
È un'ipertrofia dei diritti ciò che spiegai, il declino italiano: questa la diagnosi di Alessandro Barbano, direttore del «Mattino». Si tratta di un virus che ha infiltrato il discorso pubblico e da decenni blocca ogni tentativo della politica e della società di riscattarsi. Certo, in passato i diritti individuali sono stati il carburante che ha alimentato la nascita, la crescita e l'affermarsi delle democrazie a scapito di assolutismi e di totalitarismi. Ma quando quei diritti sono diventati princìpi guida delle società, è emerso anche il loro lato oscuro, favorito oggi dallo sviluppo di innovazioni tecniche che aprono inedite prospettive. Proprio la visione di queste nuove possibilità amplia lo spazio delle aspirazioni del singolo e dei gruppi, facendo perdere di vista il limite etico insito nel concetto stesso di libertà. È ciò che si definisce «dirittismo», malattia che esibisce un sintomo ormai sotto gli occhi di tutti: la crisi della delega, ossia la rinuncia a qualsiasi mediazione tra gli interessi di uno o di pochi e quelli di tutto il corpo sociale. È accaduto nel campo politico, dove il dirittismo si è tradotto in aperta diffidenza nella classe dirigente e nel diffuso astensionismo; nel campo del sapere, dove manca il criterio della meritocrazia; e nella sanità, dove vale per tutti l'esempio del movimento contro i vaccini. E, altrettanto grave, è accaduto nel campo dei media, dove strumenti come Internet, Facebook, Twitter hanno scalzato la mediazione della carta stampata, stravolgendo spesso il messaggio veicolato. La combinazione di diritti e tecnica si è così tramutata in un fattore di indebolimento e disgregazione della stessa democrazia. Quello di Barbano è un viaggio nel pensiero di un Paese tradito dalla libertà, in cui nessuna élite ha più il coraggio di dire il vero e di fare i conti con minoranze organizzate sotto la bandiera dei diritti acquisiti. Dal palazzo alla piazza, dai giornali alla Rete, dalla scuola alla giustizia, il discorso pubblico non è più al servizio della democrazia. "Troppi diritti" intende raccontare come ciò sia accaduto e che cosa fare per uscire da una simile crisi epocale.
Le bugie del populismo, che governa l'Italia e assedia l'Europa, sono in parte le nostre bugie. Perché il populismo è figlio degli errori dei partiti che lo hanno preceduto. E perché i suoi tratti in qualche misura appartengono a tutti, si sono impossessati dei nostri ragionamenti, segnano il carattere della politica e della società. E raccontano in controluce la nuova notte della Repubblica, la più cupa e sinistra della sua storia. Riconoscere questa continuità tra un prima e un dopo è un dovere per chi voglia davvero sfidare il populismo. Da questa consapevolezza, secondo Barbano, si può rifondare un linguaggio della verità e della responsabilità, con cui tornare a parlare ai cittadini, e provare a convincerli senza ingannarli. Chi ritiene che i difetti, le miopie e gli egoismi che hanno condotto alla crisi della nostra democrazia stiano tutti da una sola parte ha già perso la sua battaglia. Così come chi insegue i populisti sul loro terreno non fa che dargli nuova linfa. In un modo e nell'altro si alimentano quelle dieci bugie che Barbano smaschera: luoghi comuni proposti come verità, che toccano questioni cruciali relative al lavoro, al fisco, al reddito di cittadinanza, alle pensioni, fino alla svolta falsamente epocale per cui il nuovo si pretende sempre meglio del vecchio. Strappare il velo della menzogna vuol dire «tenere insieme dubbi e coraggio, tanta capacità di autocritica e altrettanta voglia di ricostruzione», con la forza di un pensiero capace di cavalcare il progresso senza esserne dominato, di riannodare i diritti con i doveri, il senso con la ragione, gli individui con lo Stato. E, più di tutto, di riconoscere nella verità del limite l'essenza della sua stessa libertà.
C'è un luogo comune che si è fatto strada e oggi circola liberamente nella nostra società. E cioè che non serva la politica, quella con la P maiuscola, per uscire dalle crisi. Tuttavia l'emergenza coronavirus lo ha smentito con chiarezza. Come rileva Alessandro Barbano in questo libro, la lotta alla pandemia ha enfatizzato ovunque lo scontro tra due visioni alternative del mondo, l'isolamento nazionalista e la solidarietà globale, e le relative strategie. In Italia in particolare la polarizzazione del quadro politico, con una destra sovranista che tutto semplifica e una sinistra frantumata ancora alla ricerca di un'identità, ha imposto, per dirla con le parole dell'autore, una visione «virologica» della crisi, in cui la classe dirigente ha abdicato alla sua funzione di filtro delle decisioni. In questo scenario paludoso, in cui tanto la maggioranza quanto l'opposizione condividono una strategia di stabilizzazione in chiave bipolare, Barbano si chiede se esista lo spazio per un riformismo alternativo capace di sanare la frattura che si è creata fra libertà e responsabilità, uno spazio dove recuperare la complessità del reale che il populismo e un certo giornalismo d'assalto mirano a banalizzare. La risposta è sì ed è questa «visione» a delineare una nuova prospettiva in grado di cambiare il nostro Paese. Lo chiamano «terzo polo» o «idea di centro». Consiste nel rilancio di un compromesso fra tre culture, quella liberale, quella popolare e quella socialista, declinate in una nuova forma di rappresentatività che sappia dare risposte complesse ma credibili a problemi specifici. Si tratta di quesiti chiave per la nostra democrazia che investono, per esempio, il rapporto con l'Europa, le politiche economiche e in particolare il debito pubblico; la riforma della legge elettorale e il finanziamento dei partiti; la ricostituzione di una corretta intermediazione tra cittadini e governanti, riagganciando la delega alla competenza; la riforma della giustizia; il rapporto con le altre culture e la gestione dei migranti; la rivalutazione del merito in ambito non solo scolastico. È una visione alternativa alla destra e alla sinistra, estranea ai vecchi contenitori e autonoma rispetto alle future alleanze; capace di chiamare alla responsabilità una leadership autorevole e un quadro dirigente plurale, e di attuare scelte ispirate a una visione strategica e non solo tattica. Una prospettiva che si riconosce nel dialogo e nella sintesi tra la cultura liberale, la cultura cattolica e la cultura riformista, perché nessuna di queste, presa singolarmente, è più sufficiente.
La depressione è un disturbo che può manifestarsi in diverse forme e momenti nella vita delle persone, inducendo una perdita della capacità di provare piacere e dell'energia necessaria ad affrontare la vita. Una condizione di sofferenza che, se protratta a lungo, può arrivare a dare il desiderio di togliersi la vita. Milioni di persone al mondo subiscono le conseguenze di questo disturbo dell'umore: alcuni convivono con la depressione cronicamente, altri ne sono vittime in modo ricorrente, spesso senza riuscire a comprenderne il motivo. Ma qual è l'origine della depressione? Quali sono i danni che può provocare a livello personale, relazionale, sociale e lavorativo? E soprattutto, è ancora un tabù sociale tanto da indurci a non parlarne? Come si può aiutare un nostro amico e familiare a farsi curare? In questo libro sono esposti in modo chiaro e sempllce i diversi e più importanti fattori biologici, psicologici e sociali che contribuiscono alla nascita di questo disagio e che consentono di comprendere e rispondere nel modo più adeguato alle diverse forme di depressione.
Che lettori va cercando questo libro che cerca segnali d'amore nell'universo? Coloro che vogliono conoscere tutto di Luca Barbareschi? Anche, certo. Ma più ancora chi, di questo personaggio che non si può dire si sia negato alle cronache lungo gli ultimi quarant'anni, pensa di sapere già tutto. Perché ogni pagina, ogni riga, ogni parola risulterà una scoperta. Senza negare né rinnegare nulla, Luca Barbareschi - con la "spudoratezza" di sempre - si racconta. Cerca segnali. D'amore. In una autonarrazione ironica, divertente, piena di energia. Di ciò che ha vissuto come uomo, come attore, come manager culturale, ci dice per la prima volta le motivazioni profonde. E come la ricerca di ciò che sta dietro l'apparenza si sia trasformata via via in cammino spirituale, un cammino che unisce ebraismo e neuroscienze, trasgressione e restituzione, rabbia e amore. Il "pirata" Barbareschi all'assalto non più dei velieri nemici ma di se stesso. Confrontandosi con le parole dei grandi - da Shakespeare all'ironia pungente di David Mamet, il suo autore di elezione - Barbareschi ha scritto un romanzo autobiografico dedicato a quanti non hanno smesso di credere nei loro sogni, nei cieli notturni, nelle storie antiche, nelle lunghe attese, nella voglia di fare festa perché la vita è questo strano gioco nel quale tutti ci troviamo a recitare.
Una presentazione chiara e rigorosa dei principali cambiamenti fonologici e morfosintattici occorsi nell'evoluzione dal latino alle lingue romanze. Il testo colma un vuoto nell'offerta didattica per l'università: esistono infatti numerosi manuali che trattano la storia esterna delle lingue romanze o che si romanze o che si concentrano sullo sviluppo dei generi testuali, mentre minore attenzione è dedicata alla grammatica storica. L'evoluzione è studiata sistematicamente per sardo, romeno, italiano, romancio, francese, occitano, catalano, spagnolo e portoghese. La conoscenza del latino non è presupposta. I principi della linguistica storica sono esplicitamente introdotti e illustrati.
Dal 2007 a oggi la crisi dell'euro ha fatto cadere governi, fallire banche, capitolare intere economie. Milioni di cittadini europei stanno pagando il conto di scelte che non hanno compreso né condiviso. Le previsioni catastrofiste sulla tenuta dell'euro sono (per ora) andate a vuoto, ma in Italia il prezzo è stato altissimo: molto rigore, troppe tasse, un aumento vertiginoso della disoccupazione e del debito pubblico. Così all'improvviso la politica è stata costretta a discutere, difendere, proporre: bisogna uscire dall'euro; solo la lira può salvare le imprese; la Germania di Angela Merkel sta combattendo una guerra senza carri armati. Oppure no: dobbiamo rimanere nella moneta unica ma "battere i pugni sul tavolo", rompere i vincoli del rigore, accettare il fallimento delle istituzioni comunitarie e tornare a una "Europa dei popoli", qualunque cosa questo voglia dire. Ma al di là degli slogan, quasi nessuno sa cosa sia successo davvero: come si è passati dalla crisi delle banche a quella degli Stati e poi di nuovo delle banche? Di questo circolo vizioso senza precedenti tra debito privato e debito pubblico, la Bce è la maggiore responsabile o l'unica soluzione possibile? Consegnare il destino dell'Europa alla Banca centrale è l'inevitabile conseguenza del vuoto della politica o una sconfitta della democrazia? Il problema dell'Italia è l'Europa o semmai è vero il contrario? La notte dell'euro è stata lunga ma non è ancora finita. Queste pagine sono una guida per orientarsi nel buio.
Anche le forme di governo hanno una loro storia, un albero genealogico attraverso cui riconoscere le diverse famiglie e la loro discendenza. Tutto cominciò in Inghilterra, dove tra '600 e '700 prese forma il sistema parlamentare, il modello di tutti i successivi modelli. Poi gli "inglesi" d'America, volendo imitare la loro madrepatria, finirono per inventare un modello alternativo, la forma di governo presidenziale. Molti anni dopo, in Francia, nel corso di una difficile transizione, si affermò un terzo modello, quello semipresidenziale. E in Italia, dallo Statuto albertino in poi, come sono andate le cose? Questo volume, giunto alla seconda edizione aggiornata, ricostruisce la storia e illustra la tipologia delle principali forme di governo democratiche. Un agile strumento per chi vuole orientarsi nel dibattito politico e istituzionale.
Il nuovo terrorismo fondamentalista è un fenomeno per definizione sovranazionale; ma le legislazioni antiterrorismo rimangono incardinate sullo Stato nazionale. Con quali strumenti giuridici affrontare la nuova minaccia senza mettere in discussione le nostre concezioni di libertà. Dove comincia il bisogno di sicurezza? Come deve essere ridefinito il concetto di garanzia individuale nelle nuove condizioni? Come lavorano le istituzioni internazionali su questi temi? L'autrice, un magistrato da anni impegnato in questo campo, accompagna il lettore tra i molti interrogativi che attraversano la nostra coscienza civile e giuridica nel tempo nuovo del terrore globale.
Tre api d'oro su sfondo azzurro: il simbolo di una delle famiglie più importanti della nobiltà italiana. La storia appassionante dei Barberini e di un principe moderno. L'ultimo erede di una delle dinastie più prestigiose dell'aristocrazia italiana è oggi il piccolo Maffeo. Suo padre, il principe Urbano Riario Sforza Barberini Colonna di Sciarra, rievoca per lui in questo libro le avvincenti vicende famigliari attraverso quattro secoli di sfide, passioni, trionfi e cadute. Dal primo Maffeo destinato a diventare Papa Urbano VIII, uomo di potere e di cultura, che fece della bellezza una missione, a Cornelia Costanza che nel Settecento fu la promotrice del primo rococò italiano. Da Maffeo Sciarra, imprenditore, politico e mecenate di fine Ottocento che diede voce, tra gli altri, a Gabriele D'Annunzio e Matilde Serao, fino ai protagonisti del Novecento: il pilota Urbano della regia aeronautica italiana, che nel 1942 precipitò e scomparve in mare; la sorella Stefanella, femminista ante litteram; la giovanissima vedova Nadia, che seppe farsi carico della gestione dei beni di famiglia. Una dinastia che è uno scrigno di appassionanti scoperte, in cui si alternano palazzi sfarzosi, nobili dissipatori, donne imperiose e bellissime, contese secolari, terribili tragedie. Infine, l'ultimo Urbano, attore cinematografico e teatrale di grande spessore, impegnato da anni in una coraggiosa battaglia per la tutela dell'ambiente e la cura dell'arte, che in queste pagine affida al figlio e a tutti noi l'essenza di un valore eterno: «Ti auguro di imparare e di restituire, di ascoltare e riferire, di apprezzare la parola e il silenzio, la lentezza e la parsimonia, e, soprattutto, di cercare la bellezza».