
Mussolini e la Petacci si conobbero nell'aprile del 1932: lui non ancora cinquantenne, lei appena ventenne. Fu per entrambi un colpo di fulmine. Nella giovane donna il duce vide e sentì un'anima trepidante e una seguace appassionata; nel fondatore dell'impero Claretta riconobbe l'uomo del proprio destino. La devozione di lei fu totale, incondizionata, anche se lui mai le fu fedele: fra alti e bassi, onori e difficoltà, gli fu sempre vicina. Morì per lui come per lui era vissuta, sugellando con il sacrificio un amore cieco e fortissimo.
Di lei hanno detto di tutto: che era una ragazza semplice e un po' folle; che fu il suo amore cieco per Mussolini (da cui la separava una differenza d'età di quasi trent'anni) a condurla alla morte; che era una fanatica esaltata; che era tanto bella quanto insidiosa. Ma si tratta di una Storia scritta dagli uomini. La nuova indagine di Mirella Serri offre un'immagine differente, restituendo a Claretta Petacci il vero ruolo politico da lei giocato sullo scenario degli eventi che condussero il leader del partito fascista dalla gloria indiscussa alla sconfitta. Non una sciocca, non soltanto una delle «mantenute di Stato» - le amanti del Duce che percepivano uno stipendio dal regime - ma un'abile e astuta calcolatrice. Pronta ad avvalersi delle informazioni riservate di cui era depositaria per gestire attività ad altissimo livello (antisemita convinta diede il suo apporto al traffico di certificati falsi da vendere alle famiglie ebree più facoltose; cercò di avviare accordi per l'estrazione di petrolio in Romania). Avveduta e intrigante, a Salò sposò la causa del Reich e tentò di porsi come diretta interlocutrice di Hitler. Claretta Petacci, una delle protagoniste del Novecento, emblema femminile del volto buio e tragico del secolo passato, rivive in queste pagine con la sua avidità, i suoi errori, la sua sensualità e le sue astuzie, finalmente libera dagli stereotipi con cui è stata finora raccontata.
Quali siano i poteri del Capo dello Stato o del Governo è scritto nella Costituzione ma, come tutti sanno, non esiste solo la Costituzione scritta, c'è anche quella non scritta (che i giuristi chiamano "Costituzione materiale") che è la vera architettura di potere di un paese. Accanto al potere politico, con i suoi ruoli e le sue sedi istituzionali, esistono molti altri soggetti "pesanti": la burocrazia, il potere finanziario, i sindacati, le grandi multinazionali, i media, l'intelligence, le influenze esterne, gli apparati militari... Questa architettura è molto cambiata negli ultimi venti anni, per effetto della globalizzazione e della crisi di legittimazione dei primi anni novanta, seguita a Mani Pulite. Una tempesta congiunta che ha distrutto vecchi soggetti e ne ha creati di nuovi, alterando rapporti di forza e spostando il potere decisionale da una sede ad un'altra. E dunque: "Chi comanda in Italia?". E come esercita questo potere? Questo libro cerca di descrivere la mappa dei nuovi poteri, i loro equilibri, i loro conflitti, i loro "casi celebri".
Le classi politiche sono centrali in tutti i sistemi e inevitabilmente nelle democrazie contemporanee qualsiasi discorso, anche critico, sulla classe politica si intreccia con il ruolo dei partiti, il problema della rappresentanza e il funzionamento della democrazia stessa. Infatti, le classi politiche contemporanee sono sostanzialmente di estrazione partitica e si collocano prevalentemente in ruoli parlamentari e di governo. Questo volume illustra le modalità con le quali esse si formano, funzionano, si ricambiano e analizza le soluzioni che vengono proposte per migliorarne la qualità, controllarne il potere e favorirne il ricambio.
Fedele ai versi di Jorge Luis Borges, Nuccio Ordine ci invita a sperimentare la stessa umile fierezza suggerendoci di leggere (e rileggere) alcune delle più belle pagine della letteratura mondiale. Dopo "L'utilità dell'inutile", tradotto in 26 paesi, Ordine prosegue la sua battaglia per i classici, nella convinzione che un breve testo (illuminante e fuori dai sentieri battuti) possa suscitare la curiosità dei lettori e incoraggiarli a immergersi nell'intera opera.
Cosa accade quando la cultura incontra una struttura politica, amministrativa, una macchina organizzata? Accade che o la "macchina" decide di rischiare e quindi di lasciare libera la cultura di manifestarsi; oppure succede che la "macchina" otturi i pori più pericolosi della cultura e, alla fine, la lasci agonizzare. Il duello che racconta Vittorio Sgarbi in "Clausura" è proprio questo: libertà della cultura o clausura. Non c'è margine di trattativa. O l'una o l'altra. Due anni alla guida dell'Assessorato alla cultura di Milano. Due anni di idee, battaglie per difendere valori assoluti e non negoziabili, opere che l'ignoranza amministrativa non può consentire di distruggere e che l'indifferenza quotidiana non può far dimenticare. Due anni di polemiche per affermare che il dio denaro, gli automatismi inerti della burocrazia, l'ignavia non devono avere la meglio sulla cultura. E all'appello non mancano niente e nessuno in questo libro: suor Letizia (Moratti), frate Clemente (Mastella), Glisenti, l'Expo, Berlusconi, Veltroni, l'Ara Pacis, le pale eoliche, la valle del Belice e molto altro. Perché la clausura di Milano si diffonde per tutto l'arco della penisola e ha due sinonimi: interessi e ignoranza. Ma ripartire si può. Da Salemi.
Clemente Rebora (1885-1957) in reazione al materialismo cercò una forma poetica carica di idealismo, che potesse rinnovare l'anima. Tuttavia sarà solo con l'esperienza della Prima Guerra mondiale che Rebora approdò a un vero rinnovamento interiore: la conversione al cattolicesimo e la decisione di diventare sacerdote e entrare nell'Istituto della Carità di Domodossola, fondato da Antonio Rosmini. Questa serie di saggi fanno luce proprio sul passaggio dal primo al secondo Rebora, sottolineandone la continuità di pensiero e l'idea della missione del poeta cristiano, in un tempo in cui la presenza di Dio viene ignorata dalle coscienze.
Virtù giuridica, morale e politica: il coraggio di praticarla Chi esercita o dovrebbe esercitare la clemenza: il giudice misericordioso, il politico mite, il padre indulgente, l'insegnante comprensivo? Né pietà né perdono, la clemenza è virtù «gerarchica» per eccellenza, poiché descrive la disposizione benevola del superiore verso l'inferiore, talora richiesta alla giustizia, talora dalla giustizia concessa, quando con la grazia risparmia al condannato la vita o anni di pena. Attraverso un restauro storico-concettuale, tra metafore e immagini antiche, moderne e contemporanee, riscopriamo una parola vitale e multiuso, che non si inscrive nel solo ambito del diritto, ma ha a che fare con quello dell'etica e della politica.
Siamo nel pieno della guerra del Peloponneso. Atene rischia la sconfitta. La tensione è altissima: il partito aristocratico vuole accordarsi a qualunque prezzo con Sparta e adottare il modello politico dei vincitori. I democratici vogliono resistere fino alla fine e salvare la costituzione. Cleofonte è il leader della parte democratica ed è l'uomo da abbattere. In questo tumultuoso quadro politico, un ruolo fondamentale lo giocano i drammaturghi. Alcuni di loro intrattengono un rapporto stretto con i gruppi di pressione decisi a scalzare il regime democratico. La commedia si fa, cosi, interprete della 'maggioranza silenziosa', quella che non va all'assemblea popolare, e la sobilla contro i suoi capi presentandoli come mostruosi demagoghi. Aristofane, il commediografo, si fa agitatore politico. La sua grande abilità consiste nel presentarsi come il difensore del popolo agendo, in realtà, per conto di chi intende distruggere il potere popolare. Nella commedia intitolata "Rane" getta la maschera, chiede e auspica la condanna di Cleofonte, accanito oppositore del potere oligarchico; rompendo la finzione scenica fa un vero e proprio comizio, e parla, questa volta apertamente, della bruciante attualità politica.