
Conosciamo di Pierre Lévy gli scritti teorici, ispirati alle tecnologie digitali dell’informazione e alla cibercultura. Con Il fuoco liberatore affronta, attraverso la propria esperienza, il tema della trasformazione interiore, ripercorrendo il cammino della Qabbalah e gli insegnamenti buddhisti e di altre tradizioni spirituali. Dalla freddezza delle tecnologie digitali la scrittura di Lévy si sposta verso il tema della mente emozionale e costruisce così un percorso, luminosamente geometrico, verso la scoperta di sé.
“All’età di dieci anni andavo a scuola con la chiave di casa, perché tornavo prima dei miei genitori, che a volte lavorava- no fino a tardi. Una sera d’inverno, arrivato davanti alla por- ta di casa, cercai la chiave senza trovarla. La casa era isolata. Scendeva la notte. Non avevo la chiave. Aspettai davanti alla porta. Un’ora, due ore, tre ore. I miei genitori non tornava- no. Iniziai a pensare che non sarebbero mai piú tornati. Mi misi a piangere. Mi sentivo molto solo, abbandonato, esiliato, sventurato. Alla fine arrivarono i miei genitori.
“Perché piangi? mi chiesero; siccome abbiamo visto che ave- vi dimenticato la chiave, abbiamo lasciato apposta la porta aperta”. Spinsi la porta. Era aperta. Non mi era nemmeno passato per la testa di provare ad aprirla senza la chiave. Volevo raccontarti questa storia prima di cominciare, per dirti che so che tu non hai la chiave. Nessuno ha la chiave. Nessuno l’ha mai avuta. La chiave non serve. La porta è aperta. Entra in casa tua.”
— Pierre Lévy, dalla quarta di copertina
La vicenda di Mosè è quella di ciascuno di noi, davanti al fuoco di Dio e alla fatica della strada.
Un'itinerario di riflessione e di preghiera davanti al roveto ardente e sulle tracce di Mosè, il tema dell’esodo di ogni uomo, l'originalità e lo stile di don Davide Caldirola.
Il Fuoco di Elia profeta ci introduce al Turoldo omileta, con testi scritti a cavallo tra il 1986 e il 1990. Questo volume raccoglie 19 omelie e momenti di scambio con i fedeli, oltre a un testamento spirituale di cui si ripropone anche l'originale olografo. Si tratta di una testimonianza dal grande valore spirituale e un'ottima occasione di incontro con il pensiero del sacerdote-poeta.
La passione è una forza che mette in moto le cose. È una forza necessaria, se vogliamo essere creativi. Ne abbiamo bisogno non solo nella vita spirituale, ma anche nell'arte, nella scienza, nello sport, nelle attività che svolgiamo quotidianamente a scuola o al lavoro. Ne abbiamo bisogno anche per operare convintamente per gli altri e per la giustizia nel mondo. «Senza passione, nulla di grande è mai stato realizzato, né è realizzabile», sentenziava Hegel. Scrivendo a quattro mani con Hsin-Ju Wu, Anselm Grün esamina i diversi aspetti delle passioni: il loro potere di affermazione della vita, i pericoli del loro abuso. E mostra a tutti un modo per risvegliare o riscoprire la propria passione. Perché chi si appassiona a qualcosa entra di nuovo in contatto con se stesso e ritrova la vitalità che lo aiuta ad assumersi la responsabilità della propria vita e del futuro di questo mondo.
Turoldo indaga nel profondo e senza sconti l'esistenza propria e quella di tutti gli uomini, cercandone l'identità, la grandezza, la qualità. Chiama in giudizio la storia, certo tuttavia che solo Dio è in grado di giudicarla con giustizia. Non cerca in Dio o da Dio risposte; Dio non è "la risposta", "Dio è la domanda", specie di fronte a quei mali di cui noi uomini vorremmo attribuirgli la responsabilità. Nel volume, in occasione del centenario della nascita, parlano anche voci nuove di docenti nelle Università e Centri di ricerca di Houston, Mantova, Milano, Pordenone, Roma, Udine, Venezia e Verona e ci si accorge che il pensiero di Turoldo è davvero attuale, voce profetica, libera e fedele. La raccolta comprende saggi di: L. Bruni, M. Campedelli, P. Di Piazza, M. Ferrari, F.M. Geremia, G. Goisis, M. Garzonio, R. La Valle, M. Maraviglia, M. Marcolini, P.M. Orlandini, S.M. Perrella, E.M. Ronchi, A.M. Santini, S. Scifoni, P. Stefani, F. Turoldo, G.M. Villalta.
«In cosa posso servirla?», chiese l’angelo.«Davvero vendete di tutto, come è scritto sull’insegna?», chiese incuriosito il giovane.«Certamente. Tutto quello che desidera!».«Allora vorrei che i bambini non soffrissero più, che la gente non dovesse soccombere sotto il peso delle schiavitù. Vorrei un po’ di pace, vorrei che gli uomini non fossero più gli uni contro gli altri. Vorrei più misericordia e meno giudizi, più dialogo e meno opposizioni. Vorrei che il mondo non fosse più diviso tra chi ha tutto e chi non ha niente, vorrei…».Ma l’angelo gli portò la mano alla bocca come per fermare le richieste e gli sussurrò all’orecchio: «Guardi, credo che lei abbia frainteso: noi non vendiamo frutti, qui si vendono solo semi!».
I "Cinque passi al mistero" sono un ciclo di catechesi per giovani e adulti, che si svolge ormai da dodici anni presso la parrocchia Santa Maria in Vallicella - Chiesa Nuova di Roma. Padre Maurizio Botta, sacerdote dell'Oratorio di San Filippo Neri, guida gli incontri, con uno stile preciso e di grande impatto. Sono poi gli stessi giovani dell'Oratorio a offrire i temi su cui riflettere, argomenti "caldi", spesso quelli che tengono più lontane le persone dalla fede. In questo, che è il secondo ciclo pubblicato da San Paolo, i temi affrontati sono tra i più problematici per la fede e non solo, in una società come la nostra: padre Maurizio affronta le domande sulla paura, sull'affettività, sulle dipendenze, sulla paternità. E riflette con la comunità con cui lavora sulla fatica di ciascuno a prendere il Vangelo e Gesù per ciò che sono e non per ciò che ci piacerebbe fossero. Un libro che provoca, fa pensare, dialoga con la cultura, senza temere di svelarne le contraddizioni.
Conclusa nel 1953 l'esperienza da deputato nel Parlamento italiano, Igino Giordani può dedicarsi interamente al Movimento dei Focolari. La spiritualità dell'unità, conosciuta pochi anni prima, aveva preso completamente la sua vita e l'impegno totalitario accanto a Chiara Lubich gli sembra la risposta a un'esigenza che sente sempre più pressante: vivere per costruire concretamente l'unità, la pace, una convivenza ordinata tra gli uomini, una civiltà migliore.
Il fratello, dato alle stampe all'inizio del 1954, può, a buona ragione, essere considerato una tappa fondamentale del passaggio a una fase nuova della sua "nuova" vita. Rileggendo i Vangeli, gli Atti degli Apostoli e le opere dei Padri della Chiesa, inserendosi nel grande filone spirituale degli autori che più hanno celebrato la carità, Giordani recupera in queste pagine l'intera dottrina cattolica mostrando come, sul piano sociale, la fraternità, sola, sia capace di costruire rapporti realmente solidali e di risolvere le ingiustizie che affliggono il nostro tempo.
Il testo si struttura in sette capitoli - i primi tre dedicati alle Persone della Trinità, modello e riferimento per i rapporti umani, il quarto alle dinamiche che animano i comportamenti degli uomini, i tre finali, a loro volta, all'itinerario dell'amore fraterno che porta all'unità e alla comunione -, in un progressivo svelamento del potere trasformante della vita "nel" fratello, via per incontrare Dio e farne esperienza.
Maestra di vita e studiosa dei valori universali attraverso l’analisi introspettiva dell’Essere nella sua Essenza interiore, Lydia Clemente si presenta al suo pubblico con questa nuova pubblicazione per far conoscere ai lettori le profonde esperienze vissute dalla sua anima.
Nel pensiero di Gustavo Bontadini è sempre rimasto saldo l'equilibrio tra due elementi concettuali spesso visti in opposizione tra loro: l'affermazione della metafisica come «opera della ragione» e quella della «scelta esistenziale» che l'uomo compie nel dare un senso unitario alla propria vita. A differenza degli altri studi sul filosofo, il volume di Messinese considera il pensiero metafisico del filosofo all'interno di un più ampio orizzonte, superando così l'immagine riduttiva che talvolta ci si è fatta del suo pensiero. Bontadini ha offerto una perspicua chiarificazione circa la questione dei rapporti tra scienza e fede e ha prodotto essenziali considerazioni riguardo a temi ancora oggi di grande importanza nel dibattito religioso e culturale, quali la «demitizzazione» della fede cristiana e l'«ellenizzazione» del cristianesimo. In entrambi i casi, il filosofo fu sempre fautore di una conciliazione tra la fede cristiana in Dio e la concezione della realtà propria dell'uomo moderno. La proposta che ne è emersa è di una «filosofia cristiana» per il nostro tempo.
Che uomini erano quelli. Riuscirono a salvare l'Europa con la sola forza della fede. Con l'efficacia di una formula: ora et labora. Lo fecero nel momento peggiore, negli anni di violenza e anarchia che seguirono la caduta dell'impero romano, quando le invasioni erano una cosa seria, non una migrazione di diseredati. Ondate violente, spietate, pagane. Li cristianizzarono e li resero europei con la sola forza dell'esempio. Salvarono una cultura millenaria, rimisero in ordine un territorio devastato e in preda all'abbandono. Costruirono, con i monasteri, dei formidabili presidi di resistenza alla dissoluzione. Sono i discepoli di Benedetto da Norcia, il santo protettore d'Europa. Paolo Rumiz li ha cercati nelle abbazie, dall'Atlantico fino alle sponde del Danubio. Luoghi più forti delle invasioni e delle guerre. Gli uomini che le abitano vivono secondo una Regola più che mai valida oggi, in un momento in cui i seminatori di zizzania cercano di fare a pezzi l'utopia dei padri: quelle nere tonache ci dicono che l'Europa è, prima di tutto, uno spazio millenario di migrazioni. Una terra "lavorata", dove - a differenza dell'Asia o dell'Africa - è quasi impossibile distinguere fra l'opera della natura e quella dell'uomo. Una terra benedetta che sarebbe insensato blindare. E da dove se non dall'Appennino, un mondo duro, abituato da millenni a risorgere dopo ogni terremoto, poteva venire questa portentosa spinta alla ricostruzione dell'Europa? Quanto c'è ancora di autenticamente cristiano in un Occidente travolto dal materialismo? Sapremo risollevarci senza bisogno di altre guerre e catastrofi? All'urgenza di questi interrogativi Rumiz cerca una risposta nei luoghi e tra le persone che continuano a tenere il filo dei valori perduti, in un viaggio che è prima di tutto una navigazione interiore.
La perdita prematura di un figlio è forse la più grande sofferenza per un genitore. Il libro di A. Cencini, racconta il cammino, pur lento e faticoso, di fede e di speranza, che ha consentito a molti genitori di "ritrovare" il figlio che credevano perduto per sempre. Esso si divide in due parti. Nella prima definisce i concetti-chiave di un cammino autenticamente credente: storia, storia di salvezza, memoria, memoria credente, i virus della memoria, memoria affettiva, razionale e biblica, memoria spirituale, che servono a ricordare in modo pieno e credente la vita come storia d'amore e di salvezza, anche nei risvolti dolorosi. Nella seconda parte affronta un itinerario preciso per l'integrazione del dolore o l'elaborazione del lutto legato alla morte del figlio, all'interno di una prospettiva credente.