
La maggior parte degli studi sulla storia della Sindone si pone soprattutto il problema della sua autenticità. L'autore di questo libro, in oltre trent'anni di ricerca, ha dato il via a una nuova corrente di studi sul Telo custodito a Torino, che pone la ricerca storica in un'altra prospettiva: ricostruire, attraverso le testimonianze documentali, il valore e il significato che la Sindone ha avuto per uomini e comunità nei diversi contesti storici, sociali e culturali attraversati. Un approccio innovativo per comprendere il valore che ha avuto e ha l'immagine impressa sul Lenzuolo, con il suo rimando immediato e ineludibile a Gesù Cristo. "Le vicende della Sindone vengono lette e interpretate studiando il ruolo che la Sindone ha rivestito nei confronti degli uomini che nel tempo ne sono venuti a contatto." (Dalla presentazione del card. Christoph Schönborn)
La Sindone e la sua immagine rimandano al cuore del mistero cristiano, e questo spiega perché da sempre essa abbia rappresentato un «segno di contraddizione».Affrontare la storia della Sindone significa indagare soprattutto sulle vicende e sul ruolo nei secoli di un oggetto dalla doppia valenza: immagine, evidentemente, ma anche, per molti, reliquia.
A fronte di trattazioni apologetiche o critiche della storia della Sindone, questo libro vuole ripercorrere e rileggere le vicende storiche della Sindone inserendole nel contesto delle varie epoche, con particolare attenzione all’evoluzione delle forme di pietà ad essa collegate. Così, lo studio del contesto religioso del basso medioevo consentirà di inserire correttamente la Sindone nel suo ambiente al momento della comparsa nella chiesa di Lirey. Alla luce di tale contesto potranno trovare nuova spiegazione i documenti che tra Trecento e Quattrocento testimoniano dell’entusiasmo ma anche del disagio che questo insolito oggetto suscita tra la gente e nella gerarchia ecclesiastica.Tappe fondamentali di questa vicenda storica saranno ancora l’enorme successo della Sindone quale reliquia dinastica di Casa Savoia in ascesa e il 1898, anno della celebre foto di Secondo Pia. Mentre il XX secolo sarà il secolo delle ricerche scientifiche, con l’ossessione dell’autenticità... Le ostensioni del 1998 e del 2000, invece, ne recupereranno il significato pastorale.
Punti forti
La prossima ostensione della Sindone: dal 10 aprile al 23 maggio 2010.
La fama e la credibilità dell’Autore, che da oltre trent’anni studia la Sindone.
L’innovativo approccio storico, fondato su documenti e fonti di prima mano.
Destinatari
Vasto pubblico, molto sensibile sull’argomento.
Autore
Gian Maria Zaccone si occupa della Sindone da oltre trent’anni, interessandosi particolarmente della ricerca storica. Attualmente è Direttore scientifico del Museo Diocesano della Sindone,Vice-direttore del Centro Internazionale di Sindonologia di Torino e membro della Commissione Diocesana per la Sindone dell’Archidiocesi di Torino. Ha individuato e pubblicato documenti riguardanti il passaggio della Sindone agli Charny, il trasferimento della Sindone ai Savoia e la cronologia delle operazioni fotografiche eseguite da Secondo Pia, primo fotografo ufficiale della Sindone, nel maggio del 1898. Ha tenuto centinaia di conferenze in Italia e all’estero e ha partecipato a trasmissioni televisive e radiofoniche. È autore di libri e numerosi articoli di carattere storico, tra i quali ricordiamo, insieme con G. Ghiberti, Guardare la Sindone. Cinquecento anni di liturgia sindonica, Torino 2007.
Nel Vangelo di Marco il tema del gridare è presente, con sfumature diverse, lungo tutto l'arco della narrazione e si consolida attorno a figure ed episodi che si rivelano significativi, ricchi di fascino e attuali, soprattutto se letti in chiave comunicativa. Le numerose grida riportate dall'evangelista, pur essendo differenti per ambientazione, occasione, contenuto e scopo, accomunano diversi personaggi e descrivono una reazione che esprime un complesso inestricabile di sentimenti, spesso contrapposti. Il grido, infatti, a volte precede le parole, altre volte le veicola o addirittura le supera, ma sempre comunica uno stato d'animo, specchio di un particolare momento di vita, ed esprime il desiderio o la necessità di una relazione. Ogni grido, a prescindere dal soggetto che lo emette e dal contesto in cui è inserito, è un atto linguistico e come tale può avere interpretazioni differenti a seconda delle intenzioni con cui viene usato e delle circostanze nelle quali viene proferito. Il grido pertanto non dà solo contenuto a un atteggiamento, né descrive semplicemente un'azione, ma, uscendo dal testo, entra nell'oggi del lettore coinvolgendolo in un importante cammino ermeneutico.
«Mosè ricevette la Torah dal Sinai e la trasmise a Giosuè, e Giosuè agli anziani, e gli anziani ai profeti. E i profeti la trasmisero agli uomini della grande sinagoga. Questi dissero tre cose: siate cauti nel giudizio; educate molti scolari; fate una siepe intorno alla Torah». Queste parole del trattato di Abot contengono una promessa di fecondità e disseminazione: la pietà di Israele ha saputo congiungere la Voce divina del Sinai alle discussioni dei maestri e dei discepoli che hanno normato tutti gli aspetti della vita ebraica, fino a imprimersi - in una catena ininterrotta - sulle pagine del Talmud. La «siepe dei maestri» è un recinto pensato per custodire quel tesoro di sapienza inestimabile, destinato ad essere apprezzato da un uditorio più ampio. Disponendosi su questa soglia, Matteo Bergamaschi accoglie le scintille che promanano da quella tradizione secolare, irradiando il loro chiarore fino a noi. Sono trentasette luci dai trattati talmudici per illuminare il nostro comune essere umani.
Si parla spesso di sfida educativa e di emergenza educativa, e giustamente intervengono giornalisti, insegnanti, sociologi, pedagogisti, psicologi, filosofi, teologi, ecc. In questo ampio dibattito ci sembra quanto mai necessario provare semplicemente a ripercorrere come il Signore Gesù ha educato alla fede i suoi discepoli. È quanto cerchiamo di fare in questo contributo, stando al racconto del Vangelo di Marco. Fino a scoprire e a mostrare come questo itinerario presenti non poche sorprese per i credenti e sia capace di illuminare e provocare davvero chiunque abbia a cuore l’educazione, anche in termini non strettamente religiosi.
L'autore
Don luca Violoni (1965), laureato all’Università L. Bocconi nel 1989 in Discipline Economiche e Sociali, è stato ordinato sacerdote della diocesi ambrosiana dal cardinal Carlo Maria Martini l’8 giugno 1996. Dal 2002 è membro del Comitato Etico dell’azienda ospedaliera Ospedale di Circolo-Fondazione Macchi, dal 2006 è docente di etica ambientale e d’impresa all’Università dell’Insubria. Dal 2009 è responsabile della sezione autorizzazioni dell’Ufficio Amministrativo della Diocesi di Milano e dal 2010 è Segretario generale della Fondazione Milano Famiglie 2012, che organizza il VII Incontro mondiale delle famiglie che si terrà a Milano nel 2012. Ha curato il volume Il significato della sofferenza (Franco Angeli, 2004), ha pubblicato C’è sempre una strada (Macchione, 2009) e Natale è oggi (San Paolo, 2010).
Come e perché si è passati dallo stile epistolare di Paolo al genere letterario dell'Apocalisse di Giovanni di Patmos? Come si è passati dalla chiesa di Paolo che accoglie l'ellenismo nel cristianesimo alla posizione audace della chiesa di Giovanni di Patmos che vuole restaurare il giudaismo nel cristianesimo ellenizzato? Come spiegare l'impatto enorme che l'Apocalisse ha avuto nell'impero romano e nelle comunità ecclesiali di allora e nella vita della chiesa di tutti i tempi? Quale contributo antropologico ed ecclesiologico ha dato Ignazio di Antiochia nella leadership pastorale della chiesa? Le risposte si possono intravvedere nel presente volume. L'Apocalisse continua oggi la sua vocazione universale di annunciare il vangelo eterno.
La Bibbia, e in particolare l'Antico Testamento, è stata spesso chiamata in causa, a torto o a ragione, per giustificare vuoi la disparità uomo-donna, vuoi una morale sessuale restrittiva, vuoi il divieto di rapporti tra persone dello stesso sesso. Questo libro illustra, in forma facilmente leggibile ma con rigore scientifico, le molteplici affermazioni della Bibbia ebraica sulla sessualità. Fischer passa in rassegna i racconti della creazione e le disposizioni giuridiche che normano l'esercizio della sessualità, i canti d'amore che riempiono un intero libro (il Cantico dei cantici) e le descrizioni delle gioie e delle fatiche nelle relazioni fra uomini e donne, senza sottrarsi alla sfida di esaminare pagine intollerabili sulla violenza sessuale che presentano Dio addirittura come complice. Nelle undici sezioni del saggio i lettori sono messi a contatto con l'intero spettro della sessualità umana: tanto orribili casi di abuso, a un estremo, quanto la liberante dimensione di senso che, all'altro, continuano ad avere i testi scritturistici. L'autrice rilegge la tematica in una società come la nostra che, oggi, aspira faticosamente a costruire una parità di genere.
Ecco che la debolezza diventa un elemento utile e prezioso. L'applicazione alla vita pastorale è da inventare, secondo quello che il Signore e lo Spirito ci suggerirà. Però questo ci aiuta a non lasciarsi prendere sempre dall'avvilimento quando ci si rende conto che le forze fisiche, economiche, di riconoscimento sociale... sono scarse. Quando comprendiamo che tutte queste cose sono a un livello basso, non deve venir meno la fiducia e la confidenza nel valore del Vangelo che, anzi, può e deve diventare ancora più grande. Questo libro è una riflessione sulla Seconda lettera ai Corinzi, nella quale Paolo è costretto a difendere il proprio apostolato da critiche che gli sono state rivolte e, pertanto, è costretto a riflettere sulla sua esperienza di apostolo. Tale riflessione paolina può diventare ricchissima dal punto di vista della comprensione della nostra vocazione e del significato della pastorale che viviamo oggi.
Duomo di Milano, una calda sera di settembre del 1980. Più di duemila giovani si ritrovano nella cattedrale per ascoltare il loro vescovo, che raggiunge i cuori e le menti di quei ragazzi spiegando il metodo della «lectio divina» per leggere la Parola. Inizia così l'avventura della Scuola della Parola, una delle esperienze più innovative e affascinanti del ministero di Martini, che continuò senza interruzioni, anche se con modalità diverse, fino al 2002. Il volume raccoglie tutte le edizioni della Scuola della Parola, con brevi introduzioni storiche, i riferimenti biblici e le trascrizioni integrali degli interventi dell'arcivescovo di Milano.
Il secondo tomo dell'opera di Richard Hays completa il capitolo dedicato a Luca e affronta la problematica dell'utilizzo della Scrittura di Israele nel vangelo di Giovanni, per concludere con un profilo argomentato della trasformazione ermeneutica messa in atto nei quattro vangeli canonici. Se, come si è osservato, «questo libro eccezionale combina in pari misura esaustività ed eleganza», altrettanto straordinario è come si venga guidati nella profondità dell'incardinamento dei vangeli nella Scrittura di Israele. La narrazione evangelica si svolge lungo due assi, quello della Scrittura e quello della vicenda di Cristo, e la loro articolazione è all'origine di una rete di trasformazioni di natura letteraria, storica e teologica: trasformazione della letteratura e delle tradizioni di Israele, delle attese messianiche giudaiche, trasformazione radicale della nozione di evangelo, trasformazione anzitutto della lettura e del lettore.
Frutto di una pratica diuturna e costante del testo greco neotestamentario come delle versioni greche antiche della Bibbia ebraica, l'opera di Richard Hays illustra i molti modi e i molti sensi in cui la Scrittura d'Israele è presente nei quattro vangeli canonici. Il saggio repertoria ogni minima allusione, reminiscenza o citazione, implicita, vaga, velata o esplicita, della Scrittura d'Israele, ma non solo. In questo «autentico capolavoro di uno degli studiosi contemporanei del Nuovo Testamento più creativi», com'è stato definito, viene a emergere come gli evangelisti rifondano e riconfigurino il linguaggio religioso formulato nelle scritture d'Israele, e per quali vie questo concorra a costruire l'immagine e l'immaginario di un nuovo Israele.
I cristiani del terzo millennio riconoscono senza difficoltà che fra i primi cristiani c?erano schiavi, ma non altrettanto facilmente prendono atto che nel movimento di Gesù c?erano anche schiavisti che schiavizzavano altri cristiani. Tutti uniti in Cristo, fatto salvo che qualcuno resta proprietario di donne e uomini di cui può servirsi nella libertà più totale? Nell?antichità molti capifila delle varie chiese erano schiavisti, e la politica ecclesiale poi ecclesiastica sosteneva anche i diritti degli schiavisti. È con questa problematica che si confronta Jennifer Glancy, in un?ottica sia storica sia cristiana, mostrando come per le chiese dei primordi come per quelle moderne e odierne quella della schiavitù sia ben più che una questione di antichistica.

