrio], rimettere gli esami a settembre (Fioroni), riformare gli esami di maturità (Berlinguer), riformare la riforma degli esami (Moratti), introdurre il modulo dei tre maestri per due classi nelle scuole elementari (Mattarella), tornare al maestro unico (Gelmini). È palpabile la sensazione che si tratti di un parlar d'altro, un cimentarsi con piccole questioni marginali, un gattopardesco cambiare i nomi delle cose, lasciando tutto immutato. I problemi veri non si affrontano: non si riesce, non si vuole, non si può. Non si può perché la scuola è da anni un tema di scontro politico. Ormai però siamo all'allarme rosso. I livelli di formazione dei nostri alunni sono agli ultimi posti in Europa. E in certi casi le competenze dei docenti sono anche più basse. La dispersione e l'insuccesso hanno costi insostenibili. Insomma, siamo messi davvero male.
È stato tutto un sogno? L'autore, nato nel 1948, prima militante e poi dirigente FIOM dalla gioventù alla pensione, mette a confronto il mondo del lavoro degli anni '70 con la realtà attuale in un pamphlet che non fa sconti. La strada che ha condotto il sindacato più forte d'Europa all'attuale sconfitta è ripercorsa attraverso gli snodi della storia sociale e sindacale degli ultimi quarant'anni, molti dei quali vissuti in prima persona da Cremaschi. Lo scopo è dichiaratamente di parte: individuare la via per la quale il lavoro, i cui diritti durano poco come la vita delle farfalle, possa risalire la china, assieme a un paese precipitato nella rassegnazione alla disuguaglianza e allo smantellamento della democrazia. Il testo non indica un programma ma insiste sulla indispensabile condizione affinché tale risalita si realizzi: la totale emancipazione dal pensiero e dai modelli sociali dominanti fin dagli anni '80.
«Sono vissuto a lungo nei conflitti, tra i soldati al fronte, più ancora con le popolazioni colpite, negli ospedali, assieme ai profughi, cercando di comprendere le loro ragioni e spiegarle. Intanto in Europa si magnificava il nostro come uno dei periodi più pacifici nella storia. Ma, come vediamo oggi in Ucraina, la guerra è sempre parte di noi e l'avevamo solo rimossa.» Per Lorenzo Cremonesi, inviato del «Corriere della Sera» in prima linea sui fronti più difficili, il conflitto armato è il punto di vista ideale per ripercorrere la sua storia e quella del mondo in cui viviamo. Dal racconto del nonno tornato in licenza per 24 ore dalle trincee del Carso per sposarsi ai bombardamenti di Kiev, dal lungo lavoro come corrispondente da Gerusalemme fino ai fronti battuti da reporter in Iraq, Libano, Afghanistan, Pakistan, Siria, Libia e Ucraina, dal primo viaggio in bicicletta in Israele da ragazzo all'inchiesta sulla tragica morte sul campo della collega Maria Grazia Cutuli: una sorta di grande romanzo di guerra che intreccia storia familiare e reportage in presa diretta e narra vicende, personaggi e luoghi memorabili degli ultimi quarant'anni. Storie di esodi, morte e distruzione che ci aiutano a capire meglio il passato recente, il mondo di oggi e quello di domani.
"Questo libro nasce da una scritta vista su un muro di Roma: 'Spegnete Facebook e baciatevi'. Fantastica sintesi di un pensiero non conformista, un'idea appesa come una cornice in mezzo al fumo degli scappamenti, una finestra abusiva, una sfida all'arrancare quotidiano di milioni di formiche, tra casa e ufficio, tra palestra e centri commerciali, obbligate a connettersi e a essere connesse senza requie, senza pensiero, senza dubbio. Una protesta probabilmente vana, sommersa dalla forzata consapevolezza di poter comunicare solo attraverso la lettura di uno schermo o lo scorrere di parole scarne o di immagini che uno strumento tecnologico può e deve trasmettere senza soluzione di continuità." È con queste parole che Paolo Crepet introduce la sua analisi appassionata e libera da pregiudizi della condizione dell'individuo e dei rapporti interpersonali nel mondo digitale e interconnesso in cui oggi tutti viviamo, ma dal quale le giovani generazioni sembrano letteralmente rapite. Ma come sarà, da adulto, un bambino che ha comunicato sempre e soltanto attraverso un device? Che ne sarà della sua abilità nell'utilizzare e sviluppare il proprio apparato sensoriale? Quali cambiamenti interverranno nel suo modo di vivere i sentimenti e le relazioni sociali? Rispondendo a questi interrogativi, Crepet evita i toni apocalittici e la fin troppo facile demonizzazione del lato oscuro presente in ogni forma di progresso.
Un tempo il coraggio - nella sua accezione di ardimento fisico - era solo opera dell'umano, poi le macchine se ne sono impossessate: non più il guerriero armato delle sue proprie mani, ma di mitragliatrici, carri armati, lanciafiamme, cacciabombardieri. Un po' come accade ora con la tecnologia: fino a trent'anni fa occorreva pronunciarsi, scrivere, telefonare, dunque esporsi. Oggi si può comunicare, anzi si è indotti a farlo, senza un'interfaccia umana, dunque senza rischio, senza paura di compromettersi. E le umane virtù vengono delegate a ciò che umano non è. Così, anche il coraggio e la forza d'animo che vi è intrinsecamente connaturata stanno diventando sempre più un'astrazione virtuale, svuotata di senso, per uomini e donne che vagano senza bussola, giovani accecati dal presente e vecchi incartapecoriti nel ricordo. Per fronteggiare «la più grande urgenza sociale odierna», Paolo Crepet propone a genitori, educatori e, in particolare, a quei «nativi digitali» che si accingono a esplorare la propria esistenza in una società ipertecnologica un «ipotetico inventario» di alcune declinazioni del coraggio in vari ambiti dell'esperienza umana (il coraggio di educare, di dire no, di ricominciare, di avere paura, di scrivere, di immaginare, di creare...). Un inventario concepito come un'associazione di idee, un 'brain-storming', un esercizio utile per stimolare adulti e non ancora adulti a ritrovare la forza della sfacciataggine e la capacità di resistenza che la vita ogni giorno ci chiede. Ma in queste pagine Crepet parla soprattutto di un'altra e più ambiziosa forma di coraggio. Quella che dobbiamo inventarci per creare un nuovo mondo, se non vogliamo che siano altri a inventarlo per noi; quella che i giovani devono riscoprire per non ritrovarsi tristi e rassegnati a non credere più nei loro sogni; quella che tutti devono scovare in se stessi per iniziare un rinascimento ideale ed etico. Perché, alla fine, il coraggio è la magica opportunità che permette di capire il presente e di costruire il futuro.
Un tempo il coraggio - nella sua accezione di ardimento fisico - era solo opera dell'umano, poi le macchine se ne sono impossessate: non più il guerriero armato delle sue proprie mani, ma di mitragliatrici, carri armati, lanciafiamme, cacciabombardieri. Un po' come accade ora con la tecnologia: fino a trent'anni fa occorreva pronunciarsi, scrivere, telefonare, dunque esporsi. Oggi si può comunicare, anzi si è indotti a farlo, senza un'interfaccia umana, dunque senza rischio, senza paura di compromettersi. E le umane virtù vengono delegate a ciò che umano non è. Così, anche il coraggio e la forza d'animo che vi è intrinsecamente connaturata stanno diventando sempre più un'astrazione virtuale, svuotata di senso, per uomini e donne che vagano senza bussola, giovani accecati dal presente e vecchi incartapecoriti nel ricordo. Per fronteggiare «la più grande urgenza sociale odierna», Paolo Crepet propone a genitori, educatori e, in particolare, a quei «nativi digitali» che si accingono a esplorare la propria esistenza in una società ipertecnologica un «ipotetico inventario» di alcune declinazioni del coraggio in vari ambiti dell'esperienza umana (il coraggio di educare, di dire no, di ricominciare, di avere paura, di scrivere, di immaginare, di creare...). Un inventario concepito come un'associazione di idee, un 'brain-storming', un esercizio utile per stimolare adulti e non ancora adulti a ritrovare la forza della sfacciataggine e la capacità di resistenza che la vita ogni giorno ci chiede. Ma in queste pagine Crepet parla soprattutto di un'altra e più ambiziosa forma di coraggio. Quella che dobbiamo inventarci per creare un nuovo mondo, se non vogliamo che siano altri a inventarlo per noi; quella che i giovani devono riscoprire per non ritrovarsi tristi e rassegnati a non credere più nei loro sogni; quella che tutti devono scovare in se stessi per iniziare un rinascimento ideale ed etico. Perché, alla fine, il coraggio è la magica opportunità che permette di capire il presente e di costruire il futuro.
Una delle insidie più pericolose e sottovalutate della nostra epoca, in cui le nuove tecnologie digitali funzionano come un rallentatore cognitivo ed emotivo che rende tutto apparentemente fattibile e fruibile senza sforzo, è il progressivo deperimento - se non addirittura l'estinguersi - della passione, quella sfida lanciata al mondo e a se stessi per continuare a migliorarsi, a sperare, a sognare. Ma poiché, senza passione, non c'è una vita vera né una visione del futuro, in primo luogo del proprio, l'unico modo per non arrendersi a questa perdita è invocarla, provocarla, inseguirla, raccontarla. È quello che fa Paolo Crepet componendo un inventario di storie e riflessioni, attinte dalla propria esperienza esistenziale e professionale, che ruotano attorno a questa parola sacra, in tutte le sue accezioni e declinazioni. Perché spiegare ai giovani che cosa significhi la passione, il fuoco interiore necessario per tenere accesi i propri desideri e cercare di soddisfarli, è oggi un compito fondamentale, se si vuole davvero «sostenerli nella scoperta e costruzione di sé, alimentare la loro gioia, coltivare i loro entusiasmi, non anestetizzarli o assopirli». E siccome gli esempi valgono più delle parole, il libro è impreziosito dalle testimonianze di tre campioni di passione: Paolo Fresu, straordinario jazzista acclamato in tutto il mondo; Alessandro Michele, che ha rivoluzionato il panorama internazionale della moda, e Renzo Piano, tra i più celebrati architetti contemporanei. Tre uomini molto diversi per età, formazione e biografia, ma accomunati da un'inconfondibile caratteristica: l'inossidabile entusiasmo che anima il loro lavoro e l'assoluta fedeltà ai sogni di gioventù, che ne ha reso possibile l'avverarsi. Le loro storie ci insegnano che la passione è basata su ostinazione, tenacia e un'incontenibile urgenza di libertà, ed è un meraviglioso traghetto che trasporta e preserva la speranza di una vita stupefacente. Non è un viaggio facile, e nemmeno per tutti, ma la meta è così speciale che ognuno ha il dovere di dimostrare se ha il coraggio di affrontarlo.
«Da quando ho iniziato a scrivere questo libro ho cercato un'immagine che potesse rappresentare, almeno per me, un'idea "fisica" di libertà. Così una sera, improvvisamente, mi è tornata alla memoria una sensazione lontana, ma ancora vivissima: quella che accompagnava i miei passi di bambino dal bagnasciuga verso il mare nelle estati trascorse a Milano Marittima con la mia famiglia. Una strana percezione di "transizione" che avvertivo quando la sabbia sotto i miei piedi cominciava a perdere consistenza e sostegno, mentre io non ero ancora in grado di galleggiare sull'acqua.» È in questa immagine della soglia da attraversare, con uno stato d'animo in cui convivono timore e coraggio, paura di abbandonare la realtà conosciuta e attrazione irresistibile verso l'ignoto, che Paolo Crepet condensa la sua personale idea della libertà. Ed è da qui che parte il suo viaggio attorno a un concetto che non rimanda a qualcosa che si può toccare o vedere, bensì a un impulso - a volte appena percettibile, a volte prorompente - presente in ognuno di noi e capace di aprire porte e dischiudere casseforti, sollevare tappeti impolverati, agitare venti imprevisti, sfidare rassicuranti quotidianità. In quanto intima consapevolezza di poter fare, bramosia, miraggio, anelito, visione, la libertà può trovarsi ovunque, anche nei luoghi più impensati: in un carcere, in un convento di clausura, in una stanza d'ospedale, in una sala da concerto, in un laboratorio scientifico, in un centro di accoglienza per migranti. Lo testimoniano le biografie delle persone scelte da Crepet come compagni e guide in questo itinerario esplorativo, poiché ognuna ha saputo conquistare, nel duro confronto con le leggi e le regole della tradizione e del presente, un proprio spazio di libertà in cui coltivare un'idea di futuro e speranza. «Questo libro nasce dalla necessità di avviare una ricerca personale che mi riportasse indietro negli anni, per poter riflettere sul tempo che sto vivendo. Scriverlo è stata una provvidenziale provocazione contro ogni seduzione di autarchico appagamento.»
È successo all'improvviso, un virus ha sconvolto il mondo intero e, in un attimo, ci ha tolto la nostra libertà. Tutto è cambiato, ci hanno detto di rimanere a casa e lì abbiamo scoperto quanto sia difficile convivere, resistere, mantenere viva la speranza. Dopo la fugace euforia dei canti dai balconi, abbiamo scoperto una paura collettiva che in qualche caso è diventata panico, terrore. Sono vacillate le nostre certezze e, insieme alla quotidiana conta dei morti, anche le nostre speranze. La parte del mondo più avanzata, l'Occidente tecnologico e scientifico, è improvvisamente diventata frangibile e imperfetta. Ma non tutti i mali vengono per nuocere: alcuni, segnando, insegnano. L'epidemia ci ha costretti tra quattro mura, è vero, ma così facendo ci ha permesso di rallentare e tirare il fiato, di riscoprire abitudini e sogni abbandonati in un cassetto durante la forsennata corsa quotidiana e, dunque, di conoscerci di più. Abbiamo scoperto di essere molto meno forti di quello che pensavamo. Abbiamo scoperto di essere vulnerabili. Ma è proprio da questa vulnerabilità che dobbiamo e possiamo partire, accettando le nostre debolezze e i nostri limiti, sperando che il virus abbia ucciso l'arroganza e la protervia. Il delirio di onnipotenza che ci aveva annebbiato le menti, che ci aveva resi incuranti del cambiamento climatico, dell'inquinamento, delle sperequazioni economiche e sociali, forse, è caduto per sempre. In questo libro Paolo Crepet analizza cosa è accaduto durante i mesi di lockdown e la lenta ripartenza, e cosa ci aspetta in un presente ancora minacciato dal virus. E si concentra sulla necessità del cambiamento, che per lui significa «non uccidere la speranza di poter avere un futuro diverso da quello che ci eravamo meritati». Non solo un saggio, ma anche un viaggio dentro di noi, per scoprire cosa dobbiamo salvare dell'umanità e quali cambiamenti sono necessari per salvaguardare il domani.
Le pagine di Lezioni di sogni vogliono essere spunti, provocazioni, richiami, un'occasione per riflettere sul futuro delle giovani generazioni. Che cos'è il talento e come supportarlo? Come gestire il rapporto con la tecnologia e i social media? Come educare alla gentilezza, al rispetto, alla complessità?
Siamo nel pieno di quella che papa Francesco ha definito una catastrofe educativa: molti adulti si sentono sperduti, impreparati, quasi impotenti di fronte alle nuove generazioni e i giovani si trovano senza punti di riferimento sicuri. In un mondo che cambia con rapidità, è più che mai necessario ripensare il difficile compito di educare. Ripercorrendo quanto scritto negli ultimi trent'anni, mescolando ricordi personali e pubbliche riflessioni, Paolo Crepet offre il frutto della sua lunga esperienza, delineando quello che in molti hanno definito "il metodo Crepet". Un lungo viaggio, che pone al centro il bisogno di ripensare la genitorialità, la scuola, il rapporto tra le generazioni, il futuro. Non possiamo ignorare che la necessità di un profondo cambiamento si scontri con resistenze, timori, egoismi difficili da vincere, freni che privano bambini e ragazzi del diritto di far nascere i propri sogni e di coltivarli, affidandosi alla capacità di sentire le proprie emozioni e di lasciarsi coinvolgere dalla passione per un progetto di vita. Serve dunque la forza di una voce critica, anche scomoda, che scuota da questo torpore educativo e aiuti a invertire la rotta. Le pagine di Lezioni di sogni vogliono essere dunque spunti, provocazioni, richiami, un'occasione per riflettere sul futuro delle giovani generazioni. Che cos'è il talento e come supportarlo? Come gestire il rapporto con la tecnologia e i social media? Come educare alla gentilezza, al rispetto, alla complessità? Sono solo alcuni degli interrogativi a cui nessuno può sottrarsi, perché «i bambini ci guardano e imparano da noi bellezze e viltà». Paolo Crepet scrive perciò questo libro "come un portolano utile, per naviganti impauriti da vecchie e nuove tempeste, per chi voglia riafferrare il bandolo di una matassa troppo strategica perché sia lasciata all'ignavia degli indifferenti2.