
Questo volume si propone come manuale introduttivo per l'insegnamento nel II e III ciclo accademico di studi biblici, infatti introduce e orienta gli studenti alle problematiche di base, all'impostazione epistemologica e alla bibliografia essenziale in un campo di studi che, per natura sua, è necessariamente e decisamente interdisciplinare. Il volume offre quindi nozioni introduttive sul contributo dell'orientalistica e della teoria della storiografia per l'esegesi e la teologia biblica, nonché per la storiografia israelitica. La parte centrale del volume, articolata in quattro capitoli, affronta la Bibbia come collezione di testi di vario tipo e genere, prodotti da autori diversi, in epoche, luoghi, contesti storici e geografico-politico-culturali differenti. La prospettiva è naturalmente letteraria prima che teologica. L'Autore spiega, infine, come nel mondo occidentale si sia arrivati a considerare e utilizzare la Bibbia come "ossatura" della storia universale, e come questa impostazione sia poi entrata in crisi per effetto delle scoperte archeologiche e orientalistiche, del progresso delle scienze naturali e dello sviluppo teorico della metodologia stessa dell'esegesi biblica.
Mettersi «sui passi di san Paolo» significa intraprendere un lungo percorso nei paesi del Mediterraneo. Quando consideriamo i viaggi di Paolo parliamo di una distanza massima di 2250 chilometri, quella che separa Gerusalemme da Roma, senza contare il gran numero di luoghi e di città visitati prima di raggiungere la capitale dell’Impero. Questo splendido libro illustrato visita 14 luoghi toccati da Paolo e citati negli Atti degli Apostoli. Il testo è arricchito da cronologie, cartine, approfondimenti e conduce il lettore in un viaggio attraverso strade e città ma anche nella mente e nel cuore dell’apostolo delle genti.
L’indagine storica sul cristianesimo delle origini, soprattutto a partire dal Novecento, ha sostenuto in diverse occasioni l’ipotesi di una radicale discontinuità fra Gesù e Paolo. Ancora oggi, gli studiosi si interrogano su quanto del messaggio originario di Gesù si sia conservato nella predicazione paolina, e quanto debba essere valutato, invece, come il frutto delle personali elaborazioni dell’apostolo, preoccupandosi principalmente di individuare gli «elementi paolini in Paolo», senza considerare l’importanza di ciò che renderebbe l’apostolo meno originale ai nostri occhi: la sua eventuale dipendenza da elementi «pre-paolini», e, nello specifico, dalla multiforme tradizione delle parole di Gesù.
Paolo si trova ad agire in una particolare fase storica delle origini cristiane, corrispondente agli anni 30-70 del primo secolo, in cui mancano, o risultano ancora marginali, fissazioni scritte dell’annuncio evangelico. Di qui le domande: quale peso ebbe, nella predicazione orale di Paolo, il richiamo concreto alle parole di Gesù? In quante e quali occasioni, e in che modo l’apostolo si trovò a citare insegnamenti attribuiti o attribuibili al Nazareno? Quale rapporto possiamo stabilire tra gli scritti di Paolo che ci sono rimasti e la complessa storia delle tradizioni evangeliche, confluite in seguito nei vari testi della letteratura canonica e «apocrifa»?
Attraverso un’analisi dettagliata dell’epistolario paolino, il libro cerca di dare risposta a questi interrogativi, restituendoci un’immagine vivida, e a tratti inedita, del vangelo predicato dall’apostolo e del suo «debito impensato» con Gesù.
Il testo indaga l'origine del primo cristianesimo e la figura di Gesù attraverso la lettura di Paolo. Una prospettiva storico-filologica, che attraverso l'analisi dei testi, va al di là dei contenuti teologici attribuiti successivamente a Paolo.
LUIGI WALT è dottore di ricerca in Studi religiosi all’Università di Bologna. Si occupa prevalentemente di cristianesimo antico, di ermeneutica biblica e di rapporti fra oralità e scrittura. Dal 2008 cura il bollettino online letterepaoline.net, su Paolo di Tarso e la storia delle origini cristiane. Per Morcelliana ha pubblicato Paolo, Gesù e il tributo a Cesare, in M. Pesce - M. Rescio (eds.), La trasmissione delle parole di Gesù nei primi tre secoli (2011).
Si è spesso osservato che la distinzione paolina tra «spirito» e «lettera», articolata per la prima volta all'interno di un celebre, enigmatico passaggio della Seconda lettera ai Corinzi, starebbe alla base di tutta la riflessione europea sull'idea di traduzione. Ma che cosa intendeva dire l'apostolo, quando affermava che «la lettera uccide, mentre lo spirito dà vita»? Per capirlo, questo libro propone di avviare una doppia indagine archeologica: da una parte, rileggendo Paolo alla luce dei dibattiti moderni sul concetto di traduzione, e dall'altra mostrando come la storia di questi stessi dibattiti non si possa comprendere senza un richiamo alla figura paradigmatica dell'apostolo. Scopriremo allora che religione e traduzione, come argomentava già Benjamin, sono così intimamente legate da non potersi quasi concepire l'una senza l'altra, e che è l'intera parabola di ebraismo e cristianesimo ad apparire segnata, fin dalle origini, da un complesso e interminabile intreccio di esperimenti di traduzione.
Il Commentario biblico (Nuovo Testamento), secondo i curatori, è un'opera rivolta a conduttori, semplici credenti e studiosi della Bibbia; è un Commentario completo, breve ed affidabile di tutto il Nuovo Testamento. Si tratta di un volume che offre un'interpretazione delle Scritture coerente con l'approccio storico-grammaticale di orientamento premilleniale ma che, allo stesso tempo, riporta anche giudizi e pareri diversi là dove sussistono differenze d'opinione nel mondo evangelico. Secondo il curatore dell'edizione italiana, un commentario biblico ha un compito molto importante: «Se vogliamo allora dare un fondamento sicuro alla nostra vita, se vogliamo progredire nella direzione giusta e se vogliamo esperimentare una fede sicura e non sentimentale, dobbiamo assolutamente perseverare nella conoscenza delle Sacre Scritture» (S. Negri). «Coloro che hanno contribuito a questo Commentario hanno speso le loro vite nello studio di questi libri, insegnando su di essi al Dallas Theological Seminary. In molti casi hanno insegnato per anni sullo specifico libro sul quale hanno anche scritto. I commentatori sono dunque molto familiari con i libri che commentano. Conoscevano la Bibbia molto bene.» (D.L. Bock) Prefazione all'edizione italiana di Samuele Negri. Introduzione di Darrell L. Bock.
La narrazione biblica dell'Esodo - dall'Egitto al deserto e alla terra promessa - è stata interpretata per secoli come una grande metafora dei processi di liberazione e rivoluzione. L'Esodo è una grande "storia", la cui eco ha reso possibile il racconto di altre "storie politiche", da Savonarola a Calvino, da Cromwell e i puritani alla Teologia della liberazione. Michael Walzer, uno dei maggiori filosofi politici americani, presenta in questo libro affascinante il suo commento al testo: decifra la famiglia di "significati" dell'Esodo proiettando una luce nuova su questa importante tradizione del radicalismo politico. Walzer discute la natura dell'oppressione (Egitto), i dilemmi dell'affrancamento come apprendimento della libertà (le mormorazioni nel deserto), il ruolo delle scelte individuali per il contratto sociale che definisce diritti, doveri e regole per la vita collettiva (l'alleanza) e, infine, la natura della terra promessa. Contro l'immagine canonica del messianismo politico, che interpreta la terra promessa come il paradiso della società perfetta, Walzer ritiene invece che l'Esodo sostenga una soluzione più sobria. La terra promessa è "semplicemente" un posto dove vivere migliore dell'Egitto. Senza dubbio, c'è un posto migliore. Ma la strada che vi conduce attraversa il deserto. E c'è un solo modo per raggiungerla: prenderci per mano e marciare.
Pur essendo un libro eminentemente religioso, e benché non proponga una teoria politica, la Bibbia ebraica parla spesso di capi e di leggi, di aspri conflitti interni e di guerre tra nazioni, di questioni di autorità e di politica, di critiche mosse pubblicamente al governo e agli strati sociali dominanti. Tutto ciò all'ombra di un Dio onnipotente. Di qui consegue una serie speciale di domande a cui ci si trova davanti nel caso della Bibbia: quale spazio può esservi per la politica quando chi governa in ultima istanza è Dio? In altre parole, in una nazione che vive sotto la dominazione divina e la protezione di Dio, quale spazio resta al processo decisionale guidato da assennatezza e prudenza? Com'è compreso il tempo, come viene usato il passato e come s'immagina il futuro? Quand'è giusto muovere guerra? L'assolutismo religioso favorisce il fanatismo e la guerra santa oppure l'accordo e la pace? Queste sono alcune delle domande che guidano un celebre teorico della politica in un'analisi sottile e avvincente dei testi biblici.
La Bibbia è nella storia dell'umanità il libro più conosciuto del mondo, eppure quanti l'hanno letta veramente? Nonostante il suo indubbio fascino e la sua importanza, questo testo spaventa la maggior parte dei lettori. "Il libro di Dio" nasce proprio per permettere a tutti di godere senza difficoltà della lettura di questo documento di incommensurabile valore nella storia della fede e della civiltà, quasi che si sfogliasse un romanzo dei giorni nostri. L'autore presenta gli avvenimenti della Bibbia come se raccontasse una novella, immaginando che il lettore non sia un teologo erudito ma l'uomo comune, il vero protagonista, in fondo, delle storie bibliche.
Il libro
«L'ambizione di questa raccolta è dunque di consentire ai credenti di oggi una riappropriazione dei testi biblici in grado di fornire loro un'espressione concreta della loro preghiera personale e collettiva. Nel corso della redazione del volume mi è sembrato che l'insieme dei testi scelti, con le note di accompagnamento e le introduzioni che inquadrano ciascuna parte, potevano costituire un mezzo idoneo a scoprire la Bibbia, a fare propria la storia del popolo di Dio che essa racconta, a coglierne la sorprendente attualità. Ma una simile impresa esigeva una scelta risoluta di libertà. Nell'interpretazione, nell'espressione, nella percezione delle risonanze contemporanee che suscitano questi testi antichi, mi sono ritenuto ancor più autorizzato a far uso di questa libertà, in quanto mi sono sentito erede su questo punto di una lunga tradizione. In ogni tempo gli autori biblici hanno ripreso e reinterpretato i racconti del passato in funzione delle preoccupazioni del loro tempo. E dopo di loro i commentatori, a cominciare dai Padri della Chiesa, hanno reinterpretato i testi dell'Antico Testamento alla luce della Rivelazione».
«A ogni persona che preghi regolarmente e si renda conto di non essere al riparo da intorpidimenti e assuefazioni, Philippe Warnier propone una bella raccolta di preghiere dell'Antica e Nuova Alleanza. Raccolta che presenta un duplice vantaggio. In primo luogo, essa non distoglie chi è assueto ai testi biblici, in quanto la parola di Dio non solo non viene «arrangiata», e ancor meno strumentalizzata, ma circondata di profondo rispetto: quello dell'uomo che umilmente le apre il cuore, lasciandosi da essa trasformare. E allo stesso tempo questa raccolta «disabitua»: laddove può insinuarsi l'abitudinarietà, spinge a toccare con mano il succo vivo delle parole e delle frasi e incita a prendere, giorno dopo giorno, il sentiero più alto.
Una scommessa rischiosa. Se vinta, lo si deve in parte anche al fatto che la penna dell'autore è vivace e pungente. Ma soprattutto, ci si rende presto conto che queste pagine di sangue e fuoco l'autore le ha meditate quotidianamente sentendone in sé la profonda risonanza».
(Michel Wackenheim)
La tradizione ebraica presenta la storia di Abramo come una serie di dieci prove divine che gli consentono di apprendere l'obbedienza e di diventare un uomo di fede. Questo disegno, che non emerge direttamente dal testo della Genesi, ma prende forma nel midrash, indica un elemento fondamentale della narrazione biblica: la presenza di YHWH in tutto il percorso del patriarca, da quando lascia la sua terra fino all'incontro sulla montagna del sacrificio.L'esegesi classica non avrebbe mai colto questa costante dal momento che affida gli elementi unificanti della storia di Abramo al filo rosso delle due grandi promesse divine che riguardano la discendenza e la terra. In realtà, ciò che unisce profondamente gli episodi a volte diversi di questa storia è il rapporto che YHWH intesse pazientemente con Abramo; è al cuore di questa relazione che il patriarca acquisisce gradualmente la sua consistenza umana e spirituale apprendendo il significato della spoliazione.