
Per la copertina di questo volume la geopolitica è un pane rovente, simbolo di necessità e attrazione. L'ammiraglio Giuseppe Lertora, autore della prefazione, scrive che ci troviamo davanti ad un: "... libro composito accessibile anche a neofiti, tanto più adatto ai cultori della materia; senza retorica né melina..." e che Danilo Ceccarelli Morolli: "... snoda i vari intercalari con trattazioni di alto profilo concettuale, con appropriate dissertazioni, esempi concreti ed inediti, considerazioni e dotti richiami storici." Per canto suo l'autore dichiara in premessa che: "... nelle mie intenzioni, quanto scritto non desidera essere la propugnazione di una nuova teoria geopolitica né tanto meno un manuale esaustivo. Al contrario, vi è l'auspicio di offrire agli studenti o al lettore alcune nozioni generali e di base." Prefazione di Giuseppe Lertora.
Lo spazio pubblico e la democrazia rappresentativa stanno vivendo importanti sollecitazioni dovute allo sviluppo della comunicazione tecnologica e all'allargamento delle forme di partecipazione. Il concetto e le stesse pratiche di cittadinanza vanno riconfigurandosi, come mostra il libro, che, richiamando l'idea di democrazia del monitoraggio, aiuta a comprendere che cosa significa essere cittadini nel mondo globale al tempo di Internet.
Di fronte al cambiamento della società e della politica, dei cittadini e della democrazia nel contesto della rivoluzione digitale, le domande che si pongono sono numerose. In che senso la politica è diversa dal passato? È veramente cambiata? È l'essenza che cambia o sono solo le forme che mutano? Il manuale tradizionale non sempre riesce a dare gli strumenti per interpretare queste nuove traiettorie della politica, mentre questo agile testo adotta uno sguardo multidisciplinare, intersecando elementi di tipo politologico, sociologico, degli studi culturali e della comunicazione: cogliendo così il cambiamento avvenuto negli ultimi anni e le trasformazioni che stanno segnando il nesso tra cittadini e politica su cui gli studiosi stanno da tempo riflettendo. Il volume si caratterizza per la scelta di dare particolare evidenza alla dimensione digitale che condiziona profondamente le nuove logiche dell'azione collettiva, gli attori della politica rappresentativa, fino alla qualità stessa della democrazia.
Tra il 1929, anno di pubblicazione del suo primo romanzo, Gli indifferenti, e il 1990, quando improvvisamente scompare nella sua casa romana, Alberto Moravia osserva l’Italia, viaggia in un mondo di cui analizza l’evoluzione catastrofica e partecipa all’elaborazione del romanzo moderno. Scrittore precoce – a diciassette anni comincia la redazione di un romanzo considerato un capolavoro assoluto –, ottiene una notorietà immediata. Antifascista, coraggioso difensore delle sue posizioni intellettuali, Moravia è perseguitato dalle leggi razziali prima e durante la guerra, ma riesce ugualmente a pubblicare. Dai suoi romanzi di successo (Agostino, Il conformista, Il disprezzo, La noia) sono tratti film che ne consolidano la notorietà. Grande reporter, segue da vicino i maggiori avvenimenti del XX secolo, raccontati attraverso testimonianze da Stati Uniti, India, Cina, Giappone, Unione Sovietica e Africa. Distinguendo sempre la ricerca artistica dall’impegno politico, che esige altre azioni e altri linguaggi, la sua opera e il percorso della sua vita rivelano una personalità che vuole affrancarsi dalle origini borghesi: “L’anormale ero io” scriverà. La sua vita affettiva lo vede legato a tre donne di grande temperamento (Elsa Morante, Dacia Maraini, Carmen Llera), mentre coltiva intense relazioni con due generazioni di letterati: su tutti l’amico Pier Paolo Pasolini, ma anche Bontempelli e Malaparte, Sciascia ed Elkann. René de Ceccatty costruisce una vera e propria biografia intellettuale di Alberto Moravia, il racconto appassionato di una vita all’insegna della libertà, riflesso di un secolo che ha segnato profondamente l’Italia e il mondo intero.
René De Ceccatty, romanziere e drammaturgo, traduttore dall’italiano e dal giapponese, critico letterario (per Le Monde des livres), è oggi uno dei più profondi conoscitori francesi di Alberto Moravia, e della letteratura italiana in genere. Ha pubblicato le biografie di Pier Paolo Pasolini, Sibilla Aleramo e Maria Callas, mentre in veste di direttore letterario è stato l’editore delle opere del grande scrittore algerino Rabah Belamri. Per la casa editrice Seuil ha inoltre fondato la collana Solo, ora Réflexion.
Arriva, dopo circa quindici anni, questa nuova edizione de "I contratti dell'editore". Si è atteso che i tempi fossero maturi, che la tempesta perfetta - come è stata definita - si scatenasse sui mondo dell'editoria, portando, anche alla luce dell'impatto delle nuove tecnologie, a re-inventare, ri-pensare, ri-definire processi e prodotti, e di conseguenza le relative clausole editoriali che li regolamentavano negli accordi. Nasce da queste premesse la seconda edizione, riveduta e aggiornata: si è voluto mantenere l'impianto originario, di tipo pratico-operativo, integrandolo con tutto ciò che è richiesto dai nuovi scenari. L'obiettivo è aiutare non solo gli editori, ma anche gli autori, gli avvocati e gli esperti di diritti editoriali e del resto del mondo dei contenuti, in un momento di delicata coesistenza tra l'era - un tempo esclusiva - di Gutenberg e quella odierna di internet. L'esito spero sia un testo di facile consultazione in grado di rispondere a ogni domanda e casistica sui contratti editoriali, anche al tempo delle nuove tecnologie, il lettore troverà schemi e modelli contrattuali, facilmente replicabili e utilizzabili, grazie al CD allegato, per regolamentare tutte le fasi della realizzazione del libro e dell'e-book: dal contratto tra autore ed editore, alle traduzioni, sino alle coedizioni internazionali, alla riproduzione delle fotografie e alla collaborazione editoriale.
Che cosa ha portato Mario Draghi, l'uomo che aveva sempre rifiutato di diventare un politico, alla guida di un paese sull'orlo di una crisi di nervi? Un complotto dei poteri forti? L'ambizione? Il senso di responsabilità? E qual è il bilancio del suo governo undici mesi dopo? L'idea di Draghi ai vertici dello Stato parte da lontano, dalla cerimonia di commiato dalla presidenza della BCE, il 28 ottobre 2019, che lo ha consacrato leader tra i leader europei alla presenza di Merkel, Macron, Lagarde e Mattarella, il governo dell'Europa. Dopo quella cerimonia Draghi è diventato il convitato di pietra della politica italiana. La sua destinazione "naturale", per qualcuno la sua segreta ambizione, appariva il Quirinale. Sono state la pandemia e la paralisi di un sistema politico "consunto" a dirottarlo in primis su Palazzo Chigi. Undici mesi dopo, il bilancio del governo è positivo ma non privo di preoccupanti incognite. La pandemia è relativamente sotto controllo, ma l'azione riformatrice incontra crescenti resistenze. Il suo decisionismo evoca lo spettro di un semipresidenzialismo di fatto. Draghi come de Gaulle? Agli occhi dell'Europa tuttavia, Draghi è vieppiù l'uomo dal quale non si può prescindere, «the lender of last resort» del capitale istituzionale italiano secondo le banche d'affari. La sua presenza ai vertici dello Stato è un elemento di stabilità e garanzia per l'attuazione del Recovery Plan per il quale Bruxelles ha promesso all'Italia 220 miliardi, oltre metà dei quali a debito. Un suo fallimento equivarrebbe al fallimento di un'Europa che non vuole più essere "matrigna" e ciò lo pone al centro di un complesso big game geopolitico. Nella sua vita l'ex presidente della BCE ha vinto più d'una sfida. In questo libro Marco Cecchini racconta il banchiere centrale fattosi premier, sulla scia di una storia che va dalla formazione al "whatever it takes", e risponde alla domanda: Mario Draghi ce la farà anche questa volta?
«Il 7 ottobre 2023 Hamas non ha fatto solo strage di vite umane, ha ucciso un sogno. Il crimine peggiore. Uccidere per legittimare chi, sui due lati delle troppe muraglie, combatte per partito preso ogni possibilità di dialogo.» Nelle parole di Nello Scavo, poste all'inizio del libro, emerge il dramma che gli eventi del 7 ottobre hanno scatenato, proseguendo la scia di sangue che da decenni attraversa la terra di Israele e Palestina. Un punto di non ritorno. Eppure, proprio quando il baratro della guerra totale si fa reale e vicino, emergono segni di speranza, come l'esperienza del Villaggio di Neve Shalom Wahat al-Salam, nato più di cinquant'anni fa a metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv. Lì ebrei e palestinesi continuano a vivere insieme dopo il 7 ottobre, condividendo lo smarrimento e il dolore, ma anche l'ostinazione di chi crede ancora in un futuro possibile. Questo libro raccoglie le loro testimonianze: le loro parole tracciano percorsi e aprono prospettive concrete.
Perché lo scrivano Perekladin non ha mai usato in tutta la sua vita il punto esclamativo? Si può odiare la vocale «U» al punto di uscire di senno ed essere rinchiusi in manicomio? E può la burocrazia trasformare la banale richiesta di un ufficio postale periferico in un caso aggrovigliato che coinvolge persino il ministro? I tre brevi racconti di Cechov, Tarchetti e De Marchi riuniti in questo piccolo libro confermano che la scrittura è un ricco deposito di incubi, gaffe, incomprensioni, malintesi e ilarità. Eppure, talvolta, ossessioni ed errori servono a scoprire fatti nuovi, a condizione di saper fare buon uso delle inesattezze e degli abbagli. Perché da un errore creativo - insegnano i grandi maestri - può nascere una grande storia: «Chi farà pochi errori farà anche poche scoperte».
Vandalo è chi distrugge l'antico. Ma non solo. Vandalo è chi distrugge l'antico perché la città assuma una fisionomia più consona a interessi privati e non pubblici, perché il suo territorio venga spremuto al pari di una risorsa dalla quale ricavare quanto più reddito possibile. La degradazione della storia e della sua eredità, la manomissione della natura non sono solo violazioni inammissibili di quanto il passato ha elaborato. Sono anche uno dei modi di essere dell'Italia in quegli anni. Questo libro dà il tono di un paese che sarebbe potuto essere diverso da com'é.
Quest'anno l'Atlante dell'infanzia è dedicato alla scuola. Entra sul tema da un punto di vista preciso: quello dei bambini e degli adolescenti che sono nelle condizioni di maggior rischio e per i quali la scuola rappresenta, da sempre e in tutto il mondo, una delle poche ancore di salvezza. Vi sono scuole che hanno svolto e svolgono un ruolo anticipatore, di avamposto, con un artigianato intelligente, un pensiero pratico. Accanto a tante eccellenze, nelle scuole italiane si incontrano tuttavia situazioni inaccettabili, di analfabetismo didattico, precarietà organizzativa, carenze strutturali, deserti relazionali, vere e proprie discriminazioni e ingiustizie che fanno pagare un prezzo enorme proprio ai bambini più svantaggiati, così come testimoniano i dati su quella grave emergenza che Save the Children ha definito povertà educativa. Com'è possibile che il meglio e il peggio coesistano nella più grande infrastruttura educativa del Paese? Come agire sulle cause delle diseguaglianze educative che segnano intere generazioni? Come rileggere, a partire da queste contraddizioni, l'autonomia scolastica, la distribuzione delle risorse, la formazione e lo statuto professionale degli insegnanti, e un tema spinoso come quello della valutazione? Per riformare davvero la scuola si potrebbe cominciare investendo nella trasformazione delle zone più a rischio in comunità educanti, che nel concreto significa non lasciare da sola la scuola a combattere la povertà educativa. Con la costruzione di comunità educanti dove oggi regnano il degrado urbano e la criminalità si va a lavorare in frontiera: quella che segna l'orizzonte del nostro Paese e della nostra democrazia.
Stai pensando a un ex compagno di scuola che non senti da anni, quando improvvisamente squilla il telefono e all’altro capo del filo c’è proprio lui. Dal fondo di un armadio, dove è stato dimenticato per anni, emerge un pacchetto che contiene proprio l’abito che stavi cercando in quel momento. Stai per salire su un aereo, ma avresti urgentemente bisogno di parlare a un amico che rincorri da giorni senza successo. Salito a bordo, lo trovi seduto nel posto di fianco al tuo. Si tratta di «coincidenze», che la scienza spiega con lunghe catene di cause ed effetti, e il senso comune definisce solo come capricci del caso. E se dietro a ognuna di esse ci fosse qualcosa di più, qualcosa che non si può spiegare con il calcolo delle probabilità o con il semplice fatalismo? Se le nostre necessità e le nostre speranze potessero infl uenzare gli avvenimenti sul piano fisico e incanalarli verso ciò a cui aspiriamo? Esiste insomma la possibilità di interazione tra spirito e materia, una facoltà umana che non conosciamo e che potrebbe migliorare il corso della nostra vita? Già un secolo fa Carl Gustav Jung, introducendo il concetto di sincronicità e dedicandovi alcune delle sue pagine più importanti, aveva dato dignità scientifica ad argomenti fino ad allora sottovalutati dal mondo accademico. Oggi gli studiosi si interrogano sempre di più su questi temi, prendendo in considerazione ipotesi desunte da campi quali la teoria delle stringhe, la riduzione dell’entropia, la dinamica non lineare. Tra corpo e mente, tra scienza e fede, Le coincidenze non esistono è un viaggio affascinante attraverso i piccoli e grandi eventi sincronicistici della vita, quei rari momenti in cui l’universo sembra ascoltare le nostre richieste.
Jan Cederquist (1936-2009) è stato uno dei più famosi copywriter e pubblicitari svedesi e, grazie alle sue campagne, ha vinto moltissimi riconoscimenti nazionali e internazionali. Tra una pubblicità e l’altra ha coltivato il suo forte interesse per la filosofia, la psicologia e le tematiche spirituali. Sposato e padre di quattro figli, nel 1994 ha lasciato il mondo della comunicazione per dedicarsi alle sue più grandi passioni: scrivere, fare giardinaggio e suonare musica jazz con il contrabbasso. E dimostrare che le coincidenze non sono solo frutto del caso.
Questo saggio analizza la trasformazione del linguaggio politico avvenuta in Italia durante il lungo processo di transizione ancora in atto e che ha interessato le tre dimensioni della politica, "politics, polity e policy", ossia: la sfera del potere, l'identità della comunità organizzata e i processi decisionali. Il linguaggio della transizione si configura, pertanto, come linguaggio dell'assoluta contingenza della politica, incapace di tradurre le "issues" politiche e sociali in formule programmatiche adeguate, e di effettuare una concreta politica di governo nell'interesse generale del paese.