
José M. Mir, C.M.F., uno dei primi professori presso il Pontificium Institutum Altioris Latinitatis, era stato invitato dal Preside di allora, prof. Alfons Maria Stickler, S.D.B., a insegnare usando il il metodo vivo, cioè parlando sempre in lingua latina, ai nuovi alunni della neonata istituzione pontificia, il cui scopo è lo studio e la promozione del latino, lingua ufficiale della Chiesa Cattolica.
In questo volume i curatori hanno raccolto le dispense dei primi tre anni di insegnamento dello stimato professore, che era stato chiamato dalla Spagna per la sua ottima conoscenza della lingua latina, ma soprattutto per la sua esperienza didattica maturata nelle scuole superiori e per sua ottima direzione della rivista Palaestra Latina. Il volume contiene le praelectiones (exercitationes linguae latinae) dal 1965-1968, che nel loro insieme costituiscono un "corso triennale". Il corso parte dalle spiegazioni minuziose in lingua latina di brani scelti dei classici latini come Cicerone. Plinio il Giovane, Tito Livio, Orazio e Virgilio, a cui seguono esercitazioni sulle singole parole usate dagli autori. L'ultima dispensa contiene alcuni accenni sul latino adoperato dagli autori cristiani. curator hanno cercato di offrire una trascrizione delle tre dispense quanto più possibile fedele all' originale, anche se alcune parti del materiale sono state più tardi pubblicate dallo stesso autore nelle riviste Palaestra Latina e Latinitas. Nella prima parte del volume i tre curatori offrono loro saggi introduttivi. Il prof. Sajovic presenta la vita e l'attività accademica del prof. Mir. Il dott. Paul Nonso Ochada, dottorando presso la Facoltà di letter cristiane e classiche, esamina il metodo didattico del professore. La dott.sa Constance Cheung, dottoranda presso la stessa facoltà, nel suo saggio, meritevole di una particolare attenzione, esamina le tre dispense del prof. Mir nel loro insieme ei manuali di cui egli si è servito.
Gesù e un uomo raggiungono la riva di un fiume e si siedono a mangiare. Consumano due dei tre pani che hanno. Gesù si alza, va a bere al fiume, torna e, non trovando la pagnotta, chiede all'altro chi l'abbia presa. "Non so", risponde. Ripartiti, Gesù vede una gazzella con due piccoli, ne chiama a sé uno, lo uccide, ne arrostisce una parte e ne mangiano. Poi dice al piccolo di gazzella: "Con il consenso di Dio, alzati!", e quello si alza e se ne va. Allora si rivolge all'uomo: "Per Colui che ti ha mostrato questo prodigio, ti chiedo: chi ha preso la pagnotta?"; e quello risponde: "Non lo so". Giunti a un corso d'acqua, Gesù prende l'uomo per mano e i due camminano sull'acqua. Gesù domanda: "Per Colui che ti ha mostrato questo prodigio, ti chiedo: chi ha preso la pagnotta?". L'altro risponde di nuovo: "Non lo so". Arrivati in un deserto, Gesù prende a raccogliere della sabbia: "Con il consenso di Dio, diventa oro", dice, e così accade. Gesù lo divide in tre parti: "Un terzo a me, uno a te e uno a chi ha preso la pagnotta ". Quello replica: "L'ho presa io!". E Gesù: "Allora è tutto per te!".
È una delle tante storie incantevoli che fanno parte del vero e proprio "vangelo musulmano" contenuto in questo libro: e prosegue poi verso una conclusione sorprendente. Ma il Gesù dell'islam è nello stesso tempo più semplice e più complesso di quanto non emerga da essa. R)mi, il più grande mistico persiano, scrive: "Il corpo è simile a Maria: ognuno ha un Gesù dentro di sé. Se sentiremo in noi i dolori, il nostro Gesù nascerà ". 'Ôsa Ibn Maryam, Gesù figlio di Maria, è infatti uno dei maggiori profeti dell'islam: che, fin dal Corano, ne tramanda molte parole. Riletture plurisecolari del Gesù dei Vangeli e degli apocrifi, esse ci restituiscono un Gesù musulmano, o un Gesù che parla all'islam, e a noi: "Beato colui che guarda con il cuore, ma il suo cuore non è in ciò che vede".
I detti islamici di Gesù - che segue Le parole dimenticate di Gesù, in una serie intesa a offrire un quadro completo delle immagini di Gesù nelle varie tradizioni - è un libro dal fascino particolare: racconta l'unico caso di una religione mondiale che sceglie di adottare la figura centrale di un'altra, finendo per riconoscere questa figura come costitutiva della propria identità.
Gli Atti degli Apostoli costituiscono un pilastro fondamentale per comprendere la comunità cristiana delle origini e sono fonte di ispirazione per una Chiesa che impara a definirsi confrontandosi con le domande degli uomini e delle donne del suo tempo.
Per ognuna delle otto meditazioni raccolte in questo libro, il monaco Sabino Chialà propone una parola chiave: sottrazione, compaginazione, crescita, uscita, obbedienza, elaborazione, confronto, viaggio. Sono termini per una Chiesa costituita non da uomini perfetti, ma da «discepoli che cercano e che proprio per questo sono capaci di aiutare altri a cercare». Questi primi credenti, lungi dal lasciarsi intimorire da fallimenti e sfide nel confronto con l’alterità e la pluralità, invitano a superare l’incomunicabilità crescente tra gli spazi della fede e gli spazi della vita. Rimettersi in ascolto degli Atti significa porsi alla scuola di una comunità che ha saputo trasformare sconfitte e fallimenti in orizzonti inattesi.
Sommario
Prefazione (F. Cacucci). Presentazione. I. Il secondo libro dell’evangelista Luca. II. Sottrazione (c. 1). III. Compaginazione (c. 2). IV. Crescita (cc. 3–5). V. Uscita (cc. 6–9). VI. Obbedienza (cc. 10–12). VII. Elaborazione (cc. 13–15). VIII. Confronto (cc. 16–18). IX. Viaggio (cc. 19–28). Conclusione.
Note sull'autore
Sabino Chialà, monaco della comunità monastica di Bose e responsabile della fraternità di Ostuni (Brindisi), è laureato in Lettere classiche all’Università di Torino e dottorato in Filologia e lingue orientali all’Università di Louvain-la-Neuve, in Belgio. Collabora a numerose riviste, tra cui Ricerche Storico Bibliche, Parola Spirito e Vita, Proche-Orient Chrétien, La Rivista del Clero Italiano, Cristianesimo nella Storia, Orientamenti Pastorali e Apulia Theologica. Ha pubblicato di recente per Morcelliana Perdono e speranza. Risanare il tempo (2016) e Discernimento degli uomini e giudizio di Dio (2018).
Il lavoro di Sabino Chialà si compone di una nuova traduzione - con introduzione e commento - del Libro delle parabole di Enoc (parte del Primo libro di Enoc o Enoc etiopico). Tra gli apocrifi dell'Antico Testamento, il Libro delle Parabole è senza dubbio quello che più ha fatto discutere sia per i problemi intrinseci al testo stesso sia per la sua collocazione all'interno di quella che si suole chiamare letteratura apocalittica. Se l'introduzione è in gran parte dedicata alla questione primaria della datazione del testo, il commento per parte sua tenta di leggere il testo all'interno del quanto mai complesso alveo culturale nel quale esso si colloca: Qumran, gli esseni, la cosiddetta apocalittica, la variegata letteratura raccolta sotto il nome di apocrifi o pseudepigrafi dell'Antico Testamento e, infine, gli stessi scritti del Nuovo Testamento. Due excursus chiudono l'opera: il primo dedicato all'identità e alla sorte dei "condannati", che ripetutamente ricorrono nel testo; il secondo al "Figlio dell'uomo", che Costituisce la nozione più caratteristica e insieme più controversa del Libro delle parabole.
Il racconto dell'Esodo ci ricorda che è su piccole luci, come quelle tenute accese dalle sei donne di cui ci parla il racconto, in cui è possibile edificare un'umanità diversa, che non si arrende a chi e a ciò che non cesserà mai di tentare di umiliarla e di asservirla.
Quale felicità cerchiamo? Che cos'è la felicità vera? Non di rado, in una certa spiritualità, religione e/o fede sono associate a dolore piuttosto che a felicità. Si parla anche di beatitudine, ma come di un premio futuro per la sofferenza sopportata nel presente. Eppure nelle Scritture ritorna spesso sulle labbra stesse di Dio l'espressione, che è anche promessa: "Perché tu sia felice...". Le vie che lui indica attraverso i comandi che trasmette a noi esseri umani hanno come unico fine la felicità. Essa è infatti il cuore stesso della sua volontà, del suo desiderio, per ogni creatura. Il cammino tracciato dalle Scritture, accolto e perseguito con appassionato abbandono, è la via verso questo bene, da tutti sperato e atteso.
Le pagine del Qohelet e del Cantico dei cantici, due brevi libri sapienziali della Bibbia, offrono al lettore una penetrante riflessione sull'esperienza umana del domandare, del cercare e dell'amare. Tutto passa, eppure qualcosa resta, permane, dura: l'esperienza della precarietà di una bolla di sapone, fragile e luminescente nell'effimero del suo istante; l'esperienza di un amore che sfida il limite della morte, perché in esso avvampa una fiamma segreta; l'esperienza di un corpo che diviene paesaggio da attraversare, architettura da abitare, nei giorni dello splendore e nelle notti della nostalgia.
Dai dubbi di alcuni studiosi sulle origini del testo, alla attualità pregnante del messaggio.
Benedetto XVI, parlando ai vescovi di tutto il mondo riuniti in Vaticano, l'11 giugno 2012, ha parlato di desertificazione della fede e ha invitato ognuno di noi, proprio nell'anno della fede, ad avviarsi e a rinnovarsi nell'ascolto della Parola. Papa Francesco, che sprona ogni giorno i cristiani a vivere il vangelo ed a non essere inamidati, ha presentato intanto la sua prima enciclica, scritta a quattro mani con Benedetto XVI: Lumen Fidei. È nella luce della fede in Gesù che il mondo può redimersi e superare la crisi in cui versa l'uomo. Nasce così l'idea di scrivere una serie di riflessioni su argomenti di attualità quotidiana, partendo proprio dalla verità cristiana, patrimonio spirituale di tutti gli uomini. Brani di taglio giornalistico, curati dal prof. Egidio Chiarella, da leggere e fruire in pochi minuti. Uno stimolo culturale per un sano dibattito tra i giovani e non solo, in ambienti laici e religiosi. Per l'autore il riferimento è stato il suo parroco, teologo ed esorcista, mons. Costantino Di Bruno, con i suoi numerosi scritti, le sue catechesi ed omelie.
L'autore affronta il tema della figura femminile all'interno del Vangelo. Perché, come si legge nell'introduzione, "Dio ha posto la donna nel cuore della Creazione". Un testo di straordinaria poesia e unico nel suo genere: una rilettura del Vangelo attraverso gli occhi femminili. Coraggio e amore, queste le linee su cui si basa l'opera.

