
"Debito": una parola molto di moda in questo tempo scosso dalla crisi. Una parola sempre di moda, racconta Margaret Atwood, visto che il meccanismo del dare-avere è vecchio quanto l'uomo e che su di esso l'immaginazione umana ha costruito precetti religiosi, codici morali, sistemi giuridici e capolavori poetici e letterari. Il debito lega inestricabilmente denaro, cultura e religione; quando parliamo di dare e avere, e abbiamo a che fare con Cesare o con Dio, con la Giustizia, la Fortuna e il Destino, parliamo dei nostri desideri più profondi e delle nostre paure più tremende. Ecco allora che la Atwood ci guida in un viaggio nella storia, nelle religioni e nei libri alla ricerca dei mille volti del debito. Ma non solo. Risponde anche alla domanda più attuale, la stessa a cui oggi stanno rispondendo i politici più lungimiranti. Con il denaro bisogna cominciare a fare cose diverse da quelle fatte finora, e "calcolare il costo reale del nostro stile di vita e delle risorse naturali che abbiamo sottratto alla biosfera". La Terra non è nostra, come diceva Antoine de Saint-Exupéry: l'abbiamo avuta in prestito dai nostri figli, e a loro dovremo restituirla. Questo è il debito che dobbiamo prendere più sul serio.
La discussione pubblica italiana rischia di partire da una somma di percezioni clamorosamente sbagliate. Una distanza rispetto alla realtà che può fare comodo alla politica per cavalcare gli allarmi sociali ai fini del consenso. E ai media per aumentare l'audience. Un'indagine condotta in 33 Paesi su un campione di oltre 25 mila individui consente di misurare le percezioni dei cittadini su aspetti sociali, demografici ed economici. Dal numero degli immigrati a quello dei giovani adulti che ancora vivono con i genitori. Dall'occupazione all'obesità. Dalla presenza delle donne in politica agli accessi a internet. Dalla ricchezza all'andamento demografico. Dal sentimento religioso alla vita in campagna. Le discrepanze tra percezione e realtà consentono di creare un "indice di ignoranza" che classifica i Paesi dal meno al più informato.
La ricerca del senso religioso arricchisce l'umano in tutte le sue dimensioni e può esprimere ciò che ampi strati dell'opinione pubblica avvertono come coinvolgente in modo profondo la vita, il lavoro, la rete di relazioni ed affetti. Fede, educazione - i principali nuclei tematici di questo libro chiamano in causa "il Cristianesimo, in un rapporto fecondo con le altre religioni", a essere attore determinante nel costruire una società plurale, nel "dare vita a un nuovo umanesimo". Insegnare a pensare in modo critico e offrire percorsi di maturazione alla "vita buona" è oggi necessario nella "città secolare", dove l'informazione che ci satura indiscriminatamente di dati, tutti allo stesso livello, finisce per portarci a una sconcertante superficialità. La riflessione pedagogica attinge dalla ricchezza del vissuto credente sollecitazioni peculiari e i sette capitoli che compongono il volume, come note sul pentagramma, danno voce a diverse sintesi tra fede e cultura, richiamano armonie e contrappunti del pensiero. Le argomentazioni entrano in dialogo sulla soglia di una domanda di senso, di un desiderio di conoscenza, del mistero dell'altro e dell'Alto. "Dare la vita" esprime un'idea di futuro, indica un progetto, designa uno slancio creativo. È testimonianza e gioia; confronto serrato e sostanziale sulle ragioni e sui sentimenti per "abitare" la terra e il cielo. Un consapevole lavoro di discernimento sul rapporto tra educazione e fede implica che esse recuperino un'unità profonda...
Il DSM-IV, testo di riferimento per la diagnosi e il trattamento dei disturbi mentali, non ha mancato di suscitare perplessità tra gli operatori della salute mentale per il suo approccio ateoretico e categoriale, che trascura gli aspetti dimensionali e della soggettività. Dare un senso alla diagnosi costituisce una fondamentale integrazione al DSM-IV, proponendo di comprendere nell'osservazione diagnostica non solo la descrizione oggettiva dei comportamenti dei pazienti ma anche il significato, conscio e inconscio, che viene loro attribuito.
La sofferenza accompagna gli uomini nella vita in misura piu o meno pesante. Il volume aiuta ad affrontarla, perche non sia opprimente e frustrante, ma diventi stimolo alla creativita e all'autorealizzazione.
L'immagine evangelica del lievito, non preoccupato della propria visibilità e tuttavia capace di far fermentare la pasta, è il simbolo di una presenza allo stesso tempo serena e ferma, pacifica ed efficace. È così che possiamo pensare, anche oggi, il ruolo dei cristiani in politica. Il libro è diviso in due parti. La prima è fondativa e mostra come il cristianesimo tocca e forma le coscienze. La fraternità ha profonde radici teologiche e si è affermata nel percorso della dottrina sociale della Chiesa. Inoltre, chi si lascia interpellare dal mistero cristiano, e lo celebra con fede, viene trasformato dal dono di Cristo e può offrire con consapevolezza al mondo il dono delle proprie aspirazioni, visioni e competenze. La seconda parte raccoglie alcune testimonianze di vissuto o di pensiero sulla spiritualità in politica. Tina Anselmi, Maria Eletta Martini, Giuseppe Dossetti, Giorgio La Pira e David Sassoli (per giungere quindi all'attualità) raccontano, attraverso la loro esperienza in epoche diverse, differenti sfumature del rapporto tra spiritualità cristiana e politica e mostrano di aver trovato nel vangelo una comune ispirazione a prendersi cura del bene comune.
Da più di trent'anni il neoliberalismo induce a credere che le regole del mercato abbiano la meglio su qualsiasi altro valore sociale, politico o economico; Nick Couldry, invece, difende con passione la voce in quanto unico valore in grado di sfidare la politica neoliberale e assicurare a ciascuno l'opportunità effettiva di parlare e di essere ascoltato. Ma avere una voce non è sufficiente: abbiamo bisogno di sapere che la nostra voce conta. Attraverso un ampio spettro di illuminanti analisi che spaziano da Blair e Obama alla teoria sociale di Judith Butler e Amartya Sen, Couldry dimostra come la chiave risieda in una dimensione più profonda del semplice richiamo alla pluralità delle voci, siano esse diffuse per strada o attraverso i media. Superando il pessimismo spesso presente in molte analisi contemporanee, propone dunque un'idea di democrazia basata sulla cooperazione sociale e ci offre le risorse culturali e analitiche per costruire una politica post-neoliberale.
Un giovane della buona borghesia abruzzese, diventato comunista in seguito all'emanazione delle leggi razziali nel 1938 ad opera del governo fascista, partecipa attivamente alla Resistenza e dopo la guerra si laurea in medicina, dedicandosi alla sua professione con impegno totale, servendo l'uomo sofferente senza distinzioni di condizione sociale, di pensiero o di appartenenza politica: così Mario Spallone finisce per avere, tra i suoi pazienti, importanti personalità della diplomazia di oltre cortina, del Partito comunista italiano, accanto a un Governatore della Banca d'Italia (Guido Carli), a ministri democristiani (Carlo Donat-Cattin), ai Gesuiti de "La Civiltà Cattolica" e della Radio Vaticana (non senza curiose "coincidenze" nei momenti cruciali della guerra fredda), e addirittura al "Governatore" dello Stato della Città del Vaticano, il cardinale Canali. Un comunista anomalo, dunque, diventato un ricco imprenditore e protagonista recente di una "joint venture" che ha portato alla realizzazione di un'imponente struttura sanitaria privata a Mosca, ma con l'occhio a quel bene comune che egli considera sempre e comunque preminente. Angelo Montonati, nato a Varese nel 1931, è giornalista professionista dal 1958. Ha cominciato nel quotidiano locale La Prealpina, passando poi al radiogiornale della Radio Vaticana e quindi, dal 1969 al 1980, a Famiglia Cristiana come "vaticanista" e successivamente come redattore capo del mensile Jesus.
Dalle terre di Gomorra alle contrade del Guangdong, dai boss dei casalesi alle broker cinesi in minigonna: c'è un filo nero che collega clan, imprese troppo disinvolte, politici collusi, apparati statali deviati, funzionari pubblici corrotti. È la dark economy, un settore che fattura ogni anno miliardi di euro con i traffici illegali di rifiuti su scala globale. Siamo di fronte all'altra faccia dello specchio, il lato oscuro della produzione. Medicine scadute, vecchi computer, auto da rottamare, lampadine, vestiti, pneumatici: tutti gli oggetti che ci circondano hanno un doppio destino. Possono diventare risorse da recuperare, alimentando l'industria del riciclo, o un'arma in mano alla criminalità che si arricchisce trasformandoli in una poltiglia infettante carica di metalli pesanti e batteri, diossine e amianto. Ogni giorno, sotto gli occhi di tutti, dark economy e green economy si danno battaglia. E se finora, in ampie zone del paese, era prevalsa la rassegnazione al disastro ambientale e sanitario, oggi sta nascendo un'inedita alleanza tra cittadini, associazioni, imprese pulite, istituzioni impegnate nella battaglia contro l'ecomafia.
Sono qui, per la prima volta, presentati insieme in lingua italiana cinque importanti contributi di Ludwig Binswanger, lo psichiatra svizzero fondatore della Daseinsanalyse. L’incessante lavoro di scavo dell’autore è finalizzato a restituire alla psichiatria tutto il suo fondamento “umano”. Come tale, nelle intenzioni di Binswanger, la psichiatria avrebbe dovuto costituirsi in quanto “scienza dell’uomo” come essere-nel-mondo e come progetto.
Questa interpretazione del fenomeno psicopatologico è ancora profondamente attuale e non smette di stimolare tanto l’uomo di scienza quanto lo psicologo, il filosofo e chiunque voglia confrontarsi con l’universo della sofferenza mentale.
Ludwig Binswanger (1881-1966), fondatore della Daseinsanalyse, è autore di una serie di scritti annoverati tra i classici della riflessione psichiatrica del XX secolo.
Di particolare rilievo è anche il carteggio con Sigmund Freud, pubblicato nelle nostre edizioni (Lettere 1908-1938, 2016).
«Ho sovvertito l’ordine del tempo, ho messo sottosopra il mondo intero e tutto questo l’ho fatto per te. Non ti sembra abbastanza generoso?»
David Bowie ci ha appena lasciati, e sarà difficile fare a meno di lui.
Forse più di chiunque altro il «Duca Bianco» è riuscito, nei suoi quasi cinquant’anni di incredibile carriera, a incidere sul costume, sulla moda, sull’immagine, sull’arte,
sulla cultura e sulla musica dei nostri tempi. Senza mai assumere il ruolo di rockstar, spiazzando ogni volta il mondo con i suoi mutamenti, David Bowie ci ha accompagnati come uno strano fratello o come un angelo venuto da un altro mondo, e con i suoi mutamenti e i suoi esperimenti ha demolito i generi e le identità sessuali, ha ispirato almeno tre generazioni di musicisti, ha influenzato le tendenze artistiche, ha anticipato spesso di decenni tutti i successivi movimenti musicali, esplorando terreni sconosciuti, ma anche raccontando i sogni e le paure di tutti noi. Scrive Pippo Delbono nella sua introduzione a questo volume: c’è sempre l’amore nelle canzoni di David Bowie, come del resto si potrebbe dire che l’amore c’è sempre in tutte le canzoni, anche nelle canzonette. Ma in Bowie come nei «grandi» della storia l’amore è un amore che non scappa dalla trasgressione, dalla ribellione. Un amore libero. E quindi eterno. Sacro.
Nello studio di Lazzaretti, pur non trattandosi di un romanzo, gli eventi, il contesto storico e "gli incontri" hanno un ruolo fondamentale per comprendere "il protagonista". Ancora un libro sul Santo David! È il primo commento che potrebbe fare chiunque si trovasse a leggere, anche di sfuggita, il titolo di questo testo! Ma il titolo è: David Lazzaretti: i personaggi della vicenda, e questo è già, di per sé, sufficiente a indicare che, a differenza di altri testi, sono "questi ultimi" ad occupare il centro della scena. Infatti, il testo non è altro che una ricerca, uno studio dei personaggi che, in qualche modo, si affacciano sulla complessa storia del profeta amiatino. Una raccolta cronologica di appunti, di biografie, di dati storici e di documenti che hanno l'unico scopo di facilitare lo studio di Lazzaretti.