
Gli enti locali olandesi hanno svolto nel tempo un ruolo fondamentale nell'accoglienza e nell'integrazione dei minori non accompagnati, con cura di affidarli in contesti omoculturali. La ricerca studia il modello nato da questa esperienza e ne analizza la fattiblità in Italia.
Nella storia dell'economia mondiale, la globalizzazione è stata un processo storico guidato dall'innovazione e dalla tecnologia, consentendo, da un lato, una maggiore integrazione economica mondiale, ma, dall'altro, i suoi vantaggi non sono sempre riusciti a mitigare rischi di instabilità e disuguaglianze. Questo concetto, ormai diffuso, non solo è emerso come un'importante opportunità per la teoria e la pratica economica, ma è entrato anche negli ultimi anni nei dibattiti accademici, dove è ampiamente utilizzato e studiato in varie discipline come il commercio internazionale, l'economia così come la sociologia, la scienza politica e il diritto. Gli eventi, come i più recenti della pandemia Covid-19 e la guerra in Ucraina, hanno portato numerosi studiosi a formulare teorie su una nuova forma della globalizzazione cercando di darne una spiegazione. E il ruolo dell'Unione Europea? Questo libro intende descrivere il possibile ruolo economico globale che può assumere l'Unione Europea nella costruzione di una nuova "globalizzazione 4.0".
La vita di Giobbe, uomo giusto e dedito a Dio, viene scossa e turbata da diverse sciagure che si succedono rapidamente. Questi eventi mettono in crisi le sue certezze e la sua identità portandolo, dopo grandi sofferenze, a guardare la sua esistenza con occhi nuovi. In questo libro cerchiamo di riflettere sull’esperienza del dolore umano e sulla possibilità di conferirgli un significato, lasciandoci guidare dalla vita di Giobbe, dai momenti più bui e da quelli cruciali per la sua rinascita.
Biografia
Giuliano Franzan Teologo, Psicologo e Sessuologo. Lavora con coppie in difficoltà e segue diversi gruppi in un cammino di Fede, leggendo la Bibbia anche sotto l’aspetto psicologico. Segue diversi corsi per fidanzati sia in campo teologico che psicologico in Veneto e in Trentino. Ha pubblicato diversi articoli e due libri con la casa editrice Messaggero di Padova. È specializzato in problematiche di coppia e lavora come psicologo e sessuologo presso il suo studio privato a Bussolengo (VR).
Giulia Ciclamini. Psicologa. Lavora con bambini e adolescenti in difficoltà e con le loro famiglie. Sta portando avanti la formazione in sessuologia presso l’associazione A.I.S.P.A. di Milano. Segue diversi percorsi sul tema dell’educazione e dell’affettività rivolti a genitori ed educatori.Attualmente svolge l’attività di psicologa presso i suoi studi privati di Bussolengo (VR) e Lendinara (RO).
Questo libro è stato pensato per fornire delle conoscenze di base di psicologia generale agli studenti di quei corsi di laurea o di diploma che richiedono una preparazione e una competenza in quest'area disciplinare. L'obiettivo è quello di fornire uno strumento didattico a carattere introduttivo, in grado di favorire l'acquisizione di quelle conoscenze utili a orientarsi nell'ambito della psicologia scientifica, che aiutino a comprendere le dinamiche alla base dei processi mentali, e a familiarizzare con i metodi e le tecniche della ricerca psicologica.
Questo manuale costituisce un aggiornamento e un ampliamento della precedente edizione ed è rivolto a quell'ampio pubblico di studenti di facoltà e corsi di studio che richiedono una preparazione e una conoscenza generale dei fondamenti sperimentali della psicologia. L'obiettivo è quello di fornire uno strumento a carattere introduttivo che permetta di comprendere le dinamiche dei processi cognitivi e dei comportamenti sulla base di evidenze scientifiche. Le aree prese in considerazione nel volume rappresentano i temi tradizionali dello studio del comportamento e della mente: la percezione, l'attenzione e la coscienza, l'apprendimento, la memoria, il linguaggio, il pensiero e le emozioni.
I saggi del secondo volume dell'"Atlante delle mafie coprono" un ampio spettro di problemi: le descrizioni delle rappresentanze territoriali delle mafie nel Centro e nel Nord, uno studio sulla Basilicata, il racconto delle mafie fatte da alcuni giornali, Tv e magistrati, ed altri temi che comprendono i movimenti antimafia, il cosiddetto "partito della mafia", il riciclaggio, le donne. Sono spaccati che consentono di penetrare ambiti nuovi o già conosciuti, ma riletti con un'ottica nuova, per comprendere le "ragioni di un successo", preoccupazione analitica che continua a caratterizzare la scelta dei testi ospitati in questa seconda pubblicazione. Il saggio introduttivo dei curatori, in particolare, si sofferma sul fatto che il successo delle mafie anche nelle regioni del Centro-Nord obbliga a rivedere i canoni interpretativi con cui l'opinione pubblica nazionale ha seguito l'evoluzione dei fenomeni mafiosi, partendo dal convincimento che non sarebbe seria oggi una storia delle mafie senza includere ciò che è avvenuto negli ultimi trent'anni in quei territori dove il fenomeno delle infiltrazioni mafiose "è giudiziariamente quasi inesistente", almeno secondo le risultanze giudiziarie di quelle regioni.
Roma è sotto assedio. Un lungo assedio criminale che comincia già dopo la breccia di Porta Pia, con l'imponente lottizzazione e con gli scandali della Banca Romana; si rafforza con la presenza di mafiosi di caratura internazionale dediti allo spaccio di droga dopo la fine della Seconda guerra mondiale; si organizza con la comparsa della banda della Magliana e infine dilaga con l'inchiesta Mafia Capitale, che ha puntato i riflettori su un'associazione a delinquere arrivata al cuore della politica e dell'amministrazione capitolina, e che tuttavia la Corte di cassazione non ha ritenuto di qualificare come mafia. Solo a Roma convivono forme tanto eterogenee di malavita, dalla violenza di strada alla criminalità locale evoluta in organizzazione mafiosa, o che agisce con modalità mafiose, alle mafie storiche come cosa nostra, camorra e, soprattutto, 'ndrangheta. Sotto attacco continuo, la città non è stata mai definitivamente espugnata da un solo potere criminale. Per la prima volta, questo libro, a firma di uno fra i massimi esperti di criminalità organizzata, fa luce sul groviglio di interessi e sull'anima oscura della città, lì dove traggono forza i poteri che per conquistarla si sono di volta in volta alternati, combattuti e alleati.
Cosa lega la mafia alla 'ndrangheta e alla camorra? Si tratta solo di atteggiamenti culturali o di vere o proprie organizzazioni con tanto di gerarchle, cerimonie di affiliazioni, regolamenti interni ecc. ? Questo libro di Enzo Ciconte ricostruisce la storia delle tre più potenti organizzazioni criminali italiane (senza tuttavia tralasciare le altre) dimostrando come vi siano alla base dei caratteri comuni che consentono di considerarle come un unico fenomeno che si esplia secondo modalità e forme diverse.
«In Piemonte, prima che in Lombardia, la 'ndrangheta ha cercato contatti con il mondo della politica perché ha un disegno organico di conquista di questa regione. Potrebbe imitarsi a fare riciclaggio e invece lavora per entrare nei palazzi. Questo perché vuole stabilizzarsi in questi territori e per farlo ha bisogno di potere».
Uscirà domani in tutte le librerie d'Italia «Politici (e) malandrini», (Rubbettino), l'ultimo di 18 libri di Enzo Ciconte, 65 anni, storico delle mafie laureato in Lettere a Torino, docente a Roma Tre e l'Aquila, che ha dedicato un intero capitolo al Piemonte. Dal caso «Domodossola» negli anni Ottanta a "Minotauro, passando per Cuorgnè l'amarcord di contatti scomodi tra alcuni esponenti di partito e quella che poi si sarebbe rivelata la criminalità calabrese, racconta l'escalation dei tentativi della 'ndrangheta di avvicinare le istituzioni. Partiamo dall'inizio. Perché la 'ndrangheta ha interesse per la politica?
«Non certo per difenderne gli ideali, ma perché ritiene sia la via più facile per varcare il portone di accesso ai lavori pubblici e agli appalti» Quando si registrano in Piemonte i primi contatti tra affiliati e rappresentanti di partiti?
«Il rapporto divenne visibile a metà degli anni Ottanta. In Val d'Ossola ci fu la progressiva occupazione del Psi. Ci riuscirono facendo iscrivere in massa dei corregionali ignari delle finalità di quell'iscrizione. Erano soltanto una massa di manovra, pedine inconsapevoli. Già allora la 'ndrangheta aveva in testa un progetto politico».
Poi cita Bardonecchia. Un caso unico. Perchè?
«Bardonecchia è il primo caso di scioglimento di un Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose al di fuori dei confini calabresi. Una decisione senza precedenti in una cittadina in cui ci sono stati investimenti miliardari. Con il cosiddetto racket delle braccia Rocco Lo Presti creò una base elettorale che garantì voti al sindaco di allora, ma anche ad altri politici...».
E arriviamo ai giorni nostri, a Minotauro.
«Il vostro giornale ha fatto un titolo efficacissimo: la mafia nel tinello di casa. Qui la 'ndrangheta diventa più invasiva nel cercare rapporti con la politica rispetto al passato. Adesso c'è un atteggiamento di avvicinamento sistemico, aggressivo. I casi sono tanti e si sono svolti con modalità diverse tra di loro. I politici - che non sono indagati hanno detto di non sapere di avere a che fare con 'ndranghetisti. Dicono di aver agito in buona fede, ma il problema resta il ritardo con cui i partiti affrontano il problema delle preferenze e dei voti».
Si spieghi meglio. Cosa intende dicendo che il problema sono le preferenze?
«Non è accettabile che in nome del consenso tu chieda voti a qualcuno senza sapere il bacino da cui li attinge. Se lasci briglia sciolta in nome di un appoggio elettorale, finisci con il trovarti tra i piedi questi personaggi, anche inconsapevolmente. Nel caso in cui chiedi appoggio a una personalità conosciuta è chiaro che quella sposterà un voto d'opinione, ma se non è cosi devi essere sicuro da dove provengono quei voti. Devi accertarti che siano limpidi, trasparenti. E questo lo dico per il bene del Piemonte».
Chi sono i banditi? Criminali comuni, assassini, ladri, disperati. E ancora: nobili decaduti, artigiani, contadini, giovani ribelli che non accettano il giogo attorno al collo, sia quando viene da un aristocratico del luogo sia quando arriva da un invasore straniero. La loro presenza causa incertezza nelle strade, difficoltà nelle comunicazioni, violenza diffusa. E tuttavia, quando c'è aria di mutamenti di regime essi rappresentano un'opportunità per i potenti che li utilizzano contro i propri nemici. Il libro offre un ampio affresco della reazione ai fenomeni di banditismo dagli albori dell'età moderna fino alla repressione messa in atto nei primi decenni dell'Italia Unita. Emerge un quadro complesso che vede al centro questioni sociali legate alla terra. La lotta del regno sabaudo contro il brigantaggio propriamente detto è quindi solo l'ultimo capitolo di una secolare storia di sanguinose repressioni, in cui i poteri statali che si sono via via avvicendati non sono stati in grado di trovare altra risposta che non fosse il sangue. Certo, è soprattutto in uno stato che si definisce liberale che colpisce la delega assoluta concessa ai militari che governano con leggi eccezionali, stati d'assedio e tribunali militari. Ma Enzo Ciconte ci ricorda che quanto è accaduto nel Mezzogiorno non può essere attribuito alla responsabilità dei soli piemontesi: le truppe venute dal Nord sono state aiutate con le armi da tanti meridionali espressione di una borghesia in ascesa.
Siamo abituati ad associare le emissioni di CO2 solo alla produzione energetica e ai trasporti. Ma vi siete mai chiesti quanto esse dipendano da cosa scegliamo di mangiare? La risposta è una sola: moltissimo, perché le abitudini di consumo, i processi di produzione e il riscaldamento globale ormai sono legati a doppio filo. Il direttore dell’associazione ambientalista Terra! e autore di importanti inchieste sulle filiere agro-alimentari ci racconta perché saper scegliere cosa mangiamo ci salverà dalla crisi climatica.
Se il clima cambia, cambia l’agricoltura. Se cambia l’agricoltura, cambia anche il cibo che mangiamo. È sotto i nostri occhi: la crisi climatica ha già sconvolto i cicli colturali, stanno diminuendo le api mettendo a rischio l’impollinazione, le ondate di maltempo distruggono interi raccolti, gli agricoltori abbandonano la terra perché il cibo che producono vale sempre meno. E non è tutto. L’aumento degli allevamenti industriali si traduce in milioni di ettari di deforestazione all’anno e sfruttamento delle terre arabili per la produzione di mangimi. Il consumo smisurato di acqua e fertilizzanti così come la quantità di alimenti sprecati si aggiungono alle ragioni gravi che attentano alla salute del nostro pianeta. È arrivato il momento di essere tutti consapevoli che l’agricoltura e gli altri usi della terra sono responsabili del 23% delle emissioni climalteranti totali, una cifra che arriva al 37% se si includono i processi di trattamento dei prodotti alimentari. E, fatto non meno importante, sull’altare del nostro fabbisogno si sta sacrificando l’equilibrio tra il consumo di risorse naturali a livello globale con la capacità del pianeta di rigenerarle. Comprendere tutto questo significa da una parte assumere abitudini di consumo rispettose del clima, delle stagioni e della biodiversità; dall’altra chiedere alla politica e alle istituzioni di rendere l’agricoltura non una nemica, ma un’alleata del pianeta.

