
Cosa si nasconde dietro gli annunci erotici online, nelle strade di periferia o negli appartamenti delle escort in centro città? Cosa rischia chi compra sesso? Cosa si può fare contro la tratta di esseri umani? Quali sono i diritti dei sex worker? Perché la Germania considera la prostituzione un servizio, e la Svezia la punisce come una delle forme più vergognose di violenza contro le donne? Controverse questioni di policy ma anche di intimità spesso ancora tabù, e sullo sfondo i temi della libertà di scelta, della sessualità, del lavoro, del potere.
In breve
«Lo scrittore è l’arco, il libro è la freccia, il cliente è la mela, il libraio è quello che tiene in testa la mela.» Stefano Benni
«Ogni libraio, anche il meno colto, e perfino l’eventuale libraio non-lettore, è comunque un intellettuale (parente stretto del bravo bibliotecario), perché possiede un criterio, stabilisce nessi e parentele tra i libri, simpatizza o antipatizza per titoli dei quali sa oppure intuisce il valore e la funzione, suggerisce generi, instrada il lettore verso la pagina.» Michele Serra
«Questo è un libro importante, in cui Romano Montroni, che per quarant’anni ha cresciuto con intelligenza e passione i librai delle Librerie Feltrinelli, mostra come si organizza il lavoro in libreria, come si serve il cliente, quali sono le tecniche di gestione e soprattutto cosa si veicola con il libro, questo oggetto che molti danno in via di estinzione per il prevalere e il dominare, oggi, del mondo delle immagini sul mondo della scrittura e della lettura.» Umberto Galimberti
Un punto di riferimento imprescindibile per chiunque abbia già intrapreso la professione di libraio e per tutti coloro i quali possano eventualmente accarezzare l’idea di intraprenderla in futuro.
Giuseppe Culicchia
Romano Montroni guida il lettore con vivacità e passione nell’universo delle librerie, ne spiega i meccanismi organizzativi, le modalità di gestione, l’ideazione e la realizzazione dei servizi, la qualità delle relazioni con il pubblico, la capacità di proposta culturale: in breve quei ‘valori’ che dovrebbero diventare la parola d’ordine per la libreria del futuro. Questa edizione del volume è arricchita da una nuova Introduzione.
Indice
Introduzione alla presente edizione - Prefazione. Imparare dal libraio di Umberto Eco – Nota dell’autore – Ringraziamenti – 1. Identità della libreria e atteggiamento di fronte al mercato – 2. Organizzazione del lavoro in libreria – 3. Il servizio al cliente – 4. Il personale di libreria: formazione e gestione – 5. Il direttore di libreria: aspetti fondamentali – 6. Tecniche di gestione della libreria – 7. Gestire vuol dire capire: alcune indicazioni – 8. «Ogni libreria ha un’identità da costruire» – RITRATTO DI LIBRAIO – Alcune riflessioni sull’antico mestiere di libraio di Stefano Benni – Libraia a Messina di Daniela Bonanzinga – Lettera a Romano Montroni di Roberto Calasso – Piccola filosofia dei librai e delle librerie di Francesco M. Cataluccio – La cultura del mestiere di Roberto Cerati – Il compito più arduo di Carlo Feltrinelli – Librai ed editori di Gian Arturo Ferrari – Il libraio come custode della diversità e della memoria di Ernesto Ferrero – La libreria di Ernesto Franco – Scegliere una vocazione di Pasquale Gagliardi – La funzione e il valore del mestiere di libraio di Umberto Galimberti – Siamo tutti librai di Stefano Mauri – L’identità della libreria di Alberto Ottieri – Il mestiere di libraio di Rocco Pinto – I libri si muovono di Alberto Rollo – Il libraio è un Autore di Michele Serra
«Lasciamoli marcire in carcere!»: dietro questo slogan - che tanto piace a parte dell'opinione pubblica e a certi politici in cerca di facili consensi - c'è la negazione del nostro Stato di diritto. Sì, perché secondo la Costituzione italiana la pena deve prima di tutto rieducare: chi è in prigione è parte della nostra comunità e i detenuti, prima o poi, comunque escono. D'altra parte i dati statistici lo dimostrano: in Italia la recidiva degli ex detenuti è record - sette su dieci tornano a delinquere - ma la percentuale precipita all'uno per cento per l'esigua minoranza di chi in carcere ha potuto lavorare. Evidentemente c'è bisogno di andare esattamente in direzione contraria alla 'vendetta pubblica'. Un saggio lucido e necessario su un tema scottante e divisivo.
Nichi Vendola. L'estremista. Il professionista di partito. Il comunicatore senza sostanza. Chi è il vero Vendola? Cristina Cosentino e Giuliano Rosciarelli, profondi conoscitori dell'universo vendoliano, hanno scavato per mesi nel passato, nel presente e nel possibile futuro del candidato alla Presidenza del Consiglio più inedito della storia italiana. Partendo dalle origini, dalla giovinezza fino alla battaglia contro l'establishment politico ed economico pugliese e contro i vertici nazionali del centrosinistra, per arrivare alla candidatura alle primarie e al movimento delle Fabbriche di Nichi, interrogando centinaia di persone che hanno conosciuto Vendola e decine di osservatori indipendenti della cultura, dell'economia e dell'informazione, oltre allo stesso Vendola. Ne è emerso un uomo, prima ancora che un politico, plurale, complesso, ricco di sorprese. Un uomo che potrebbe riservarne, di sorprese, a tutta l'Italia, dopo aver sovvertito gli equilibri della Puglia. In molti si domandano se Vendola possa essere l'Obama italiano. Un omosessuale dichiarato, un cattolico sofferto e appassionato, un uomo del Sud che vuole un altro Sud, un comunista che crede nelle riforme e nella non violenza, un oratore in grado di citare Pasolini parlando dei problemi della vita di ogni giorno. In realtà Vendola appare come il prodotto di culture e di storie profondamente italiane, di quell'Italia che l'era berlusconiana aveva fatto dimenticare.
Crolla un'intera classe dirigente. È una voragine che inghiotte amministratori pubblici, politici, parlamentari, ex ministri, imprenditori, tecnici, avvocati, magistrati, giudici, generali. L'inchiesta più lunga sulla corruzione nel Veneto, con l'importo più alto di tangenti mai raggiunto in Italia, dimostra con prove schiaccianti che il Mose, l'opera mastodontica progettata per fermare l'acqua alta, è costruito su una montagna di mazzette e di sprechi. Ma per 'far fuori' un miliardo di euro non basta essere voraci, bisogna sentirsi onnipotenti. (...) Un'inchiesta giornalistica per capire come si è arrivati a questo punto e, soprattutto, se è possibile uscirne.
«Sarebbe bello venire al mondo e trovare per noi amore, se c’è. E’ bello venire al mondo e trovarlo, ma in alcuni casi l’amore non c’è. È bello trovarlo anche continuando a essere e a camminare per il mondo, anche al momento di andarsene [...]. “Amatevi come io ho amato voi?”. Ah sì, e come? Dove sono i segnali dell’amore? Non sono certo la prima ad aver notato una contraddizione tra gli attributi divini, soprattutto tra quello di bontà e quello di potenza. Di fronte a questo argomento, teologi moderni preferiscono pensare che Dio non sia onnipotente» (Francesca Rigotti).
«Venire al mondo è un incrocio di responsabilità perché quando qualcuno viene al mondo vuol dire che qualcun altro lo ha voluto. Esserci. Noi ci siamo e non è scontato, né qui, né altrove. Un istante e il coro di chi resta potrà recitare salmi di meraviglia. Era giovane... certo è anziana, ma stava bene... ha due figli... non si sa mai quando capita.... Come se morire fosse una sorpresa, eccezione alla regola di un restare perenne. C’è del vero in questo pensare un po’ sprecone alla nostra vita, che tanto il tempo ce l’abbiamo. C’è il desiderio che questo continui» (Mariapia Veladiano).
Prefazione di Silvano Zucal
Molte persone si sentono come in una palude. Impantanate in una situazione sentimentale, professionale, emotiva, esistenziale... Si sentono infelici, insoddisfatte, non si vanno bene. Per uscire evocano cause, compiono sforzi, si affannano alla ricerca di appigli razionali. Ma così non fanno che peggiorare le cose. L'unico modo che abbiamo di uscire da una situazione che non ci piace è affidarci alla magia, riconnetterci col nostro lato sottile, col divino, con la fiaba, col sogno, liberandoci dalla dittatura delle cause. Recuperare una parte antica che abbiamo dimenticato. Tutti i nostri disagi sono legati a essa. La sola via d'uscita passa da lì. "Abbiamo coperto di polvere, strati su strati, la nostra essenza, al punto che non la vediamo più e finiamo per pensare che non esista neppure. Senza la visione cosmica del pensiero magico siamo maledettamente soli, chiusi nel nostro Io, nei nostri pensieri. La nevrosi, con le sue ansie, le paure, le angosce, è il canto, l'ultimo canto dell'anima che cerca di spazzare via la gabbia in cui ci siamo rinchiusi. La soluzione è ricordarsi che siamo abitati da un sapere misterioso, che agisce tra gli spazi più profondi dell'inconscio. Qualsiasi cosa accada, qualsiasi problema ci turbi, c'è un fondamento nascosto che sta sviluppando la nostra identità più profonda. Solo dentro di lei abitano saperi che ci fanno uscire dalle situazioni più difficili.".
L'atto di nutrire e ricevere nutrimento è primordiale, originario, segna gli inizi di ogni vita, umana e animale. È un gesto della cura spesso associato a una serie di attenzioni che rendono possibile non solo il venire al mondo, ma anche la successiva sopravvivenza e la crescita, la possibilità di raggiungere fasi ulteriori dell'autonomia e della cura di sé. Il libro prende in esame quattro stadi della vita alla luce dell'esperienza del nutrimento: l'infanzia, che esprime l'apice dell'esigenza di essere nutriti per sopravvivere, l'adolescenza, in cui ci nutriamo da soli, l'età adulta in cui siamo chiamati a nutrire gli altri, e la maturità, in cui dipendiamo nuovamente dagli altri, ma con consapevolezza.
Quello che stiamo vivendo passerà alla storia d'Italia come il ventennio berlusconiano. Dopo la rivoluzione di Mani pulite e il crollo della Prima repubblica, centrata sul predominio della Democrazia cristiana, è stato infatti Silvio Bertusconi a dominare la scena politica. Abile e spregiudicato, non ha solo saputo creare un partito in pochi mesi e vincere per tre volte le elezioni - dopo due sconfitte che parevano irrimediabili. Ha soprattutto logorato e svuotato i suoi avversari politici, che non sono stati in grado di contrapporre un modello alternativo al suo. In "Vent'anni con Berlusconi" Nicola Tranfaglia ricostruisce, con la precisione documentaria dello storico e un'accesa passione civica, una fase cruciale della vita politica del nostro paese. Oltre alle strategie vincenti del Cavaliere, discute l'azione dei suoi avversari, primo fra tutti la sinistra, sempre sospesa tra due aspirazioni che alla fine si sono rivelate inconciliabili: sostituire i vecchi partiti della Prima repubblica, superandone i vizi e gli errori, e insieme mantenere aperto il dialogo con il centro-destra. Oggi è ormai opportuno tracciare anche un bilancio: partendo dai problemi e dalle emergenze che l'Italia doveva affrontare fin dal 1993; esaminando il ruolo del nostro paese nello scacchiere internazionale e in un'economia prima forzatamente globalizzata e ora affossata dal Grande Crac; e infine valutando lo stato della nostra democrazia, ieri e oggi.
"È tutto finito; non c'è più niente da fare": le parole di Antonino Caponnetto dopo l'assassinio di Paolo Borsellino e della sua scorta rappresentano la disperazione di un'intera nazione. Vent'anni dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio, la mafia però non ha vinto. Nonostante che molti misteri siano ancora irrisolti e molti retroscena siano oscuri. Nonostante gli attacchi ripetuti alla magistratura, le polemiche violente, i rapporti ambigui tra politica e criminalità, i silenzi della società civile, la disillusione. In queste pagine troviamo le inchieste e i processi più clamorosi, gli imputati eccellenti e le pedine, le storie dei pentiti, il racconto di come il nostro paese sia stato invaso di capitali che hanno radici mafiose. Una mafia che in questi anni ha cambiato pelle, ha ucciso sempre meno e riciclato sempre di più. Che si è mossa senza rumore.
In tutto l'Occidente, i primi vent'anni del XXI secolo sono stati segnati da una serie di movimenti di protesta e manifestazioni di frustrazione collettiva: dal movimento no-global d'inizio anni 2000 a quello no-vax durante la pandemia di COVID-19, passando per il «Vaffanculo-Day» di Beppe Grillo, gli Indignados spagnoli, Occupy Wall Street, il voto per la Brexit, l'elezione di Donald Trump, i Gilets jaunes francesi e le proteste legate a #MeToo e #BlackLivesMatter. Ciascuno di questi eventi ha ovviamente una storia particolare, ma c'è anche un filo rosso che li unisce: la rabbia nei confronti delle istituzioni. Nonostante la frenesia attivistica, queste mobilitazioni si sono rivelate, nella maggior parte dei casi, prive di finalità concrete, mentre è stata evidente la loro dimensione spettacolare e dimostrativa, volta a esprimere una condizione di risentimento diffuso nei confronti dell'ordine costituito, secondo una logica che tende a dividere la società in «amici» e «nemici», «buoni» e «cattivi». Ma come si spiega questa animosità crescente, dati i livelli di benessere materiale e di diritti acquisiti storicamente senza precedenti? Ridurre la rabbia odierna a un'espressione di emotività irrazionale o all'ignoranza delle masse, avverte Carlo Invernizzi-Accetti, è un errore. Per uscire dal vortice in cui siamo caduti è necessario comprenderne le ragioni. Nel fornire un'interpretazione di ciò che Hegel avrebbe chiamato lo Zeitgeist , cioè lo «spirito del tempo», "Vent'anni di rabbia" propone una rilettura storico-filosofica degli ultimi due decenni che apre nuove prospettive di azione sul futuro.
Una analisi della linea politica del PCI e poi del Pds, negli ultimi vent'anni: la crisi strategica di una sinistra chiamata a fare i conti con una complessa mutazione economica e sociale.

