
Il futuro come liberazione: più salute, più intelligenza, più ricchi, con una realtà aumentata davanti. È questo ciò che ci prospettano i promotori di un cyberumanesimo che è sempre più realtà. Ma è vera liberazione? O ci stanno semplicemente rubando la nostra libertà? O siamo noi che gliela stiamo cedendo? Un viaggio dentro a un mondo che è già qui e a cui abbiamo delegato troppe delle nostre funzioni. Dallo smartphone al microchip nel cervello il salto non è poi tanto lungo. In questo libro gli aspetti filosofici e le dinamiche umane e culturali di una sfida decisiva.
Nella letteratura emergente sul fenomeno sempre più diffuso dello stalking, questo testo offre una visione particolarmente innovativa e gravida di spunti: non è infatti centrato sui soli aspetti comportamentali ma anche, e soprattutto, sulle caratteristiche psicologiche e di personalità dello stalker e della sua vittima, e sulla peculiare natura psicopatologica della relazione persecutore/vittima nei casi di stalking. I comportamenti ripetuti e morbosi di intrusione relazionale (IRO) nella vita della vittima attraverso pedinamenti, appostamenti, telefonate indesiderate, invio di lettere, e-mail, SMS, MMS o minacce scritte, verbali e fisiche, sono finalizzati a soddisfare una specifica motivazione, più o meno latente: ovvero quella di esercitare il potere e il controllo sulla vittima. Le osservazioni cliniche e i dati di ricerca suggeriscono che tali dinamiche relazionali non sono altro che la riattualizzazione di pattern relazionali appresi nel proprio ambiente familiare, contrassegnati da esperienze di disconoscimento, trascuratezza emotiva, violenza e in alcuni casi di abuso sessuale. Ciò che emerge dalla ricerca degli autori è che il tratto comune ai comportamenti di stalking non risiede tanto nella natura dello strumento di controllo utilizzato, quanto nella tipologia del comportamento impulsivo, che dà luogo a un bisogno ossessivo d'intrusione relazionale, di pedinamento e di molestia analogo a quello della caccia {to stalk) e del fare la posta.
E' possibile oggi essere illuministi? Con Eugenio Scalfari ne discutono Carlo Bernardini, Norberto Bobbio, Giancarlo Bosetti, Ralf Dahrendorf, Umberto Eco, Roberto Esposito, Umberto Galimberti, Sergio Givone, Sebastiano Maffettone, Sergio Moravia, Gianni Vattimo, Lucio Villari, Franco Volpi.
In questi scritti giornalistici l'autore ricostruisce la figura di Aldo Moro nella sua poliedrica attività di docente, di cattolico impegnato , di dirigente del maggior partito democristiano d'Europa, di ministro e di Presidente del Consiglio. Antonello Di Mario è nato a Terracina il 12 giugno del 1966. Giornalista professionista, laureato in Scienze della comunicazione, lavora a Roma come responsabile dell'Ufficio stampa della Uilm nazionale.
Qualche anno fa, con il discorso introduttivo alla convention del Partito democratico entusiasmò il pubblico, ricordando quell'ottimismo nel futuro, da lui definito "audacia della speranza", che ha sempre guidato il popolo americano. Avvocato, esperto di diritti civili, senatore per l'Illinois nelle file dei democratici moderati, Barack Obama è uno dei candidati favoriti alla nomination democratica per le elezioni presidenziali del 2008. Mentre la sua principale avversaria, Hillary Clinton, è l'espressione di una dinastia e dell'establishment, "il Kennedy nero", come è stato battezzato, è il leader carismatico che rappresenta il cambiamento. In questo libro, Obama si racconta: essere nato da una madre del Kansas e un padre keniano, aver avuto un patrigno indonesiano e aver vissuto la sua giovinezza tra Hawaii e Indonesia lo rendono capace di rivelare con lucidità i difetti del mondo globalizzato. E di mettere a punto un "piano di battaglia" e un concreto progetto di "frontiera" per affrontare i gravi problemi del gigante malato: la crescente insicurezza economica delle famiglie americane, le tensioni razziali e religiose interne al corpo politico, le minacce globali, dal terrorismo agli imminenti pericoli ecologici. Un ritorno allo spirito democratico e ai valori che sono alla base della Costituzione. E il coraggio di offrire un nuovo sogno ai cittadini statunitensi e a tutti i popoli del mondo. Con un'introduzione di Walter Veltroni.
Pochi sanno che Audrey Hepburn visse più di vent'anni della sua vita a Roma, tra gli anni '50, '60 e '70, quelli del matrimonio con Mel Ferrer, poi con Andrea Dotti, dai quali ebbe rispettivamente due figli, Sean Ferrer e Luca Dotti. Dedicato agli anni romani il volume raccoglie quasi 200 foto: non foto in posa di grandi fotografi, ma istantanee in parte inedite che la ritraggono nella vita quotidiana, a passeggio per la città, in famiglia, con i figli, in partenza o in arrivo all'aeroporto, assalita dai giornalisti, alle prime dei suoi film. Lo svolgersi del racconto fotografico illustra la lenta trasformazione di Audrey da inaccessibile diva di Hollywood ad attrice affermata in Italia, a donna e mamma che, allontanatasi dalla scena negli anni '70, stabilisce da romana di adozione un forte legame con la città. Non mancano nel libro le foto di scena dei film che girò in quegli anni come anche i suoi celeberrimi vestiti e accessori che contribuirono a creare il suo stile inconfondibile. Il libro è curato da Ludovica Damani e Luca Dotti che nell'introduzione traccia un ritratto privato, intimo, di sua madre. Commenta invece le immagini dal punto di vista del costume e dello stile la fashion stylist Sciascia Gambaccini. Seguono tre sezioni relative agli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, introdotte da brevi testi che forniscono uno spaccato di costume di questi decenni romani. In chiusura i cenni biografici su Audrey Hepburn, relativi al periodo trattato dal libro, e la filmografia completa.
In questo libro, Sean Hepburn Ferrer ci accompagna per mano e con delicatezza nel mondo interiore dell'attrice più celebrata di Hollywood, raccontandoci la storia di sua madre, dall'infanzia trascorsa nell'Olanda devastata dalla guerra, all'apice della sua carriera cinematografica, fino ai giorni vissuti lontano dalla macchina da presa e dai paparazzi. Un modo di vedere Audrey certamente diverso da quello finora rivelato dall'obiettivo dai fotografi: attraverso lo sguardo di un figlio che l'adorava.
Un libro che raccoglie le interviste fatte dall'autore - giornalista Rai per molti anni - ad alcuni dei tantissimi giovani italiani che hanno deciso di trasferirsi in Germania per vedere realizzate le proprie ambizioni. Il risultato è un racconto brillante che ci permette di capire gli aspetti più significativi del Paese di partenza - l'Italia - e di quello d'arrivo, la Germania. L'intento dell'autore è quello di conoscere non solo i protagonisti di questo esodo ma, di riflesso, conoscere meglio sia l'Italia che la Germania.
Nel ricostruire le vicende che videro protagonista Augusto, l'autore cerca di dimostrare non tanto come il "principato" abbia rappresentato la conclusione non l'unica possibile - della crisi della repubblica, quanto come lo stesso Augusto abbia costruito lentamente e sistematicamente la sua egemonia (egli avrebbe detto la sua auctoritas) e si sia imposto alla fine come unico referente, a Roma, del quotidiano dei propri concittadini, fornendo loro non solo una nuova stabilità politica, non solo rifornimenti annonari più sicuri, ma anche una nuova vita civile, nuovi culti e pratiche religiose che facevano perno attorno a lui e alla sua famiglia. Così il "principe" lasciando apparentemente inalterate le tradizionali strutture repubblicane, in modo molto ambiguo pervase silenziosamente ogni aspetto della vita civica, anche grazie alle magistrature da lui ricoperte. Delle antiche libertà restava solo il simulacro, un simulacro molto evanescente, come avrebbero dimostrato gli sviluppi successivi di quella forma di governo.
Verso la metà del IV secolo l'imperatore Giuliano nei "Cesari", una singolare opera satirica, ma dalle forti connotazioni personali, in cui sono passati in rassegna, con Alessandro Magno, i suoi principali predecessori, dà di Augusto una definizione peculiare: era un "camaleonte". Non è da sottovalutare questo giudizio da parte di una personalità come Giuliano che, arrivato inaspettatamente all'età di trent'anni al potere supremo, aveva concepito un disegno profondamente innovatore dello Stato romano, in primo luogo in senso religioso, e che dimostrò particolare sensibilità per le strategie comunicative. In verità Augusto risulta una personalità difficile da valutare già per gli antichi e non stupisce che tanto articolate siano state le presentazioni che la sua figura ha conosciuto anche negli studi più recenti. Appartiene senza dubbio a quel genere di personaggi poliedrici dei quali non è facile delineare un ritratto fedele e di cui è lecito privilegiare un aspetto rispetto a un altro. Giuliano è sicuramente in difficoltà a dare un giudizio netto su una figura tanto multiforme come quella di Augusto, il cui carattere autentico risulta alla fine sfuggente, soprattutto se si vuole uscire da schemi precostituiti.
"Questo ragazzo deve tutto al suo nome" diceva di lui Marco Antonio, che lo disprezzava, a torto sottovalutandolo. Però era vero, e Augusto ne era talmente consapevole da affrettarsi a promuovere, non appena gli fu possibile, la divinizzazione di Giulio Cesare, padre suo adottivo, come caposaldo del suo potere. Il capolavoro di Augusto è stato imporre l'immagine di sé come vero e coerente erede e continuatore dell'opera di Cesare, ormai divinizzato, mentre in realtà la trasformava, se non nel suo contrario, certo in altro. "Divus Iulius" e mummia di Lenin nel mausoleo sulla Piazza Rossa sono fenomeni che si richiamano l'un l'altro. Quella di Augusto è la tipica parabola del potere scaturito da una rivoluzione e approdato a una forma originale di restaurazione: ragion per cui, nel concilio degli dei immaginato dall'imperatore Giuliano, Augusto viene apostrofato come "camaleonte". Questo libro recupera, attraverso fonti greche solo parzialmente esplorate, pagine cruciali dell'"Autobiografia" di Augusto, abilmente apologetica, scritta nel 25 a.C, quando egli aveva ormai definitivamente consolidato il suo potere monocratico, pur nella raffinata finzione di aver restaurato la repubblica.

