
Il volume può essere letto con due finalità: spirituale, per attingere agli orientamenti di vita della Scrittura; di studio, per ripercorrere nelle note la storia dell'interpretazione del "Qohelet", storia piena di interrogativi e di problemi alla cui soluzione il volume intende contribuire. Il volume comprende il testo biblico integrale.
Poco meno di tremila parole ebraiche, duecentoventidue versetti distribuiti in dodici capitoletti costituiscono Qohelet, l'Ecclesiaste, il «Presidente d'assemblea», forse il libro più originale e «scandaloso» dell'Antico Testamento. Un libro segnato da quella celebre sigla Havel Havalîm... «vanitas vanitatum», «un immenso vuoto, tutto è vuoto!» (1,2; 12,8). Come scriveva un esegeta, da questo canto del silenzio e del non-senso, della vecchiaia e dell'oscurità, qua e là chiazzato da strani bagliori di un'allegria rassegnata, «non si esce indenni ma adulti o pronti a diventarlo». Questo commento si articola in tre tappe. La prima, sotto il titolo tipicamente qoheletico "Un immenso vuoto, tutto è vuoto!" offre gli strumenti essenziali per sciogliere i primi enigmi dell'opera, quelli dell'autore, del testo, dell'interpretazione, del messaggio. La seconda tappa è la più ampia e fondamentale, tutta consacrata a seguire col commento il filo poetico e spirituale delle Parole di Qohelet figlio di Davide re di Gerusalemme (1,1). Un'ultima tappa percorre le terre del nostro pianeta e i millenni della nostra storia alla ricerca dei Mille Qohelet, cioè di tutti coloro che si sono specchiati in questo sapiente biblico del III secolo a.C.
Il piccolo libretto di Qohelet, "scandaloso- gioiello biblico, sembra scardinare tutte le nostre certezze e consegnarci a un pessimismo disperante. Che legame ci può essere tra questo libro della Bibbia e Gesù? A tale interrogativo vuole rispondere il presente volume. Partendo da un'intuizione fondamentale dei Padri della Chiesa - «il nostro Ecclesiaste è Cristo» -, l'autore ci propone una rinnovata lettura cristiana di Qohelet, intendendola più o meno così: l'uomo Gesù Cristo si è confrontato con le domande e i problemi lasciati aperti da Qohelet. Li ha affrontati, pensati, solo in parte risolti, anzi spesso li ha trasformati in nuove domande, ben sapendo che l'autore di questo libro si rivolgeva «a tutta la creazione e al mondo intero riguardo ad argomenti comuni a tutti». Un particolare cammino di lettura di Qohelet poco battuto ma, come ben dimostra Ludwig Monti in questo volume, capace di aprire sentieri inediti di riflessione in vista di una lettura cristiana, dunque umana, di Qohelet. E, di conseguenza, dell'esistenza tout court, perché tra i libri biblici Qohelet è tra quelli più moderni, o forse eterni, nel tratteggiare il mestiere di vivere.
Era il 1955, e nella sinagoga di Torino il giovane Guido Ceronetti, studioso principiante di ebraico bilbico, si applicava sotto la guida del rabbino, a "una stentata versione interlineare" del rotolo detto nella Vulgata "Ecclesiaste": il secondo dei libri sapienziali dell'Antico Testamento, redatto da un ignoto autore del III secolo e da alcuni interpreti attribuito a Salomone stesso; e dal rabbino imparò a dirne i versetti. Da allora, per quasi cinquant'anni, Ceronetti ha continuato a confrontarsi con questo grande "poema ebraico". Oltre all'ultima versione, terminata nel 2001, questa edizione ci offre la prima, che risale al 1970; tra le due, l'amplissimo ventaglio delle riflessioni che hanno accompagnato il lavoro della traduzione.
Il libro di Qohelet - noto anche come Ecclesiaste - è uno dei testi più originali e controversi della Bibbia ebraica. Prendendo le mosse dal celebre motto Vanitas vanitatum, et omnia vanitas, il testo - con respiro poetico e religioso - si interroga sul senso della vita, sul valore della conoscenza, sul destino dell'uomo e sul suo rapporto con un divino spesso sfuggente e silenzioso. La riflessione di Qohelet, a tratti aspra e provocatoria, supera di slancio ogni possibile riduzione spiritualistica, ascetica o sapienziale che voglia censurare quanto sembri in contraddizione con il disegno della rivelazione. Qohelet è la testimonianza di una fede fermissima, capace però di esporsi a tutte le sfide del dubbio.
«... Sulla linea del complessivo rinnovamento della lettura di Qohelet, si muove Maggioni, valorizzandone lo spessore del contributo di una riflessione pienamente credente e, parimenti, altrettanto critica. Sfatando il mito di un Qohelet incredulo questo libro viene letto restituendo, con efficacia unica, il senso della nostra finitezza e del nostro limite come parte integrante dello stesso senso di Dio. (...) Ma quello che vale di queste brevi pagine sta nella loro capacità di farci respirare il cuore pulsante di questo libro biblico, valorizzandone appieno la portata limitatamente irrinunciabile».
André Neher, ebraista, esegeta e filosofo, tra i principali pensatori ebrei del dopoguerra, propone una nuova lettura di "Qohelet" mettendone in evidenza la tragica ambiguità, la grande saggezza e l'impeto della sua forza vitale.
Definito uno dei testi più scandalosi dell'Antico Testamento, pessimistico e persino ateo, il libro del Qoelet è in realtà un testo provocatorio che vuole risvegliare nei suoi lettori una fede autentica per entrare così nella complessità della storia senza lasciarsi vivere dalla storia stessa. In questo orizzonte, come ha scritto André Barucq, dalla sua lettura si esce adulti o almeno pronti a diventarlo. Qoelet insegna anche a guardare in faccia la realtà, dando un nome preciso a tutte le inconsistenze che la attraversano, a tutti i vuoti che la caratterizzano. Educa a estirpare i luoghi comuni, a intraprendere un cammino di purifi cazione dalle illusioni sempre risorgenti. E in questa operazione non fa sconti a nessuno. Le sue attualissime pagine risuonano come un forte invito a cercare nel quotidiano il senso della misura, vero rimedio all'insipienza degli eccessi, e a trovare quella sapienza che consente di vivere in un mondo che talora appare come un vero e proprio teatro dell'ingiustizia, se non dell'assurdo.
Contenuto
Breve commento, nella linea della “Lectio divina popolare”, all’affascinante e misterioso libro del Qohelet capace di farci entrare nell’animo del suo autore, ma soprattutto della sua opera, carpendone pensiero e dottrina. Di questo libro biblico è famosa la sibillina espressione «Vanità delle vanità, vanità delle vanità, tutto è vanità» che troviamo in apertura del libro (1,2) e alla fine (12,8), dopo che nel corpo del libro ha fatto capolino varie volte, in forma parziale. È anche nota l’ammonizione: «Tu dunque temi Dio» (5,6) e altre simili, ricorrenti nel libro. Qoèlet fa capire che, nonostante le inconsistenze e le vicissitudini della vita, gli uomini devono accettare il loro posto nel rapporto con Dio, temendolo, ammirandolo, e adorando i suoi piani, perché da Lui saranno citati in giudizio per tutto il loro operato in bene e in male sulla terra (cfr. 12,14).
Destinatari
I gruppi biblici e di ascolto della Parola di Dio, i movimenti e le associazioni ecclesiali di varia natura.
Autore
Vincenzo Scippa, sacerdote della diocesi di Napoli, dottore in teologia e filosofia, licenziato in scienze bibliche presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma, ha conseguito il diploma in scienze bibliche orientali presso lo «Studium Biblicum Franciscanum» di Gerusalemme. Attualmente insegna esegesi dell’Antico Testamento presso la Sezione «S. Tommaso» della «Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale» di Napoli. Oltre a vari articoli in diverse riviste scientifiche, ha pubblicato: La glossolalia nel Nuovo Testamento (1982); Qoèlet. La gioia di vivere dell’uomo (1988); Salmi. Volume 1 (2002); Salmi. Volume 2 (messianici/1) (2003) e Salmi. Volume 3 (messianici/2) (2003); La lettera ai Romani. Esegesi e teologia (2003); Salmi. Volume 4 (delle ascensioni) (2004); Le Litanie del Sacro Cuore. Un cammino di catechesi per il terzo millennio (2005). Per il Dizionario Biblico della Vocazione (2007) ha curato le seguenti voci: Carne, Corpo, Guarigione, Lamentazione/i, Lamento, Malattia, Predestinazione, Sofferenza.
Qoelet: nero diamante nel cuore della Bibbia. Qoelet: colpo di dadi nel piano di Dio. Qoelet: rapina di ogni norma, razzia nei sacri paramenti, santo sconquasso. Qoelet: il caos nell'armonia celeste. Tra i grandi moralisti di ogni era - da Laozi a Seneca, da Epicuro a Confucio, da Solone a Lucrezio - Qoelet, "colui che prende la parola", è il più duro, quello che non ci offre scampo. Il mondo è vanità, godi di ciò che hai perché stessa sorte di dolore grava sul giusto come sul perverso; stesso nulla, dopo questa vita, è preparato per l'uomo come per la bestia; la Storia è un cumulo di insensatezze, il consiglio del sapiente è pari a quello dell'idiota. Qoelet confonde le menti - i padri esegeti hanno discusso a lungo sulla liceità della sua ispirazione - provoca, rovescia cattedre e parlamenti: crepita nel suo dire l'oro di un eroismo solitario. Spaventoso, è vero. Eppure, comprendere che tutto è vano ci permette di amare tutto, come fosse la prima e l'ultima volta, quella aurorale, a bonifica di baci, tra salvezza e schianto. Per la prima volta nel contesto editoriale italiano, Qoelet è presentato in tre traduzioni, di diversa ispirazione, per sperimentarne l'abisso e i suoi diversi significati.

