
Questo libro testimonia un intenso, lungo e appassionato percorso per consolidare anche in Italia un corpo di conoscenze sulle relazioni pubbliche che contribuiscono alla crescita sociale, culturale ed economica del Paese. Migliaia di giovani guardano oggi alle relazioni pubbliche come professione possibile e desiderabile, ma vengono anche scoraggiati dalla sua discutibile identità percepita. Il libro racconta dall'interno una professione che oggi viene praticata da almeno settantamila italiani, produce un indotto di oltre 10 miliardi di euro l'anno e che si propone di aiutare le organizzazioni a governare i sistemi di relazione con i loro pubblici influenti con modalità interattive e tendenzialmente simmetriche.
Il wayfinding può essere definito come "l'atto di trovare la propria strada per un luogo", e il wayfinding design come "l'arte di aiutare le persone a trovare la propria strada". La maggior parte della segnaletica iconica convenzionale omologata indica, regola, concede, vieta, rappresenta, fornendo così un display non solo dell'organizzazione dello spazio antropizzato, ma anche dell'organizzazione della società che in tale spazio abita. Uno spazio ben comunicato è uno spazio che non genera frustrazione o smarrimento, che si rende conoscibile, intuibile, esplorabile ma, soprattutto, amabile e desiderabile: nella città multiculturale e spazialmente diffusa la segnaletica iconica viene analizzata nella sua natura di strumento in grado di generare conoscenza, orientamento e, soprattutto, connessioni fra luoghi, persone, istituzioni, culture. Nel saggio i concetti di wayfinding, segnaletica, segno, icona, spazio, inclusione/esclusione, partecipazione, identità visiva, si aprono a un dialogo interdisciplinare che chiama in causa vari ambiti: dalla semiotica alla sociologia dello spazio, dal design alla comunicazione visiva, alla psicologia cognitiva: tutte voci attraverso le quali si è tentato di comprendere meglio la relazione fra strumenti, funzioni ed effetti della segnaletica, nella convinzione che determinati tipi di sistemi per il wayfinding funzionino, oltre che come veicoli di informazioni, anche e soprattutto come media per la costruzione di relazioni.
Un clima umano positivo è un fattore fondamentale per il buon esito di una qualsiasi organizzazione sociale. In particolare, per quanto riguarda la scuola, la creazione di una positiva atmosfera socio-relazionale si rivela necessaria per la realizzazione di un’educazione scolastica che consenta ai diversi membri di inserirsi proficuamente nel processo di insegnamento-apprendimento e di instaurare relazioni significative e costruttive.
Il volume offre una trattazione sistematica delle relazioni sociali all’interno dei diversi gruppi che compongono la comunità scolastica (insegnanti-insegnanti, insegnante-allievi, allievi-allievi), mettendo in evidenza per ciascun gruppo i fattori di ordine contenutistico, organizzativo e relazionale che possono ostacolare o, al contrario, facilitare l’instaurarsi di una positiva intersoggettività.
In secondo luogo presenta una ricca rassegna di quelli che sono stati gli approcci più significativi allo studio delle relazioni sociali nella scuola, consentendo una più diretta conoscenza dei contributi della pedagogia tedesca, non sempre debitamente noti nel loro valore.
Il testo ha anche il merito di porre in luce l’aspetto organizzativo, che recentemente ha assunto un grande rilievo all’interno dell’istituzione scolastica.
L’ultimo capitolo verte sulla corresponsabilità scuola-famiglia.
Il testo è una riedizione postuma, riveduta e aggiornata, di un’opera di Herbert Franta (1936-1995), docente di psicologia della personalità, e di psicologia della comunicazione e delle relazioni interpersonali presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Salesiana di Roma. La riedizione è stata curata dalla prof. Anna Rita Colasanti – che è anche autrice dell’ultimo capitolo – anch’essa docente di Psicologia della comunità presso la stessa sede universitaria.
«L'ideologia de La religione del mio tempo si deduce da La religione del mio tempo: non ne è preesistente in uno schema politico, più o meno rigido. Le opinioni politiche del mio libro non sono solo opinioni politiche, ma sono, insieme, poetiche; hanno cioè subito quella trasformazione radicale di qualità che è il processo stilistico.»
Pier Paolo Pasolini
Il vero paradosso della poesia pasoliniana è questo: tanto più il mondo umano viene indagato e sottoposto a giudizio, tanto più l'io straborda, occupando progressivamente ogni recesso della realtà. Illuminata con il suo doloroso ardore. Già, perché quell'io arde, brucia. «Brucia il cuore», che resta impotente nel vedere come alta l'idea di Storia vagheggiata grazie al mito della Resistenza abbia lasciato il campo alla nuova corruzione che non solo rende vano qualunque richiamo al sogno comune e trascorso di una diversa, più luminosa Politica, ma anche di una diversa, più autentica Religione. Di questo traumatico passaggio Pasolini intende, poeticamente, dare conto. Senza recedere di fronte a nulla. E utilizzando ogni tipo possibile di materiale argomentativo: metafisico, polemico-giornalistico, profetico, lirico, cronachistico, elegiaco, naturalistico, storico-saggistico. Seconda una logica talmente inclusiva dell'ambito poetico da comprendere, di fatto, l'intera espressività letteraria.
(Dalla Prefazione di Franco Marcoaldi)
"Capitini non è un mistico ma un operatore, non è un santo ma un maestro davvero "elementare", sia perchè considera le situazioni concrete e affronta le condizioni reali, sia per la precedenza e l'importanza che assegna alle pratiche.
Davanti ad Aldo Capitini e i suoi scritti - soprattutto se trattano di scuola e di educazione - si resta insieme persuasi e perplessi: attratti dalla persuasione e tentati dalla perplessità. Sono passati degli anni, si dirà, e troppe cose e persone sono cambiate se è vero che si è alle soglie o secondo altri al termine di una ennesima mutazione antropologica. Ma questa del tempo che passa e trasforma - in coscienza - è sempre stata una scusa. Bisogna in realtà soltanto decidersi, se leggere gli scritti di Capitini con il senso della storia o sotto il segno della compresenza. Se disporsi all'ascolto di una voce che ha cercato e ancora cerca, prima ancora di avere un dialogo con noi, di inaugurare e di invitare tutti a un colloquio corale.
E' davvero troppo per il lettore e l'educatore contemporaneo, ma l'apertura è una unità smisurata di misura con cui conviene confrontarsi.
Gli scritti pedagogici di Capitini - e per questo nostro suo libro che li ripubblica - parlano in effetti del modo e del mondo della scuola, e sono rivolti innanzitutto agli insegnanti che la abitano. Gli scritti pedagogici di Aldo Capitini restano validi proprio perchè sono ancora "inattuali": eppure in gran parte si tratta di modelli attuati e di maestri indimenticati e di analisi ancora valide e di indicazioni ancora fertili." (dall'introduzione)
Negli ultimi anni ha ripreso prepotentemente il centro della sfera pubblica una delle istituzioni più controverse per la cultura e le società moderne: la religione. Questa nuova centralità ha messo in difficoltà soprattutto la sociologia che, con la categoria della secolarizzazione, ne aveva previsto e spiegato il progressivo declino, relegandola, comunque, nell'ambito della sfera privata. Il libro presenta gli approcci con cui la sociologia, a partire dai classici, ha analizzato il fenomeno religioso e i vari tentativi con cui cerca oggi di rendere ragione della sua nuova e imprevista centralità, valorizzando in particolare alcuni tentativi di andare oltre il riduzionismo prevalente.
La dicotomia religione/popolo è tipica delle religioni del Libro, dove si forma storicamente un ceto di specialisti (sacerdoti, teologi) che detengono i poteri e i saperi e guidano la massa dei "fedeli". Ma la vita religiosa non è monodirezionale: il "popolo" recepisce i messaggi e li trasforma entro la complessità del vissuto quotidiano, in parte con obbedienza legata alla tradizione, in parte con forme devozionali ed etiche relativamente autonome, in parte rivendicando, per lo più implicitamente, una propria capacità d'iniziativa. In questo libro si seguono, in ambito cristiano, alcuni itinerari di tale complessa fenomenologia a doppio senso, che è costellata di incontri, scontri e forme di reciproco adattamento, ma è anche sottoposta agli inesorabili processi di erosione/metamorfosi cui l'incalzare della modernità sta sottoponendo il proteiforme mondo delle religioni.
Il volume raccoglie i contributi relativi all'ottavo Seminario internazionale organizzato nel novembre 2017 dall'Archivio «Julien Ries» per l'antropologia simbolica presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, dedicato al tema Religione e Potere. L'opportunità che diviene tentazione. La religione può essere definita come un sistema di pratiche identificabili con narrazioni e celebrazioni, cioè miti e riti. In quanto sistema, essa si configura necessariamente come prescrittiva: la sua normatività dovrebbe essere al servizio dell'uomo, favorendolo nel coltivare la dimensione del rapporto con Dio. È accaduto e accade, tuttavia, che l'aspetto prescrittivo tenda a prendere il sopravvento, con l'esito di trasformare la religione, che è al servizio di Dío e degli uomini, in uno strumento che sí serve di Dio per dominare gli uomini.
Il grande successo della Psicologia Individuale aveva indotto alcuni allievi di Adler ad inserire la sua psicologia nel pensiero cattolico e in quello luterano indicandola come utile mezzo per l'attività pastorale. Fu così necessario che Adler ribadisse l'assoluta indipendenza della scienza da qualsiasi religione, ideologia o movimento politico, tracciando le fondamentali distinzioni tra cura d'anime e psicoterapia. L'interessante dibattito, che non è la sintesi finale del problema, ma solo il punto di partenza per ulteriori discussioni, confronti e verifiche, rimase sconosciuto perché tutte le copie di questo libro, pubblicato nel 1933, furono bruciate dai nazisti. Le puntualizzazioni di questo scritto sono comunque ancor oggi necessarie per distinguere la vera psicoterapia da qualsiasi altra "guida dell'uomo" esercitata da chiunque, psicologicamente più forte, influenza il più debole. Postfazione di Gian Giacomo Rovera.
Il desolante panorama offerto dal crescente numero di edifici sacri abbandonati o destinati agli usi più inconsueti richiama l’attualità della profezia di Nietzsche circa la morte di Dio. Uno sguardo più attento mostra tuttavia come le tematiche religiose (il sacro, il senso della vita e della morte) non scompaiano ma piuttosto si diffondano in maniera capillare e diversificata. Il libro indaga tale andamento mostrando possibili conseguenze a livello sociale, culturale e spirituale. Le nostre società “laiche” sembrano incapaci di affrontare la gran parte delle problematiche odierne: migrazioni, crollo demografico, sfaldamento del tessuto sociale, crisi delle istituzioni e della politica, aumento della solitudine e del male di vivere. Tutto ciò rende improrogabile la ripresa del dialogo tra secolarità e religione. La posta in gioco è la sopravvivenza della nostra civiltà.
Informazioni sull'autore
Giovanni Cucci è laureato in Filosofia all’Università Cattolica del S. Cuore di Milano. Dopo l’ingresso nella Compagnia di Gesù ha compiuto gli studi di Teologia a Napoli alla Facoltà S. Luigi e ha conseguito la licenza in Psicologia e il dottorato in Filosofia alla Pontificia Università Gregoriana. Attualmente insegna Filosofia e Psicologia allo studentato della Compagnia di Gesù a Padova e all’Università Gregoriana di Roma. Collabora alla rivista «La Civiltà Cattolica».
L'opera
Nel pensiero di Marcel Gauchet la riflessione sulla religione ha sempre avuto come sfondo l’analisi politica. Anche in questo volume i due piani sono strettamente intrecciati. Lo spunto è fornito dalla ricostruzione storica della laicità in Francia. Dovendo spiegare il perché dell’attuale crisi, Gauchet propone una lettura eterodossa, in perfetta sintonia con la sua ormai celebre tesi dell’uscita dalla religione. La laicità non è travolta da un’onda di riflusso della fede, al contrario è costretta a ridefinire i suoi confini proprio a causa del progressivo ritirarsi di quell’onda. Il ritorno delle religioni non è che la conseguenza paradossale della vittoria democratica: l’esaurirsi delle vecchie ambizioni politiche regala alle religioni un nuovo diritto di cittadinanza. Questo nuovo equilibrio tra religione e politica è esaminato nella seconda parte del libro: qual è la sfida che deve affrontare una democrazia privata di qualsiasi riferimento trascendente? Quale ruolo possono giocare le religioni all’interno di una sfera pubblica necessariamente votata al pluralismo? Rispondendo a queste domande Gauchet propone un’interpretazione originale della politica del riconoscimento.
L’edizione italiana è corredata da una postfazione inedita di Gauchet.
I lettori
Chiunque sia interessato a una riflessione storico-filosofica sul concetto di laicità e sulle sfide che questa deve affrontare nel mondo contemporaneo. Il libro è però anche un utile strumento per professori e studenti che, in ambito accademico, sono interessati ad approfondire il pensiero di uno dei più importanti filosofi francesi contemporanei.

