
Questo volume prende in esame il singolare invio di Geremia, da parte di Yhwh, al gruppo dei Recabiti, paradigma dello straniero, da cui non ci si può aspettare nulla. Ma pur essendo lontani da Dio, essi offrono paradossalmente un insegnamento a chi si ritiene fedele e vicino a Dio.
Lo studio mette in evidenza il contrasto tra la fedeltà possibile (Recabiti) e l’infedeltà ostinata e reiterata (popolo di Giuda). Il desiderio di Yhwh, che auspica il «ritorno», s’incrocia dunque con la libertà del popolo che continuamente lo ripudia. L’atto pedagogico di Yhwh, il cui progetto è di richiamare il popolo di Giuda all’ascolto, all’obbedienza e alla fedeltà alla vigilia dell’imminente catastrofe e anche attraverso la lezione di fedeltà dei Recabiti, si pone come obiettivo il capovolgimento di ogni situazione bloccata.
Andare al cuore del Vangelo, al kerygma, per farne il centro dell’azione evangelizzatrice è la proposta che giunge dall’esortazione apostolica Evangelii gaudium. A partire da questa suggestione, un gruppo di teologi riporta il tema all’analisi dell’intelligenza credente poiché il kerygma rimane il nucleo imprescindibile e principale per affermare una salvezza che non è mai generica, ma sempre si declina come azione di Dio in Gesù Cristo.
Oggi questo annuncio da chi viene proposto? In quali modalità si esplica e quali interlocutori incontra? Attraverso gli sguardi complementari di diverse competenze teologiche, questo libro cerca di offrire una risposta che sempre viene rimandata al lettore per capire e vivere meglio l’esperienza cristiana.
Partendo da una preliminare ricerca letteraria e storica che si sofferma a esaminare i contenuti delle diverse professioni di fede, presentando una variegata panoramica delle varianti, lo studio si fonda su una ricostruzione critica del Simbolo Apostolico.
Nonostante gli importanti contributi di insigni studiosi, filologi e teologi, per il Credo degli apostoli manca un’edizione critica del testo, a differenza del Simbolo Niceno-Costantinopolitano.
La ricerca rappresenta un primo tentativo di fornire un’edizione quanto più esauriente e oggettiva, indaga i diversi testimoni, non sottovalutando il contesto storico-culturale e le implicazioni teologiche.
Nel giugno 1970 un quartetto di teologi incaricati dal patriarcato di Costantinopoli e dal papa di Roma completava la stesura di un rapporto sulla possibile concelebrazione eucaristica fra Athenagoras e Paolo VI. Quella liturgia era l'atto che avrebbe trasformato la levata delle scomuniche fra Roma e Costantinopoli, sancita negli ultimi giorni del concilio Vaticano II, in una comunione piena ed effettiva. L'argomento offerto al termine di una lunga serie di contatti - che videro attivi padre Duprey, monsignor Willebrands, il metropolita Meliton e i due stessi titolari dei troni di Pietro e di Andrea - era lineare: se fra le due chiese non c'è sufficiente unità di fede, allora la condivisione del calice sarebbe un atto spericolato, ma se fra le due chiese c'è unità di fede, allora non comunicare alla stessa mensa sarebbe un peccato. Quell'atto, che il vecchio patriarca Athenagoras sognava, sarebbe sfumato: cautele, timori, contraccolpi ne fecero sospendere la preparazione; e alla fine, con la sua morte, tutto svanì, lasciando traccia solo in una serie di documenti della fine degli anni Sessanta, inediti nella loro interezza e poco compresi nella loro portata: emergendo dal chiuso degli archivi illuminano il momento drammatico in cui per i capi delle chiese il sogno trainante dell'unità visibile è diventato il pezzo di una diplomazia religiosa.
"Dalla frequentazione di sant'Ambrogio ho imparato che tre sono gli argomenti che, più di ogni altro, meritano l'attenzione del credente che si pone alla scuola della parola di Dio e medita sulla verità rivelata: Gesù, la Chiesa, l'uomo (o l'anima, come ama dire il santo vescovo). Che poi costituiscono un unico onnicomprensivo oggetto di contemplazione: il Figlio di Dio crocifisso e risorto - nel quale tutte le cose sussistono - considerato in sé stesso, nella sua immagine viva, nella sua "pienezza" di "Christus totus". Ogni pensiero, e quindi anche quello teologico, che non si riduca a una pura esposizione di dati, è sempre "problematico". E appunto a esaminare da vicino qualche interrogativo sulla Chiesa, perché potesse crescere e affinarsi la comprensione della realtà, ho dedicato La Sposa chiacchierata".
Che cos’è propriamente la fede? In che modo si crede? Qual è il contenuto normativo della fede? E come giustificarlo e motivarlo, come trasmetterlo oggi?
Walter Kasper approfondisce i problemi legati alla natura, ai presupposti, alla motivazione e alla prassi della fede. Mostra che la fede, tutt’altro che «un punto d’osservazione immobile», risulta essere un processo sempre aperto: il processo dell’accogliere una vita donataci da Dio stesso.
D’altro canto, questa fede è chiamata a misurarsi nell’azione, a irrobustirsi e mantenersi vitale all’interno di quella comunità che è la chiesa. S’impongono allora degli atteggiamenti di fondo. E si esige pure la preghiera, anima della fede, respiro senza il quale non possiamo vivere né operare.
I dieci comandamenti, per secoli un pilastro indiscusso della cultura occidentale, in tempi più recenti sono stati oggetto di controversia nell'agorà pubblica. A un esame attento, tuttavia, risultano rivolti in particolare al popolo di Dio: cioè ai credenti. Prova ne sia che, nel racconto dell'esodo, la loro rivelazione sul Sinai è incorniciata da simboli religiosi e motivata nell'affermazione introduttiva: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla condizione servile». Sul contesto vitale del decalogo Baker concentra la sua vasta ricerca e la sua riflessione. Inserendo ciascuna delle "dieci parole" nella sua collocazione originaria nel Vicino Oriente antico, ne fa risaltare chiaramente il profilo culturale. La cornice dell'alleanza, poi, illumina il loro significato biblico e teologico. Infine, vedendo ogni comandamento alla luce dell'ambientazione contemporanea, egli mostra come quelle prescrizioni e quei divieti siano culturalmente controcorrente. Ne risulta un commentario accurato e di ampio respiro sul decalogo, ma anche una guida indispensabile alle "dieci parole" che Dio ha consegnato al suo popolo sul Sinai, facendo luce sul nostro cammino come popolo di Dio. «Questo manuale merita veramente di essere letto, perché esamina la cultura biblica in modo completo ma con tocco leggero e perché riflette magistralmente sull'importanza dei dieci comandamenti nella chiesa e nella società contemporanea.» (Cristopher J.H. Wright)
In questo libro sono raccolte le relazioni del convegno “La teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo” promosso dalla sezione san Luigi della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale e tenutosi a Napoli il 20-21 giugno 2019. Esso è il risultato di anni di lavoro teso ad elaborare una teologia contestuale che sia capace di discernere i segni dei tempi a partire dall’interculturalità generata dalle migrazioni. In quei segni si rivela l’attualità della parola di Dio e la presenza vivente di Gesù di Nazareth per la costruzione di una società fondata sull’accoglienza, sopratutto delle persone emarginate e deboli, e sul rispetto delle differenze. Il convegno ha registrato la partecipazione straordinaria in qualità di relatore di papa Francesco. Le sue parole indicano ai teologi del Mediterraneo il loro nuovo compito: «La teologia - tenendo la mente e il cuore fissi sul “Dio misericordioso e pietoso” (cf Gn 4,2) - può aiutare la Chiesa e la società civile a riprendere la strada in compagnia di tanti naufraghi, incoraggiando le popolazioni del Mediterraneo a rifiutare ogni tentazione di riconquista e di chiusura identitaria».
L'immagine del pellicano - che offre la sua carne e il suo sangue per nutrire i piccoli - è forse, insieme all'agnello, il più significativo e commovente simbolo dell'amore di Cristo, che si dona agli uomini divenendo emblema dell'Eucarestia: proprio questa è il vero tesoro della Chiesa. Infatti, nel sacramento dell'Eucaristia è lo stesso Signore Gesù che fa di una comunità umana un mistero di comunione.
La prospettiva della paideia delle relazioni costituisce il cuore del paradigma formativo qui proposto, che si rivela attraverso la metafora della casa. Attraverso la cura dell'incontro, si dispiegano le vie privilegiate della Sapienza e della Razionalità a partire dalle quali si sviluppa la duplice missione culturale e pastorale della Chiesa. Tutto questo si concretizza in scelte didattiche, organizzative e metodologiche fino a giungere a delineare una regola di vita spirituale pensata per un contesto interculturale e interreligioso.
Questo volume è un tributo di riconoscenza a un docente, uno studioso di teologia e un intellettuale, che appartiene al (ristretto) novero dei maestri di vita. La riflessione di Giuseppe Angelini è caratterizzata da una epoché critica, rispetto ai luoghi comuni, non solo del sapere filosofico e teologico tradizionale e "scolastico", ma anche - e soprattutto - rispetto alle forme diffuse della cultura moderna: una sospensione critica tesa a riscoprire l'evidenza morale che sta all'origine del soggetto, a partire dalle mediazioni culturali nelle quali si attesta quella verità, sempre religiosa, della quale soltanto egli può vivere.