
Quattro autorevoli Voci del panorama intellettuale italiano sottolineano la forza generativa del dialogo nella cultura contemporanea. Di fronte a un clima sociale spesso intollerante e aggressivo nei confronti della diversità culturale, religiosa, ideologica e politica, il testo offre un percorso tra psicologia, teologia ed economia di ripensamento e valorizzazione della natura eminentemente dialogica della vita umana. In questa prospettiva gli autori evidenziano la forza creativa e innovativa del dialogo, mostrano le sue straordinarie potenzialità, la sua attualità e capacità di rispondere alle domande del presente, la strada che esso apre affinché emergano obiettivi comuni, nelle rispettive tradizioni e differenze, tesi non alla divisione ma all'unità.
Il "Perì archôn" di Origene (185-254) è la prima opera giunta a noi in cui viene proposta una presentazione d'insieme del mistero cristiano. Il trattato intende fornire un'interpretazione delle principali verità del cristianesimo fondata sulla Scrittura, ma articolata in modo tale da inserirsi nella tradizione filosofica greca. Origene, con ammirabile onestà intellettuale, tratta i principali argomenti della teologia cristiana, Dio, le creature razionali, il mondo e la sacra Scrittura. Da una parte espone i contenuti della rivelazione, dall'altra conduce un'indagine molto libera e aperta sui punti non definiti dalla rivelazione perché gli amanti della verità possano dedicarsi alla ricerca della sapienza. Un'opera controversa sin dalla sua pubblicazione, che è stata comunque fondamentale nello sviluppo del pensiero cristiano.
Chi crea l'opera d'arte, l'uomo o Dio? In questo testo, tradotto sulla base dell'edizione critica danese, Kierkegaard si interroga sul rapporto, ambiguo e dialettico, tra apostolici - l'essere un chiamato da Dio - e genialità - l'essere ispirato.
Un dilemma sia esistenziale, vissuto in prima persona e sotteso all'intera opera kierkegaardiana, sia teoretico: l'essere apostolo in che modo è compatibile con l'essere un creatore in se stesso? E' l'antinomia che riecheggia nella categoria di "genialità apostolica", l'aspirazione al carattere divino della creazione umana.
La traduzione in lingua italiana dell'articolo di Johannes Beumer, comparso nella Rivista Gregorianum nel 1939, prende in esame la storia dell'assioma gratia supponit naturam, spesso soltanto citato dai teologi moderni, ed offre la possibilità di approfondire le dinamiche teologico-filosofiche implicate nella comprensione dei due ordini: naturale e soprannaturale.
Il presente libro, considerando la rilevanza dell'insegnamento della Parola di Dio, da cui nasce la fede cattolica, senza la quale non esiste nessuna comunità né Chiesa particolare, e tenendo conto anche della scristianizzazione delle terre di antica tradizione cristiana nonché della proliferazione delle sette, rimarca non soltanto l'urgenza ma soprattutto il primato di tale annunzio nel mondo intero. Il volume, riferendosi al terzo libro del Codice latino che ha regolato il munus docendi della Chiesa in 87 canoni, commenta queste norme strutturate in cinque titoli, ma espressione di un unico tema, cioè il deposito della fede (cfr. can. 747) che deve essere sempre insegnato ovunque, perché la sua ricchezza aiuti ogni persona che lo accoglie e lo mette in pratica a coltivare il bene comune nella giustizia e a vivere in pace con se stessa e con gli altri.
Abbiamo un manuale d’istruzioni per tutto ormai, ci mancava proprio quello per vivere nel mondo senza essere del mondo. Le regole da sole non bastano, ma come diceva San Bendetto da Norcia, aiutano a dirigere «la vita di quelli che obbediscono».
Quando e come pregare, come si sta a tavola, il lavoro, l’importanza dell’essere stanziali, il bel dormire, il silenzio, l’esercizio dell’autorità, questi sono alcuni elementi da non trascurare per fare funzionare al meglio un cattolico nel mondo,
Quindi per mangiare, riposare, pregare, educare, lavorare, divertirsi… ci vogliono le istruzioni!
Ecco il necessario libretto di 100 pagine da tenere sempre a portata di mano, seguendo la Regola di San Benedetto.
L'unità del Reale, la ricerca dell'Uno, è probabilmente l'unico, definitivo tema di tutto l'immenso lavoro filosofico, teologico e scientifico - 70 anni di pubblicazioni in 7 lingue - di Raimon Panikkar, senza dubbio uno tra i più significativi 'monumenti dello spirito umano' del nostro tempo. Sempre sul confine, sulla soglia, forse è questa l'immagine che meglio di tutte racchiude l'uomo e il pensatore, che, più di altri, ha problematizzato il tradizionale concetto religioso di "Dio", animato però da quella che chiamava "fiducia cosmica", la quale poggiava, nonostante tutto e tutti, sul suo profondo amore per Gesù, il Cristo. Il volume si pone quale introduzione alla vasta opera panikkariana e alla sua ricchezza interpretativa così che il lettore possa conoscere e contribuire al dialogo tra fedi ed interdisciplinare con spirito costruttivo e di apertura.
Questa ricerca parte dal can. 705 CCEO per rientrare nella vita della Chiesa e nei rapporti tra le Chiese, e quindi scrutare il ruolo dell'altare negli sforzi per l'unità dei cristiani, legati dall'unica eucaristia e dall'unico Cristo. L'intento dell'autrice è quello di far divenire il diritto ecclesiale diritto di vita e diritto vivo, legando il diritto e l'altare con la vita dei cristiani che si dedicano alla piena unità; un appello affinché la pietra, e l'altare di pietra, divengano un richiamo chiaro all'unità degli uomini e al "cuore di carne" della chiesa universale.
La cura dei poveri è stata una caratteristica del cristianesimo sin dalle sue origini, e in questo senso si sono espresse le moderne encicliche sociali dei papi. Il contesto economico è cambiato radicalmente dalla Rivoluzione industriale in poi. L'autore di questo libro ci aiuta a comprendere questo contesto, nella convinzione che la dottrina sociale della Chiesa trarrebbe beneficio da un'analisi delle fonti e dei vantaggi della creazione della ricchezza: bisogna creare benessere, non impoverire la società. Creare ricchezza significa migliorare la vita di tutti, ed è quindi un presupposto necessario per alleviare la povertà e procurare mezzi per migliorare il benessere materiale dei più vulnerabili. Prefazione di Salvatore Rebecchini.
Dopo Colloqui minimi, Ettore Gotti Tedeschi continua a dialogare con i personaggi del passato: questa volta i suoi Colloqui massimi sono consacrati a una serie di “maestri” del pensiero (magari non sempre “buoni”), in maniera più lunga e approfondita. È così possibile incontrare Giovanni Papini, Romano Guardini e san Josemaría Escrivá, ma anche Cartesio, Nietzsche e Bertrand Russell, e dialogare con loro su temi decisivi per la formazione di una generazione “senza più maestri”. Lo stile è sempre quello polemico e politicamente scorretto tipico dell’Autore, con un occhio di riguardo per la Chiesa e l’economia, nella convinzione che è quanto mai necessario oggi controbattere a chi diffonde una cultura inquinante dal punto di vista educativo, culturale e spirituale.
Don Gian Franco Mariconti è sacerdote della diocesi di Crema, nato nel 1955 a Monte Cremasco e ordinato nel 1978 da sua eccellenza monsignor Carlo Manziana. Dopo aver completato gli studi in Teologia, Diritto (Pontificia Università Gregoriano) e Pastorale catechistica (Pontificio Ateneo Salesiano), invece di rimanere a Roma per lavorare nella Congregazione della dottrina della fede, in Segreteria di Stato e alla Conferenza Episcopale Italiana, è rientrato in diocesi per dedicarsi, come direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano – Insegnamento della Religione Cattolica e delegato per la cultura, alla formazione dei formatori (sacerdoti, seminaristi, catechisti, docenti di religione, operatori della cultura).
La cultura è ritenuta dall’autore nodo strategico per discernere e coltivare le vocazioni, i carismi, i ministri in una Chiesa di comunione in stato di missione come quella voluta dal Concilio Vaticano II e riproposta oggi, in termini aggiornati, da papa Francesco. Il presente volume dedicato al Credo è frutto di un lavoro durato alcuni decenni.
Con questo libro si prova a illustrare due simboli cristologici importanti, che ci chiariscono il senso di tanti altri simboli e usanze nella nostra vita cristiana e liturgica. Il primo simbolo è il «vestirsi di Cristo», mentre il secondo è il considerare «Cristo come sposo». Ambedue i simboli hanno radici bibliche e sono stati sviluppati dai padri della Chiesa in maniera interessante, dando sempre al simbolo una dimensione ontologica ed escatologica.
Per la Chiesa, il Cantico è stato un testo importantissimo per i misteri dell’iniziazione cristiana: Battesimo ed Eucaristia. Ciò diviene più chiaro se si considera che il Cantico nella tradizione liturgica giudaica era letto durante il tempo di Pasqua. La Chiesa primitiva battezzava i catecumeni durante la Veglia Pasquale i quali, dopo il Battesimo, ricevevano per la prima volta l’Eucaristia. La Chiesa utilizzava il Cantico durante il tempo di Pasqua, continuando così la prassi giudaica.
Solo tenendo presente questo fatto si può capire perché, per esempio, Didimo il Cieco scrive dicendo che «nella piscina battesimale, Colui che ha creato la nostra anima, la prende per sposa», o perché Cirillo di Gerusalemme dice che «Cristo ha donato ai figli della camera nuziale la gioia del suo Corpo e del suo Sangue».
Non ci dovrebbe sorprendere allora considerare la Chiesa il nuovo paradiso, il nuovo luogo dell’alleanza con Dio, o anche la stanza nuziale dove lo sposo si unisce alla sua sposa.