
LA BIBBIA PER TUTTI (36 volumi) Ogni volume comprende: l'edizione completa del testo biblico (traduzione CEI); – breve introduzione letteraria e teologica ai singoli libri; – commento articolato sul senso teologico delle varie pericopi; – esesegi condotta su solida base scientifica ma in linguaggio accessibile a tutti; – proposta di quesiti e argomenti per la discussione.
Le caratteristiche e l’intento del Deuteronomio
Un testo veterotestamentario consapevolmente rivolto a generazioni diverse
Il Deuteronomio e il Nuovo Testamento
Pochi libri dell’Antico Testamento vanno dritti al cuore della fede di Israele quanto il Deuteronomio e pochi libri biblici mostrano una preoccupazione altrettanto intensa per la trasmissione della fede alle nuove generazioni.
Ultimo libro del Pentateuco, il Deuteronomio lascia Israele di fronte alla terra promessa, chiudendo l'era del deserto e aprendone una nuova, in cui il suo popolo dovrà vivere giorno per giorno secondo le prescrizioni date da yhwh a Mosè.
Esplicitamente teologico, il commentario di Patrick D. Miller affronta in modo particolare l'impatto del libro nel suo tempo, la sua lettura ai tempi della Riforma luterana e il modo in cui esso può istruire le comunità di fede contemporanee.
Il Deuteronomio è stato appropriatamente definito il battito pulsante dell’Antico Testamento. Se riusciamo a sentire il polso del Deuteronomio saremo in contatto con la vita e il ritmo di tutta la Bibbia ebraica. Se consideriamo nel suo complesso l’influenza da esso esercitata su Gesù, su Paolo e sulla chiesa primitiva, così come è descritta nel Nuovo Testamento, ci renderemo conto del grande valore di questo libro tra tutti quelli del canone cristiano della Scrittura. Se, come altro criterio per valutare l’importanza relativa di qualsiasi libro della Bibbia, prendiamo la quantità di letteratura secondaria che da esso è derivata, allora il Deuteronomio farà sentire in pieno il suo peso. Sebbene la bibliografia deuteronomistica debba presumersi finita tanto quanto l’universo di Stephen Hawking, essa sembra essere senza confini e in continua espansione.
Chris Wright è uno studioso dell’Antico testamento noto in tutto il mondo e la sua lista di pubblicazioni conta articoli e titoli che hanno stimolato l’evangelismo mondiale a prendere coscienza dell’importanza dell’Antico Testamento nella vita e soprattutto nella missione della Chiesa. Negli anni ’80 è stato missionario, con tutta la famiglia, in India, dove ha insegnato allo Union Biblical Seminary di Pune. Dal 1988 è stato prima Direttore degli Studi e poi Preside di All Nations Christian College (centro di formazione per la missione in contesti multiculturali).
"I maestri cristiani del deserto fiorirono, esplosero in un attimo che durò tre secoli, dal III al VI dopo Cristo. Da poco Costantino aveva restituito ai cristiani il diritto di esistere, spezzando il dogma di Commodo, e sottratto con dolcezza la giovane religione al terreno meravigliosamente umido del martirio, alla stagionatura incomparabile delle catacombe. Questo significava, evidentemente, consegnarla a quel mortale pericolo che rimase tale per diciotto secoli: l'accordo col mondo. Mentre i cristiani di Alessandria, di Costantinopoli, di Roma, rientravano nella normalità dei giorni e dei diritti, alcuni asceti, atterriti da quel possibile accordo, ne uscivano correndo, affondavano nei deserti di Scete e di Nitria, di Palestina e di Siria. Affondavano nel radicale silenzio che solo alcuni loro detti avrebbero solcato, bolidi infuocati in un cielo insondabile. In realtà, la maggior parte di quei detti fu pronunciata per non rivelar nulla, così come la vita di quegli uomini volle essere tutta quanta la vita di «un uomo che non esiste». I detti e i fatti dei Padri furono raccolti in ogni tempo con estrema pietà perché, appunto, erano quasi sempre noci durissime, inscalfibili, da portare su di sé tutta la vita, da schiacciare tra i denti, come nelle fiabe, nell'attimo dell'estremo pericolo, e inoltre i Padri rifiutavano, per lo più, recisamente di scrivere. Furono raccolti in pergamene: greche, copte, armene, siriache. In quelle pergamene non furono perpetuati soltanto gli oracoli e i portenti dei Padri e dei loro discepoli, ma anche quelli di certi incogniti secolari che praticavano segretamente i loro precetti e, nascosti in quelle metropoli che i Padri abominavano, furono qualche volta maestri ai loro maestri." (dallo scritto di Cristina Campo)
Dopo la legalizzazione del cristianesimo nel 313, alcuni asceti, si rifugiarono nei deserti di Scete e Nitria, di Palestina e Siria, "a lottare per tutte le morti": la morte del corpo, la morte della stessa mente per "diventare costantemente viventi con Dio nel silenzio". Un silenzio radicale rotto solo da alcuni loro detti, raccolti da discepoli e pervenuti a noi. Le loro parole, massime di vita radicali e paradossali, diventano i Detti e fatti dei Padri del deserto. Il libro rappresenta un classico della spiritualità cristiana e un documento storico del monachesimo sviluppatosi nel deserto egiziano fin dai primi secoli del cristianesimo. L'anonimo compilatore del V secolo raccolse in modo organico gli apoftegmi circolanti al suo tempo in due serie, di cui la principale è quella alfabetica (Alphabeticon).
Uno studio approfondito sui salmi 42 e 43. Uno studio dei salmi 42-43 che coniuga all'analisi esegetica uno spiccato interesse antropologico, per far emergere dalla ricchezza del testo le dinamiche essenziali del desiderare umano. Strutturalmente connesso con l'asssenza, la contraddizione e la prova, il desiderio di Dio e il dinamismo fondamentale del vivere nella speranza certa del compimento dell'incontro di comunione. La finezza dell'autocoscienza, il dialogo interiore, l'audacia del questionare Dio al cuore della prova e la celebrazione anticipata dell'esaudimento, rendono assai prossima alla sensibilita moderna una delle pagine piu pregevoli della letteratura biblica.
La figura maestosa, torreggiante di Mosè, dalle pagine bibliche è trasmigrata più volte nella letteratura, ha sedotto pittori e scultori, attratti dal cammino della sua spiritualità. Sono proprio i percorsi talora lenti e perplessi, e i nodi critici di questo viaggio interiore, coniugato con l'evoluzione della religione stessa d'Israele, ad apparire in questo romanzo dell'autore dell'Ombra del Padre. In parallelo, il deserto è teatro degli itinerari umanamente incomprensibili di Israele - popolo consacrato al culto di Jahvè, il "Dio geloso" dei padri - custode, nonostante le continue infedeltà, della promessa che gli ha assegnato la terra di Canaan. È il deserto che la "prima generazione" uscita dall'Egitto odia e rifiuta, e che la "seconda generazione" nutrita dal "cibo del cielo", non si risolve, pur continuando a detestarlo, ad abbandonare per affrontare la lotta con le popolazioni cananee. In mezzo a una folla di personaggi - i capi delle tribù, alcuni dei quali vigorosi e ardenti guerrieri; Aronne, Eleazaro, il levita intransigente Finees, l'"integralista" Giosuè, i faraoni Tutmosi e Amenofi ii, i prìncipi della Terra Promessa come Balak, l'indovino Balaam, selvaggiamente estatico, le donne cesellate con finezza, quali Noa e Uta, si staglia Mosè, l'"amico di Dio"; in lui la religiosità ebraica rivela infine, attraverso tempeste di dubbio, una consonanza con la misericordia infinita di Jahvè, che prelude alla novità cristiana.