
Il discorso della montagna non dà risposte rassicuranti, a buon mercato, ma pone domande decisive, nel rispondere alle quali viene interpellata da cima a fondo la nostra condotta di vita. Tradurre per il nostro presente il discorso tenuto da Gesù in Matteo 5-7 esige grande onestà, richiede cioè che lo si accetti come una spina nel fianco del cristianesimo. La tentazione di "addomesticare" le Beatitudini e le cosiddette antitesi di Gesù, per disinnescarne il potenziale dirompente, è sempre dietro l'angolo. Schockenhoff, noto teologo tedesco studioso di etica, raccoglie la sfida di leggere il testo in modo rigoroso e credibile, cercando di applicarne le sollecitazioni esigenti alle sfide etiche del presente - nell'ambito privato dell'esistenza personale, nella convivenza sociale degli uomini e nella cooperazione tra i popoli nel sistema internazionale degli stati.
Dedicato al Sermone della montagna, il più lungo dei discorsi di Cristo riportati nei Vangeli sinottici, il volume propone un'analisi puntuale dei capitoli 5-7 del vangelo di Matteo. Il Discorso della montagna, che racchiude la quintessenza dell'insegnamento di Gesù, viene esaminato nell'ampio contesto della tradizione della Chiesa - l'Antico e il Nuovo Testamento, gli storici antichi, le opere dei Padri - e della bibliografia scientifica più recente. L'Autore vuole ripristinare davanti agli occhi dei lettori la figura viva di Gesù, la sua contemporaneità all'uomo di ogni tempo e luogo. Come afferma il metropolita Ilarion stesso: «Gesù Cristo ha insegnato agli uomini un'arte: quella di convertire i beni terreni in una ricchezza che non rimanga sulla terra, ma che si possa portare con sé nella vita eterna. Egli ci ricorda che nella vita esistono valori impossibili da comperare o da vendere, ai quali non si può in alcun modo rinunciare».
Beato colui che ascolta la parola del Discorso della montagna e crede in essa. Beato chi la accoglie e la riceve nel suo cuore come un seme. Beato chi la lascia germinare dentro di sé. La parola accolta con fede dà frutto: il regno dei cieli, il possesso della terra, la consolazione di Dio, la misericordia divina, la filiazione divina, la vita eterna.
Ritraducendo il greco del testo neotestamentario nella lingua d'origine, Pinchas Lapide ricostruisce l'ambiente in cui venne pronunciato il più dirompente dei discorsi di Gesù, facendone emergere la pregnanza e l'attualità. Il Gesù del discorso della montagna è il Gesù che chiama a fare: fare la volontà del Padre, fare le parole di Gesù. È un Gesù che prende posizioni politiche, che chiama alla trasformazione radicale di qualsiasi struttura di dominio allo scopo di sostituire i vincoli antichi con una forma assolutamente nuova di comunità umana. Amare il nemico non è solo un tema da predica domenicale: è un principio imposto con urgenza da una strategia dell'equilibrio e della distensione, poiché l'alternativa è semplice: eliminare la guerra o esserne eliminati.
Descrizione dell'opera
Il capitolo 6 del Vangelo di Giovanni, il cosiddetto discorso nella sinagoga di Cafarnao o del pane di vita, si presenta in due parti ben distinte. La prima riferita più direttamente a Gesù e al credere in lui (la fede), la seconda al pane, con andamento sacramentale (l'eucaristia). Si tratta di un testo teologicamente complesso e letterariamente rilevante, tanto più considerando che Giovanni omette il racconto dell'ultima cena. Sia il tema sia la forma letteraria del testo pongono il problema della sua unità e quindi della sua origine.
Per l'autore siamo di fronte a un tipico esempio di «rilettura», cioè alla ripresa successiva di un tema in un altro testo, dilatandone il senso, come spesso accade nella Bibbia. In questa prospettiva l'attuale capitolo 6 vedrebbe confluire reminescenze e sfumature dei sinottici e costituirebbe un «ipertesto», con una elaborazione avvenuta all'interno del processo redazionale del Vangelo.
Sommario
Premessa. Introduzione. I. Il problema dell'autore. II. Gv 6 come fenomeno di rilettura. III. Gv 6 e i sinottici. IV. Gv 6 come palinsesto. Conclusione. Bibliografia.
Note sull'autore
DANIELE PEVARELLO (Moncalieri, 1974) ha studiato alla Facoltà Valdese di Teologia di Roma, laureandosi in Nuovo Testamento, alla Kirchliche Hochschule di Bethel (Bielefeld, Germania) e all'Università di Cambridge (Inghilterra). A Cambridge si è specializzato in letteratura cristiana antica con una tesi di dottorato sulle origini dell'ascesi cristiana nelle Sentenze di Sesto Pitagorico. Membro del direttivo del gruppo internazionale di ricerca su «Moralità ellenistica e cristianesimo antico» della Society of Biblical Literature, attualmente insegna Nuovo Testamento presso la Facoltà di teologia e studi religiosi dell'Università di Cambridge, dove è bye-fellow del Fitzwilliam College.
Giona, ovvero il Disertore, che fugge dalla chiamata di Dio ad annunciare il castigo di Ninive, la grande città del Nemico, il regno del Male. Ma perché Giona fugge? Perché sa che il suo Dio ha un grave difetto: è capace di un amore senza misura, che sa perdonare a tutti, ma proprio a tutti. Ma se Giona è il Disertore, Dio è il Persecutore che insegue Giona fin nel ventre del pesce in cui è finito e lo obbliga a compiere la missione per cui è stato scelto. Con le conseguenze che Giona temeva sin dal principio... Una storia biblica, ironica e paradossale, che ci parla di vocazione e misericordia, riletta a due voci con profondità e brillantezza da un prete e da una consacrata.«Questa è una vera lectio divina! Non consente al lettore di leggere e basta, ma lo costringe a "essere letto"!» (Fabio Rosini).
Biblisti di America Latina, Asia, Africa ed Europa si confrontano sulla comprensione che i libri dell'Antico e del Nuovo Testamento esprimono nei confronti del "diverso" e dello "straniero". Spaziando dalla Torah ai Profeti, dagli Scritti ai Vangeli sinottici, da Paolo a Giovanni fino ai testi cristiani più tardivi, l'alterità viene osservata come un elemento costitutivo di Dio e dell'uomo che interagisce nella dialettica delle relazioni umane, nell'identità e nel destino di Gesù, nell'interazione tra la vita cristiana e il mondo. "Mio padre era un arameo errante", confessa Israele nella sua professione di fede ricordando altresì di essere stato forestiero in terra d'Egitto. Abramo definisce se stesso uno straniero, che risiede in una terra che non è la sua patria, e un ospite di passaggio. "Forestieri e pellegrini" è anche la definizione dei cristiani nella Prima lettera di Pietro. Alla luce di queste considerazioni, osservano i curatori del volume, "la vera sfida che ci sta davanti è il passaggio dall'estraneità all'ospitalità e, dunque, una scelta di campo dalla parte del "diverso": a fianco dello straniero schiavizzato e dell'eunuco disprezzato, della donna emarginata e di ogni essere che porta sulla propria pelle i segni della precarietà e dell'ingiustizia; dalla parte di chi non ha voce, perché lo schiamazzo del potere nel nostro mondo, e nella Chiesa, è troppo forte e le voci flebili fanno fatica a emergere".
Perché nelle scuole studiamo greco e latino per leggere Platone e Tommaso d'Aquino, ma ignoriamo l'ebraico e ci accontentiamo di leggere la Bibbia in traduzione? Non studiando l'ebraico l'Occidente si preclude la piena comprensione di una delle fonti della propria vitalità, che deriva da una lingua matrice di sensi molteplici. E la lingua della Torah e dei profeti, del Talmud, della qabbalah e dei classici del pensiero ebraico, da Maimonide a Spinoza, da Rosenzweig a Buber, a Levinas. Questo "Dizionarietto" è uno strumento divulgativo ma rigoroso, dà accesso alle principali parole ed espressioni in ebraico, spiegate nel loro valore letterale ma anche nel contesto teologico e filosofico in cui sono state usate nel tempo. Da studiare o solo da consultare, illuminerà chiunque voglia conoscere una delle radici della cultura occidentale.
Chi ha detto che il greco è marginale nel panorama delle lingue moderne o, peggio, che il greco antico è una lingua morta? Questo "Dizionarietto", con una cavalcata interdisciplinare attraverso le parole (da Accademia a Zoologia), mostra come l'universo linguistico greco sia il serbatoio concettuale di 3000 anni di cultura occidentale, come dimostrano anche i neologismi che hanno caratterizzato le scienze negli ultimi secoli (dalla fisica alla cibernetica, dall'economia alla psicoanalisi). Per ogni lemma si presentano l'etimologia, la fortuna culturale, gli esiti, spesso paradossali, nella lingua comune, le curiosità e l'uso, con brevi citazioni di passi greci proposti nell'originale, trascritti e tradotti. Utile a chi ha frequentato il liceo classico, ma anche a chi proviene da altri percorsi, il "Dizionarietto di greco" offre ai lettori la "carta d'identità" della nostra cultura. E consente di riscoprire con occhi nuovi la più formidabile macchina per pensare (e sentire) mai elaborata: la lingua greca.
Chiunque debba affrontare momenti di grave sofferenza, in casa propria o in quella di persone care, oltre che dal dolore, può essere turbato anche dall’apparente assenza di Dio. Solo in un secondo momento i credenti possono attenuare la loro amarezza affidandosi all’insondabile provvidenza di Dio. Il cristiano, tuttavia, può guardare anche più in là: al giorno in cui, nel Figlio, Dio stesso moriva sul Calvario, per poter stare al fianco di ogni uomo, oltre che da Signore, anche da fratello che soffre, per tutti e con tutti. Senza la croce, Dio resterebbe dalla sua parte e noi dalla nostra. Lui nella sua gloria e noi nella nostra valle di lacrime. Sulla croce, invece, Dio si è messo a fianco dei torturati, degli oppressi, degli affranti e dei sofferenti di ogni tipo, perché nessuno si senta solo e abbandonato.
Destinatari
Sacerdoti e cultori di teologia morale e spirituale.
Autore
Bruno Moriconi, carmelitano scalzo, docente di argomenti biblici alla Facoltà Teologica e Istituto di Spiritualità del Teresianum, all’Università Urbaniana e all’Istituto Internazionale di Teologia Pastorale Sanitaria (Camillianum), è autore di varie pubblicazioni, tra le quali: Uomini davanti a Dio. Spiritualità dei Salmi (Cittadella, 1989); Lectio divina della prima lettera di Giovanni (Messaggero, 1995); Giobbe. Il peso della sofferenza, la forza della fede (Camilliane, 2001); Farsi Prossimo. Meditazione sulla parabola del buon samaritano (Città Nuova, 2006) e Per un amore più grande. La prima biografia di padre Luigi dell’Immacolata (OCD, 2007).
Proposta di teatro-canzone. Questo libro nasce dalla suggestione di cogliere, nel libro di Giobbe, i caratteri narrativi e scenici propri della tragedia greca.
Spulciando tra i libretti del sacerdote salesiano don Giuseppe Tomaselli, attraverso una prosa semplice e lineare, l'autrice affronta un argomento che l'uomo porta con sé da sempre: "Perché esiste il dolore? In che modo il nostro 'Io' può rapportarsi con gli eventi dolorosi della vita, traendo il bene dal male?". La risposta logica e razionale, ma ricca di Fede, viene essenzialmente da Cristo Gesù, Figlio di Dio fattosi uomo, che dopo aver istruito con la sua dottrina gli Apostoli e le folle radunate intorno a sé, mostrando tutto il suo Amore, la sua Bontà e Potenza attraverso miracoli e guarigioni, ha redento l'Umanità con il suo sommo Sacrificio sulla Croce, che ciascuno, nella propria misura, potrà prendere ad esempio e modello, per ambire al Regno dei Cieli. Il testo si arricchisce di alcuni messaggi di padre Pio e brani del sacerdote napoletano don Dolindo Ruotolo e fa inoltre riferimento a episodi dell'Antico Testamento per comprovare come la Volontà di Dio, improntata ad Amore, Provvidenza e Giustizia somma, sia sovrana sempre: ieri, oggi e domani.