
Carlos Bravo Gallardo, gesuita, teologo messicano, mettendosi nei panni dell’evangelista Marco, scrive una lettera alle donne e agli uomini del XXI secolo allo scopo di spiegare ed attualizzare il racconto evangelico. Al centro del libro è il concetto che è possibile riconoscere il Gesù risorto solo tornando in Galilea, camminando dietro di lui e continuando la sua missione. Questo è il motivo per cui Bravo Gallardo interrompe il racconto finale senza citare le apparizioni: perché non basta la narrazione della tomba vuota né delle apparizioni per convincere che la forza di Dio ha riscattato Gesù dalla morte. In realtà, solo chi Lo segue sperimenterà la forza della sua resurrezione.
La parabola lucana del Padre misericordioso esprime il volto del Dio-Amore in modo inarrivabile. Questo testo si prefigge di approfondire la parabola, presentandola anche nelle riletture che sono state realizzate nelle varie forme artistiche, per poi proporre una attività didattica per l'insegnamento della religione che aiuti a superare le concezioni negative di Dio al fine di arrivare all'essenza del Dio rivelato da Gesù: un Padre esclusivamente buono che ama i suoi figli in modo totale e incondizionato, e che desidera la nostra realizzazionee la nostra felicità.
In questo libro don Battista Borsato prosegue la sua ricerca teologica e afferma ulteriormente la convinzione che Gesù è stato non un uomo religioso ma laico, con tutto ciò che ne consegue. Gesù, per quanto lo si avvicini e lo si scruti, afferma l'Autore, ha un pensiero sempre altro. La riflessione di Borsato si concentra sul rapporto che il Nazareno ha avuto con i diversi e con gli stranieri. Ne emerge l'insegnamento chiave che è l'amore al prossimo ciò che importa, non la confessione religiosa della fede. Perché leggendo il libro del nostro teologo sorgono domande vitali per il futuro del cristianesimo. Occorre che appassisca un cristianesimo identificato solo con i riti e i sacramenti affinché possa sbocciare un cristianesimo esistenziale impegnato nella giustizia. Prefazione di Gianni Giolo.
L'autore offre una lettura diversa e più ampia del piccolo testo biblico di Tobia per andare oltre la consueta interpretazione legata ai temi della coppia e della famiglia. Secondo don Borsato il tema centrale presente nel libro non è principalmente la coppia, ma il modo di pensare e di vivere la fede. Il libro di Tobia contesta un modo di considerare e concepire la fede perché vi è dentro un cammino che va "dalla religione alla fede", con protagonista Tobia, uomo religiosissimo e fedelissimo alla sua tradizione ebraica, ma non propriamente credente. È ubbidiente alle leggi religiose, ma non a quel Dio che parla sempre e parla a tutti, il cui pensiero è inafferrabile. Il messaggio del libro di Tobia è quindi attuale perché pone la questione del rapporto tra religioni e culture. Ai cristiani in particolare, come invito per superare le tradizioni-convenzioni che rendono ciechi di fronte a Dio che arriva da altre culture e popoli, per realizzare un rapporto sempre nuovo con il mondo.
Quando Cleopa e compagno riconoscono nel pellegrino, che a loro si accompagna, Gesù risorto? Se è vero che "i loro occhi si aprirono" in casa al momento della frazione del pane, è altrettanto innegabile che il loro cuore, la loro capacità intellettiva, si era già attivata durante il colloquio con lui, lungo la strada. Già nel dialogo col maestro, alla luce delle Scritture da lui interpretate, essi comprendono che i tragici eventi occorsigli a Gerusalemme hanno un posto nel piano salvifico di Dio. In fondo il segno, il gesto della fractio panis ri-svelerà quello che il Risorto aveva già rivelato loro lungo la via per Emmaus. Alla luce di quest'intuizione, il testo si prefigge di mostrare che il processo d'identificazione dei due discepoli di Emmaus è stato anzitutto di tipo ermeneutico-biblico. I loro occhi erano impediti a riconoscere il Risorto per la loro incapacità a interpretare la storia del loro maestro come compimento di "Mosè e dei Profeti" (Lc 13,25-27). In questo senso è interessante cogliere il rapporto tra il momento orale-ermeneutico dei vv. 25-27 e quello gestuale del pane spezzato al v. 30. Grazie all'analisi letteraria ed esegetica e al conseguente commento teologico-spirituale, l'autore invita il lettore a partecipare al "viaggio del cuore" dei due discepoli per riconoscere il Risorto nelle Scritture e nella frazione ecclesiale del pane.
Un forma verbale fuori contesto con la sua morfologia determina il numero della persona (se è una forma finita), il tempo (a cui è legato l'aspetto nelle sue varie sfumature), il modo (che indica l'atteggiamento del soggetto rispetto al processo verbale in rapporto all'opposizione tra oggettività e soggettività), la diatesi (che è la varietà di disposizione del soggetto nei confronti del processo verbale inteso come attivo, passivo o medio).
Comprendere il sistema delle diatesi vuol dire prendere atto di quanto sia molto più estesa nel verbo l'opposizione tra oggettività e soggettività rispetto alle annotazioni registrate in taluni sussidi. La pubblicazione di questo Quaderno sull'uso delle diatesi nel greco biblico è un contributo alla riflessione su un argomento centrale per l'interpretazione dei testi.
Il volume nasce dall'esperienza dell'insegnamento, perciò è destinato agli studenti di seminari, ma soprattutto a quelli di facoltà teologiche e di scienze bibliche. Si rivela uno strumento utile anche per quanti leggono, meditano e approfondiscono i testi della Bibbia in lingua greca.
L'uscita dall'Egitto è l'evento in assoluto più importante della storia antica d'Israele, quello che si è impresso con più forza nella sua memoria collettiva. A questa memoria l'autore fa fede nell'avvicinarsi al testo dell'Esodo, al di là delle circostanze storiche più o meno probabili o delle prove archeologiche che si possono addurre. L'Esodo, infatti, può essere letto anche senza ricorrere all'ipotesi documentaria. Una lettura forse più ingenua dal punto di vista scientifico, ma secondo l'autore più efficace sul piano esistenziale. Il suo obiettivo è infatti una lettura dell'Esodo (limitata ad alcuni passi) volutamente semplice, secondo le modalità dell'esegesi pre-moderna e la pratica degli antichi commentatori, sia ebrei che cristiani.
Gerusalemme è il luogo in cui il cielo ha toccato la terra e Dio ha camminato sui passi dell'uomo. Per questo motivo non si può visitare la Terra Santa senza avere tra le mani la Bibbia e non si può comprendere appieno la dimensione storica della rivelazione biblica senza conoscere la geografia della Terra Santa. Quale guida migliore, dunque, di un grande biblista per scoprire i luoghi santi? Il percorso proposto dall'autore è strutturato in quattro grandi tappe che corrispondono ai momenti fondamentali di un pellegrinaggio in Israele e Palestina: la Galilea, la regione settentrionale teatro dei primi atti di Gesù, la centrale Samaria, la meridionale Giudea e al suo centro - ma anche al centro di tutta la Terra Santa e di tutta la Bibbia - Gerusalemme, la città santa delle tre religioni monoteistiche sorelle, l'ebraismo, il cristianesimo, l'islam. All'interno di ognuna di queste grandi tappe si snodano, in successione alfabetica, le località concrete in cui il pellegrino sosterà: 18 centri per la Galilea, le 3 soste della Samaria, i 16 punti maggiori della Giudea e le 19 visite di Gerusalemme. All'interno delle descrizioni di tutte queste località, a cui sono spesso allegati i ricordi minori, vengono evocate storia, topografia, archeologia, dati biblici, tradizioni giudaiche, cristiane e musulmane.
Le riflessioni su Levitico e Numeri raccolte in questo volume fanno seguito ad altre sulla Genesi e sull'Esodo - dal titolo "Il Dio di Abramo" e "Il Dio degli Ebrei" - pubblicate in questa stessa collana. "Il Dio santo" si pone quindi come capitolo conclusivo di una trilogia. Il libro dei Numeri e, in modo ancora più particolare, il libro del Levitico sono incentrati sulla santità di Dio, che si definisce certo come trascendenza, separazione, alterità, ma soprattutto, in maniera positiva, come potenza vitale e come esigenza morale. Questi antichi libri ebraici, con i loro rituali ormai desueti, ci insegnano forse ancora oggi a porre una siepe intorno alla santità di Dio, per proteggere il mistero della vita.
Tutti avvertiamo il bisogno di "istruzioni per l'uso" nella nostra vita. Molti cercano modelli nella televisione, sui social, qualcuno nei libri... Marco Tibaldi propone come modello proprio un libro, o meglio il Libro, mostrando come la Bibbia, molto tempo prima dei reality, si sia occupata delle questioni fondamentali dell'esistenza. I due "pensionati" Abramo e Sara, il "truffatore" Esaù, Mosè il liberatore e Naaman "il barbaro" sono alcuni dei personaggi messi in scena. Le storie prendono vita e parlano ai lettori, che scoprono da una parte l'intensa e continua decisione di Dio di non dimenticarsi mai dell'uomo, di chiamare, insistere, forzare la mano per farsi notare. E dall'altra, la cocciutaggine di uomini, donne e popoli interi che sembrano determinati a sfuggire per non farsi prendere ma che, in modo inesorabile, si ritrovano sempre davanti a una cruciale decisione che cambierà il loro destino. E questo - sembra dire Tibaldi con il suo modo leggero, ironico, comico e tragico insieme - accade ancora oggi.
Qualcuno ha scritto che il Cantico dei Cantici è un testo che va più goduto che commentato. L'Autore intende aprire, attraverso le pagine del Cantico, una riflessione sull'amore: «Il Cantico ci ricorda essenzialmente tre cose. Anzitutto che l'amore non è una eccedenza ma una dimensione costitutiva per l'uomo, che l'amore si articola e cresce all'interno della relazione, la quale conosce le sue fatiche e i suoi aridi deserti come pure le sue stagioni primaverili e i suoi raccolti abbondanti. Non da ultimo, il Cantico ci immette in un clima di grande gratuità, di libertà e desiderio. A gente troppo calcolatrice, che misura persino i tempi della preghiera e degli affetti, il Cantico è un invito a saper essere liberi e creativi, a saper desiderare e cercare, ad abbandonarsi all'Amore che continuamente chiama e invita» (dall'Introduzione).
«Quanto il lettore troverà in queste pagine non pretende di esaurire il mistero della luce contemplata sul monte Tabor, e nemmeno di sostituire gli importanti lavori esegetici sul tema. Questo libro invece potrà essere aperto in due modi: al lettore più esperto fornirà una panoramica aggiornata sullo stato di alcune questioni, mentre a tutti sarà fornita la possibilità di compiere una rilettura spirituale del racconto della trasfigurazione di Gesù, al fine anche di riflettere su quella conversione o "trasformazione missionaria" di cui ha sempre, e ancora oggi di più, bisogno la Chiesa, e di cui ha più volte parlato papa Francesco. In queste pagine si parla di una vera e propria trasformazione: quello che potrebbe sembrare un cambiamento del volto e delle vesti di Gesù, a guardare bene, è soprattutto la trasformazione dello sguardo di coloro che sono stati con lui sul monte» (dall'Introduzione).