
Cittadinanza, amicizia, comunità, fiducia, economia del dono sono parole chiave che dovrebbero orientare il nostro tempo. Parole che rischiano, come molte altre prima e dopo di esse, di cadere in un doppio luogo comune: l'appello retorico, puramente sentimentale a "fare del bene" da un lato e ciò che proprio il cardinale Scola chiama "la solidarietà come maquillage del capitalismo, come "etichetta" per sdoganare con l'inganno un modello economico". Attraverso un'ampia rilettura di termini e concetti centrata sul nesso "amicizia-virtù civiche", il volume propone una ricognizione sul senso, la necessità e le forme di ciò che già Hannah Arendt chiamava 'vita activa' e sulla necessità di "allargare la ragione politica, economica, culturale attraverso la logica del dono, del gratuito". "Il gratuito" scrive Scola, "non è ciò che è gratis. In una polis e nelle comunità che la compongono, gratuità significa pensare, fare, realizzare un'opera perché è buona in sé, perché è bella in sé. Anteponendo il valore oggettivo dell'opera in sé e per sé all'utile o all'interesse che se ne può ricavare. L'utile e l'interesse hanno certo la loro importanza, ma prima viene la cosa in sé. La 'philia' e il buon governo fioriscono da questa dimensione gratuita del civile, del sociale, del politico, del culturale."
«Non posso dimenticare le ascese giovanili in Grigna passando dalla cresta Segantini… Credo che la via della Chiesa di oggi sia una via stretta: la chiamerei la via del crinale.»
È lucido e consapevole, ma pieno di speranza, lo sguardo con cui il cardinale Angelo Scola racconta la sua vita, la Chiesa e l’Italia, nella profonda e sorprendente conversazione con Luigi Geninazzi: dalla riscoperta della scelta cristiana nell’adolescenza alla militanza in Comunione e Liberazione in fecondo dialogo con il «genio educativo» di don Giussani, e dalle incomprensioni con qualche autorità ecclesiastica milanese all’amicizia con Giovanni Paolo II che lo nomina vescovo a soli quarantanove anni.
Non mancano ricordi personali e collettivi, dal travaglio della lunga malattia e dall’esperienza della psicoanalisi al passaggio tra il papato di Ratzinger, a cui fin dall’avventura di «Communio» lo lega una intensa amicizia intellettuale, e quello di Bergoglio, definito «un salutare colpo allo stomaco per le Chiese d’Europa».
Al centro di questo ricco affresco di aneddoti e riflessioni si staglia una domanda cruciale: a che punto è la Chiesa di oggi? Tra chi riduce il cristianesimo a semplice religione civile e chi propone un puro ritorno al Vangelo, il cardinale indica una «terza via» che è quella delle implicazioni dei misteri della fede.
E dell’impegno fattivo dei credenti per contribuire, ripartendo dalla fede, alla «nascita di una nuova Europa, inevitabilmente meticcia ma non per questo senza più identità».
Il vostro bambino si rifiuta di mangiare: urla, serra le labbra e allontana il piatto. La sera, quando siete distrutti dal lavoro e sognate il sonno profondo, lui si catapulta puntualmente nel lettone e neanche un carro attrezzi riesce a smuoverlo. Non vuole andare all'asilo, si rifiuta di usare il vasino, piange e non si capisce perché. "Questo è mio!" urla un fratellino."No, lascialo, è mio!" risponde l'altro... Quante volte vi è capitato di assistere a scene come queste? E poi, quale gioco proporgli? Come "intrattenerlo" senza ricorrere a "mamma televisione"? Come fargli rispettare le regole? Quante attenzioni dedicargli senza viziarlo? A questi e molti altri interrogativi rispondono le tate più famose d'Italia. Direttamente dalla trasmissione televisiva S.O.S. Tata, munite di quadernone e penna, tata Renata e tata Francesca accorrono in vostro aiuto a suggerirvi tutte le strategie per sopravvivere alla caotica vita familiare. Grazie alla loro preparazione ed esperienza sul campo, sapranno darvi ricette di ogni tipo per crescere i vostri bambini con qualche regola d'oro ma liberi di esprimere la loro personalità. Non un manuale del perfetto genitore, ma un ricettario utilissimo per trovare voi stessi le risposte alle vostre domande e intraprendere la strada più giusta per crescerli liberi e sereni. Vedrete, basteranno semplici ingredienti come costanza, razionalità e un pizzico di fantasia, e saprete adempiere al meglio al difficile e meraviglioso compito di genitori!
Il vostro bambino si rifiuta di mangiare: urla, serra le labbra e allontana il piatto. La sera, quando siete distrutti dal lavoro e sognate il sonno profondo, lui si catapulta puntualmente nel lettone e neanche un carro attrezzi riesce a smuoverlo. Non vuole andare all'asilo, si rifiuta di usare il vasino, piange e non si capisce perché. "Questo è mio!", urla un fratellino. "No, lascialo, è mio!" risponde l'altro... Quante volte vi è capitato di assistere a scene come queste? E poi, quale gioco proporgli? Come "intrattenerlo" senza ricorrere a "mamma televisione"? Come fargli rispettare le regole? Quante attenzioni dedicargli senza viziarlo? A questi e molti altri interrogativi rispondono le tate più famose d'Italia! Direttamente dalla trasmissione televisiva S.O.S. Tata, munite di quadernone e penna, Tata Renata e Tata Francesca accorrono in vostro aiuto a suggerirvi tutte le strategie per sopravvivere alla caotica vita familiare. Grazie alla loro preparazione ed esperienza sul campo, sapranno darvi ricette di ogni tipo per crescere i vostri bambini con qualche regola d'oro ma liberi di esprimere la loro personalità. Non un manuale del perfetto genitore, ma un ricettario utilissimo per trovare voi stessi le risposte alle vostre domande e intraprendere la strada più giusta per crescerli liberi e sereni. Vedrete, basteranno semplici ingredienti come costanza, razionalità e un pizzico di fantasia, e saprete adempiere al meglio al difficile e meraviglioso compito di genitori!
Ettore Scola: un nome che non ha certo bisogno di presentazioni. Film come C’eravamo tanto amati, Brutti, sporchi e cattivi, Una giornata particolare, La terrazza, La famiglia, Che strano chiamarsi Federico – e l’elenco potrebbe continuare a lungo – non si sono limitati a emozionarci, hanno segnato il nostro immaginario e contribuito a creare un’identità culturale condivisa. Ma quanto sappiamo davvero del loro regista, che in tanti considerano uno dei più grandi del Novecento, non solo italiano?Questo libro ce ne offre un ritratto inedito e intimo, caldo e sincero, tratteggiato da due delle persone che l’hanno conosciuto meglio: le figlie Paola e Silvia. Un racconto fatto di lavoro e vita privata, aneddoti curiosi, consigli da non seguire, risate, amici celebri, battute, lampi di genio, episodi toccanti, momenti pubblici e istanti di dolce confidenzialità. Il tutto reso più vivido da un vero e proprio «lessico familiare», per dirla con Natalia Ginzburg, fatto di espressioni legate alle vicissitudini quotidiane quanto al mondo del grande schermo. Ecco allora che, posto di fronte a domande assurde, Ettore era solito ribattere: «Ragioniere, io neanche le rispondo!», come Alberto Sordi in Riusciranno i nostri eroi?. Fedeli allo spirito attento, ironico e curioso del padre – che amava ripetere: «Nella vita bisogna sorvegliare altri punti di vista», e cercava il comico anche nelle situazioni più cupe – Silvia e Paola Scola ci invitano a immergerci in un mare di ricordi, citazioni e avvenimenti che gettano una luce inaspettata su una vita ricchissima e una carriera da gigante. Così, guidandoci con tenerezza e delicatezza, ci permettono di osservare da una posizione privilegiata il regno di un grande uomo, che ha cambiato la storia del cinema e della nostra cultura.
Marco Scolastici era un ragazzo come tanti, iscritto alla facoltà di Economia a Roma, pieno di incertezze sul futuro. Poi un giorno, in un bar, si è imbattuto in una foto su un calendario: ritraeva il vecchio acero di Macereto, il Monte Bove, i pascoli in cui suo bisnonno Venanzio era cresciuto: curandoli, desiderandoli e infine comprandoli. Meno di una settimana dopo Marco ha lasciato la capitale. Il suo è stato un viaggio di ritorno verso casa difficile, talvolta doloroso, e quando pareva concluso la terra ha cominciato a tremare: era il 2016. Il buon senso gli suggeriva di scappare, ma quello sconosciuto altopiano delle Marche per lui era la vita. Non poteva abbandonare le sue pecore, i suoi asini, i maremmani. Così ha montato una yurta mongola accanto alla propria casa inagibile e ci ha trascorso l'inverno. Il sisma non sarebbe stato la fine di tutto, ma l'occasione per un nuovo inizio.
Il risorgimento fu l'aspirazione di un popolo intero – in tutte le sue diverse componenti – verso l'unità, e quell'anelito fu alimentato prevalentemente dalle giovani generazioni. Le Cinque giornate di Milano, la rivolta di Palermo, la rivitalizzazione dell'esperimento di fine Settecento della Repubblica romana e la strenua difesa della risorta Repubblica di San Marco, furono i momenti storici che cementarono definitivamente il connubio tra popolo italiano e l'idea di patria. Si trovarono a combattere fianco a fianco esponenti dei ceti professionali, artigiani, popolani, artisti, rampolli della nobiltà e tante donne, che per la prima volta presero parte attiva a una rivoluzione. Accanto ai nomi più celebri, come Mazzini, Cavour e Garibaldi con la moglie Anita, c'è un universo di storie di uomini e donne che hanno contribuito ad alimentare il sogno di un'Italia unita, arrivando spesso a sacrificare la propria vita. In nome di un ideale che ha cambiato il destino del nostro Paese.
Antonino Scopelliti fu assassinato in un attentato della 'ndrangheta il 9 agosto 1991. Prima che la linea stragista di Cosa Nostra si affermasse, fu il primo caso di attacco diretto alla magistratura da parte della criminalità organizzata. L'omicidio di Scopelliti, però, all'epoca non venne compreso appieno dallo Stato: la sua morte archiviata in fretta e i colpevoli, identificati in membri della 'ndrangheta che eseguivano un ordine di Totò Riina e Nitto Santapaola, tutti assolti in Cassazione dopo una lunga e dolorosa vicenda processuale. Anche il ricordo del primo magistrato vittima degli assalti mafiosi è stato quasi completamente cancellato. Rosanna Scopelliti - figlia “inesistente” per motivi di sicurezza, mai registrata all'anagrafe e trasportata in una valigia durante gli spostamenti del padre perché nessuno la vedesse - che all'epoca dell'attentato aveva otto anni, ricostruisce oggi, con l'aiuto di Aldo Pecora, una vicenda che rappresenta ancora una ferita aperta per la sua famiglia e l'Italia.
Il volume raccoglie una selezione degli articoli di cronaca politica che Scoppola ha pubblicato sulle pagine di "Repubblica" negli ultimi diciassette anni, dal 1989 a oggi. Nel loro dipanarsi, questi 'pezzi di Italia' seguono un filo conduttore cruciale: il tema irrisolto del rapporto fra Chiesa e Stato. Un rapporto che, a ben guardare, è anche dialogo e contrasto fra i poli conflittuali dell'esperienza religiosa e di quella politica e quindi, in definitiva, fra coscienza e potere. Al centro di questa tangenza contraddittoria, Scoppola individua il partito dei cattolici italiani - prima la Democrazia cristiana, poi quanto le sopravvive - e ne fotografa, con la passione del coinvolgimento personale e la lucidità dell'analisi politica, la storia e l'evoluzione difficile in questi ultimi anni di convulsa transizione, da Tangentopoli alla comparsa della Lega, dal bipolarismo che ha lasciato spiazzate le aspirazioni dei centristi ai referendum elettorali degli anni Novanta, dalla nascita del nuovo Partito popolare di Martinazzoli fino alla Seconda Repubblica, all'Ulivo, a Berlusconi e al ritorno del centrosinistra al governo. Chiude il volume una riflessione inedita sul lascito ideale di Aldo Moro al paese, lascito che passa attraverso la grande esperienza politica dello statista democristiano, ma coinvolge anche la sua tragica fine.
"L'identità politica dei cattolici italiani è ancora una volta un problema aperto: non credo che debbano essere più alla ricerca di una 'loro' democrazia, ma di una forma più alta di democrazia. La democrazia dei cristiani non può più essere una nuova 'democrazia cristiana'. Oggi coincide con la democrazia di tutti; è un impegno a tener viva, anche con la fede, una speranza di civiltà per il nuovo millennio... Ma la democrazia non è autosufficiente. Per recuperare e approfondire il suo tessuto etico di base ha bisogno di nuove aristocrazie, morali, culturali e religiose. La laicità, che è una conquista condivisa, ha bisogno di un'anima religiosa". Intervista a cura di Giuseppe Tognon.
La maggior parte della gente crede che la domesticazione degli animali e la coltivazione abbiano alla fine permesso agli esseri umani di stabilirsi, formando villaggi, città e stati agrari, rendendo così possibile la civiltà, la legge, l'ordine pubblico e un modo di vivere presumibilmente sicuro. Tuttavia, le prove archeologiche e storiche mettono in discussione questa narrazione. I primi stati agrari nacquero da un accumulo di domesticazioni: prima del fuoco, poi delle piante, del bestiame, ma anche delle persone assoggettate allo stato, dei prigionieri e infine delle donne all'interno della famiglia patriarcale, tutti elementi che possono essere considerati un modo per ottenere il controllo sulla riproduzione. James C. Scott analizza il motivo per cui per un periodo l'uomo evitò la sedentarietà e l'agricoltura con l'aratro, sfruttando i vantaggi della sussistenza mobile; considera le epidemie di malattie imprevedibili derivate dalla concentrazione di piante, animali domestici, granaglie; e spiega perché tutti i primi stati si basarono su miglio, cereali e schiavismo. Affrontando infine il tema della vita al di fuori dello stato, la vita dei «barbari», spesso piú facile, libera e sana di quella all'interno della civiltà.