
Nella primavera del 1664, sulle Alpi francesi, una povera pastorella di nome Benoite (Benedetta) Rencurel, stava portando il gregge al pascolo, quando improvvisamente vide comparire la figura di un vescovo, che le preannunciò l’imminente apparizione della santa Vergine Maria in una piccola grotta chiamata Les Fours. Dopo alcuni giorni Benedetta si recò a pregare in quella grotta e così fece ogni giorno per alcune settimane, finché una mattina, come annunciato, le apparve la Madonna. Nel 1671 Benedetta provò la Passione del Signore e ricevette le sante stigmate. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1718, visse come eremita sul luogo delle apparizioni.
«Quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti». È Paolo di Tarso, nella celeberrima Prima Lettera ai Corinzi, a fare la diagnosi sui "folli di Dio" e, quindi, sulla "follia di Dio". Appare conseguente, infatti, che, se Dio chiede di essere seguito dai folli, è Egli stesso un folle. Subito, però, va definito il significato del termine. Fin dagli albori, la Chiesa li ha chiamati "folli in Cristo". Strani personaggi che si mostravano bizzarri, autolesionisti, pazzi, per ricondurre gli uomini alla "follia della Croce", per essere eco della parola di Dio non con un linguaggio sapiente, ma con l'efficacia dell'esempio, con lo smascheramento dei difetti umani, con l'ironia verso atteggiamenti, pensieri e azioni che si pretendevano sensati o devoti, ma che in realtà lasciavano grande spazio alla doppiezza. Dagli eremiti del deserto dei primi secoli cristiani, passando per gli asceti del Medioevo tormentati dall'ossessione per il peccato e il demonio, fino ai mistici delle epoche recenti, lo psichiatra Vittorino Andreoli si addentra nell'analisi di questa "strana follia" attraverso un excursus storico-letterario di grande fascino, fondato sulle fonti più accreditate. La domanda provocatoria che attraversa tutto il libro è: ma allora si può parlare di un Dio insensato? Chissà? ...si interroga l'autore, forse quest'antica sana follia è una demenza lucida di cui questi nostri tempi barbari hanno assoluto bisogno. Perché occorre perdersi per ritrovarsi. E la follia cristiana ci dà una lezione di rigore e leggerezza, ci insegna a capire che dietro un gesto bizzarro può nascondersi un tesoro di straordinaria saggezza.
«Pregate sempre per me perché io abbia il coraggio di rimanere in crisi»: è l'intenzione paradossale espressa da papa Francesco nel Natale 2020 ad aprire la riflessione di Erio Castellucci, che in queste pagine cerca di delineare una "spiritualità della crisi". Difficoltà, scompensi, sconvolgimenti non sono scherzi del destino, ma tappe obbligate di qualsiasi percorso personale e sociale. Sono eventi che scuotono, che fanno perdere l'equilibrio e piombare nell'incertezza, ma non sono solo negativi, non significano rovina e distruzione. Non soltanto la storia in generale, ma proprio la storia biblica è piena di personaggi inquieti, che attraversano fatiche e sofferenze dalle quali nascono strade di salvezza. Nel nostro tempo alle tante emergenze del mondo globalizzato - guerre, terrorismo, clima, migrazioni - si aggiungono per la Chiesa povertà morali e strutturali: calo della partecipazione, crollo delle vocazioni, secolarizzazione, scandali tra i religiosi, irrilevanza nella società. Un dissesto epocale, che potrebbe portare a un giudizio sconfortato sul valore della stessa fede. Ma sarebbe una conclusione frettolosa. Se osserviamo ciò che è avvenuto nei secoli, vediamo che i periodi più tormentati sono quelli in cui la santità della Chiesa è fiorita, perché la crisi non è solo un fatto, ma una dimensione dei corpi vivi e un sintomo di coraggio e progressione. Se i cristiani si sentono oggi una minoranza, se la fede non costituisce più un presupposto comune, anzi viene emarginata o negata, allora è il momento di riscoprirsi piccolo gregge e di lasciarsi mettere in crisi dal Vangelo. Un libro che motiva con lucidità e passione la scelta di un cattolicesimo più evangelico, più semplice, più fedele allo stile di Gesù.
Minilibro di 64 pagine di delicata fattura. Su ogni pagina, variamente disegnata e colorata, c'è una frase che fa riflettere (un aforisma, un proverbio), di personaggi famosi di ogni tempo. Libro piccolo ma di grande effetto, pensato come un regalo per "persone che hanno un posto speciale nel nostro cuore". Tema dominante è l'amicizia, uno dei doni più preziosi della vita. Amicizia è sinonimo di felicità. Che cosa ci può rendere più felici che far contento un amico? Ma l'amicizia va coltivata, dedicando tempo ai nostri amici e ripetendo loro quanto siano importanti per noi. Questo minilibro ci aiuta a dirlo! Le frasi che lo compongono possono essere inviate per un saluto via posta, e-mail o sms.
Un piccolo volume riccamente illustrato, accompagnato da frasi scelte. Come gli altri titoli della stessa collana è un testo adatto a tutti e un dono ideale per ogni occasione speciale.
Che cosa si può dire ancora su Maria che non sia ripetitivo? Quale profilo può essere propulsivo di quella liberazione annunziata nel Magnificat? Il titolo Ben più che Madonna è un invito ad andare oltre le incrostazioni culturali e religiose, il devozionismo, il razionalismo teologico, la retorica, la riduzione femminile e servile a esecutrice dei dettati del Cristo. Il sottotitolo Rivoluzione incompiuta allude al Magnificat e alla sua profezia di riconciliazione tra cielo e terra e di tutte quelle fratture che in ogni ambito dell'umano (antropologico, socio-politico, economico, ecclesiologico) ostacolano il Regno della giustizia e dell'amore. In ogni capitolo, una prima parte si confronta con gli aspetti salienti della vita di Maria, come ci è dato conoscere, e una seconda apre a considerazioni interdisciplinari. Dalla lettura agile e al contempo documentata, questo libro presenta Maria come l'amata regale nella sua dignità di sposa del Padre, chiamata a rispondere all'Amore cooperando alla generazione del Figlio, corpo nel corpo, alla sua formazione, a condividerne la missione, mantenendo la sua specifica vocazione. Il lettore vi troverà "cose vecchie e cose nuove" per ripensare l'umanità e la Chiesa sul registro mariano.
La bellezza: uno dei miti di sempre che fa battere il cuore, magnetizza e alimenta oggi un'industria dal fatturato in continua crescita. Fino a creare l'illusione dell'eterna giovinezza. Ma esiste anche un'altra bellezza (quella «che salverà il mondo» secondo un'espressione di Dostoevskij) evidenziata e diffusa dalla persona "veramente buona". Di questo parla in maniera appassionata l'autore nel presente opuscolo, puntando soprattutto sul valore della dimensione interiore, condivisibile anche dai... "non belli" esteriormente, giustificandola e proponendo le migliori strategie per tonificarla.
La bellezza non la si può "fabbricare": non possiamo comprarla né sforzarci di ottenerla. Possiamo solo riceverla, accoglierla come dono: la incontriamo, se apriamo gli occhi, nella natura, nell'arte e nella musica, nelle altre persone, e persino in noi stessi. È la chiave per una vita piena. Il bello dona gioia e momenti di felicità dove meno ce l'aspettiamo. Ci spalanca le porte e ci introduce in un luogo in cui il nostro cuore può sentirsi a casa. Perché, come diceva Dostoevskij, "la bellezza salverà il mondo".
Itinerario formativo che vuole accompagnare i lettori, laici e religiosi, nel santuario della bellezza, si da poterne vedere ed ascoltare fascino ed echi, capaci di illuminare, purificare, ravvivare la persona, la vita, l'umanita. La bellezza non e un valore immediatamente evidente nella sua oggettivita, ma esige una formazione. E' una realta che vale, realta preziosa alla quale occorre formarsi. Formarsi alla bellezza significa aprirsi la via che porta a Dio e alla salvezza.
Provare a raccontare la bellezza è come comporre un'opera musical-teatrale: chi scrive mette in campo la propria conoscenza e le dà forma a partire da una personale osservazione del mondo, mantenendo la libertà dello sguardo. Per questo il libro è composto da ouverture, quattro atti suddivisi in scene e un finale. Ogni momento ha i suoni di diverse lingue, lo spirito vivace delle contaminazioni musicali, le suggestioni visive di geografie reali e sognate, i colori dell'arte e del cinema e le parole di filosofi, letterati e persone di fede, che lungo i secoli sono passate da una generazione all'altra, dando vita a nuove forme e nuovi significati. Riconoscere la bellezza nella realtà è aprirsi alla meraviglia della vita.
La dimensione estetica è essenziale nella vita umana. A detta di Dostoevskij (I demoni), la bellezza è «il vero frutto dell’umanità intera e, forse, il frutto più alto che mai possa essere». «Quale bellezza salverà il mondo?», si chiede allora lo scrittore russo nell’Idiota. Attraversando la storia dell’estetica dalla sua concezione antica, «interrogando – come scrive Stefano Zecchi in Prefazione – la tradizione e testimoniandola nella nostra contemporaneità con potente vigore, questo libro coraggioso» giunge alle conclusioni che furono di Charles Moeller in Saggezza greca e paradosso cristiano: la bellezza dell’arte su questa Terra è superata dalla bellezza dei santi, quindi dell’uomo, che di Dio è immagine. «La gloria di Dio è l’uomo vivente», aveva affermato prima di lui icasticamente sant’Ireneo. Il percorso del volume investe i campi artistici letterario (Iacopone, Dante, Petrarca, Tasso, Shakespeare, Manzoni, Dostoevskji, Zola, Peguy, Wilde, Ungaretti...), figurativo (Michelangelo, Raffaello e tanti altri fino a oggi) e quello filosofico (Platone, Aristotele, san Tommaso, Kant, Croce...) sorpresi sotto la luce portata dal fatto cristiano. «Presi per mano dall’autore – commenta sr. Maria Gloria Riva in Postfazione – apriamo gli occhi su quel brutto a cui ci siamo abituati e che sta diventando categoria di giudizio e veniamo pian piano istradati dentro quella via pulchritudinis che davvero rappresenta l’urgenza educativa del nostro tempo».