
Nell'anno paolino l'autore offre delle lectiones su testi dell'Apostolo Paolo.
Descrizione dell'opera
L'autore presenta un percorso biblico che ha come filo conduttore la solitudine del credente: «Mi è capitato di affrontare le principali figure bibliche a partire da Adamo, passando per Abramo e Giuseppe, Mosè ed Elia, Isaia e Geremia, e di riconoscere in esse, a posteriori, una comunione nella solitudine». E come non guardare infine anche alla solitudine di Gesù? Questa si esprime soprattutto nei momenti di preghiera e quindi nei momenti più alti della sua esperienza di Dio.
La Bibbia identifica senza mezzi termini la solitudine come cosa non buona: «Non è bene che l'uomo sia solo» (Gen 2,18). Eppure, solitudine e comunione, libertà e appartenenza, sono i poli di ogni esistenza umana. Occorre quindi imparare ad abitare la solitudine, ad addomesticarla, a renderla familiare: «mi è sembrato che proprio questo potesse essere un insegnamento dei grandi credenti della Bibbia» (dalla Premessa).
Sommario
Premessa. Un percorso in solitudine. 1. Adamo, dove sei? 2. Babele e Gerusalemme. 3. Abramo, l'uomo del mattino. 4. Il legamento di Isacco. 5. Il riconoscimento di Giuseppe. 6. La preghiera di Mosè. 7. Elia o la voce del silenzio. 8. Isaia e la violenza. 9. La paura di Geremia. 10. La solitudine di Gesù. 11. Il Servo paziente nell'interpretazione ebraica.
Note sull'autore
Alberto Mello (1951), monaco della Comunità di Bose, vive da oltre vent'anni a Gerusalemme, dove insegna esegesi e teologia presso lo Studio Biblico Francescano. Si è occupato soprattutto dei Salmi, prestando attenzione all'antica esegesi ebraica.
L'indagine cerca di sintetizzare i canoni iconografici delle visioni contenute in Dn 2-6, verificando se essi possano confluire in uno schema immaginifico regolare. In particolare, l'analisi si sofferma su cinque immagini tratte da Dn 2-6: la roccia staccata «senza mani d'uomo» (2,34.45), il quarto uomo apparso nella fornace (3,25), il ceppo incatenato del sogno di Nabucodonosor (4,12.20), la lampada con la scritta nella visione di Baldassàr (5, 24-25) e l'angelo che serra le fauci dei leoni (6,23). Letteratura onirocritica, miti e leggende vicinorientali, testimonianze di pratiche licnomantiche greche e culti pirolatrici persiani, rilievi numismatici, questi e molti altri dati si trovano raccolti in questa ricerca, il cui obiettivo è la ricostruzione di un immaginario finora considerato frammentario, ma che presenterebbe nella sua iconogenesi e nell'evoluzione figurativa evidenti tratti di coesione.
Di fronte alla vastità del compito esegetico la Pontifica Commissione Biblica sostiene la necessità di una cooperazione interdisciplinare tra specialisti in diversi campi onde evitare quegli inconvenienti eventualmente apportati da rigide specializzazioni. Alla luce di ciò in questo volume è mio desiderio mostrare come una scienza profana quale l'assiriologia possa agevolare nella comprensione di testi veterotestamentari.
LA BIBBIA, NEL RACCONTARE I SOGNI DI ALCUNI DEI SUOI PERSONAGGI, CI MOSTRA UNA CHIAVE DI POSSIBILE LETTURA DEL SOGNO, NEL SUO ASPETTO PSICHICO. La somma delle conoscenze dell'uomo non aggiunge e non togl ie nulla al sapere della vita. La conoscenza razionale dei fenomeni della vita serve all' uomo, non tanto per rendere migliore" la propria esistenza, quanto per controllare le proprie paure. Voler dare un senso razionale a tutto quello che avviene, potrebbe rivelarsi la piu`grande illusione dell'u omo. Vi e`una conoscenza del sentimento che trascende ogni conoscenza concettuale, puo`possedendo un esatto rapporto con la logica. Il sentimento e`prima della logica e nulla attinge alla logica della mente. Il sogno, prodotto del sapere della vita, ha le sue "ragioni", di cui l'uomo biblico aveva una conoscenza immediata, come immediata e`la conoscenza del sapore di un alimento. Nel sogno, egli coglieva la propria espressione del mondo. La bibbia, nel raccontare i sogni di alcuni dei suoi personaggi, ci mostra una chiave di possibile lettura del sogno, nel suo aspetto psichico. E una chiave che non vuole nh smentire nh sostituire quelle gia in uso, ma semplicemente vuole ricordare che la vita ha "ragioni" che si possono soltanto sentire"
«Il 9 dicembre 2019, papa Francesco ha ricevuto in udienza il Seminario Regionale di Bologna, che celebrava i suoi cent'anni. Il Papa, dopo aver salutato i presenti e ringraziato il cardinale Zuppi per il suo discorso, ha voluto ricordare monsignor Bettazzi, "quasi coetaneo del Seminario". In realtà, sono nato nel 1923, ed ero stato alunno di quel seminario dal 1938 al 1942, insegnante dal 1950 al 1963. Ho approfittato dell'incontro per offrire al Santo Padre una copia del mio ultimo libro Il mio concilio Vaticano II, essendo rimasto io l'ultimo Padre conciliare italiano vivente. Un vescovo importante del Vaticano ha commentato con una battuta sorridente: "Sarà una delle sue solite eresie!". L'ho presa bene, pensando che la parola "eresia" originariamente, dal greco, significa "scelta, preferenza"».
Prezioso sussidio per gli incontri di gruppo nel cammino attraverso la preghiera, l'ascolto e la condivisione della Parola di Dio. Un utile accompagnamento per la riflessione e la preghiera personale.
Descrizione dell'opera
È possibile dare un senso alla sofferenza? Due passi della Lettera agli Ebrei sono di fondamentale importanza per intraprendere un tentativo di risposta a tale domanda. Essi dichiarano che Cristo «imparò l’obbedienza dalle cose che patì» (Eb 5,8) e, poco più avanti, che la sofferenza è utile alla «correzione», al fine di poter partecipare della santità di Dio (cf. Eb 12,7.10).
L’autore scorre ed enuclea in modo particolareggiato le diverse sfumature che la sofferenza educatrice assume nelle varie tradizioni dell’Antico Testamento per approdare ad alcuni testi significativi del Nuovo Testamento e, quindi, ai passi-chiave della Lettera agli Ebrei. L’analisi letteraria ed esegetica di questi ultimi porta a comprendere in che senso è possibile parlare di valore educativo della sofferenza di Gesù, che ha scelto di condividere in tutto – fino alla morte – la vita dell’uomo, e di valore educativo della sofferenza dei cristiani, i quali possono attraverso di essa fare esperienza della salvezza.
«La lettura di questo bel volume richiede certamente un notevole sforzo, perché si tratta di uno studio approfondito, ma, per la stessa ragione, questo sforzo viene ampiamente ricompensato dai risultati ottenuti» (dalla Prefazione).
Sommario
Prefazione (card. A. Vanhoye). Introduzione. 1. La sofferenza educatrice nell’Antico Testamento. 2. La sofferenza educatrice nelle tradizioni neotestamentarie. 3. «Imparò l’obbedienza dalle cose che patì» (Eb 5,8). Il valore educativo della sofferenza in Gesù. 4. È per la vostra formazione che soffrite (cf. Eb 12,7). Il valore educativo della sofferenza nei cristiani. Conclusione. Bibliografia.
Note sull'autore
Filippo Urso, sacerdote dell’arcidiocesi di Taranto, insegna scienze bibliche all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Romano Guardini” della Facoltà teologica pugliese (Taranto), è direttore degli uffici per la pastorale della salute della diocesi di Taranto e della regione ecclesiastica Puglia ed è membro della Consulta nazionale della CEI per la pastorale sanitaria. Ha pubblicato Fragilità psichica e mondo giovanile, CVS, Roma 2006.
Il presente studio tenta di ripensare la sofferenza attraverso un approfondimento condotto secondo un’angolatura particolare: quella della «ferita», a tutt’oggi priva di una trattazione specifica tra gli studi scientifici. Dopo un sintetico status quaestioni se un’analisi della terminologia biblica, si esaminano due pericopi di Geremia e il Salmo 38, l’unico del Salterio dove ricorre esplicitamente il tema in questione. Lo studio esegetico è condotto secondo le regole dell’approccio sincronico, in quanto più consono alla tradizione sia giudaica che cristiana. Attraversate le esperienze del profeta di Anatot, dell’orante del Salterio, del Servo di Isaia e del rabbi di Nazaret, morto e risorto, l’Autrice propone la ferita non solo come prospettiva ermeneutica entro cui leggere la storia, i rapporti con gli altri uomini e quelli con Dio, ma anche come luogo speciale e inedito in cui l’uomo si pone per vivere il dolore con uno spiraglio di futuro. «Ritengo che il lavoro di Gabriella La Mastra sia un bel contributo alla riflessione biblica e teologica sul tema della sofferenza. La sua tesi è uno specchio nel quale è riflessa la sua vita, segnata sì dal dolore, ma soprattutto dalla sua fede incrollabile» (NuriaCalduch-Benages).
Gabriella La Mastra, laureata in Lettere e Filosofia presso l’Università degli Studi di Siena (1990), ha conseguito la licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico (2004) e il dottorato in teologia biblica presso la Pontificia Università Gregoriana (2014). Insieme a don Sergio Carapelli e ad altre due sorelle, ha dato inizio alla Fraternità di San Lorenzo (Pomaio, Arezzo). La conclusione del percorso accademico è coincisa con l’inizio di un cammino di sofferenza: colpita da due tumori, si è spenta il 26 gennaio del 2018.