
"Non voglio parlarvi della mafia come protagonista, ma come obiettivo di una lotta per l'onestà. Voglio spiegarvi perché Borsellino, Chinnici, Falcone, La Torre, Mattarella e molti altri sono stati uccisi, spiegare come sono cambiati gli strumenti per combattere questa guerra e dirvi dei risultati che abbiamo conseguito come di quello che ancora dobbiamo e possiamo fare."
Ci sono molte storie della criminalità organizzata, ma poco è stato scritto sull'antimafia, su cos'è davvero e cosa ha fatto negli ultimi cinquant'anni. Lo fa Luciano Violante in questo libro che ricostruisce eventi, protagonisti e significato di una battaglia in corso che lo ha visto a lungo impegnato in prima persona. Una ricostruzione puntuale e appassionata, indirizzata anzitutto alle nuove generazioni, che racconta le storie di giornalisti, amministratori, poliziotti, giudici, sacerdoti, anche dei meno noti; ma anche la battaglia per la confisca dei beni sequestrati, l'introduzione di misure carcerarie, lo scioglimento dei consigli comunali, le commissioni antimafia e le grandi inchieste fino al processo Andreotti e alla presunta trattativa tra Stato e mafia. Una storia civile che non possiamo dimenticare e un appello autorevole per il futuro che aiuta a comprendere che la mafia non è un mostro invincibile ma un'organizzazione di uomini e donne che si può combattere cercando anzitutto di "colpire per primi" con l'educazione alla legalità, a partire dalla scuola e dai più giovani.
"La lotta contro la mafia è una chiave di lettura della nostra storia, dei nostri cedimenti, ma anche del coraggio di migliaia di uomini e donne, in gran parte sconosciuti, che hanno contribuito a farci restare in un Paese di persone e istituzioni libere nonostante le stragi, le intimidazioni, la corruzione La storia dell'antimafia non è la storia d'Italia, ma serve a capirla e a guardare avanti."
Luciano Violante, già professore ordinario di diritto e procedura penale all'Università di Camerino e a lungo magistrato e parlamentare del Poi, del Pds e dei Ds, è stato presidente della Camera dei Deputati e presidente della Commissione antimafia. Per Einaudi ha curato alcuni volumi degli Annali della Storia d'Italia. Come autore ha pubblicato tra l'altro Non è la piovra (1994), Un mondo asimmetrico (2003), Magistrati (2009), Politica e menzogna (2013), Il dovere di avere doveri (2014), Democrazie senza memoria (2017) e, con Marta Cartabia, Giustizia e mito (2018).
"Ricostruire la vicenda dei recenti rapporti tra mafia, politica e giustizia è impresa non da poco, soprattutto per i contrasti che oggi avvelenano il rapporto tra le istituzioni. Uno dei pochi in grado di farlo è Luciano Violante". (Daniele Rocca, L'Indice). "Tornare a mettere la lotta alla mafia al centro dell'iniziativa politica per il rinnovamento del paese. Tornare a osservare da vicino Cosa Nostra, non facendosi ipnotizzare dall'assenza dei delitti e delle stragi. Tornare a incalzare il governo su un tema che negli ultimi tempi è stato depotenziato se non addirittura occultato. Luciano Violante passa al setaccio dieci anni di criminalità organizzata e ci spiega perché la mafia è una questione ancora aperta". (Saverio Lodato, l'Unità)
Ascesa e caduta della "Grande Palermo". Questa biografia culturale della città segue le idee e le persone, e i momenti cruciali della vita delle istituzioni che ne derivavano, dalla fine dei Cinquanta agli Ottanta del secolo scorso. Ma una storia non vuol essere, perché Piero Violante si pone come narratore di ciò che ha vissuto da protagonista e di ciò che lo ha colpito da testimone diretto; si pone come spettatore tipico e quindi racconta insieme la formazione e la maturazione sentimentale e culturale che poté avere l'intellettuale della sua età, nato nell'immediato dopoguerra. Più o meno tutto quello che di memorabile accadeva tra il Teatro Massimo e le cantine dell'avanguardia, tra le università e gli incontri in libreria, tra le riviste di semiotica e il quotidiano "L'Ora", tra le Settimane di Nuova Musica e i concerti degli Amici della Musica, tra i tè pomeridiani dell'aristocrazia e i circoli della contestazione studentesca, tra Leonardo Sciascia e la Scuola di Palermo. Con una attenzione affettuosa per quel gruppo di persone che l'autore denomina "classe dirigente d'opposizione", ossia i grandi eccentrici maestri del sapere critico e dell'impegno ironico. Eppure, questo libro si può anche assumere come una storia, forse la prima, dell'opinione pubblica del dopoguerra, dal momento che quella cultura critica, d'avanguardia, ironica, pienamente cosmopolita nelle forti radici locali, fu a Palermo l'unica opinione consapevole e intelligente.
Il rapporto tra religione cattolica e ’ndrangheta è qui ricostruito in base a un’analisi propriamente storica, condotta su fonti d’archivio e su diversi organi di stampa. Il volume indaga su aspetti istituzionali, sociali e politici della storia del cattolicesimo, individuando una pluralità di campi e condizioni di sue compromissioni con la mafia nell’area meridionale della Calabria: il ruolo esercitato dal clero nelle comunità locali; lo stato delle confraternite; i riti sacramentali; le manifestazioni popolari della religiosità; l’esposizione politicoelettorale della gerarchia ecclesiastica e la stessa azione di assistenza e di cura dei bisogni sociali. Sotto il silenzio pubblico dell’episcopato, non erano mancate, però, alcune reazioni alla presenza delle organizzazioni mafiose. Hanno influito, poi, sui mutamenti della linea della Chiesa verso la mafia gli orientamenti generali dei pontificati, il Concilio Vaticano II, un nuovo atteggiamento dei vescovi e il contributo di una serie di preti, di movimenti e di gruppi di credenti, sensibili ai valori della cittadinanza.
Con un linguaggio semplice ed ironico il testo presenta quegli strumenti necessari a chi quotidianamente è alle prese con le sfide tipiche del rapporto adulto-bambino, educatore-ragazzo. Attraverso esempi concreti, esperienze personali e schede di lavoro, vengono analizzati i pensieri, le emozioni, gli scopi e la capacità di autocontrollo della persona educante per trasformarla in un vincente guerriero nella più dura delle battaglie: quella educativa.
Senza magistrati e senza forze dell'ordine con il senso del dovere, la sicurezza della persona e delle proprietà può solo degenerare nell'arbitrio dei violenti e della criminalità. Senza medici e personale sanitario con il senso del dovere, il diritto alla salute diventa una crudele finzione. Senza insegnanti con il senso del dovere, il diritto all'educazione e alla cultura rimane privilegio di pochi. Senza doveri, insomma, niente libertà. In un Paese in cui per molto tempo le battaglie sui diritti hanno offuscato la questione dei doveri e in cui sempre più spesso chi sceglie di opporsi alla discriminazione e all'individualismo politico e sociale viene bollato come "moralista", la vera sfida per tutti i cittadini, ma soprattutto per le élites politiche, imprenditoriali e intellettuali, è quella di battersi con forza per una rinascita civile a partire dalla fondamentale lezione sull'equilibrio tra diritti e doveri che ci viene dal Risorgimento, dalla Resistenza e dalla nostra Costituzione. In questo saggio ricco di esempi tratti dalla storia, dalla letteratura e dalla cronaca, Maurizio Viroli riflette non solo sulla bellezza e la dignità del senso del dovere, ma ci indica anche una strada, tanto difficile quanto necessaria, per riappropriarci di un valore dimenticato.
Niccolò Machiavelli non è stato soltanto l'autore del Principe, cioè dell'opera che fonda il pensiero politico moderno. Egli era anche una personalità complessa, inquieta, smaniosa di vivere le più diverse esperienze. In questo libro Viroli racconta gli incontri con i potenti, le amicizie e gli amori, i viaggi, i successi e le sconfitte. Intorno alla vita di Machiavelli scopriamo così la Firenze dei Medici ma anche il gioco politico degli Stati italiani del Cinquecento, ricco di rovesciamenti e colpi di scena.