
In una società come la nostra, profondamente segnata dal processo di globalizzazione, il plurilinguismo è forse l'ultima difesa contro la globalizzazione delle menti e l'omologazione culturale. Conoscere le lingue straniere, dunque, non è più solo un mezzo per facilitare gli scambi di informazioni, merci o servizi, ma è soprattutto lo strumento per immergersi in modi di pensare diversi dal proprio, in una logica aperta al contagio linguistico e culturale, in cui ciascuno prende dagli altri le parole, i modelli e i valori che trova migliori. Cosciente del nuovo ruolo a cui è chiamata la glottodidattica. "Le sfide di Babele" sviluppa i temi dell'insegnamento linguistico a partire dalla consapevolezza dell'infinita molteplicità delle esigenze di chi vuole apprendere una lingua straniera e di chi la deve insegnare. Sicuro che la maledizione di Babele sia, in realtà, un patrimonio culturale da difendere e salvaguardare. Paolo E. Balboni ci consegna, con questo libro, un'attenta e stimolante riflessione sul ruolo e sugli sviluppi della moderna glottodidattica. Profondamente riveduto, ampliato e arricchito da numerosi esercizi in occasione di questa nuova edizione, Le sfide di Babele continua a essere un libro unico nel suo genere.
“Io non ho mai scritto di me, ho in odio l’autobiografia ritenendola il male degli ultimi trent’anni della narrativa italiana, ma sento il bisogno di esternare alcuni ricordi della mia vita di bambino e di adolescente, che per la loro diciamo singolarità sono decisivi per dare il giusto significato alla performance, le incertezze e i fallimenti della mia vita di adulto. Giacché molte cose non tornano nella mia vita, e ciò che pare certo diventa pericolante né impedisce esiti finali indesiderati. Forse il contenuto di quei ricordi ci fornisce qualche luce di chiarimento. Dunque un piccolo breviario laico, da prendere e abbandonare all’occasione, costituito di ricordi autobiografici, giudizi e considerazioni sulla letteratura italiana da metà del secolo scorso a oggi, sulla televisione, sul cinema, sulla politica (che sono i quattro ambiti in cui mi sono impegnato nella mia lunga carriera di lavoro).” Angelo Guglielmi
“Caro Angelo, le tue pagine non hanno nulla di nostalgico (come sempre accade nei memoir), ci sei pienamente con il tuo carattere che tanto mi ti fa sentire prossimo: ironico fino alla autoironia, orgoglioso senza mai essere vanitoso, ma senza mai neppure essere remissivo. Rivendichi errori e intuizioni ‘storiche’, con pari dignità. Leggerti è una ventata di aria di mare in una stanza chiusa. Un piacere autentico.” Elisabetta Sgarbi
In questo libro Matthew Desmond ci conduce all'interno dei quartieri più poveri di Milwaukee per raccontare la storia di otto famiglie in bilico davanti alla minaccia dello sfratto. Vanetta, Lamar, Scott e Arleen sono tutti alle prese con debiti, bambini da crescere, famiglie difficili e affitti da pagare. I loro destini sono nelle mani di Sherrena Tarver, ex-insegnante diventata nel tempo piccola imprenditrice immobiliare, e Tobin Charney, proprietario di uno dei campi caravan della città. Tra compassione e interessi individuali, tra solidarietà e isolamento, si consuma il confronto fra chi ha paura di perdere tutto e chi, per lavoro, è costretto a chiedere loro l'impossibile. Il fenomeno degli sfratti, fino a poco tempo fa molto raro anche in contesti estremamente poveri, è oggi all'ordine del giorno, perché la maggior parte delle famiglie spende più della metà del proprio reddito in affitti, così che la casa, bene indispensabile per la realizzazione e la prosperità di una comunità solida e serena, è passata ad essere un privilegio esclusivo delle classi più ricche e fonte di conflitto sociale, psicologico, economico. Matthew Desmond ha costruito un reportage, raccontando senza riserve né pudori la storia, i volti e il futuro di chi vive dietro ai numeri e alle statistiche di disuguaglianze che non sembrano conoscere limiti. Proprio nel ricordarci che queste sofferenze sono vergognose e tutt'altro che necessarie, Desmond ci offre non solo delle soluzioni concrete ai problemi affrontati, ma una spinta positiva, vigorosa e urgente a immaginare un nuovo modello di società e un nuovo ideale comune di felicità.
Suggerimenti e riflessioni teooriche e di metodo per la ricerca demo-antropologica italiana.
Da molto tempo ormai il genere è una delle questioni fondamentali del dibattito sociale e scientifico a livello mondiale. Per comprenderlo, c'è bisogno di molteplici punti di vista, metodologie di analisi, elaborazioni individuali e collettive. Per questo il testo offre l'opportunità - invero rara in Italia - di mettere a confronto sulle tematiche relative al genere specialisti appartenenti a campi disciplinari differenti: un antropologo (Giuseppe Remotti), una filosofa (Vera Tripodi), un ricercatore cattolico con formazione sia in filosofia che in teologia (Damiano Migliorini), una teologa protestante (Letizia Tomassone), due psicologi e psicoterapeuti (Enrico Maria Ragaglia e Federico Ferrari, che è presente in due contributi) e il curatore del libro, psichiatra e psicoterapeuta. Gli Autori producono domande, piste di ricerca innovative e punti di vista originali, indicando le sfide che le tematiche relative al genere oggi ci pongono e le prospettive più feconde.
Questo volume intende offrire il primo contributo del Centro di studi sul genocidio, attivato presso la Lium, la Libera Università di Scienze Umane e Neuroscienze di Bellinzona (Canton Ticino). L'intenzione del libro è di approfondire ciò che l'antropologia, la storia e il diritto, da un lato, e la psicodinamica dall'altro possono offrire per aprire il quadro di riferimento investigativo, proponendo un approccio integrato psico-storico in grado di far parlare tra loro linguaggi spesso distanti, benchè interrelati e applicati a contenuti comuni.
Una donna singolare - dall'enigmatica Penelope, alla perturbante Gertrude, alla Donna fatale di Pirandello, da una parte, e la figura di un padre - che sia quella del burbero Principe del Manzoni, del Padre dell'Uomo dei Topi dall'altra, si alternano e a volte s'incrociano nei vari capitoli di questo libro, per giocare la stessa funzione che tenta ogni volta di esplicarsi nella regolazione di ciò che, nell'essere dotato di parola, fa fallire il rapporto con l'altro sesso. Secondo l'autore, che abbia o meno radice nell'odio, ogni affetto è riconducibile all'originario amore assoluto per il Padre.
Carlo Galli torna ad occuparsi di Schmitt, circoscrivendo l'attenzione ad alcuni aspetti del suo universo intellettuale: le attitudini fondamentali di Schmitt verso lo Stato, la vasta gamma di significati che la nozione di "teologia politica" assume nel lungo svolgersi della sua riflessione, il confronto che lo impegna a più riprese con gli altri pensatori della politica (Machiavelli, Spinoza), la perdurante validità dei paradigmi schmittiani per la comprensione dell'età globale. Una approfondita analisi - quella contenuta in queste pagine - che illumina magistralmente uno dei più discussi protagonisti della cultura filosofica del Novecento, costantemente sospeso fra decostruzione e costruzione, tradizione e spregiudicatezza, prevedibilità e intuizione geniale, ideologia e dottrina, e tuttavia sempre capace di attingere alla struttura profonda della modernità.
Presenza del terapeuta nel campo con bambini e adolescenti gravi. Perche sguardo e reverie"? Per una continua riflessione sulla pratica, su come una reverie modifichi il corso della terapia e subito modifichi lo sguardo... Sguardo e reverie vanno intesi, per me, come segnalatori, come strumenti nel campo terapeutico, poiche se avanzano secondo un movimento solidale, fanno parte, secondo il linguaggio bioniano, di quella sonda che mentre esplora allarga il campo; se invertono il ritmo fanno parte di reazioni negative, di "impasse"... Cosi, io vedo Dario, nove anni, piccolo, in abiti piu grandi, come un bambino-vecchino, che gioca, nelle sedute con me, a fare il mendicante all'angolo della strada, con il cane, con il piattino. Uno sguardo sull'"Hilflosigkeit", sull'impotenza, sulla sua inermita, che si riflette nei miei occhi. I genitori adottivi ne vedono il riflesso, pensano che questo loro alieno bambino adottivo, catapultato da un orfanotrofio dell'est, diverra un grande musicista... "
I paesi OCSE stanno cercando di mettere a punto delle politiche in grado di rendere l'istruzione più efficace, sforzandosi di individuare ulteriori risorse per rispondere alla crescente domanda di istruzione. Concepito per permettere ai Paesi di valutare la performance dei loro sistemi d'istruzione. Questo testo consente ai Paesi membri di confrontarsi l'un l'altro fornendo una gamma aggiornata di indicatori su come valutare lo stato attuale dell'istruzione a livello internazionale.

